Qualche novità natalizia nella sidebar del blog. Non temete di avere perso il vocabolario forumistico: lo trovate ancora nella rubrica "letteratura sottosopra", dove ho caricato anche il secondo e terzo libro di NyLon!

Circa il RADICALOMETRO DI GRANZOTTO, improvvisamente PANNELLA balza da 52 a 66, mantenendo il vantaggio su CAPPATO (da 50 a 61), che però perde il secondo posto a favore di SUTTORA (63) temporaneamente sottrattogli dai SCHETT WELBY (a quota 59). Insomma abbiamo una bella lotta molto affascinante tra PANNELLA, SUTTORA, CAPPATO e i WELBYs. A metà classifica si nota una sorprendente ripresa di CAPEZZONE (49 punti) e un'altro colpo grosso di DUPUIS che si porta a 37. Ma la crescita più notevole registrano TOSONI (34) e CALLEGARI (30). Resistono in salita BONINO (28), POLESEL (23) e, pur faticando, anche CROCICCHIO (18). A questo livello di classifica entrano delle sorprese, delle new-entry: ancora a 18 scopriamo PATELLI e MANERA. Importanti novità nella classifica - che diventa una top-twenty per punti confermata dalle keywords del blog -, sono infine l'ingresso di BIANCHI, BANDINELLI e LICHERI (15 tags) e infine BERNARDINI a 14.

Buone feste a tutti!
Miss Welby mia diletta,

proprio ieri sera pensavo a te, per associazione di idee, avendo conosciuto in un pub del Berkshire una ragazza 23-enne molto carina e trascorso con lei una piacevole serata. ti pensavo per associazione di idee perche' questo incontro mi ha riproposto prepotente il dilemma lacerante nella crisi dei miei quarant'anni: se continuare immaturo a divertirmi con sesso e droghe, abbeverarmi ebbro della di Bibi Sue (si chiama cosi') freschezza carnale, e degenerare nella spirale edonista del vizio; o se finalmente purificarmi trovando rifugio nella confortante intimita' domestica del nostro focolare, ove ci coccoliamo complici sotto il piumone e l'inossidabilita' della nostra fusione eterna mi compenetra dentro di te.

non e' stata per me una scelta facile, amore mio diletto, lasciarmi alle spalle una vita avventurosa in giro per il mondo e rinunciare alle mie belle ammiratrici per accettare dolorosamente il fatto che gli anni passano anche per me e appiattirmi nella routine familiare di una scialba vita con te, persona media, anonima, scarsamente stimolante, e poetessa dall'opinabile talento. ma e' proprio questa tua normalita' ad affascinarmi, la tua tranquillita' antitetica allo stakanovismo capezzoniano, la serenita' che emani quando mi tuffo nei tuoi occhi colore del miele, la profumata impalpabilita' della tua assenza nei fine settimana quando vai a sciare, ed e' per questo che amo te in ciabatte invece di Bibi Sue in tacchi a spillo.

il tempo passa, dicevo, e passa anche per te: oggi ho osservato nuovamente quella tua foto che trovai nel web qualche mese fa e vi ho notato una piccola ruga in piu'. per parte mia, le erezioni si fanno meno frequenti e piu' scadente la qualita' del seme. l'orologio biologico ticchetta inesorabile per entrambi, amata mia, destinandoci alla riproduzione una volta preso atto che, non avendo trovato niente di meglio, dobbiamo rassegnarci a condividere le rispettive vite tra di noi. i nostri numerosi bambini saranno come tanti piccoli Alberti Licheri e i loro giochi gioiosi nel tinello allieteranno il nostro pensionamento altrimenti reso miserabile dalla consapevolezza delle occasioni perdute, il rimpianto per una vita vissuta oltre il cinque per cento, la rabbia silenziosa contro l'ingiustizia di doversi accontentare di cio' che e' rimasto, di un partner considerato solo come un bastone per le rispettive vecchiaie in noiosa compagnia per non morire soli. vite sprecate, ma siamo condannati a viverle e insieme lo faremo con dolore e con amore.

con amore, amore mio V, ma anche con sensualita': ho notato le calze autoreggenti e voglio infilarti una mano tra le gambe all'interno delle cosce verso la tua rosa delicata per prenderla nel pugno e spremere il succo del tuo piacere. voglio possederti artisticamente nei modi piu' armonici mentre mi reciti le tue poesie nello spazio della Tate Modern. l'arte e' arte, percio' non potro' essere geloso e ti consentiro' di usare Andrea Turko insieme agli altri vibratori (a proposito, mi scrive in privato Andrea che non tromba da quattro mesi e, quel che e' peggio, allo stato non intravvede opportunita' neanche per i prossimi quattro), mentre io sono inguaribilmente monogamo e saro' per sempre in adorazione fedele, devoto, solo a te.

un bacio passionale, tuo Londradical
Gentile Miss Welby,

sono un suo anonimo fratello londinese e mi rivolgo al suo forum in quanto il mio intervento ha poche speranze di essere pubblicato dai sui colleghi Romano o Severgnini. Ci sarebbe il blog di Mauro Suttora, ma allora tanto vale postare qui.

Sono razzista. Sono diventato razzista contro il sub-continente indiano (e dintorni) per l'abuso oltraggioso di questi asiatici del telefono cellulare. Basti dire: peggio di noi italiani. Le riporto indignato alcuni episodi.

Vagone letto. Io e amica di sopra, indiano a sua amica di sotto. Lo sento borbottare a lungo. Penso che stia parlando con la tipa, che però non risponde mai. La cosa va avanti un quarto d'ora, voglio dormire, mi affaccio: vedo che sta parlando al cellulare, gli dico di farla finita e questo fa: "non vedi che sto parlando col mio amico?" Questo in inglese, ma io gli ho risposto in italiano "E A ME KE KAXXO ME NE FREGA??" e lui ha capito e spento il cellulare.

A casa, davanti alla TV per i mondiali di calcio, il flatmate cingalese dalla sua stanza viene a piazzarsi di fianco a me sul divano ogni volta che riceve o deve fare una telefonata. Le lingue cingalesi hanno una "musicalità" talmente concitata da far pensare che si stiano raccontando in diretta un attacco nucleare dei marziani anche quando si stanno scambiando notizie burocratiche sul visto e cosa mettere in valigia. Oh, questo non se ne va finché non lo guardi fisso con gli occhi strabuzzanti di odio e puoi tornare a guardare la partita.

L'altro giorno tornando a casa salgo sul 206 a Ealing, mi siedo al piano di sopra e mi si siede dietro un altro cingalese al cellulare, che mi parla nelle orecchie ininterrottamente durante mezz'ora di coda sulla Uxbridge Road fino ad Acton, dove scendo rintronato e questo scende anche lui e continua a starmi dietro sulla High Street appiccicato a pochi centimetri come un pedinatore nei fumetti di Jacovitti, sempre concitato e ansiogeno al cellulare. Minchia, ho pensato, forse come agenti segreti non sono molto discreti in Sri Lanka, ma come scuola di pedinamento non lasciano nulla al caso. Ho addirittura pensato che in quell'affabulare ininterrotto stesse comunicando in diretta (anche a me?) la mia posizione satellitare metro per metro. Ho repentinamente girato a sinistra in Birkbeck Road mentre lui ha tirato diritto, ma giuro che ho avuto paura.

Ora, è evidente che bisogna fare qualcosa. Ci sono un miliardo e mezzo di indiani: il giorno in cui tutti hanno il cellulare li sentiamo fin qui, giorno e notte, specialmente la mattina presto! Occorre subito amputarli tutti di un braccio, o forse in modo più incruento tappare un'orecchio, per evitare che i cellulari si rivelino addirittura tre miliardi. Occorre l'embargo della relativa tecnologia ai paesi maggiormente offensivi (con eventuali sanzioni, ma non amputazioni, anche per Italia e Regno unito). Occorre che anche lei, stimata Miss Welby, quale protagonista della società dell'informazione spenda la sua penna in questa battaglia di civiltà.

Grazie per l'attenzione, anonimo dal Berkshire
Giada's End - Piero Welby il 23 gennaio 2003

Lo svegliò il cigolio del letto, girò lo sguardo senza muovere la testa e vide un gigantesco migale che avanzava verso di lui. Procedeva spostando una zampa dopo l’altra con una lentezza ipnotica, le oscillazioni di quel corpo, divenuto improvvisamente interessante, lo affascinavano. Quando i capelli-peli lo solleticarono sul ventre chiuse gli occhi ed immaginò di essere imprigionato tra i fili serici di una ragnatela.
Il cuore accelerò vertiginosamente ed il sangue pompato con forza gli rimbombò dolorosamente nelle orecchie. Aspettava tremante un attacco che sembrava non arrivare mai, una fastidiosa tachipnea gli sollevava convulsamente il torace; le mani sudate stringendo il lenzuolo cercavano una sicurezza impossibile. Ecco cosa doveva provare la vittima di un ragno mentre, invischiata nella rete, aspettava la fine. Proprio quando un urlo si stava aprendo la strada tra le labbra serrate il suo carnefice lo assalì.
I genitali di lei schiacciati sulla bocca gli tolsero il respiro e quelle forme scomposte, da puzzle incompleto, venivano assemblate autonomamente dal cervello creando un'immagine identica a quella della testa del ragno.
Quasi non s'era accorto del caldo umido che gli avvolgeva il ****, il ritmico movimento divoratore non cessava, anzi aumentava d'intensità e ad ogni affondo una parte di lui spariva nel mostro.
Fu veramente morte quella che provò, un implodere e dissolversi d'ogni cellula, un regredire ad uno stadio primordiale inconsistente ed incontenibile come acqua marina.
... Piangeva mentre mi riempiva la testa (Welby il 26 gennaio 2003)

... Piangeva mentre mi riempiva la testa
Di parole slegate
incomprensibili balbettii
piangeva e me lo stava mettendo al culo
Le ho stretto le mani intorno alla gola
Schiumavano le labbra livide
Nel rantolo perbenista
Un gonfiarsi di vene
Tremito oscuro di organi interni
Orgasmi finti orgasmi veri
Unghie di orgasmi rossi sulla pelle
… mi piace il tuo cazzo!
mi stiri tutte le pieghe della vagina!
… voglio darti il culo: lasciami un segno!
Le è scoppiata la faccia
Nel tenero ckriiiik… ckriccck... della trachea
Ho pensato a Bruno il macellaio
Infilava il cazzo nelle trachee sanguinanti
viscide di muco
E gli sborrava dentro.
Vorrei farlo anch'io ma le dico: come vuoi…
Lasciami le sigarette prima di andartene
Le mie sono
Finite.
per non parlare dei racconti di Welby, che potrebbero descrivere non la fantasia ma la realtà di assassini violenti e crudeli, serial killer reali

Nanahuatzin, si gettò in un gran fuoco, divenendo in virtù di quel gesto, il portatore del sole di questa ultima età del mondo. Ma quell'unico sacrificio, benché divino, non fu sufficiente. Per mantenere il sole in movimento occorrono continui sacrifici; e per questo è stata introdotta la sacra istituzione della guerra, onde raccogliere le vittime, i cui cuori, strappati ancora pulsanti dai loro petti squarciati, vengono quotidianamente gettati, come fiori di gratitudine al Datore di vita.

Sentì un rumore quasi impercettibile provenire dal corridoio, alzò lo sguardo e trasalì vedendo la siluette di Pier che si stagliava in controluce
- Pier! come…
- La porta era… aperta, ho dimenticato di darti una cosa…
Giada non ebbe modo di replicare.
Pier la baciò e lei sentì il sapore di alga e corallo e vide onde e spume, scogli e abissi, oceani sconfinati con isole sconosciute, terre immaginarie dove perdersi in viaggi senza ritorno.
“Il sonno della ragione genera mostri”, ma il disegno di Goya mentiva, per lei il sonno della ragione generava la certezza di raggiungere un giorno la perfetta identità con l’amore, una sorta di empatia estrema che l’avrebbe portata a superare quell’ultimo diaframma che la separava dalla visione di un mondo percepito dal cuore ma ignorato dai sensi.
E il tempo riprese a scorrere, ormai viveva due flussi temporali, uno era lo scorrere monotono e inevitabile, la supina accettazione del modificarsi di tutto ciò che esiste, l’altro era un tempo orfico, mitico che lasciava l’essere libero di spostarsi tra il passato, il presente, il futuro, in una corsa infantile e serena che aveva come traguardo la felicità.
Lei accarezzò quella creatura marina morbida e informe che le si offriva indifesa e la vide distendersi e irrigidirsi. L’accolse tra le labbra e gustò la vellutata carezza del glande sul palato, sulle guance, sul collo, lo guidò sui capezzoli e tra i seni e poi nuovamente sulle labbra per catturarne il tepore, per gustarne il sapore. per donargli un timido, umido bacio.
Lui tese le braccia e le passò le mani sul viso, sulle spalle, sui seni, sui fianchi, come un vasaio che dà e prende la forma, che materializza un’idea, ma dell’idea è già schiavo.
Nudi, curiosi, cercarono quel filo magico che li aveva tenuti lontani per tanti anni, poi il desiderio di Pier diventò ineludibile, divaricò le cosce di Giada e spinse le ginocchia in alto, la vulva si aprì come un frutto maturo sotto il sole d’agosto, una pioggia di pagliuzze nere si intrecciava perdendosi tra le pieghe di una pelle bianca come la cera e tagliata dalla ferita rosso cupo del sesso.
Non la penetrò, ma facendo scivolare il pene tra le grandi labbra iniziò una carezza lenta ed estenuante come il palpito dell’onda sulla sabbia. Quell’andare e venire durò fino al momento che lei lo implorò di prenderla.
- ….adesso !…adesso…ti prego…
Entrò in lei unendo i loro sessi in un unico desiderio, usò il pene come l’antenna di un insetto, per sentire, per conoscere, per assaggiare.
Giada seguì il movimento ritmico delle maree, dei cicli lunari, delle stagioni, il suo respiro diventò l’onda che espande l’universo. Il sasso era stato gettato, ed ora niente più poteva arrestare il succedersi dei cerchi che partendo da quel centro insignificante cercavano il confine dell’eternità.
La sua pelle, i muscoli, le ossa, i nervi senza più nulla che li tenesse uniti si trasformarono in una galassia di cellule, le cellule diventarono atomi, gli atomi faville di energia che, passando attraverso quel varco, momentaneamente aperto tra l’essere e il nulla, tornarono in quell’oceano di possibilità dal quale erano venute.
Era come l’acqua di un fiume che, tornata al mare, conserva il ricordo dei monti, dei boschi,
delle pianure che ha attraversato, ma lentamente, inesorabilmente sente il passato diluirsi e dissolversi, congiungersi in quella dimensione favolosa dove vita e morte non hanno più senso

…la vita è solo una maschera che copre il volto della morte, e la morte è forse allora solo un'altra maschera. Chi può affermare che vi sia, una verità ulteriore dietro tutto ciò?
Si erano conosciuti all'Alibi - Welby del 2 febbraio 2003

Si erano conosciuti all'Alibi, un vero amore - a - prima - vista. Aveva sempre evitato i legami affettivi troppo coinvolgenti, gli rompevano le palle, non sopportava l'idea di svegliarsi la mattina con un estraneo nel letto, ritrovarselo davanti a pranzo o dover dividere con lui la sera il telecomando ma quella volta aveva fatto una eccezione.
Erano stati insieme quasi un mese, un'eternità! Poi un giorno, per caso, si era accorto che faceva le marchette alla stazione, avevano litigato di brutto e l'aveva mandato 'affanculo senza nemmeno fargli riprendere i quattro stracci e l'Invicta che gli aveva portato in casa.
Era una storia ormai lontana, dimenticata completamente, eppure adesso ricordava, con una lucidità esasperata, tutte le volte che, pieno di voglie e di tenerezza, aveva preferito lasciare i profilattici nel cassetto.
La notte era passata in una disperata e maniacale rivisitazione di tutta la sua vita sessuale, uno sforzo incessante che lo spingeva a ricostruire l'aspetto dei suoi vecchi partner, uomini e donne dei quali ricordava soltanto dei particolari insignificanti, un paio di stivaletti con le punte di metallo, una rosa sanguinante tatuata sul ventre, un tic, un collare di cuoio nero con le borchie acuminate, una fica depilata e con un anellino d'oro ad un labbro, un cazzo esageratamente storto.
Era come se stesse tracciando un bilancio della sua vita sentimentale e la cosa lo lasciava sgomento ed irritato, si rendeva conto che aveva scelto le persone con la stessa superficiale noncuranza con la quale sceglieva i cibi e le bevande al supermercato, si era fatto guidare dal primo impatto visivo, aveva badato solo all'involucro, alla confezione accattivante, e si era disinteressato del contenuto ed ora si trovava sommerso da quella paccottiglia eroticosentimentalconsumista, senza però un volto da rimpiangere, un amore da ricordare.
Welby sull'Appia il 10 febbraio 2003 -

Invece di proseguire sull’Appia scese verso via dell’Almone, sorpassò l’acqua acetosa, voltò a destra e rallentando percorse il primo tratto sconnesso dell’Appia Antica. Dopo qualche centinaio di metri posteggiò tra due cipressi e un rudere.
La piazzola era cosparsa di kleenex appallottolati che spuntavano qua e là tra i sassi e qualche asfittico ciuffo d’erba, il calore del motore entrava nell’abitacolo portando con se un odore di olio bruciato e benzina. Abbassò il finestrino, gettò la sigaretta appena accesa e guardò Simona negli occhi.
Non parlava più, si fissava le mani ferme e contratte sulle ginocchia, un gesto di difesa che tradiva i suoi pensieri, aspettava, aspettava che succedesse qualcosa.
Sergio le accarezzò la guancia e la costrinse a voltarsi verso di lui, efelidi come una pioggia d’oro…. Danae... Tiziano, scacciò queste idee parassite che lo assalivano nei momenti più impensati e la baciò.
Dapprima lei non rispose al bacio, poi, lo sorprese con delle leccatine da gatto affamato che beve il latte.
Era una serata incantata, gli sembrava impossibile che tutto andasse nel verso giusto.
Aveva l’impressione di vivere uno di quei sogni ad occhi aperti, più reali della realtà, che l’eroina gli procurava in quei lunghi pomeriggi passati disteso sul letto a fissare il soffitto, stringendo tra le dita la sigaretta che si consumava lentamente fino a bruciargli la carne.
Si erano conosciuti da poche ore, l’aveva desiderata con un’intensità disperata di cui non aveva più memoria, aveva pensato che il suo sarebbe rimasto un desiderio deluso come ce n’erano tanti nella sua vita ed ora era lì. Tra poco le avrebbe aperto quelle cosce magre e nervose, avrebbe visto il colore dei suoi peli e sarebbe entrato dentro di lei, avrebbe riprovato tra le sue braccia la sola sensazione che, oltre la droga, lo facesse sentire ancora vivo. Ribaltò il sedile che cedette con un cigolio lamentoso.
Mentre le tormentava un capezzolo stringendolo tra le labbra e succhiandolo piano, la sentì gemere e respirare affannosamente.
- Sergio…
- Oh... oh... Sergio…
Il respiro caldo di lei gli sussurrava il suo nome nell’orecchio come se bisbigliasse un’invocazione disperata d’aiuto.
Risalì con la mano lungo la gamba, affondò le dita tra i peli umidi e cercò di toglierle le mutandine. Simona gli imprigionò la mano tra le cosce e la strinse con una forza insospettabile, poi si sciolse dall’abbraccio e senza guardarlo, come se stesse confessandogli un difetto, una colpa, una deformità nascosta, chinò la testa e mormorò delle parole incomprensibili.
Sergio le prese il mento tra le dita e le domandò sorpreso…
- Che dici? Che cosa stai dicendo?
- Sono vergine!.. Sono ancora vergine… ho paura non voglio…
Era stato come se gli avesse detto: “sono un marziano!, un centauro!, un ippogrifo, un agente della narcotici!“.
S’era abbandonato di colpo sul sedile e aveva cercato nervosamente nel pacchetto spiegazzato l’ultima sigaretta, dopo averla accesa aveva lanciato lontano il pacchetto vuoto nella speranza inutile di allontanare da sé tutta la delusione e l’amarezza che provava, stava per avviare il motore ma…
- Aspetta!
Simona gli aveva posato una mano sull’inguine e intanto con l’altra tentava con difficoltà di aprire la lampo dei jeans. Sergio, per renderle la cosa più facile, trattenne il fiato e contrasse gli addominali.
Non c’era passione in lei, tutta tesa nel tentativo di compiacerlo aveva, sul viso, l’espressione preoccupata e un po’ ottusa di un bambino assorto in un gioco nuovo e complicato. Quando riuscì a liberare il cazzo dagli slip si voltò verso di lui e mormorò, come se stesse pensando ad alta voce: “...è grosso… quanto è grosso...”
La lasciò fare.
Simona, dopo qualche momento di indecisione, avvicinò timorosamente un dito e deterse con leggerezza una goccia vischiosa e trasparente che stava lentamente sciogliendosi.
Sergio la guardò incuriosito. Ora lei si comportava come se lui non esistesse. Aveva gli occhi socchiusi, e respirava con fatica come dopo una corsa, poi abbassò la testa e rimase con le labbra appena appoggiate sul glande. Quel bacio durò un tempo lunghissimo.
Adesso si sforzava di accoglierlo il più possibile tra le labbra spingendosi sempre più in avanti come se volesse dargli un sostituto di quello che poco prima gli aveva negato. Muoveva la testa disordinatamente facendogli sentire a tratti l’aspra durezza dei denti. Le mise una mano tra i capelli e accarezzandole il collo le impresse un movimento ritmico, un lento andare e venire accompagnato dall’alzarsi e abbassarsi del bacino.
Dal parabrezza appannato vide la luce delle stelle sfaldarsi dilatandosi in macchie vorticose che facevano da sfondo alla sagoma scura e acuminata dei due cipressi, gli sembrò che tutto il paesaggio si torcesse animandosi come se fosse investito dalle pennellate deliranti di Van Ghog. Chiuse gli occhi e si lasciò andare ad un orgasmo inarrestabile e totale come la girandola impazzita del primo flash.
Simona si liberò con uno scatto improvviso dalla mano che le imprigionava la testa e, aperta la portiera, uscì dalla macchina tossendo.
Aveva del pessimo kognàk (Welby l'11 febbraio 2003)

Aveva del pessimo kognàk, di quello che puoi vincere al luna park lanciando una pallina da ping pong nella bolla di vetro da dove un boccheggiante pesce rosso ti guarda con una faccia da cazzo circonciso, forse ne ho bevuto troppo e quel gusto di alcol e profumo di mignotta non lavata mi risale dallo stomaco esplodendo in gola con tiepide boccate acide. Da un po’ di tempo scopiamo nel salotto perché in camera da letto ci dorme la bambina, così mentre sto cercando disperatamente di venire lo sguardo si posa sulla gondola di peltro che galleggia sul tavolino di marmo scuro venato di bianco che rassomiglia tanto alla polluzione oleosa di una petroliera. Sarà un'allucinazione da ubriaco ma quella stronza di una gondola si mette improvvisamente a rollare, distolgo lo sguardo ma una curiosa persistenza retinica me la fa vedere mentre dondola sulla schiena di lei che, inginocchiata sul divano, mi sbatte le chiappe sulla pancia come se volesse incollarcele.
Finalmente vengo, ma per poco non mi strozzo, cerco di rimandare indietro la schiuma che mi riempie la bocca, poi 'fanculo tutto, mi chino in avanti e le vomito sulla spalla.
Una voce che vorrebbe essere sexy, ma riesce soltanto ad essere un'imitazione volgare di un 166, mi soffia nell'orecchio: "mio marito è allo stadio, perché non viene a prendere... un caffè?".
Ed è proprio il sentirmi dare del lei e lo stacco tra le parole "prendere" e "caffè" che mi strizza le palle e mi fa lasciare il letto senza troppi rimpianti.
Prima di suonare il campanello mi guardo intorno con una certa diffidenza, il sospetto che ci sia una cinepresa che stia riprendendo la scena mi è venuto perché tutto corrisponde al solito incipit delle pellicole porno.
Driiiinn… driiinnnn
- Chi è?
- Sono il lattaio
- Ah il lattaio, bene! Entri... entri pure, ma non mi guardi perché stavo facendo la doccia.
- Dove glielo metto… il latte?
- Mettilo qui cappuccettone rosso!
E così dicendo la lupona aprì le cosce e inghiottì tutto intero il povero lattaio.
Driiinn… driiinnn
- Chi è?
- Sono io
- Ah è lei, bene! Entri… entri pure, ma non mi guardi perché stavo facendo la doccia.
A questo punto il copione cambia, ma soltanto nei particolari più insignificanti, una tazzina di caffè troppo caldo e troppo dolce, una sigaretta fumata nervosamente sul divano, ma già sai come andrà a finire... e per la prima volta nella vita ti senti lattaio.
Appena entrati in camera da letto smette di tenermi la mano sul cazzo come se mi portasse al guinzaglio e tolta dal comodino la foto del marito la ripone nel cassetto mormorando: "sono tanto contenta che siate diventati amici"… mentre è ancora chinata che armeggia le guardo i peli neri arruffati che dalla fica risalgono verso il culo e mormoro, con una voce più falsa e traditrice di quella di Jago: "sono contento anch'io, andiamo molto d'accordo".
Mister Welby il 30 settembre 2003 -

Amore, dai, giochiamo un pò,... rilassati, fingi di dormire, vediamo quanto resisti !
Mi è costato liberarmi dal tuo vortice dolcissimo e infuocato... ma è solo il gioco di un attimo, per ricominciare daccapo, nel letto dei nostri desideri che, rilancia ogni volta, insondate emozioni....
Chiudi gli occhi beato e io scivolo ai tuoi piedi. Ne prendo di mira uno, te lo massaggio, te lo mordicchio, te lo bacio sempre più esplicitamente, ti succhio l' alluce come fosse il tuo pene.
Ah ! non barare, ti ho visto, hai socchiuso gli occhi.
Ricominciamo da un altro bacio, quello umido e più malizioso della mia vagina, ne approfitti subito per tentare di farmi cedere per prima, lo irrigidisci e lo ruoti solleticando un delizioso piacere... e... se cedessi prima io...
Lo immobilizzo con la mano e me lo tolgo, baciandoti la caviglia, il polpaccio, la mia bocca lambisce tutta la tua gamba fino al ginocchio. Tu continui i tuoi tentativi con le dita captando il mio ombelico, ti lascio fare, è delizioso.
Poi le tue cosce e... l'inguine, con la mia bocca, con la mia lingua...mi arrendo, ti arrendi, mi avvolgi la testa con le mani e io mi perdo nel tuo pene di cui mi vorrei saziare.
Gemi di piacere e io mi sento tutta tremare...
Risalgo il tuo corpo sfiorandoti , per non perdere la più piccola delle emozioni.
Stringi forte i miei seni, succhi il mio collo, trovi la mia bocca e la divori... oh... amore... lo voglio dentro.... comincio io, si... si... perchè ora mi fermi...
Abbracciati ruotiamo, continuando in uno spasmodico movimento sempre più frenetico ma lui ci gioca e ci scappa... bisogna punirlo.
Piego le ginocchia sotto di me, mi vieni sopra, entri e spingi, forte... forte... no, non mi fai male... ancora... così...
Satana e Welby, 10 ottobre 2003 -

“È Satana Trismegisto che culla a lungo sul cuscino del male il nostro spirito stregato, svaporando, dotto chimico, il ricco metallo della nostra volontà”.… pat podni maista... ti toscen atristi uot diesti redunka skolu… ia idu... sentì i passi della donna che si avvicinava e cominciò a contare: adin… dwa… tri… citirie… tec… scest… siem… vuoscen. Le braccia si mossero elegantemente disegnando nell’aria la spirale di un convolvolo e la corda di chitarra sprofondò nel collo segnandolo con un discreto e sottile solco amaranto. Quella donna era stata l’ultima pratica evasa… un favore dovuto a Il’Ja Afanas’eviè Šamraev un ex colonnello del Komitet Gosudarstvennij Bezopasnosti… ed ora era costretto a riprendere l’attività. Roberta era sulle sue tracce, la soffiata di Machina Grifeo lo aveva strappato dal presente e riportato indietro di trent’anni… da cacciatore era diventato preda. Un crampo gli rattrappì dolorosamente l’alluce sinistro… era mezz’ ora che, accovacciato tra l’armadio e la porta, aspettava il ritorno di Roberta... nome in codice –Kürbis-… vide sul soffitto un geco. Ne distingueva la pelle rugosa, semitrasparente, gli occhi scuri prominenti, la lingua che, con rapidi movimenti, spazzava il muso e… la porta si aprì sferragliando… dopo poco lo scroscio della doccia infranse il silenzio di nostalgiche cime himalayane. Serrò le mani intorno alle estremità del mi cantino e incrociò le braccia: adin… dwa…. tri… citirie… tec… scest… per prima cosa vide i piedi e le unghie laccate, poi con lo sguardo risalì le lunghe gambe da cheerleader del liceo eh!… ma... che… nooo? era un maschio!… Roberta era un uomo! Ebbe un conato di vomito, la fronte e le mani gli si ricoprirono di un sudore freddo e appiccicoso. Una bava acida, densa e viscida gli riempì la bocca, la saliva gli restava incollata al palato come un’ameba. Aspettò che si fosse addormenta/o e uscì dall’appartamento. “Amo il ricordo di quelle epoche nude, le cui statue Febo si compiaceva indorare. Allora uomo e donna, nella loro mobilità, godevano senza menzogna e senza ansia; il cielo amoroso carezzava loro la schiena, ed essi così esercitavano le virtù del loro nobile corpo” . L’Afghanistan!… l’indomani sarebbe partito per Kabul… il solo luogo al mondo dove ancora esistessero dei valori… gli uomini con la barba… le donne con il burqa!
Perché dovrei volere la luna se posso avere le stelle dei tuoi occhi?

(si continua col riesumare Piero Welby: questo del 10 ottobre 2003 è talmente forte che il nome della tipa dovette essere censurato con quattro asterischi perfino nel notoriamente libertario forum radicale)

Tolse il tappo ed un profumo morbido e penetrante saturò l’ambiente… un profumo caldo di essenze misteriose.
La prima goccia le cadde sul collo e **** ebbe un piccolo brivido… poi Pier fece cadere una goccia dopo l’altra seguendo il filo della schiena, arrivato sul coccige lasciò che l’unguento cadesse copioso. Un rivolo si insinuò nella fessura dei glutei e le solleticò l’ano, le mani di Pier le massaggiarono il collo e scesero lungo la schiena mentre i pollici premevano con una pressione decisa sulle vertebre, arrivato sulle natiche il massaggio divenne circolare con i pollici che ad ogni passaggio si spingevano in profondità senza mai toccare lo sfintere. **** avvertiva un formicolio piacevole e fastidioso al contempo, desiderava essere toccata proprio lì, lo desiderava e lo temeva.
Quando il glande si fece strada fra i glutei lei si irrigidì, e si irrigidì ancor di più quando lo sentì premere sull’ano. Ma non avvenne nulla, la pressione si mantenne costante e lei si rilassò. Una piacevole eccitazione si stava impossessando di tutto il suo corpo e,quasi senza accorgersene, inarcò i fianchi spinse i glutei contro il pene alla sua pressione rispose quella di Pier e dopo qualche istante….
- Ah!
Il grido di **** più che un grido di dolore fu un’esclamazione di sorpresa…non pensava fosse così facile…ma dietro al glande morbido e cedevole avvertì la durezza del pene, impaurita serrò con forza i glutei…
- ****! Rilassati mi stai facendo male…s e vuoi non spingo più, posso venire senza metterlo tutto…
Tranquillizzata si lasciò andare a quelle sensazioni sconosciute, a quell’eccitazione incontrollabile che la spinse ad accarezzarsi il clitoride sospirando
- dai spingilo… un po’… ma fai piano… piano..
- hummm… aaah…. aaaah!
il pene forzò l’anello serrato e **** con un brivido capì che lo aveva completamente dentro di lei. I primi movimenti furono un po’ dolorosi… poi le carezze al clitoride si sincronizzarono con il va e vieni del pene…
- vengo, ****! Vengoo... oooooh…
dei colpi decisi la fecero sobbalzare ed una lama di fuoco le percorse il corpo come una scossa elettrica… la mano spinta dalla violenza dei movimenti si mosse sul clito in modo autonomo, indipendente dalla sua volontà… venne anche lei, un orgasmo strano… persistente e diffuso che la lasciò inebetita…
Pier si lasciò andare lentamente sul corpo di ****… e lei avvertì che i suoi fianchi ancora avevano delle contrazioni spasmodiche…piccoli sussulti dell’orgasmo non del tutto esaurito
- grazie piccolina mia…. grazie e scusami se sono stato un po’ violento ma mi hai fatto perdere il controllo… avrei voluto essere più…. delicato… meno…. perdonami… io…
lei non seppe rispondere a quelle scuse semplici e sincere… poi il pene uscì dal suo corpo e fu come se qualcosa di suo l’avesse abbandonata.

Rimasero vicini, silenziosi, la notte confuse i loro corpi avvolgendoli in una morbida oscurità stemperata dal chiarore del cielo che filtrava dalla finestra aperta, ad un tratto ****, con una voce squillante da bambina, esclamò…
- guarda Pier… la luna!
E Pier stringendola forte a sé le rispose…
- Perché dovrei volere la luna se posso avere le stelle dei tuoi occhi?

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poco prima aveva sciolto le dita...

ho sciolto le dita...

Pier, parlando ad alta voce per superare lo scroscio, le consigliò di aspettare che lui avesse finito perché la doccia era talmente stretta che bisognava insaponarsi prima di entrare…
Pier entrò nella stanza. L’asciugamano gli copriva i fianchi ma lei non potè fare a meno di notare la sagoma del pene eretto che alzava una parte della stoffa.
Restò a fissarlo senza parlare, le sembrava eccessivamente lungo e voluminoso… in confronto a quelli che aveva…. conosciuto. la voce di Pier la strappò ai suoi paragoni
- dai manu… fa una doccia veloce… lo vedi quanto ti desidero
- faccio in un attimo… aspetta…
si insaponò velocemente ma quando passò la mano tra le cosce non potè fare a meno di indugiare sul clitoride… e ripensando a quello che aveva appena visto introdusse due dita nella vagina… chiuse gli occhi e pensò che tra poco avrebbe accolto dentro… quell’affare…
- allora… quanto ci metti?
- Eccomi ho fatto

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Fammi entrare, o re,
nelle tue stanze,
e gioiremo ed esulteremo con te
e celebreremo i tuoi amori
più che il vino.
Cantico dei cantici

- Sai Pier… dopo tanto tempo sul web… non credevo che tu esistessi… pensavo che fossi una specie di quei… programmi automatici… sì, quelli che rispondono alle e-mail…
Manuela continuava a parlare mentre saliva le scale dell’albergo.
Pier la seguiva ma non riusciva a capire il senso di quello che stava dicendo…il suo sguardo e il suo cervello erano concentrati sul movimento ondeggiante di quel sederino coperto da jeans attillatissimi; lo aveva sognato tante volte che, averlo lì a portata di… mano, gli procurava una sensazione di sabbia rovente che scorreva giù per la gola.
Lei, non avendo risposte, immaginò ciò che stava succedendo e accentuò il movimento delle anche, arrivata al ballatoio si voltò e con una nota di malizia nella voce gli disse …
- tu non sai cosa… darei per sapere a cosa stai pensando
- forse se te lo dicessi … non vorresti più darlo…
Si guardarono un attimo negli occhi e... risero
- sei più bella quando ridi… camera 34… ecco deve essere da quella parte
Dopo aver aperto la porta Pier gettò un’occhiata ai due lati del corridoio e visto che era deserto… la prese in braccio ed entrò nella stanza
- mettimi subito giù… io sono…
la baciò impedendole di parlare e arrivato vicino al letto si tuffò tenendola stretta a sé… una mano la posò sul seno e con l’altra le accarezzò il viso poi le passò il dito sulla bocca sfiorandola impercettibilmente… Manuela aprì le gambe e lo sentì duro e prepotente premerle sul pube
- adesso basta Manu… la fretta è nemica del piacere… vado a fare la doccia…
- vengo anch’io…
…sì vostro onore, sono colpevole. (Welby il 16 ottobre 2003)

Vorrei… cercare di spiegarmi, non sono un mostro. Lei volle passare la prima notte di nozze nella pineta di Ostia... accettai, ero folle d’amore. Io e lei in una canadese… al diavolo le zanzare! Andò tutto storto fin dall’inizio… non volle togliersi la Nike e nemmeno le Reebok… quando cercai di baciarla ebbe un moto di stizza… lo ammetto, fui troppo impulsivo e, dopo averle dato due sberle, tirai fuori il cazzo e le dissi: “succhialo o ti spacco la testa con il paletto della tenda!”… è un caso di violenza carnale? Non so, vostro onore… ero accecato dalla passione. Quando mi svegliai... ero solo, il suo sacco a pelo ancora caldo… uscii e inciampai nella sua tuta… vidi una scarpa e, da un cespuglio di mortella pendevano come gli orologi di Dalì le sue mutandine nere… mi guardai intorno... e dai cespugli di oleandri si levarono dei gemiti e delle invocazioni: “Pino, sì... sono tua... prendimi!”… vostro onore, lei è mai stato innamorato?... no, non mi risponda… mi avvicinai e… la vidi! Era abbracciata ad un pino marittimo e strofinava il ventre sulla corteccia ruvida… mentre la sua lingua oscenamente vibrante leccava la linfa ambrata che rigava il tronco. Perchè non sono morto! Perché il cielo non mi ha fulminato? ... capisce vostro onore, io, io... mi ero innamorato di una LINFOMANE! la colpii con una mascella d’asino… no, non la portavo abitualmente con me… la colpii urlando:” muori sordida creatura! Muori insieme al tuo Pino!”… perché ho appiccato il fuoco a Castelfusano? … per amore… solo per amore.
Ancora su Tonga, questo è invece di Mrs Orietta

Sul pedalò una Walchiria bionda a petto nudo impugnava uno spadino spagnolo e stava ordinando alla sua ciurma una sorta di arrembaggio!
Gli ospiti di Tonga, che speranzosi di carne fresca, si erano arrabbatati subito lungo la spiaggia, rimasero tutti esterefatti dallo spettacolo che si presentava ai loro occhi, cinque vecchie babbione, in avanzato stato di menopausa, stavano raggiungendoli con gridolini minacciosi, erano: la Cattolica con sguardo mistico, l'Incazzata moglie abbandonata, la Ninfomane vogliosa, la Crocerossina e quella Walchiria che sventolando lo spadino spagnolo davanti al muso tremante di Tabar urlava in preda ad un delirio parossistico: “Argo! ti ammazzo!”
Uno scompiglio tremendo percorse l'isola, Turko fuggiva inseguito dalla Ninfomane, Sergio cercava di ripararsi dal micidiale destro dell'Incazzata, Piero era caduto dalla carozzina e cercava di affondare la testa nella sabbia per non dover ascoltare la filippica della Cattolica per quell'orribile atto di cannibalismo incestuoso con una noce di cocco, la Crocerossina aveva raggiunto John, che aveva tentato di arrampicarsi su di una palma, e gli stava facendo una manicure cominciando col togliergli quell'orribile smalto verde dalle unghie, dopo, gli aveva detto con uno sguardo languido, gli avrebbe curato le altre ferite, Tabar continuava a scappare inseguito da quella Walchiria pazza che lo aveva scambiato per qualcunaltro.
Solo al tramonto gli animi si calmarono, Turko e la Ninfomane, esausti, si sdraiarono sulla spiaggia insieme a tutti gli altri, mentre leggiadra una musica si diffondeva ovunque abbracciata in un magico amplesso al profumo di pesce arrostito, solo Sergio aveva voluto per il suo occhio una bistecca di manzo cruda, Piero era arrivato ad un compromesso con la Cattolica : avrebbero recitato insieme un rosario mentre lei lo ripuliva dalla sabbia facendogli un bel bagno e grattandogli la schiena, John continuava a perdersi nello sguardo azzurro della Crocerossina dimenticando il vecchio detto che gli aveva insegnato la saggia nonna: “nell'acqua che non vuoi bere, ci morirai affogato” , anche Tabar stanco si era lasciato raggiungere dalla Walchiria e mettendo in pratica una tecnica di alta psicologia canina, si era rivoltato sul dorso offrendo il suo candido ventre alle carezze. Infatti.
Tutto sembrava perfettamente calmo e sotto controllo a Tonga, al tramonto di quel 26 ottobre del 2003, quando le note musicali tipiche di Tonga lasciarono il posto ad una canzone in voga qualche anno fa sulle spiagge riminesi : “Vincenzo... io ti ammazzerò .... lalalala .... sei troppo stupido per vivereeeee ....”
A quelle parole gli sguardi di tutti i contendenti si incrociarono ... e ... Chi! Chi?
Chi riuscirà a leggere e a scrivere cosa sta loro frullando per la testa?
Tonga, martedì 28 ottobre 2003 (by Piero Welby)

Caro diario, diceva Sartre che l’uomo è l’unico animale che insegue se stesso. Quanto è vero!
Qui si vive l’attimo sospeso dell’eternità. Le pazienti di Sergio hanno partorito, tutto bene, ma i neonati assomigliano a Gino Paoli... anche i baffi. Turko e John cercano di tirarci su il morale imitando Marco e Bordin... ma non hanno la stessa grinta e finiscono per litigare su chi ha il pisello più lungo, in effetti Turko dovrebbe avere la meglio... forse è stato il morso della murena, domani devo farmi mordere da una murena anche io. La Valkiria bionda è diventata una porno diva di successo il teatro Tonga ti Stanga è sempre pieno. Le idee non mancano, Sergio ha detto: domani facciamo una zattera e andiamo all’Ergife... così lo mettiamo in culo ai passeri! John ha commentato: già fatto! In effetti il suo bungalow è l’unico che i passeri non scacacciano. Tabar beve troppo e racconta barzellette sconce ai pappagalli che ridono tutta notte... due palle! Io sto spiegando alla ragazza che mi chiama Iron side dove si trova il frenulo e a cosa serve... è intelligente e volenterosa ma morde! Dice che non lo fa apposta… il cazzo le ricorda una banana…io sono comprensivo e tollerante ma preferirei convivere con un Pitbull.
È sera, stiamo sulla spiaggia dove Turko scolpisce gigantesche donne felliniane e guardiamo il sole che lentamente si spegne nel lapislazzuli del mare… Sergio rimpiange il molo di Rimini, Turko rimpiange mons. Tonini, John rimpiange la Baldini, la Valkiria bionda rimpiange Argonauta, io rimpiango il calendario della Chiappini… cazzo!
Piero Welby sull'AMORE - 26 ottobre 2003

Con Hobo abbracciato al collo andò in cucina e, per festeggiare, stappò una bottiglia di Sala Paruta, riempì due bicchieri fino all'orlo e bevvero tutto d'un fiato. Seduti uno di fronte all'altro, come vecchi amici continuarono a bere per tutta la sera, tranquilli, soddisfatti, senza bisogno di parlare.
Hobo continuava a rollare una canna dopo l'altra mentre Eraldo cercava disperatamente di centrare i bicchieri. Finito il vino si scambiarono un buffo cenno d'intesa e barcollando raggiunsero la camera da letto. Nonostante i fumi dell'alcol e il fumo dell'hascisc il nano si mosse con destrezza e precisione, Eraldo si sentiva come un affogato nelle braccia del suo salvatore. Non realizzò subito cosa stesse accadendo ma quando sentì le dita umide di saliva che gli massaggiavano l'ano forzandolo delicatamente con i polpastrelli si voltò con fatica e vide Hobo in ginocchio dietro di lui che stringendo con una mano il cazzo lo puntava contro le sue natiche come un arma. La sua carne si fece morbida e cedette lentamente a quella pressione continua, per un tempo che gli parve infinito i sospiri e i gemiti del nano riempirono la stanza, poi per uno strano effetto ebbe la sensazione di essere diventato lui Hobo e di autosodomizzarsi.
Lo svegliò il rumore del traffico, meravigliato si accorse di essere nel suo letto e completamente nudo, gli affiorò alla mente un sogno frammentario e curioso; aveva sognato di aver fatto l'amore con Hobo. Doveva aver preso una sbronza tremenda, la testa gli pulsava dolorosamente e la lingua era come fosse ricoperta di velluto. Aveva sete, una sete spaventosa.
Scese dal letto ma il pavimento gli mancò sotto i piedi, come quando arrivati al penultimo gradino appoggiamo il piede e il vuoto ci sorprende sconcertandoci, si rialzò, o almeno pensò di essersi rialzato eppure con la spalla non arrivava nemmeno all'altezza del comodino, doveva guardarsi allo specchio! Corse in bagno ma non solo non arrivava allo specchio, non arrivava nemmeno al lavandino.
L'assurdità di quello che era successo gli esplose improvvisamente nel cervello con la violenza di un petardo: era diventato un nano!
Cercò Hobo in tutte le stanze, negli armadi, nelle scatole dello sgabuzzino, niente, era sparito ed erano spariti tutti i segni del suo passaggio. Tornò sconsolato in camera da letto e vide sul televisore un paio di jeans, un gilet di pelle nera, un paio di sandali, un braccialetto di cuoio ed incollato sullo schermo c'era un pezzo di carta spiegazzata con su scritto qualcosa…
con un po’ di fantasia ci si poteva leggere LOVE.
L’inseminatore, di Piero Welby (che anch'egli forse morì esclamando: cazzo, ne valeva la pena!)

Uscendo dalla coordinata venusiana... svuotò le stampiglie plasmaneuronali ed attese l’attivazione del magnetoroulant che lo avrebbe portato a destinazione: Betelgeuse, alpha Orionis, 0,5 AR: 05h 55m 10.32s / Dec: +07° 24' 25.4". Da quando aveva vinto la Selezione Globale per l’esportazione della Democrazia nel Cosmo, non si era mai spinto così lontano. La produzione di sperma andava scemando, e gli inseminatori come lui erano ricercatissimi. Dopo le prime incomprensioni e la Prima guerra Preventiva Siderale, tutti gli extraterresti si erano convinti che fecondare le loro femmine con sperma terrestre rappresentava l’unica possibilità di ottenere la licenza per produrre Coca-Cola. Così i terrestri potevano sperare di colonizzare lo spazio esterno e gli extra potevano avere la chiave che apre la porta della Democrazia. Digitò sul palmare la password e il filmato kriziopulsar elaborò le immagini dei –contatti- portati a termine. Le 5677 inseminazioni vennero scaricate direttamente nell’ipotalamo e rivisse tutte le sensazioni passate. Controllò il livello del serbatoio spermatico, la densità del liquido fluidificante, l’elasticità del frenulo, era stato rinforzato con l’inserimento di una protesi al nikelcromomolibdeno… tutto O.K. l’aspetto della femmina non lo interessava, si era accoppiato con marcherontici di Lipis, con le osteomalacepi di Longos e le canepestrate di Ulcis… tutte erano state rifiutate dagli altri inseminatori, ma lui le aveva riempite di ottimo sperma terrestre qualità XL%^^, il più ricercato! L’Hirg driver destrutturò il neocon di Holeim e la fallonavetta atterrò. La femmina lo attendeva in un diverticolo anaerobico debatterizzato. Si avvicinò e controllò l’apertura della vagina… diametro, spessore, impedenza, resistenza, attrito, lubrificazione, contrazioni… inserì i dati nel respodernek e attese. O.K. rapidamente valutò i dati: punta del U67 al siliciodecionato, rivestimento in aspertZL21, spray al ceramolo per la temperatura e il suo tocco personale: saliva centrifugata. Alzò gli pseudopedipalpi della femmina e con un getto d’aria compressa eliminò le viscomucillagini ragnatelate, un attimo e poi il pene forzò l’ingresso, entrò nell’emiciclo membranoso che cedette con un gracidio prolungato, tamponò il muso di tinca e iniziò la –pratica- n° 5678. improvvisamente un arco voltaico scoccò tra il clitoride e i testicolo. Per Turko! Non aveva previsto la possibilità di trovarsi di fronte ad un orgasmo elettromagnetico… doveva trovare un modo per scaricare al suolo il surplus di sfigamotrica! Sospese la penetrazione, invertì il flusso spermatico, si grattò le sfere... tutto inutile, una scarica diadermocoagulante gli defibrillò le impositure angiotermiche. Eiaculò per 35 ozem e 19 oidir… e morì esclamando: cazzo, ne valeva la pena!
Welby, la Raffa e il Tampax - 23 luglio 2004

Sa com’è il mondo dello spettacolo? Tutto un pettegolezzo! Da quel giorno il Tampax divenne il mio incubo. Ad ogni festa, quando aprivano la porta, mi accoglievano con: no Tampax no party!
Così, Raffa ed io, dovemmo rassegnarci a ripetere lo –spettacolo-. Fu proprio durante una di queste repliche che infastidito oltremodo dalla clitoride, quella sera eccezionalmente turgida e voluminosa, operai una rotazione sul mio asse, di 180 gradi. Il naso finì nell’avvallamento del perineo e, finalmente, potei far combaciare le mie labbra con le sue piccole labbra, ritraendo la lingua creai un vuoto d’aria che, per una banale legge fisica, risucchiò il Tampax. Un piccolo incidente turbò la serata: Per una beffa del destino, mentre aspiravo l’assorbente, Raffa aprì la bocca, e il mio membro occupò, per la legge Landau-Winshij, il vuoto che si era venuto a creare. Raffa fu all'altezza della situazione e con abili movimenti del capo produsse uno svuotamento e detumescenza dell'ingombrante imprevisto. Standing ovation dei presenti e sincere congratulazioni. La nostra notorietà schizzò alle stelle. Ci esibimmo per Giovanni Leone che ci volle suoi ospiti alla villa delle Rughe. Il Santo Padre, Paolo VI, si scompisciò dalle risa e ci fece dono di una rara copia aldina del Catechismo. Agnelli ci donò un Rolex e una Duna. Al colmo del successo, Raffa ruppe il nostro sodalizio per il Tuca-tuca. Io mi esibii per qualche tempo in locali di infimo ordine inieme a Fiona Swaroski, poi cominciai a bere, a tirare coca, a leggere Libero, a guardare Mammucari e Socci... e di abiezione in abiezione... lo so lo so, ho toccato il fondo, ma solo chi cade può risorgere, ah, ragazza mia, se mi offre un cicchetto... le tolgo il Tampax, certo ho un po' di Parkinson, ma le giuro che non guasta, anzi...
Finalmente potei inginocchiarmi a prenderle in mano un piede...

(feticismi di Roberto Granzotto)

Finalmente potei inginocchiarmi a prenderle in mano un piede e cominciare a leccarlo e succhiarlo dalle dita e su per l’arco e davanti a metà, mentre le prendo l’altra caviglia e mi schiaccio la suola del sandalo sulla patta dei pantaloni. Ma che fa, si mette le dita fra le gambe, si tocca, si tira giù lo zip, non ha niente sotto i pantaloni di lino, si tocca ancora. Elena è una delle donne più belle del mondo. Vi basti pensare che era fidanzata nientemeno che con Mauro Suttora, che poi le ha preferito Nicole Kidman, il salame. I lunghi capelli corvini misteriosamente talvolta s’accendono di un rosso scuro nei riflessi di luce. Ha gli occhi di color diversi e un imperiale organo olfattivo veramente aristocratico. La parte femminile della mia sessualità vorrebbe baciarlo e mordicchiarlo delicatamente per testarne, tastarne durezza della cartilagine, elasticità della carne e sapore dell’epidermide, e infine succhiarlo per eiacularvene i capperoni succulenti in un’eruzione di lava mucosa. Agogno di poterle pulire le orecchie con la lingua e la bocca, ah la bocca... improvvisamente la bocca è premuta contro la mia a slinguazzare intensamente. Sono sconvolto! Ma non era delusa dagli uomini, asessuata come -Capezzone-?!? Invece no, si poteva percepire materialmente nell’aria il dissolversi nell’antimateria degli asessuoni positivi e negativi dell’asessualità cosmico-capezzonica, che fino a quel momento si tagliavano con il coltello. Assatanata mi denuda con una mano e si denuda con l’altra. Nei successivi tre quarti d’ora ci prendiamo in tutti i modi più noti finché lei esausta dopo sette orgasmi implora: “vieni! Vieni! vienimi ventro, spruzzami il dentro! Riempimi! Godi!”

Le avrei chiesto qualche ora più tardi, abbracciati al risveglio, se non temesse di essere rimasta incinta, e lei, soave: “magari, Roberto. Quale donna non vorrebbe un figlio da te?”
…incontrai, se ben ricordo, Penelope Cruz…

(Piero Welby il 6 luglio 2004)

…incontrai, se ben ricordo, Penelope Cruz… al corso di scrittura creativa del Prof. Marino.
le labbra! Che labbra! Mi chiese gli appunti su De Signoribus… lei parlava parlava e una vocina in testa mi ripeteva: bocchino bocchino bocchino bocchino.
Le offrii: un Calippo, un cornetto Algida, un ghiacciolo, due lecca-lecca, il mio dito indice.
Leccò, succhiò, aspirò, umettò, lambì, mordicchiò, mugolò, sospirò soddisfatta.
Che labbra! Un po’ la Bardot, un po’ la Loren, un po’ un anfiosso, e un po’ il Folletto…un agnate morbido e avvolgente.
Che lingua! un mollusco esagitato che mulinava come il fioretto del Cirano…per poi colpire con un affondo che bagnava il labbro superiore di una suntuosa lacca cinese color cinabro.
Mentre lei mi aspettava, seminuda, sulla poltrona Lazy boy, io feci la doccia e un semicupio all’ estratto di mandarino. Fu una lotta! Io le spingevo, energicamente, la testa verso il basso e lei svicolava, come Fassino sulla 40. cedette improvvisamente! Mi rilassai e una elastica gelatina, tiepida e confortante, avvolse il glande, come una ameba affamata… ma, porc! Aveva mollato la presa e, con l’indice e il pollice, infilati in bocca a mo’ di pinza, biascicava: -mpelo, ho unn mpelo uhuu, demnti-
Andò in bagno e non la rividi più.
Ho passato un brutto periodo. Un anno in analisi e venti giorni in clinica. Mi ha salvato il Vate, D’Annunzio. Come lui mi sono fatto asportare due costole per lato e… posso farmi i bocchini quando voglio.
Perché non hai rubato, stuprato, sequestrato, scippato, sparato al cuore dello stato?

Sempre Piero alle prese con la vulva, il 23 dicembre 2005...

Tu a Villa Irma sputavi Cardiostenolo, attaccato alla flebo e ad un poker di disperati, il calendario di giorni tragici -edicole di-una-via - crucis… un mese e poi a casa. Inferno di affettuose persecuzioni, girotondo di infantili ricatti, sadismi serviti a colazione, riscaldati per cena… -amore che soffoca-amore che annulla-amore inutile come la bestemmia di un ateo-… anima e cuore strappati crudelmente per vendicare l’errore di una scelta lontana. Cosa ti appartiene? l’ultimo ascesso un ricordo blu sul braccio... l’ultimo elettroshock un gigante di eccessivi desideri. Ma i tuoi pensieri malati erano già lontano, rondini metalliche che intrecciavano voli allucinati in quella stanza di lacci emostatici e bicchieri sporchi di sangue. Una strada, soltanto una cazzo di strada qualunque, non volevamo altro... perché proprio noi, perché... tua madre e tuo padre, un altro elettroshock e un’altra disintossicazione…. perché la tua rabbia non l’hai sfogata negli stadi accoltellando un altro disgraziato come te? Perché non hai rubato, stuprato, sequestrato, scippato, sparato al cuore dello stato? Perché tu ed io conoscevamo soltanto un modo d’odiare, soltanto una persona da distruggere... noi stessi! E ci siamo braccati crudelmente vendendo l’anima della prima comunione per uno schizzo arroventato, scaldando al sole inquinato del muretto lo spasmo cosmico del bisogno. Idoli incompresi congelati nella corsa inutile, sali – scendi scale vischiose di broccoli e baccalà, galoppate asmatiche nelle periferie deserte del sabato sera… esasperante ricerca della insegna rossa di una farmacia notturna, disperazione riflessa nelle finestre anemiche illuminate dai tubi catodici e dalla idiozia di clonati –interno con gruppo di famiglia-… finalmente lo sguardo impaurito del farmacista assonnato… rassicurante l’azzurrino dell’Icogamma e le due fiale di acqua bidistillata foto finish scattata in un cesso al neon. Una vena trafitta da minuscoli punti di morte…un miliardo di bocche affamate attendono impazienti il fluire di tossiche reminiscenze... narcisistico orgasmo l’implosione selvaggia del flash –Dio-Io-Dio- lo scorrere attonito dell’onnipotenza e poi: orina e oscenità, sul muro tra gli spruzzi nerastri di sangue e ditate di merda…. un epitaffio metropolitano “6678450 telefonami ho il cazzo grosso”.


...e il 30 dicembre 2005:

Il rumore di fondo del mare. Ecco che cazzo sono le donne nella mia vita: te ne stai lungo disteso sulla sabbia gli occhi socchiusi e le note sbiadite dell’ultimo disco per l’estate che urlano disperate la loro voglia di vivere, di non morire con le prime piogge: un po’ come me. Tutto normale, tutto come te lo aspetti, invece no! Improvvisamente, senza un perché, senza un percome, quel rumore da radio mal sintonizzata, del quale non ti accorgevi più, diventa il solo rumore che esista. Fa piazza pulita di tutti gli altri e non riesci più a togliertelo dalla testa. Di notte, di giorno, mentre mangi, sul cesso, con gli amici, quando scopi. E’ sempre là: sopra, sotto, dentro di te, intorno a te, negli occhi, nei pensieri, nel cazzo. Una nuova donna, una donna rumore di mare. Eppure l’avevo vista per caso alla UILDM.
-Questa è la nuova assistente sociale….
’sti cazzi dovevo rispondere e invece…la voglio! La voglio! La voglio! Cristo se la voglio!……tu sola puoi farmi guarire... tu sola puoi farmi sognare la fine di questa tragedia, tra le tue tette di panna e nutella, sul tuo culo di pistacchio e amarena, tra le tue cosce al latte di mandorle… non so niente di te. Ti prego parlami di te! Della tua vita! Quando ti svegli al mattino dei tuoi sogni che ne fai? Li lasci nel letto tra le lenzuola ancora calde o ci fai colazione insieme? Te li porti appresso tutto il giorno e ci parli, li accarezzi, gli racconti le favole o te li scordi in bagno vicino al dentifricio?
Tu sei tu od una ballerina fuggita dal Bolscioi o sei fuggita da un circo con un trapezista armeno che ti ha abbandonata a Madrid per una danzatrice di flamenco?
Dimmi che suoni il sitar meglio di Ravi Sciankar, che hai letto tutto Sartre ma preferisci Camus, che ti tocchi il naso con la lingua, che vorresti cambiare vita e pensi spesso al signor Fourier. Che sai dove stanno Rigel e Betelgèuse e se non lo sai lo vorresti sapere. Che odi i forni a microonde, che fumi il narghilè, che prepari il cuscus meglio di Gheddafy, che parli con i fiori e loro ti rispondono, che giochi a campana e a palla prigioniera. Dimmi che ascolti i grilli e li riconosci dal canto, che prima di addormentarti conti le pecore ma non prendi sonno perché te ne manca sempre una, che giochi alla lotteria e vinci, ma non trovi il biglietto perché c'hai fatto un aeroplanino e l'hai buttato dalla finestra. Dimmi che sai fare i tarocchi, leggere i fondi del caffè, preparare filtri d'amore, togliere il malocchio.
Stronza! Sarà pure una sociologa ma è proprio stronza…..le scuse che mi sta raccontando al telefono mi fanno l’effetto di un lassativo cerebrale, una diarrea di neuroni mi scivola lentamente sul collo e arriva alle palle.
-…avrei voluto avvertirti ma…la riunione, sai il dottore…… dice che se tu non smetti con quelle porcherie... insomma dice che non ti vuole più visitare… se vuoi cerco di convincerlo…

No! È te che voglio! Non posso morire senza averti vista nuda senza averti leccato la fica succhiato i capezzoli ascoltato i tuo sì! e i tuoi no! senza aver cercato sul tuo corpo l’ultima risposta o l’ultima domanda. Io ho bisogno di ascoltare quelle favole che solo le donne conoscono, ogni donna nasconde il segreto di una storia sempre nuova sempre diversa. Ogni donna.. ogni donna... ogni donna……

-Va bene! fissa pure l’appuntamento.
-Ma tu fai ancora uso di quelle sostanze?
-no!
-è la verità?
Ancora Piero Welby, il 4 gennaio 2006

Questa notte di bestemmie e rosari non mi appartiene, non mi appartengono le pietose bugie umide di orgasmi; miei sono i risvegli inceppati dall’arsura di una febbre senza nome, mie sono le mani che stringono i tuoi seni ed il sapore metallico della fica sulle labbra. Non c’è nessun senso in quello che sto facendo, scopo come un burattino mosso da invisibili fili… non sono io a gemere… fingo, e la mia recita mi inchioda alla croce della diversità –eloì, eloì, lamà sabactanì- Sentii un brivido lungo la schiena spegnersi in uno sfavillio cerebrale. No che non me lo scordo! Per uno come me chiuso nei suoi orti dorati a contemplare pecore e susini sentire l’Energia scorrere attraverso il corpo, la propria fottutissima anima inamidata da anni di rinunce all’altro dilatarsi di colpo come una sfolgorante supernova può far paura, gettarti nel panico più nero, o salvarti il culo dalla stipsi più atroce o dall’aporia più fetente. Ed erano ormai un paio d’anni che una certa frequentazione di simili situazioni m’aveva ricordato che l’essere umano non è soltanto una macchinetta piena di logica e buon senso, è invero un meraviglioso frattale emotivo in continua mutazione, laddove il proprio codice genetico è lo specchio fedele dell’eternità del Cosmo… un Cosmo dove la mia orbita vuota è un vorticoso Buco-nero… anima dannata di una scimmia antropomorfa che urla e graffia, implorando uno sparo bruciante nella vena inaridita.
A tu per tu col Dr Turko
- Rubrica di sollievo dalle dei forumisti ambasce. Scrivete qui, risponde il Dr Andrea Turko, ThC

Scrive il forumista Michele Boselli dal Berkshire:

Caro Dr Turko,

sono un socialista democratico italiano in Inghilterra - iscritto allo Sdi del mio omonimo -, che conduceva un tranquillo tran tran socialista democratico nelle verdi foreste della contea reale del Berkshire, alle porte di Londra, fino a quando ho conosciuto una donna che mi ha profondamente turbato ed esercita ora una influenza sempre piu' importante sulla mia vita.

Nel congratularmi per il successo di questa sua affermata rubrica, mi rivolgo dunque a lei, caro Dr Turko, per confidarle il mio invaghimento per costei giovane signora di rara bellezza, fascino, cultura, generosita', creativita', spontaneita', carisma, leadership e passione politica per gli affari correnti. Mi riferisco naturalmente alla vostra, nostra nuova compagna radicale a Londra dell'Associazione Luca Coscioni per la liberta' di ricerca scientifica, come lei forse sapra' federata con noi dello Sdi anche a livello locale nel coordinamento dell'Unione di sinistra, dove l'ho conosciuta a una romantica riunione del comitato pro-Scalfarotto.

E qui cominciano i guai. Mentre lei infatti sostiene Scalfarotto alle primarie, il mio omonimo presidente di partito si e' ufficialmente pronunciato per Prodi. E mentre sempre da Roma mi si sollecita ad iscrivermi al New Labour britannico, lei mi fa una testa cosi' coi Liberal Democrats, dei quali pero' non condivide la posizione sul sistema elettorale: lei e' pannellianamente per il maggioritario anglosassone, io non posso che dirmi bosellianamente proporzionalista.

Insomma, altro che federati: litighiamo piuttosto come fossimo gia' sposati, tanto che durante le riunioni capita spesso che ci si accapigli selvaggiamente, offrendo lo spettacolo indecoroso di lavare in pubblico i panni sporchi della nostra nuova famiglia liberalsocialista unita, con le solite reciproche accuse di incesto e pedofilia. Per fortuna alla fine tutto si ricompone pacificamente sull'antiproibizionismo, materia verde nella quale la vostra, nostra adorabile leader locale della Rosa nel pugno eccelle in produrre copiose dimostrazioni pratiche dell'efficacia nonviolenta.

Un aspetto carente della nostra relazione, tuttavia, e' quello sessuale. Eh si', caro Dr Turko, dopo tanto girovagare attorno alla politica, eccomi arrivato al dunque, la stessa patetica ragione per cui le scrivono migliaia di forumisti disperati, ovvero nella sua ammirevole sintesi, caro Dr Turko: la tipa non mi da la topa. Ella dunque capisce bene, caro Dr Turko, considerata la natura psicotropo-sessuale di questa federelazione personal-politica, come io abbia deciso di cercare il suo aiuto professionale per dirimere le ambasce che mi angustiano.

Mi consigli dunque, la prego, caro Dr Turko, dall'alto della sua esperienza, su una strategia per tromb... per conseguire il fine dell'unione liberalsocialista dei corpi, ogni centimetro quadrato l'epidermide dei quali venga reciprocamente in umidiccio contatto, ivi compreso il mio orgoglio craxiano eretto nella di lei avvolgente femminilita' anticlericale. Grazie per questa sua consulenza di cuore dalla quale dipendono la mia felicita' e l'intera mia vita, e voglia gradire, caro Dr Turko, le mie migliori espressioni di stima e considerazione.


Un paio di notizie da un vecchio Private Eye, rubrica "funny old world"

"Vi dichiariamo colpevole di furto", ha detto il giudice ad Albena Mihailova nel tribunale di Sofia "e per legge dovreste essere condannata a tre anni di prigione. Tuttavia, è stato portato all'attenzione della corte che voi eravate un uomo quando questo caso iniziò, che vi siete sottoposta a un totale cambiamento di sesso mentre in attesa di giudizio, e adesso vivete da mesi come una donna. Secondo la legge bulgara, ciò significa che non siete più la stessa persona originalmente imputata per furto, e nonostante la chiara evidenza della vostra colpevolezza le autorità sono pertanto lasciate senza altra scelta che lasciar cadere tutte le accuse contro di voi".

"Fondamentalmente, l'intestino era sfondato dal colon" il comandante di polizia Eric Sortland dice alla stampa a a Enumclaw, nello stato del Washington: "è sanguinato a morte per enormi ferite interne. Quando siamo arrivati al ranch, gli altri uomini la' dissero di non avere idea di come fosse accaduto, ma poi abbiamo trovato una cassa con centinaia di ore di videocassette di rapporti sessuali tra uomini e animani, e capito che avevamo a che fare con un giro di bestiofili. Questa gente era molto diligente nel filmare le loro attività, e finalmente abbiamo trovato quel che cercavamo: il filmato dell'uomo essere sodomizzato a morte da uno stallone. Per quanto possa sembrar strano, il sesso con animali non è vietato dalla legge nello stato del Washington, quindi veniva gente da tutti gli USA per partecipare. Le cassette li mostrano con cavalli, capre, pecore, cani, polli, scoiattoli e un pesce"
Come ogni sera verso le 19 e trenta, dopo una dura giornata di lavoro, Londradical si recò all’hotel Sheraton per comprare una delle due copie del Corriere della sera che arrivavano a Sofia verso quell’ora. Con sua grande sorpresa, un centinaio di carabinieri presidiavano l’albergo, ma erano solo economiche comparse per filmare “La Piovra”.

Per venti marchi Londradical prontamente appioppò una bandiera del Tibet alla sua vecchia conoscenza Michele Placido, e così conobbe la sua interprete Christine, che assisteva anche il regista Perelli nel comunicare col cast e la troupe cinematografica locali. La invitò a cena e, come direbbero gli inglesi, caddero in amore.

Dopo tre mesi vivevano insieme in un bellissimo appartamento e facevano l’amore tutti i giorni senza trovarlo mai ripetitivo. Lei studiava ancora all’università e lavorava part-time al British Council, lui era l’editore-direttore di Italiani a Sofia, uno sfigato bollettino bisettimanale per i 400 businessmen connazionali in quel Paese dell’Est.

Non sentivano il bisogno di sposarsi, semplicemente si amavano alla follia. Ma gli studi universitari non la soddisfacevano e come tutte le ragazze dell’Est comprensibilmente sognava di vivere in occidente. E a lui gli affari andavano male, i risparmi stavano per finire e naturalmente gli rubarono l’automobile.

Così lui la convinse a sposarsi perché potesse lavorare in Europa occidentale. Esclusa l’Italia che andava sempre peggio per la cialtroneria delle nostre classi politiche e dirigenti, si trasferirono nel Regno unito di Gran bretagna e Irlanda del nord, dove entrambi trovarono facilmente lavoro.

Ma erano occupazioni insoddisfacenti le cui frustrazioni si riversavano sulla loro vita sentimentale. Passavano gli anni e la convivenza si faceva sempre più difficile. Lui beveva e fumava troppo e lei sognava ancora l’Italia. A Londra vivevano separati e ormai facevano l’amore solo una volta alla settimana.

Segretamente si guardavano intorno nel web per trovare altre amicizie. Galeotto fu il sito di Beppuz (italianialondra.com), dove lei conobbe Alessandro, bellissimo dagli occhi azzurri. Per ripicca lui volle conoscere Alessandra, che faceva marameo col suo fiocco rosso in testa. Sembrava finita lì.

Invece no. Eternamente insoddisfatta e inguaribilmente ambiziosa, lei cercava e cercava ancora. Trovò nella chat Piggy78, bellissimo dagli occhi azzurri, col quale andò al cinema a vedere Troy. Per ripicca lui volle conoscere Giovanna1973, giacché per lavoro trascorreva due giorni alla settimana nel Berkshire.

Sembrava finita lì. Invece no, cercando e cercando, non le fu difficile trovare Maurizio detto Maui, bellissimo dagli occhi azzurri. Per ripicca lui volle conoscere Ludovica detta Volpe, della quale lo affascinava la perenne crisi di identità dovuta a un nevrotico cane bassotto. Sembrava finita lì, invece no.

Christine volle passeggiare nel parco con Gian Luca detto Ringhio, bellissimo dagli occhi azzurri, e per ripicca Londradical volle portare al mare Serena, nella sua Sabaudia, perché una volta aveva visto Marco Pannella fare il bagno proprio nel mare di Sabaudia (superfluo precisare che anche il satrapo radicale ha gli occhi azzurri).

Da un Gian Luca a un Gian Carlo, Christine uscì in discoteca con Battista, bellissimo dagli occhi verdi col quale condivideva la passione per i colori pastello. Cambiato l’arcobaleno, per ripicca Londradical rapidamente si adattò a Rosaria detta Okkiverdi, la ragazza che a suo dire odia le “mensogne”.

Indovinate un po’: sembrava finita lì. E indovinate un po’: invece no. Lei trovò affascinante, come quello di un pirata, il sopracciglio tagliato del litigioso Vito detto Londonbobo, bellissimo dagli occhi verdi. Così lui per ripicca corteggiò l’intrigante Chiara detta Littlecrazy, nonostante i suoi ambigui gusti musicali.

Vennero poi per lei lo Stefano detto Ste74, bellissimo dagli occhi verdi, e per lui Francesca70, quella che dice le parolacce in arabo. E poi Giuseppe enigmaticamente detto Giuseppe, bellissimo dagli occhi verdi che era finito a Londra sbagliando aereo, mentre lui si invaghiva della gattofila Medessa.

Sembrava finita lì, e quasi lo era: l’autore decise che questa storia a colori stava presto per finire come il mare d’inverno di Loredana Berté... Ci furono ancora a Camden il poeta Giuliomagno per lei, e nei Docklands Morena (mind the gap) per lui. Dopodiché al desiderio del tradimento subentrò la vacuità dell’innamoramento.

Christine pretese di essere innamorata (o forse semplicemente innamorata dell’idea di essere innamorata) di uno che non l’amava minimamente, e del quale non si fa il nome, ma tanto lo sanno tutti. E Londradical per ripicca fece altrettanto, con una tipina della quale non si fa il nome, ma tanto lo sanno tutti.

Christine e Londradical decisero di divorziare consensualmente e programmarono la data per il 2 luglio 2004. Era una decisione devastante per entrambi, la fine di un grande amore. Si fecero coraggio e si presentarono insieme alla corte per firmare l’atto, ma proprio quando stavano per farlo partì una sigletta familiare:

Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-Du-TONII!

Ecché, vi aspettavate Patman? Ma perché mai Patman dovrebbe avere qualcosa a che fare con questa storia? Invece era trionfalmente entrato Toni Secondo detto ToniII, che autorevolmente proferì:

“Ecché, vi aspettavate Patman? Ma perché mai Patman dovrebbe avere qualcosa a che fare con questa storia? Invece in questa storia non ci sono vittime né colpevoli, ma stavolta per vincere la bottiglia di vino bisogna rispondere a un altro tipo di quiz: Sofia è la capitale
a) dell’Ungheria
b) della Romania
c) della Bulgaria
d) del Tibet
Chi indovina vince anche un viaggio e soggiorno a sue spese nel Paese corretto”.
da Aracnofollia, racconto breve di PW

"Aveva un corpo magro e muscoloso, il ventre piatto, i fianchi stretti da ragazzo, i seni piccoli e molto alti erano dominati dalla areola scura dei capezzoli sadicamente forati da anelli lucenti. - E questo è niente, ti avevo promesso di farti vedere qualcosa di straordinario. Gli andò incontro camminando sulle punte dei piedi nudi e coprendosi il pube con le mani a coppa, si sedette sul tavolo e allargò le gambe poi, come un prestigiatore, tolse le mani e gridò "voila!" Mostrò la fica completamente depilata, sul monte di venere s'era fatta tatuare un cobra nell'atto di mordere, dalle grandi labbra pendevano due catenelle con dei piccoli pesi alle estremità e sul cappuccio della clitoride luccicava una sferetta argentea. "… le si avvicinarono più volte, fino a toccarla, fecero cerchio intorno a lei, più volte le aprirono le ginocchia, sollevando la sua catena… per vedere come fosse fissata…" Histoire d'O di Pauline Réage: tutto era già avvenuto, tutto era già scritto nei libri e la vita non era altro che una scialba e volgare imitazione della letteratura. Chiuse le gambe di scatto, come le molle di una trappola che si serrano sulla preda e rimase in silenzio a spiare le reazioni della sua vittima. Quel gesto di infantile esibizionismo le aveva dipinto sul viso un'espressione di ingenua felicità, ma i lineamenti ripresero la solita durezza quando con un tono di scherno gridò….. - Adesso tocca a te, fuori il pitone!"
Un altro nodo stava per serrarsi (Welby il 18 ottobre 2003)

Un altro nodo stava per serrarsi, lo strano cuore di luce e cristallo aprì una breccia nel cuore di Loredana che, fissandolo con quegli occhi più chiari dell’azzurro che univa all’orizzonte, cielo e mare, lo invitò nella sua cabina.
...prima di raggiungerla, fece un lungo giro e si avvicinò alla fila delle cabine passando attraverso la bassa macchia mediterranea che profumava intensamente di resina e rosmarino.
Gli ultimi metri li dovette percorrere sulla sabbia infuocata, ma nemmeno dei carboni ardenti avrebbero potuto impedirgli di raggiungere il suo scopo.
La porta era socchiusa, senza aprirla del tutto scivolò dentro come una lucertola in una fessura, fece calare il saliscendi in legno che faceva da catenaccio e rimase fermo trattenendo il respiro, con le spalle contro le tavole ruvide ma piacevolmente fresche.
Loredana stava in piedi nell’angolo di destra vicino all’attaccapanni, ferma e rigida come una cariatide, e come una cariatide piegava la testa e le spalle in avanti, quasi che un peso invisibile le gravasse addosso. Le andò vicino, e con un gesto spontaneo, quasi fraterno la strinse a sé, circondandole le spalle magre. Lei ricambiò l’abbraccio e rimasero così per un tempo lunghissimo.
La dolcezza di quel contatto svanì per lasciare il posto ad una curiosità sconfinata, Piero temeva che tutti i sogni, le fantasie, le illusioni coltivate con mistica devozione in tanti anni, potessero crollare al contatto della realtà.
Per un attimo pensò di fuggire da quello spazio angusto che lo stava soffocando, una corsa folle verso il mare, un tuffo e perdersi, poi, tra le onde in una nuotata senza fine e senza speranza, ma Loredana fece un gesto che lo costrinse a rimanere.
Sempre con il capo chino, fece scivolare le spalline del costume e lo abbassò fino alla vita, a quel punto alzò la testa e lo guardò negli occhi, mostrava i seni come un generale fiero delle sue medaglie, Piero pensò alle parole che Liliana gli aveva detto pochi anni prima, ed allora prese tra le labbra i capezzoli e chiuse gli occhi.
Pian piano si inginocchiò sul pavimento, mentre, con le mani faceva scendere il costume dai fianchi. Loredana sembrava un rettile che, abbandonata la vecchia pelle inutile e scolorita, mostrava quella nuova che il passare del tempo e gli elementi non avevano ancora alterato.
Ed allora la vide: il fascio di luce che penetrava dall’apertura romboidale sopra la porta illuminò quelle minuscole labbra, due piccole onde, increspature sulla pelle liscia e tesa, una peluria appena visibile saliva dal basso per unirsi, poi, in uno strano ricciolo aggrovigliato.
Non era deluso, ecco che la ritrovava come in quel giorno lontano, esplicita e misteriosa gli si mostrava celandosi, avvicinò il viso e si accorse che tutta la freschezza del mare era rimasta intrappolata lì, come gli avvallamenti della spiaggia che imprigionano pezzi di mare dopo che la marea si ritira.
La baciò e sentì il sapore di alga e corallo e vide onde e spume, scogli e abissi, oceani sconfinati con isole sconosciute, terre immaginarie dove perdersi in viaggi senza ritorno.
"Jolie bouteille,
sacrée bouteille,
veux-tu me laisser tranquille?
Je veux te quitter
je veux m'en aller
je veux recommencer ma vie"
TROVATO DAGLI ISPETTORI DELL'ONU IL PUNTO "G"

(Piero Welby il 26 febbraio 2003)

I due siti anatomici erano stati già esaminati negli anni '90, prima della partenza degli ispettori dall'Iraq. La risoluzione 1441 delle Nazioni Unite, la stessa che conferisce il mandato agli ispettori ha permesso a H. Blix di localizzare il misterioso punto "G". Anzitutto va detto subito che il punto G, contrariamente a quanto avrete certamente sentito dire, non è un bottone magico che basta toccare per avere un orgasmo ma piuttosto un'area piacevole da stimolare per alcune donne. Infatti, sebbene tutte le donne lo hanno purtroppo non tutte sono sensibili e/o provano piacere in quel punto. Il punto G deve il suo nome allo scopritore Grafenberg, ed è una massa piccola di tessuto della taglia di un fagiolo che si trova a circa 4/5 cm dalla vagina, nella parete superiore e più precisamente a mezza strada tra l'osso pubico e la cervice. Per una donna non è facile localizzare il punto esatto da sola a meno che non lo fa da seduta, comunque, con l'assistenza degli ispettori dell'ONU, non è stato difficile trovarlo.
Piero Welby il 14 gennaio 2006

I payed 15 million dollars /put up 172 cents /I payed 1227 dollars /and 55 cents /see my bulldog by the rabbít /and my hounddog sitting on a bye bye fence /well my temperature rises and my /feet can't walk so hot /and this arabian doctor comes in /gives me a shot /but wouldn't tell me /what it is that I got

Non dovrei essere qui! In un letto non mio, con una donna che non è la mia… il tic-tac ossessivo di una sveglia che non mi ha mai svegliato e il torpido destarsi di questo palazzo che non conosco..oh, cristo!…i rumori osceni del risveglio borghese… II Leviatano fa luccicare un sentiero dietro di sé; direste che il mare profondo è canuto… Il ventre della balena che vi inghiotte ogni notte e ogni giorno vi vomita restituendovi agli ingorghi asfissianti di benzene e Marlboro, miserabili Achab colati dal sartriano buco dell’incontro con l’Altro, annullati nell’inseguimento dei consigli-per-gli-acquisti… tatuati sul culo di un gigantesco maori…Ottusi luogotenenti del nulla sperduti nella Metropolis di Fritz Lang. Uomini grigi robotizzati dalla quotidianità, impastati di invidia e banalità sbocconcellano Gran Turchesi innaffiati di –oh caro vuoi tè? caffe? milk?-…-grazie cara, preferisco un cazzo in culo e fare un pompino al capoufficio, tu nell’attesa, tra un bridge ed una canasta, tra le pinelle e la dichiarazione, puoi scoparti l’inquilino-del-piano-di-sopra-quello-sempre-abbronzato- -…Il Maelström degli sciacquoni inghiotte le insoddisfazioni bulimiche del giorno prima: big Mac- Coca-Cola-Pavesini… Merde anonime in viaggio riluttante negli intestini fognari della città, aspirano alla catarsi artistica della Biennale di Manzoni Merda-Di-Artista-In-Scatola-…non c’è giustizia neanche per loro! Il borotalco nelle orecchie…i saluti, i convenevoli.
-prima lei.
.-no, prego prima lei…
l’imbarazzo negli ascensori… camere a gas di colonia e after shave… le file isteriche alle fermate degli autobus, l’ambigua promiscuità… involontario e repellente contatto con sconosciuti accomunati dal mutuo da pagare, le vacanze da programmare, la promozione da aspettare… la scopata del sabato sera con il sottofondo del tg… o la cassetta hard, catalizzatore per esauste fantasie e curiosità annegate nell’abbraccio del cachemire, nella sgommata della turbo o nell’ultimo quiz…-domanda da un milione di $: domani sarà un altro giorno?
Questa non è mica male...

Due egiziani hanno scavato un tunnel servendosi unicamente di calzascarpe sotto la frontiera bielorusso-polacca per entrare nella EU. una volta entrati si sono persi e ritrovati davanti al filo spinato e, pensando che fosse la frontiera polacco-tedesca, hanno ricominciato a scavare per rientrare in Belarus dove sono stati arrestati e rispediti in Russia (dov'erano entrati con visti turistici) ma sono riusciti a evadere dal treno per cominciare a scavare un terzo tunnel, sempre armati di soli calzascarpe (acquistando una vanga temevano di insospettire il negoziante), al confine russo-ucraino. L'articolo non dice a che scopo a meno non pensassero gia' a un quarto tunnel dall'Ucraina nella EU...
The hunter (21 ottobre 2003) di Piero Welby che ebbe l'unico difetto di essere stato cacciatore.

Il suono della sveglia lo strappò ai suoi pensieri. Sergio prese dei Trojan, Holla, Hatù e uscì in strada accompagnato da Tabar. Era il suo giorno di caccia. Superato l’arenile si incamminò lungo la battigia incurante delle onde che gli lambivano gli scarponcini Adidas. Come sempre, avvenne tutto in un attimo: Tabar si era bloccato in una ferma perfetta… l’anteriore destro alzato e flesso, il muso proteso in avanti. La preda era distesa al sole, distratta dal rumore del mare e si accorse del cane solo quando le fu addosso, troppo tardi per tentare la fuga. Sergio si avvicinò con prudenza e decisione, sapeva come calmarla. Le accarezzo i capelli, le baciò il collo… i capezzoli, eppure era ancora nervosa, tesa… ogni preda ha il suo punto debole, basta aver pazienza…ecco, l’incavo del ginocchio! Ora poteva penetrarla… sincronizzò i movimenti con il ritmo della risacca. La brezza marina lo fece rabbrividire, un brivido che si confuse con l’orgasmo. Ora veniva la parte noiosa della caccia. Doveva segnare sul tesserino l’ora, il giorno e le caratteristiche della preda. Era una preda stanziale, bruna, 80-60-90, pelo lucido, lieve cellulite nell’interno coscia, cercò il tatuaggio dietro l’orecchio: GIADA2X445R76, le diede un colpetto sui glutei e la lasciò andare…la vide fermarsi e voltarsi indietro indecisa… ma bastò un urlaccio per farla correre verso le cabine. Regola prima; mai affezionarsi ad una preda! Il suo permesso giornaliero di caccia stava per scadere, chiamò il cane e si incamminò verso casa. Ripensò a venticinque anni prima quando la caccia era libera e non c’erano limiti di carniere… niente profilattici e i branchi di prede nordiche che migravano seguendo la rotta delle Sule Bassane… le teste bionde che punteggiavano il mare, i corpi stesi al sole…e la possibilità di selezionare i capi migliori, adesso invece… qualche broiler siliconato o, nel migliore dei casi, una stanziale. Tutto scorre, tutto passa… Tabar gli lecco la mano e… era già arrivato a casa.
Concludiamo l'anno come l'abbiamo cominciato:

Miane, 1 gennaio 2007

Stanotte ha avuto luogo in chat il rituale, amichevole scambio di auguri three-way (a noi piace il ménage à trois) tra me, Danie’ Capezzo’ e Mauro Suttora (autore di “No Sex in the City”, ed. Cairo, euri 14).

(Boselli – col suo ben noto ottimismo maniaco-depressivo – risponde agli auguri di Suttora)
Ciao Mauro, auguri anche a te. Il capodanno è andato bene: ho conosciuto una figona americana (vedi foto allegata) con due gambe eccezionali, ma proprio perciò è troppo alta per me (sei piedi meno un pollice) e se vuoi te la presento. Per il resto come va?

(Suttora risponde immediatamente dimostrandosi molto interessato)
Una con sei piedi e senza un pollice sarebbe una nuova esperienza perversa che mi stimola assai. Per americana intendi dunque appartenente alla famiglia Addams? Se vuoi te ne presento in cambio una da cinque piedi e tre pollici. Per il resto non ne posso più di questi romani burini col nodo della cravatta immenso, che mi hanno cambiato il nome. Ora sono diventato "Amà"...

(Capezzo’ a Suttora)
A’ Ma’! nun ce provà! Ma che stai addi’? Aho’, er nodo d’a cravata sé branscé, como dicono appariggi an fransé, che vor di’ a la moda oddierna modderna atuale d’ogigiorno nauadéis. Te ‘a cravata con quer nodo ‘a porti troopppo lunga... Tie’ questa giallo-ocra ricciglata che s’allaccia de dietro cor nodo largo già fatto. E’ pure firmata, da me, che so’ Capezzo’, aho’!

(Suttora a Boselli, sempre sul tema delle unità di misura lineari di donne e cravatte)
Michele, perche' la fai cosi' lunga? Cortéggiala e spòsala!

(Boselli – col suo consueto entusiasmo bipolar-suicidale – risponde a Suttora)
Ma proprio perché E’ LEI troppo lunga: bisognerebbe mettere me e Capezzo’ uno sopra l’altro per riuscire ad arrivare a baciarle gli occhi di cerbiatta... non a caso parto dalle gambe: a malapena le arrivo alle tette. Perciò la lascio a te. Invece quella con cinque piedi e tre pollici te la puoi tenere, ‘che ho già capito chi è: la cozza che si è precipitata a Roma non appena ha saputo che ti ci saresti trasferito tu. A proposito, ma hai notato come quasi tutte le poche forumiste donne sono cattoliche e pure praticanti?

(permaloso Suttora indignato a Boselli)
Che tu mi ritenga capace di trombare tale ciofeca cattolica praticante, beh, non ho parole, non ti conosco né ti saluto più. Addio. PS: hai mica per caso l’email di Orietta Callegari? Sai che mi piacciono mature e... praticanti.

(Capezzo’ a Suttora)
A Ma’! a Bose’! nun ce provate, che a me ‘na cozza de treppiedi pe’ cinguanta pollici in arta definizzone me andasse benissimo, ‘che ogni vorta che j’o tiro fuori (FUORI!) dar culo de Tosoni me se rimane er cazzettino tutto impiastricciato inzaccherato d’immerda schifosa. Ecchessò io, Checca Pavone-Scoppia?!? E ‘o sapete pecché a Pecoraro-Scania ‘o chiameno così? Er pecché è mejo che nun ve o dico, ‘che ‘artimendi me fanno er culo ao stabbilimendo in Zardegna d’a General Motorz ‘ndo faccio ‘e vaganze cor mi’ amigo Briadore e tutt’i su’ amighi pieni de sordi. Aho’, nun sgherziamo, ‘che Briadò m’a brezzendado un zacco d’amichi accapabbio, como se dice appariggi an fransé. Grazzie, grazzie, grazzie ai ‘sgoldatori e buon lavoro. Ma che, st’artra straficona ‘mmericana è cattolica neo-con? Nun che ce possa fa’ gnente io – so già ‘mpegnato cor Tosoni – ma me o chiedeva Briadò.

(Boselli in rehab – con il suo usualmente delicato sarcarmo benzodiazepinico - a Capezzo’)
Vi piacerebbe, eh?

(Capezzo’, per farla breve, risponde da Radio radicale sia a Suttora che a Boselli)
Favangulo Bose’, nun ce provà. Però fame i auguri a Granzotto per madrimonio anche da parte der mio amico Colacio’. Perché, nonostante quel che Marco potrebbe obiettare, e pur condividendo quel che Marco ha detto ieri o pensato domani e immaginato già nel 1974, rispettando tutte le sue riserve in conseguenza di quello che – se permettete – è lo sviluppo dei fatti, delle funzioni filosofiche analogico-digitali che in fondo, se vogliamo, costituiscono la cifra del pensiero tardo-agostinico che anche Pannella stesso – mi pare se non sbaglio, ma anche se non mi sbaglio, e pure se mi sbaglio ha ragione io o lui – avrebbe riconosciuto, eppurquando, Egli stesso come importante da tenere presente in questa Sua significativa azione democratica e nonviolenta, sulla quale ci renderà edotti nel pomeriggio, e sottolineo importante, ed evidenzio democratica, certamente ed indiscutibilmente, ma al tempo stesso nonviolenta in quanto pone il discorso del presidente Napolitano non distanziarsi in effetti da una logica che come vedete - e come del resto hanno rimarcato la commissione parlamentare del 1997 come altrettanto fece Sakhalin in siberia un paio danni più tardi -, kantianamente ma contemporaneamente non posso fare a meno notare essere anche popperianamente nel mentre che rimane innegabilmente incostentualizzabile la matrice ideologica di origine tardo-rinascimentale che fa di Pannella un grande pensatore però, pur sbagliando, hanno ragione i teo-con dell’Amministrazione petrolifera e adesso per favore dovrei andare a fare la pipì, con grazie grazie grazie agli ascoltatori per condividere il mio lucido pensiero.

(conduttore di Radio radicale)
Grazie dunque a Capezzo’ per questo suo intervento notevolmente chiarificatore, per quanto necessariamente succinto, sulla situazione politica internazionale...

(ancora Capezzo’ da Radio radicale)
...ah, ma se in ultima analisi voleste permettermi da questi microfoni di consentirmi di aggiungere ancora una nota personale, che poi sarebbe piuttosto ufemistica, ci tengo a precisare, senza la “E”, ma voglio proprio intendere senza la “E” che altrimenti sarebbe banalmente ufemisticaE, ebbene ordunque lasciami ancora uzurpare la Z boniniana per ribadire che zono d’accordo con Marco, qualunque coza dichiari oggi pomerizzone, ma ancora nonquantopiù sul medezimo piano di zintonia di pensiero multidimenzzonale con Prodi, Berluzzoni, Blair, Bush, Luxuria, Sapatero e inzomma viva i neo-con dell’Amministrazzone che hanno alleztito una meraviglia di guerra e un fantaztico zpettacolo di impiccagione di un tale in Iraq, e zia pur quanto io mi barcameni ovunque mi faccia comodo, tutto fa brodo e hanno zempre ragione per principio i militaristi neo-con. Mo’ zcuzatemi ‘che devo fa’ n’artra pipì.

(conduttore di Radio radicale)
Grazie ancora a Capezzo’ per il suo lucido intervento unitamente agli auguri di buon riposo nelle sue quattro ore di sonno una volta tornato a casa e a tal proposito pregherei Colacio’ e gli altri muscolosi infermieri del reparto neuropsichiatrico di limitare al minimo i danni al già provato ascensore qui in via Princice Amedeo – giacché all’alba c’abbiamo diritto pure noi ar cornetto qua sotto -, e restituisco la linea alle fantasie sessuali di Turko.

(Boselli – come al solito al culmine del suo contagiante buon umore – a Suttora)
Veramente sono Boselli, non Turko. Comunque, Mauro, non posso darti l’email di Orietta per questioni di privacy, però posso dirti che confidenzialmente mi ha scritto di aver letto il tuo libro (“No Sex in the City”, ed. Cairo, euri 14) ma di non dirtelo e men che meno farlo sapere pubblicamente sul forum. Adesso perdonami l’interruzzone della comunicazzone ma devo scendere un attimo a suicidarmi.

(Capezzo’ - incamiciato di forza - a Colacio’ nell’ascensore di via Principe Amedeo)
Come insegnano i neo-con si dice prayvasi, non privacy come Boselli che vuole fare lo snob con l’accento scozzese.

(Aldo, Giovanni e Giacomo)
Guardate che noi non c’entriamo una minchia in questa vostra faccenda.

(Danie’, Miche’ e Ma’)
Infatti siamo noi tre: Danie’, Miche’ e Ma’. Che cazzo c’entrano Aldo, Giovanni e Giacomo??

(Suttora)
Se fossimo in Friends, io sarei Ross, Boselli sarebbe Chandler, e Capezzo’ sarebbe il terzo...

(Tosoni)
Ci telegrafa il nostro corrispondente da Miane che io sarebbj estoti coinvolto abusivamente nella mia personae medesima in un episodio televisivo di commedia situazionale denominata “Friends” nella quale tale Capezzo’ estrarrebbe il di suo insurgito organo genitale dalle mie nobili terga per riscontrarlo “impiastricciato e inzaccherato” di sostanza organica fisiologica non riproducibile per iscritto... (seguono 300 gigabyte di commento da parte di Franco Levi nella cartella spam della vostra mailbox, ndr). Ma non praevalebunt!

(Suttora)
Come al solito Tosoni non ha capito un cazzo...

(Tosoni)
PS: vengo anch’io ad allietare il matrimonio di Granzotto il dì tredicesimo del mese di gennaio dell’anno corrente elettrico per svolgere una breve prolusione... (seguono 800 terabyte di commento da parte della moglie di Franco Levi nella cartella spam della vostra mailbox, ndr). Tanto dovea.

(Granzotto)
Tante grazie Miche’, con questo m’hai rovinato il matrimonio.
A differenza di New York, dove rigorosamente si scopa per dovere sempre e solo il giovedì, qui a Londra abbiamo una media più incoraggiante di nove volte al mese, indipendentemente da quale sia il giorno della settimana.

La recente visita di Raffa mi offre l’occasione di rendervi edotti su come cuccare nella capitale britannica. Dimenticate i miti di Soho e dintorni con le facili inglesine sbronze fradice a gambe aperte, i tristanzuoli pub e disco-club attorno a Piccadilly e Leicester square dove vi troverete mescolati tra migliaia di brufolosi, sfigatissimi adolescenti italiani, che’ l’unico non sfigato è l’ivi residente Valentino Rossi.

Invece di sostanzialmente andare a puttane, fate la cosa seria imparando a conquistare una giaguara del calibro della Raffa. Ecco il segreto: la mia tecnica solitamente consiste nel portarle a Kew Gardens. Nei reali giardini botanici più belli del mondo avrete l’opportunità di conquistarle fingendovi interessati alla bellezza dei fiori e al tempo stesso cuocerle passando loro i messaggi subliminali:

Lo sapevi che le banane crescono all’insù?
Questo cactus è molto piacevole al tatto...
Ma l’orchidea è una pianta carnivora?

A metà della gita arriverete nella Tana del Tasso. Come il nome suggerisce, è una riproduzione in grande scala di una tana di tassi. Romanticamente buia, vi si entra carponi ed è solo a questo punto che le metterete la lingua in bocca. E sarete immancabilmente ricambiati. Uscirete dalla Tana del Casso per rotolarvi come matti nei prati circostanti.

Posto che ciò succeda di sabato, e posto che vogliate con lei una relazione sentimentale, per addomesticare la giaguara infierite impietosamente la domenica con un’altra gita generosamente elargitavi da questo Autore. Si parte dalla chiusa di Camden Town per camminare lungo il Regent’s Canal fino a Little Venice, che già dal nome è tutto un programma: se non ha mai visto quella vera, di Venezia, andrà in brodo di giuggiole.

Per tornare da Little Venice a Camden Town lungo il canale salite su un waterbus (con quei tacchi le fanno di nuovo male i piedi) e approfittate del lungo tunnel sotto Maida Vale per un altro bacio appassionato al buio, idraulica versione della Tana del Casso. Una volta tornati a Camden Town, avvantaggiatevi dei locali mercatini per soddisfare il vostro condiviso feticismo per le scarpe da sesso più economiche in città.

Accompagno la Raffa a Stansted dopo questo eccitante fine settimana, ma porca miseria, abbiamo la sgradevole sensazione di avere dimenticato qualcosa... Ora ricordo: abbiamo dimenticato John in un cespuglio di Kew Gardens, tasso!

PS: Per la prossima puntata londinese prego la regia di intervallare i canti gregoriani con una diretta dal pub di George Michael (brevissima per favore) giusto per soddisfare gli abominevoli gusti musicali della Raffa, dopodiché i Talking Heads a tutto volume, grazie.

Grazie Andrea Turko per darmi l’opportunità di esibire la mia approfondita conoscenza dei bus londinesi, mezzo più economico ed affidabile del tubo. Ti chiarisco su un paio di tecniche su come cuccare nel double-decker.

1. Invece della mano morta, la tetta resuscitata. Questa d’estate può funzionare anche altrove, non occorre il double-decker. Nel bus affollato, col braccio (NON la mano) sfiora casualmente una tetta della bionda seminuda mozzafiato, fingendoti immerso nella lettura dell’Independent. La bionda mozzafiato essendo seminuda anche d'inverno, potrai immediatamente verificare se il casuale contatto le ha inturgidito il capezzolo della tetta in questione. Nel qual caso ripeti la mossa sull’altra tetta, prossima fermata e pagina successiva dell’Independent e se ottieni lo stesso risultato è fatta: dopo tutto di tette ne ha solo due. Capolinea.

2. Questa invece è più sofisticata, bisogna praticarla per affinarla, e funziona solo ed esclusivamente sui double-decker, quindi anche a Dublino, etc., ma specialmente a Londra dove gli autisti guidano da pazzi. Improvvise accelerazioni e frenate di costoro accuratamente selezionati camionisti psicopatici fanno della stretta scaletta che porta al piano di sopra il luogo ideale di incontri-scontri altrettanto accuratamente pianificati come casuali: studierai anche tu abitudini e orari della bionda mozzafiato, non importa se seminuda. Imparerai così il momento giusto per posizionarti sulla scaletta in funzione della successiva fermata in modo che ti caschi tra le braccia. Non è complicato come sembra: la sensuale scaletta, in psicologia simbolicamente rappresentando l’attorcigliato canale del vostro piacere, ti verrà istintiva.

II. Although embedded in political parties which organise on a national basis, it makes sense to speak of a European family of party traditions. Intergovernmentalism has been and remain the key feature of the building of the European Union

INTEGOVERNMENTALISM

Intergovernmental organisations allow their member states to pursue their national interests and exercise the power of veto on policies that they don't agree with, in other words any decision has to be taken unanimously. The concept of Intergovernmentalism is therefore opposed to that of supranationalism: supranational organisations limit the possibility for member states to exercise such power of veto and oblige them to accept decisions taken by the majority, or a qualified majority (QMV), of the other states participant in the organisation.

In order to address the question whether intergovernmentalism has been and remains the key feature of the building of the EU, we must look back at its beginning in the years after the second world war, where we find several examples of international organisations which can help us understand better the concepts of intergovernmentalism and supranationalism. One such organisation is the Council of Europe (not to be confused with the European Council, an institution of the EU) which is a perfect example of an intergovernmental organisation comprising 38 member states, not necessarily members of the European Union.

Another typical, explicitly intergovernmental organisation is the European Free Trade Agreement (EFTA), a trade-based organisation set up by some European countries (such as the UK, traditionally supportive of the intergovernmental approach) as a response to a partnership of the type of the European Communities, which they felt was too binding. The first of these was the European Coal and Steel Community, established in 1951-52, in order to share the management of these resources among the six participating countries: Belgium, France, Germany, Italy, Luxembourg and the Netherlands. By doing that, they agreed to a certain degree of supranationalism: the policies in that particular sector would be carried out by an independent body. In the words of Nugent: "the ECSC was the first of the inter-state organisations to possess significant supranational characteristics".

Other areas of common interest among those six countries were also placed under the governance of similar communities in the 1950s, namely the one on atomic energy (Euratom) and the European Economic Community (EEC), and in the 1960s the three communities were merged into a single institution, the European Communities (EC), which now constitutes just one of the three pillars of a wider and deeper European Union, the one pillar that over the decades became remarkably supranational, while the other two are strictly intergovernmental: the Common Foreign and Security Policy (CFSP) and the Justice and Home Affair (JHA).

As we can see, while it is certainly true that intergovernmentalism has been the key feature at the beginning (the most significant steps in EU development were taken by means of Intergovernmental Conferences), it is not correct to say that it remains the key feature. A more appropriate and equilibrate assertion would be that of Heffernan: "the making of the EU has been an uneasy compromise between intergovernmentalism and supranationalism". Indeed, over the decades the EU has been transformed from a strongly intergovernmental organisation with just a supranational hint to a considerably supranational organisation with federalist ambitions.

Among the major institutions of the EU, while it is incontrovertible that the intergovernmental European council (made up of the prime ministers and foreign affairs' ministers) is "the most important European institution in determining the pace, strategic direction and feasibility of integration" (Heffernan), on the other hand the introduction of the QMV has been a significant step towards supranationalism. At the same time, more power has been granted to the main supranational institutions, the Commission and the Parliament, and a particularly strong case for supranational advocates is offered by the European Court of Justice (ECJ), which through its deliberations established the principle that the community legal order has supremacy over national law.

The Court is not competent on policies regarding the second (CFSP) and third (JHA) pillars, but several JHA policies have already been moved from their traditional (and intergovernmental) place in the third pillar into the first one, the Community pillar, so that the Court will have jurisdiction, argues Wincott against the intergovernmentalists' vision that community law is under control of the member states acting intergovernmentally and subsequently the ECJ would have been a subordinate subject controlled by the member states. Sure, the major breakthroughs of the Union (the founding and subsequent Treaties) are basically intergovernmental agreements of a confederal nature, as opposed to the federal concept in which states surrender sovereignty, but "somewhere between retaining and losing sovereignty, states can establish supranational organisation" (Bromley).