METTETE FINE ALLA STRAGE NELLA BOSNIA, PUR IN CONDIZIONI INGIUSTE

(articolo a firma di George Kenney, pubblicato nel International Herald Tribune del 2.12.1994 e riportato dal settimanale bulgaro "168 ore" del 5 dicembre 1994)

Non ho mai immaginato di arrivare a difendere le conquiste serbe. Comunque le mosse degli Stati Uniti e della Nato durante il conflitto bosniaco sono state cosi' brutte, che ormai non ne sono rimaste delle buone. E' meglio mettere fine alla strage, pur in condizioni ingiuste, piuttosto che lasciarlo prottrarsi per decenni e forse anche di piu'.
Gli europei hanno ragione. L'Occidente deve indurre il governo bosniaco a fare un accordo nonostante alcune sue pretese.
Dopo l'umiliazione causata dalla sconfitta musulmana nella battaglia per Bihac, l'ONU e' decisa a ritirare le sue forze di "peace making" sin dall'inverno, a meno che le parti belligeranti non si mettano d'accordo per cessare il fuoco nella Bosnia e per un nuovo giro di trattative puntate a mettere fine alla guerra.
Il ritiro delle forze di "peace making" comporta grossi rischi perche' le forze della Nato - suppostamente anche unita' di fanteria americane - dovranno assicurare una scorta al personale uscente dell'ONU.
Prima di cambiare la sua politica durante questa settimana, il presidente Clinton prosseguiva vagamente una strategia che non contribuiva assolutamente a mettere fine alla guerra e aggravava le tensioni con la Gran Bretagna e la Francia: egli difendeva la sospensione dell'embargo contro la Bosnia, la rinuncia unilaterale al rispetto dell'embargo da parte americana, insistendo per l'intensificazione dei raid aerei contro posizioni serbe.
Infine il presidente Bill Clinton ha rinunciato a questi impegni quando le forze occidentali non sono riuscite a fermare i serbi a Bihac. Adesso la strategia dovrebbe essere ufficialmente abbandonata.
Nonostante le ultime perdite dei musulmani ci sono sintomi allarmanti che stiano preparando una nuova grande offensiva - questa volta nella parte centrale della Bosnia. Una tale mossa sarebbe un altro fiasco.
Il sostegno camuffato degli americani nel passato ha portato ai musulmani una enorme ed eccessiva sicurezza di se. Ma la Casa Bianca avra' imparato a non sottovalutare l'irrazionale e pericolosa fiducia dei musulmani che l'Occidente probabilmente li aiuterebbe e li salverebbe?
Negli ultimi due inverni le battaglie nella Bosnia hanno perso un po' la loro intensita'. Questo inverno possono intensificarsi perche' i musulmani, i serbi ed i croati aspettano il ritiro dell'ONU e l'opportunita' di impadronirsi dell'attrezzamento militare che rimarra'.
In quest'ultima settimana le forze di "peace making" di fatto erano ostaggi dei musulmani e dei serbi, mentre i governi europei insistono di ritirare le loro unita' dalla Bosnia se i combattimenti si intensificano.
E cosa accadra' se l'ONU abbandona la Bosnia? L'aiuto umanitario cessara'. I serbi chiuderanno Sarajevo. Non ci sara' passaggio ne' dall'interno, ne' da fuori, non ci sara' corrente, gas, acqua. Ci saranno feroci bombardamenti di granate.
I serbi senza dubbio occuperanno tutta la Bosnia orientale e cio' che rimane dall'enclave Bihac. I musulmani possono installarsi in modo stabile nella Bosnia centrale, ma anche se un giorno decidono di minacciare seriamente regioni, occupate da serbi, i serbi bosniaci potranno contare con alleati nella Serbia e nella Croazia che li sosterranno.
Se l'ONU si ritira, secondo me i musulmani si arrenderanno entro sei mesi e con meno territorio di quanto ne hanno adesso. La Bosnia sparira', divisa tra Serbia e Croazia.
Questo scenario puo' essere un po' migliore se i musulmani ricevono un sostegno da fuori, ma i serbi bosniaci troveranno pure dei benefattori. I legislatori chauvinisti russi, per esempio, avevano detto che la Russia armerebbe i serbi se l'embargo sulle armi fosse sospeso. Insomma, i musulmani non hanno una strategia vincente. Vogliano o no, si trovano alla fine del giuoco militare.
Prima delle ultime sconfitte disastrose dei musulmani c'erano ragioni per credere che i serbi bosniaci fossero pronti a firmare un accordo, ed anche molto vicino al piano del Gruppo di contatto delle cinque nazioni, proposto l'estate scorsa. Pur se gli alti funzionari dell'amministrazione di Clinton escludevano tale possibilita', le conversazioni che ho avuto negli ultimi due mesi con diplomatici vicini alle trattative mi hanno convinto del sincero desiderio dei serbi di mettere fine ai combattimenti. Gli ultimi successi dei serbi hanno modificato la situazione a loro favore, ma essi rimangono ugualmente interessati per giungere ad un accordo.
Loro non vogliono tutta la Bosnia. Sanno che non potrebbero controllarla. Inoltre vogliono sostenere gli sforzi del presidente serbo Slobodan Milosevic per la sospensione delle sanzioni economiche internazionali contro la Serbia -Montenegro.
I serbi bosniaci hanno chiaramente rifiutato il piano del Gruppo di contatto per varie ragioni. Vogliono conservare il loro corridoio settentrionale che collega il loro territorio con la parte orientale e occidentale della Bosnia nell'attuale larghezza di 4 km e non come propone il piano - ristringerlo a 2,4 km.
In termini di calcoli militari questa logica e' plausibile. Negozieranno il territorio detenuto dai musulmani nella Bosnia orientale che secondo i piani rimane per i musulmani in scambio del territorio detenuto dai serbi attorno a Sarajevo. Lo scambio ha i suoi vantaggi e svantaggi per i musulmani, comunque sembra negoziabile.
I serbi vogliono la maggior parte dell'enclave di Bihac. Grazie alla sfrenata e fallita offensiva contro Sarajevo l'avranno.
Infine vogliono gli stessi diritti per costituire una confederazione con la Serbia come quelli della federazione musulmano-croata rispetto alla Croazia, proposta che sembra stia gia' sul tavolo delle trattative.
Coloro che non conoscono la storia dovrebbero notare che la Costituzione della federazione musulmano-croata, elaborata con l'aiuto degli Stati Uniti, non definisce chiaramente i diritti dei serbi che vivono nel territorio della federazione, difendendo invece nettamente musulmani e croati. Funzionari americani riconoscono in conversazioni private che il documento e' stato fatto abbastanza in fretta ed ora stanno lavorando per rimediare la cosa.
L'acritica denuncia dei serbi e l'acritico sostegno ai musulmani bosniaci devono essere riesaminati. Molte cose sono cambiate nella Yugoslavia dal luglio 1991.
Cio' che veniva definito di guerra d'aggressione - chiamata da alcuni genocidio - si e' gradualmente trasformato in guerra civile (alcuni considerano ingiustamente che lo e' sempre stata).
Cio' che era un vero governo bosniaco di composizione etnica eterogenea e legittimamente eletto oggi e' diventato una unita' musulmana dura e antidemocratica.
Ora assistiamo ad una pulizia etnica ad opera dei musulmani parallelamente a quella ad opera dei serbi, assistiamo pure all'insensata determinatezza del presidente bosniaco Alia Izetbegovic di combattere contro il suo vecchio avversario - il dissidente Fikret Abdic, leader musulmano della Bosnia nordovest, sconvolgendo in questo modo l'unica regione che finora era rimasta al margine dei combattimenti.
Tutto cio' e' comprensibile, ma non e' giusto. In agosto 1992, quando mi sono dimesso dal Dipartimento di Stato, ho detto che per l'Occidente c'era un piccolo finestrino per intervenire. In effetti e' stato chiuso molto tempo fa.
La camarilla di politici nazionalisti attorno a Izetbegovic - soprattutto hardliners come il vicepresidente Ejup Ganic - non vuole ammettere che non potra' mai piu' governare tutta la Bosnia, perche' se lo facesse, si rimetterebbe in causa la sua legittimita'. Non puo' neppure spiegare cosa si guadagnerebbe se i combattimenti proseguissero. Questi uomini - inesperienti, corrotti, incapaci di capire la politica internazionale - non meritano il sostegno degli Stati Uniti in una guerra civile che distruggera' il loro paese per salvarlo.
Non credo che la morale abbia una essenza esistenziale indipendente dal mondo. La spiegazione che dobbiamo sospendere l'embargo sulle armi per permettere ai musulmani di difendersi trascura gli effetti brutali dell'armarli.
Dobbiamo riconoscere che nella Bosnia il bene e' nemico del meno peggio, per quanto tragica sia questa costatazione. Se c'e' ancora qualcosa da salvare in tutto questo disastro, il sig.Clinton dovrebbe lavorare in collaborazione piu' stretta con gli europei, e non contro di loro.