NYLON!, capitolo 1.

Mi alzai di malavoglia alle sei del mattino e alle sette ero già ad Hounslow sulla A4 quando mi passò sopra rumorosa la Raffa nel primo gigantesco superjumbo della Svirgin da New York. Ebbi l’impressione che i carrelli mi sfiorassero la testa. Come facesse la gente a vivere lì, era un mistero meno comprensibile solo del perché l’aeroporto fosse stato sviluppato a ovest della città, quando si sapeva che il vento tira da ovest cinquanta settimane all’anno e gli aeroplani atterranno rigorosamente controvento. Questo significava che un aereo al minuto, mille al giorno, sorvolava a bassa quota mezza città, e naturalmente in tempi di terrorismo gli intelligentoni del governo avevano deciso di espanderlo, Heathrow, con la terza pista e il quinto terminal. Avanti contro il mercato a sostenere artificialmente il settore con il kerosene non tassato, i biglietti senza IVA, la cementificazione selvaggia, intanto che le ferrovie cascavano a pezzi… Bah, la politica, la politica, non avevo in testa che sempre quella. E le donne. Mi ci sarebbe voluta ancora mezz’ora per raggiungere e parcheggiare al terminal 3, ma lei avrebbe impiegato ancora di più per riordinare la prima classe e uscire. Non ero in ritardo. Non lo ero mai.

La Raffa portava molto bene i suoi primi quarant’anni, metà dei quali trascorsi per aria portandola all’apice della carriera responsabile della prima classe, mai più di diciotto passeggeri e il catering eccellente da condividere con la collega Maria Cristina, ottimo stipendio e rotta fissa con routine invariabile cinque trasvolate atlantiche alla settimana, alternando i weekend tra le metropoli gemelle. Quel volo notturno era stato un’eccezione dovuta ad un allarme terrorismo riguardante il suo consueto delle 8.20 il mattino precedente da Newark, che avrebbe dovuto arrivare alle 20 londinesi della sera prima, venerdì. Se non fosse stato per uno di quei ormai sempre più frequenti allarmi, avrebbe concluso la settimana lavorativa come l’aveva iniziata il lunedì mattina a Newark, mentre quella successiva a questo weekend londinese sarebbe come sempre cominciata col volo del pomeriggio che dopo pranzo la portava in New Jersey in tempo per raggiungere Manhattan all’ora di cena. Bella vita che le vecchie amiche italiane le invidiavano, un po’ stressante a volte, ma si conosceva un sacco di gente interessante in prima classe. Unico fastidio l’obbligo di tacchi alti e calze di nylon, materiale sintetico al quale era un po’ allergica. Come di consueto, appena salita in macchina si tolse gli uni e le altre per rimettersi gli uni, provocandomi l’erezione che ci avrebbe accompagnato a casa. Purtroppo non potevo fermarmi, dovevo andare al partito. Parcheggiai la Raffa e la Ferrari nel garage, le salutai entrambe con un bacio e m’incamminai lungo il Tamigi.


NyLon - capitolo 2


Le mani in tasca e il capo abbandonato all’indietro, passeggiando pigramente lungo l’Hudson increspato dalla brezza sostenuta che gli scompigliava la fluente chioma corvina, Mauro respirava a fondo l’aria ad alta densità di elettroni nel primo debole chiarore dell’alba all’orizzonte della grande mela, traendo il bilancio di una anno di vita sentimentale dopo esserci arrivato. Erano le quattro del mattino di un sabato d’agosto di un anno dominato dalla bellissima Natasha, con la quale aveva vissuto la più intensa storia d’amore della sua vita e dalla quale si era dovuto separare per salvare la vita di entrambi la relazione dell’alta diplomatica russa all’Onu col giornalista investigativo legato ai fastidiosi radicali italiani non era gradita alle oligarchie moscovite, aveva fatto loro gentilmente capire la pervasiva quanto persuasiva mafia russa newyorchese. La devastazione per la fine della relazione con Natasha non poteva che essere altrettanto profonda di quanto fosse stata elevata la loro passione, e nel vano tentativo di uscire dalla depressione si era dato senza convinzione a un’indigena fringuella dell’Upper East Side. Bella, alta, sexy, una sera che Liza era sbronza fradicia ne approfittò per offrirsi di salire da lei a tradurle i testi di alcune melense canzonette italiane, per scoprire così che era frigida come uno di quei frigoriferi che avevano fatto la fortuna del candido magnate indo-orobico John Patel, che per adesso però non c’entra niente in tutto questo. Lei sembrava molto tenera dopo quella notte non passarono mai più di tre ore senza che Mauro ricevesse una sua telefonata, sms, e-mail, biglietti d’auguri con cioccolatini, caramelle, fiori, cactus allusivi. Per settimane condivisero colazione, pranzo, cena, rispettivi divani-letto e ogni momento libero, come se le loro due persone si stessero centrifugando in una di quelle lavatrici che avevano fatto la fortuna del candido magnate indo-orobico John Patel, che per adesso però non c’entra niente in tutto questo. Il vortice si consumò in fretta e lei cominciò piano piano a riprendere tempo per se stessa palestra, jogging, parrucchiere, shopping, abbronzatura, manicure, pedicure, brazilian, e uscire a bere e fumare con le amiche. Il fatto che queste si chiamassero Carrie, Charlotte, Miranda e Samantha avrebbe dovuto insospettirlo. Lo scaricò via e-mail. Improvvisamente non volle più vederlo né scambiare una parola per telefono. Fino al giorno prima parlavano di presentarlo ai suoi genitori upstate e progettavano un romantico viaggio in Italia Roma, Firenze, Venezia, i laghi lombardi… Il giorno dopo, senza una ragione apparente, lei non lo poteva più vedere.

- Sei troppo per me, mi sento soffocare, è meglio lasciarci

- Va bene, rispetto la tua scelta, ma posso almeno sapere perché?

- Voglio dirti la verità sono innamorata di un altro

Ah, il solito sport dell’Upper East Side double dating, overbooking… E il povero cornuto, cosa aveva fatto per un mese? filosofeggiava Mauro con ironia, ché l’essere stato scaricato da Liza non lo feriva minimamente al confronto delle sofferenze patite per aver perso la giaguara siberiana. Si era distratto solo per un mese, senza innamorarsi. Eppure era nuovamente felice, anzi felice più che mai mentre tornava verso casa lungo il fiume, e con l’avanzar del chiaro i lampioni gli si spengean sopra l’inceder disinvolto, e gli operatori ecologici sorridevano a ricambiare il suo sonoro fischiettio dei movimentati motivetti jazz che gli erano rimasti nella capa dopo quella notte di pinte da Vito’s sulla Broadway. E l’unica cosa che un po’ lo disturbava era che gli fischiavano anche le orecchie, una vaga sensazione di fastidio che avrebbe provato, per esempio, se in quello stesso istante qualche scrittoruncolo plagiasse uno dei suoi articoli per l’Observer, magari proprio quello su Liza. Ma se anche così fosse stato, non gliene avrebbe potuto fregar di meno, giacché camminando in verticale verso quel cielo rosazzurro soffitto di Manhattan, da trentasei ore Mauro era innamorato perso.

NyLon! - capitolo 3


Nella sede del partito in Cowley Street mi accolsero affannati Gary e Tim, specialmente Gary. - Sbrigati, Charles ti sta aspettando da un’ora nel suo ufficio - Ma se sono le nove, sono puntualissimo come sempre. Cosa vuole? E cosa ci faceva qui di sabato alle otto del mattino?! Mi preoccupai. Era molto strano che il leader fosse in sede all’alba. Mi tranquillizzai quando per prima cosa mi offrì un doppio colpetto di malto singolo era il Charles di sempre. Rifiutai educatamente - era un po’ presto perfino per me -, sbirciando le gambe di Janine, la tesoriera del partito. Quarant’anni anche lei, ma portati un po’ maluccio. Era gonfia per i troppi malti singoli offertile dal leader, che invece da bravo scozzese sembrava assorbire meglio tutti quei colpetti doppi. Però s’intuiva ancora dalle gambe ben tornite che da giovane doveva essere stata mica male. Cominciò lei a parlarmi, facendomi vento col Financial Times che tutti sapevano facesse finta di leggere, dell’argomento che avevano discusso a lungo con Charles.

- Siamo in fase di espansione, veleggiamo dal venti verso il 25 per cento del mercato britannico, che comincia ad essere saturo. È il momento di espanderci all’estero con una acquisizione di prestigio, e l’attuale ottimo cashflow ce lo consente. Abbiamo individuato il potenziale acquisto ma abbiamo solo un paio di mesi per lanciare l’OPA prima dell’assemblea degli azionisti

Ci fu un attimo di pausa. Janine si era fermata e mi guardava come se avesse già detto tutto. Io la guardavo interrogativo. Il silenzio si prolungò. Evidentemente il mio sguardo non era abbastanza interrogativo. Dovetti perciò esprimermi verbalmente raccogliendo la pazienza accumulatasi.

- Azionisti di cosa cazzo di una minchia di una fava stai parlando?

- Dei radicali italiani

- Mai sentiti

Replicai rivolgendomi a Charles significando che mi aspettavo da lui i chiarimenti di natura politica. Charles deglutì ed esplicò.

- Sono un giovane e piccolo movimento, “liberale, liberista e libertario”, di proprietà dell’holding radicale transnazionale, a sua volta controllata da un tale Atanasio Pannella, assai popolare in Italia e altri paesi sfigati tipo Vallonia, Cecenia e Lucania. Per documentarti il nostro dipartimento informazione consiglia la lettura di “Pannella and Bonino Plc”, un ottimo libro di un famoso giornalista newyorchese in tutte le librerie politiche qui attorno. Dopodiché ti infiltrerai nel loro movimento per capire meglio i conti finanziari, le dinamiche interne, le abitudini sessuali, se qualcuno è ricattabile, insomma voglio essere tenuto costantemente aggiornato

- Ok, anzi, va bene, ma perché proprio io?

- Ovviamente abbiamo scelto te perché mi dicono che parli italiano abbastanza bene. E perché il tuo ruolo qui, pur molto importante e sottolineo importante, è piuttosto, ahehm, poco conosciuto…

- Oscuro, di scarso rilievo, insomma non potranno sospettare che lavoro per noi

- … ma se hai bisogno di altro personale rivolgiti pure a me per autorizzarli, e per i soldi chiedi a Janine. Cheers

Uscii in cerca del libro, lo trovai, sedetti su una panchina nel chiostro dell’antico convento di Westminster una cui uscita dava sul cortile all’omonima scuola privata femminile, rollai un cannellino poco appariscente osservando da lontano le adolescenti in nanogonna e cominciai a sfogliare le pagine per ingannare il tempo imparando qualcosa in attesa di andare a pranzo con Vladimira, un’amica bulgara che lavorava lì vicino nella redazione politica di Sky. Pranzammo di gusto, il cannellino mi aveva messo appetito, e non sentimmo il bisogno di fare altro. Non si scopava da oltre due mesi - non ci si attraeva più -, ma si stava ugualmente bene a spettegolare insieme sui suoi colleghi della Bbc al piano di sopra dello stesso edificio. Edificio che per me era off-limits perché nella redazione politica della Beeb lavorava Liubomira, un’altra mia ex bulgara con la quale non scopavo più da quasi quattro mesi - non ci si attraeva più -, ma ogni tanto ci si faceva qualche pinta spettegolando sui suoi colleghi di Sky al piano di sotto. Non sapevano l’una dell’altra, che biblicamente le conoscessi entrambe, e non era perciò opportuno ch’io frequentassi il civico 4 di Millbank. Salutai Vladimira con l’abituale slinguatina e, tornando a rimuginare su quanto avevo letto, m’incamminai nelle tranquille stradine di questa metà al di qua del parlamento della cittadella politica, la metà con i partiti e le televisioni, contrapposta alla larghezza di Whitehall e dei ministeri che vi si affacciavano dall’altra parte in direzione di Trafalgar Square. Sul moderno edificio di Channel 4 campeggiava cubitale la pubblicità del nuovo serial NY-LON, che avrebbe debuttato il successivo martedì sera. Carino, il gioco di parole. Per associazione di idee mi rinvennero le calze della Raffa e l’erezione. Accelerai il passo verso casa con la sensazione che presto si sarebbe aperto un nuovo capitolo.

L'argent de Mobutu dans les poches de ses héritiers

Les fonds déposés en Suisse par Mobutu Sese Seko, et bloqués en 1997, reviendront finalement aux héritiers de l'ancien dictateur du Zaïre. Les efforts des autorités suisses pour restituer presque 8 millions de francs au peuple congolais n'ont pas rencontré le soutien de Kinshasa. Douze ans d'efforts inutiles. Les tentatives de la Suisse pour restituer au peuple de la République démocratique du Congo (RDC) les 7,7 millions de francs déposés par Mobutu dans les banques helvétiques se sont heurtées à un mur d'avidité. «La Suisse a constaté avec grande amertume que le gouvernement congolais n'a jamais apporté son soutien», a affirmé la semaine dernière à Kinshasa l'ambassadeur suisse Linus von Castelmur. Selon le diplomate, les autorités congolaises n'ont en effet jamais apporté à la justice suisse les éléments prouvant l'origine illicite des fonds... SwissInfo
NYLON!, capitolo 4.

- Nessun dorma! Non prevarranno! Surgite!

Daniele Capezzone congedò il consiglio di amministrazione con l’usuale incitamento alle membre di segreteria riunite in Torre Argentina. Erano quasi le dieci di domenica sera e voleva lasciarle libere di ascoltare alla radio quelle voci rauche e suadenti che avrebbero ispirato la strategia politica della settimana entrante. Ma dopo quattordici ore di riunione erano tutte stanche morte e altro che nessun dorma le soporifere voci rauche e suadenti non poterono ispirararle che in modo subliminale prima che surgissero al risveglio. Da me erano ancora le nove di sera e avevo anch’io passato la domenica al partito, ma un altro, mille miglia a nord-ovest. La sera prima la Raffa aveva accampato un mal di testa, frustrando la mia erezione anziché semplicemente frustarla come faceva di solito. Pazienza, mi rassegnai, e trascorsi la notte sul web cominciando a mettere in pratica il mio piano per infiltrarmi nei radicali italiani. Imparai che avevano un sito e nel sito un forum dove se le cantavano di tutti i colori. Una miniera di informazioni fornite volontariamente risparmiandomi la fatica di indagare. Da una prima analisi risultavano tre pilastri fondamentali.

1. C’era la corrente dei radicali libertari di sinistra;
2. C’era la corrente dei radicali liberisti di destra;
3. I radicali di Padova erano tutti froci.

Mi registrai nel forum ma resistetti alla tentazione di intervenire, dovevo mantenere un basso profilo per non rivelare la mia intenzione di infiltrarmi. Invece uscii all’alba per andare al partito a trascorrere la domenica scrivendo un dettagliato rapportino per Charles - che sarebbe stato contento di trovarlo nel suo fottuto Outlook il lunedì mattina -, e Janine, che lo sarebbe stata assai meno. Infatti come passo successivo avremmo dovuto finanziare l’iscrizione ai radicali italiani di una quindicina di londinesi col duplice obiettivo di conquistare una piccola quota azionaria e incuriosire il Capezzone a visitarci per conoscerci (mentre ero io che volevo studiarlo meglio). Ero certo che ci sarei riuscito, sapevo come intortarlo con un’arma segreta, ma a duecento euri a testa faceva un totale di duemila paundi. Janine non avrebbe gradito, perciò inviai solo a Charles confidando che nella sua saggezza il leader non avrebbe inoltrato la mia richiesta alla tesoriera prima di averle inumidita la gola con qualche doppio colpetto di malto singolo. Soddisfatto per il buon lavoro, tornai a casa fiducioso che quella sera con la Raffa mi sarebbe andata meglio.

Udii la Raffa sputare il glande dell’ultima pesca mentre andavo in bagno a lavarmi il pene. Non sarei tornato a letto, volevo mettermi sul wc, sul pc, per buttare giù un altro capitolo di un mio romanzetto transatlantico che scrivevo nel tempo libero, e la nottata di sesso mi aveva fornito l’ispirazione. La sera prima avevo pensato a quei due chili di pesche sul comodino come un suo invito seducente sono buonissimi i baci al sapore di pesca. Invece continuò imperterrita a sbafare pesche come se niente fosse mentre io sudavo manovrandola da ogni posizione. Stantuffavo da davanti, di dietro, di sopra, di sotto, perfino lateralmente, e intanto lei ruminava pesche come una professionista si limerebbe le unghie. A un certo punto sbottai.

- Ma la finisci co’ ’ste cazzo, ’ste palle di pesche??

- Fanno bene alla pelle

- Anche lo sperma fa bene alla pelle - replicai spruzzandola e spalmandola - e a me fanno male le palle

Ero talmente spompato che tra i gandoloni di pesca sparsi sul pavimento non mi sarei sorpreso di trovare anche un testicolo o due. Di solito indiavolata come una ninfomane, stavolta era stata inusualmente poco collaborativa. Evidentemente le passava altro per la pesca, la testa, che lasciò cadere all’indietro sul cuscino ricoprendolo in una composizione perfettamente simmetrica dei suoi capelli rossi tinti. Distesa completamente nuda con le braccia e le gambe aperte sull’invitante fritolina depilata, era davvero molto bella. Le pesche le avevano certamente fatto bene alla pelle, ma non spiegavano lo sguardo perso a rincorrere i colorati riflessi di luce sul soffitto e quel sorriso beato da un’orecchio all’altro. Evidentemente le passava UN altro per la testa.

- Ti dispiace se usciamo prima per passare a prendere Cristina? Andrea ha rotto il furgone e non può accompagnarla. In cambio ci invitano a pranzo, ma dobbiamo andare subito

Che l’altro fosse Andrea? No, era un bello stallone e una volta ci aveva fatto un giro, all’insaputa mia e della sua migliore amica, ma era lei che non piaceva a lui, dopo che quella volta questi scoprì che aveva le unghie dei piedi pittate, una cosa che Andrea non poteva sopportare. Si faceva chiamare Andrea per semplicità, il suo vero nome turco essendo Bülêňŧelıfyildız Åtatunçıller-Demıreleçţževitÿ, e faceva una buonissima insalata niçoise con i funghetti che comprava a Camden Market. A pranzo la rifiutai con la scusa che dovevo guidare per portare le ragazze in aeroporto, e per di più minacciose nubi temporalesche rabbuiavano West London. Ma lui sapeva che l’avrei gradita quella sera perché era lunedì, uno dei nostri segreti lunedì di piacere di cui le ragazze erano totalmente all’oscuro. Al chiarore dei flash delle speed-camera, le ragazze erano accartocciate sull’unico altro sedile della Ferrari lanciata sull’A4 per non perdere il transatlantico delle ore 15.


NyLon!, capitolo 5

Poco prima delle ore 15 del giovedì precedente la Raffa trasalì leggendo il nome del passeggero sulla carta d’imbarco e Mauro trasalì nel leggere la targhetta sulla sua uniforme. Superati il momento di smarrimento e gli imbarazzati convenevoli di circostanza, lo fece accomodare e cercò di concentrarsi sulla procedura di taxi.

- Preghiamo i signori passeggeri di allacciarsi le scarpe di sicurezza e togliere le cinture coi tacchi alti in caso di emergenza. Sotto il sedile c’è la maschera da gonfiare e sopra di voi il salvagente all’ossigeno. Le uscite di emergenza sono situate alla vostra destra se votate Tory, alla vostra destra se votate Labour, alla vostra destra se votate radicale, e alla vostra sinistra andate all’inferno ché sono tutte bloccate. Dopo il decollo sarà servito uno spuntino halal per i signori terroristi

Incurante dei mormorii tra i passeggeri innervositi, per tutta la durata del volo lasciò gli altri 17 della prima classe alle cure di Maria Cristina per occuparsi premurosamente del vecchio amico che non vedeva da vent’anni. Rievocarono l’infanzia di giochi spensierati nella loro verde Gorgonzola, la tenera adolescenza quando lui veniva a prenderla alla scuola delle austere suore ditaline col vespino “preso in prestito” a quell’occhialuto e brufoloso secchione della terza C, come si chiamava?, Severgnini, e il momento tristissimo della separazione per prendere strade diverse nella vita, lui col servizio militare da pompiere a Pordenone, lei a cercar fortuna nell’eccitante e controversa Londra della Thatcher e dei Sex Pistols. Da allora si erano persi di vista. Qualche letterina, sempre meno frequente, e un ventennale silenzio oggi per caso spezzato dal fracasso dei quattro reattori portarli verso i trentamila piedi. Discendendo qualche ora dopo nelle turbolenze si tennero per mano, intimamente immaginandole masturbolenze, e si diedero appuntamento per cenare da lui tre ore dopo. Rosse o nere? La Raffa aveva poco tempo per decidere. Rosse! L’etiope o il cinese? Mauro non aveva tempo per cucinare. L’etiope, più piccante. La serata trascorse piacevolissima sul balconcino della piccola ma accogliente tana in Roosevelt Island dell’informatissimo giornalista, corrispondente dell’autorevole mensile di futurologia politica “Domani”, che l’intratteneva amabilmente aggiornandola sulle loro vecchie conoscenze nell’aristocrazia alternativa meneghina.

- E la Daria Veronesi, che fine ha fatto?

- Ha sposato un riccone, Iuri Maria Prada, quello delle scarpe sexy 

- Ma non era Litta Modignani, quello delle scarpe?

- Sì, ma ortopediche

L’atmosfera di complicità era pervasa da una stuzzicante tensione erotica, ma si faceva tardi per l’ultima corsa della funivia e Mauro volle dimostrarsi gentiluomo facendole capire che se lei avesse voluto l’avrebbe accompagnata a casa.

- Dove abiti a Manhattan?

- Sessantanove

- East o West?

- Qui sul divano

NyLon!, capitolo 6

Come ogni turista radicale padovano saprebbe spiegarvi, Brompton è l’area più frocia della capitale britannica. E come ogni settimana sì e una no, con le ragazze tremila miglia lontane dall’altra parte dello stagno, agghindate di tutto punto io e Andrea parcheggiamo il suo furgone in Philbeach Gardens per il lipstick party del lunedì sera. La mia amica turca era tutta in rosso dalla parrucca alle d’orsay di vernice, io bionda più sobria in nero con i sandali, entrambe traballanti su quelle piacevoli torture a spillo che sono la seconda sensazione più bella del mondo. I lipstick party del lunedì sera al Philbeach Gardens erano gradevoli occasioni sociali affollate di simpatici travestiti. Alcuni oltre i cinquanta feriti nella psiche e amareggiati per non avere potuto esprimere liberamente l’altra metà della loro sessualità nei migliori anni dei loro corpi ormai decadenti, alcuni altri disperati e patetici nell’esibizione volgare di non-abbigliamenti puttaneschi, ma nel complesso tutti gentili e spiritosi. Tranne i calvi e ciccioni turisti americani che venivano a curiosarci e sghignazzare. Chissà perché erano sempre e solo gli americani a infastidire. Che si trattasse di un intero popolo con problemi psichiatrici? No, purtroppo si era sparsa la voce e tutti i calvi e ciccioni sessuofobi dello Iowa approfittavano delle tariffe della Svirgin per venire a fare nella vecchia Europa quello che si vergognavano di fare a casa loro. La politica, la politica, cheppalle. Ne parlavo con Andrea sui sedili anteriori mentre Andrea trombava Nicola nel cargo del suo attrezzatissimo furgone con letto doppio, telecamere, specchi e vasca jacuzzi, ché visto che era friulano si dovrebbe dire iacuzzi e non giacuzzi come gli americani, polemicamente spiegavo ad Andrea. Mi rendo conto che c’è un po’ di confusione, chiariamola. Avevamo finalmente rimorchiato le due più belle transessuali del party, alle quali facevamo la corte da tempo. Nicola con l’accento sulla i era la ladyboy maitre d’O del ristorante thai al piano di sopra, con una bocca da sogno e sempre addobbata in scollature e spacchi mozzafiato. Andrea era un’altra Andrea barista dietro al banco del party, dove mi sventolava sotto il naso un paio di eccezionali tette naturali. Ormonali, sì, ma non chirurgiche, tette vere, non di quelle sgradevolmente silicose al tatto. Col passar degli anni si sarebbero ammosciate e raggrinzite, ma per intanto erano carne al punto giusto di cottura tra tenerezza e consistenza. Dunque succede che nel cambiare sesso ‘ste due giaguare sciagurate vanno a scegliersi nomi che in inglese sono femminili ma in italiano suonano maschili. Questo tanto per chiarire che quando parlo delle tette di Andrea intendo quelle della barista transessuale, non quelle del turco. Ahò, non siamo mica froci!
NYLON!, capitolo 7.

Sono trascorsi sei giorni e questo weekend per la Raffa è stato newyorchese. Nel frattempo è andata e venuta e non me l’ha più data. Non che io l’abbia cercata da quando ho capito che c’è un altro nella sua pesca non ho insistito più di tanto. È la mia sofisticata quanto disperata strategia consistente nel farglielo mancare affinché lei si re-innamori di me. Ma non funziona. È felice senza sesso, perlomeno senza sesso con me. Sul mega-airbus beata tra le nuvole, sempre sorridente, non si rende conto di quanto sia palese questa sua infatuazione per un altro. La cosa che mi fa impazzire è di non sapere chi diavolo sia questo altro. Non posso combattere un avversario se non so chi è, cosa fa, perché, come lo fa, dov’è. Dov’è lo so in America, ovviamente, a New York City. Non può esserselo trovato che lì, la troia pendolare atlantica. Fottuto bastardo, vorrei fargli un culo così, ma fingo bene di trattenere la gelosia cercando di concentrarmi sulla politica. La politica, cheppalle.

Sono trascorsi sette giorni e nel frattempo le 15 iscrizioni londinesi sono arrivate a Roma con allegati i duemila paundi tradotti in tremila euri. Non un granché, ma abbastanza per pagare lo stipendio mensile di un paio di impiegatucci in Torre Argentina. Tendenzialmente paranoico, questa volta l’iperattivo Capezzone fu invece piuttosto impressionato dal mio ingannevole mix. Non potevo iscrivere solo la schiera delle mie ex bulgare, non sarebbe risultato credibile con tutti quei nomi strani. Perciò le limitai ad un paio di amiche - la Vladimira Vladimirova Vladimiroska e la Liubomira Liubomirova Liubomiroska -, e gli spiattelai i miei indigeni assistenti Gary e Tim del partito (il mio), più David, Fran e Orion, sempre simpatizzanti del partito (ma il suo) e inoltre le Nicola e Andrea di transessuale memoria, più la mia vicina di casa Kate e il suo gatto Dip. Infine iscrissi d’ufficio Andrea, Maria Cristina, la Raffa e naturalmente me stesso. L’esca era piazzata, dovevo solo accertarmi che il salmone abboccasse.



NyLon!, capitolo 8.

Sono trascorsi otto giorni e vi affrango con un’altra riunione del consiglio di amministrazione. Dopo venti ore Capezzone sedeva fresco come una rosa in berlusconiani zeppe e bandana a contornare il doppiopetto, circondato dalle sciupate concubine del suo gineceo Rita, Antonella, Abigail, Orietta e Silvietta... tutte donne, nella segreteria di Capezzone, che appositamente le aveva scelte del sesso opposto per non distrarsi durante le riunioni. Tranne l’altissimo quanto lugubre leader esperantista Albergo Licheri, straordinariamente somigliante al presidente moldavo Giurgiu Paganu, che infatti lo interpretava in questa storia.

- Albergo,

- Affermativo. Dove?

Prontissima intervenne la fedele Antonella che prendeva diligentemente appunti per prenotare viaggi e soggiorni del Capezzone dalle labbra del quale pendeva.

- Antonella, non intendo prenotare un hotel, bensì rivolgermi al qui presente Albergo, come si usa dire in esperanto per Alberto, per chiedergli quanto seguirà dopo la tua prossima interruzione...

Amareggiata da tanta arroganza, l’abitualmente prolifica Antonella incrociò le braccia e non interruppe più per quattro ore di imbarazzante silenzio (poi ci si meraviglia che le riunioni di segreteria durino tanto, in realtà non si dicono niente).

- Va bene, Antonella - capitolò l’ennesimo segretario radicale riconducibile a un codice di avviamento postale - ti chiedo scusa. Adesso interrompici, per favore.

- Scuse accettate. Si parlava dell’Albergo

- Albergo, dicevo, quante volte ti devo ripetere di nominare una femmina in questo nostro senato rappresentativo delle associazioni?

- Esperanto che un giorno la troviamo, una bella fica esperantista. Al momento siamo piuttosto desperanti. Nel frattempo ti ho già proposto Lapa Orlandi

- Ma se porta la barba. Che almeno se la rada.

- Esperanto. Nel frattempo non ti resta che me, eh eh

- Albergo, come si dice vaffanculo in esperanto?

Capezzone era infuriato dalla mancanza di disciplina nella componente esperantista del partito. Le altre associazioni avevano obbedientemente nominato nel senato radicale le loro più belle donne, cosicché da non turbarlo, ma gli esperantisti non riuscivano a trovarne una: tranne l’eurodeputata polacca erano tutti maschi virili. Silvietta ruppe l’imbarazzo cambiando argomento.

- Buone notizie, abbiamo ricevuto quindici iscrizioni da Londra

Capezzone ebbe un’istantanea polluzione. Quindici iscrizioni da Londra potevano rappresentare il disperato salvagente della sua segreteria fallimentare prima che andasse in pensione nel futuro Pdl. Volle saperne di più. Attaccando indirettamente Silvietta, Abigail giocò molto bene il suo ruolo antagonista.

- Sono molto diffidente, queste iscrizioni puzzano di bruciato

Tanto bastava. Se Abigail era contraria significava che c’era dell’arrosto, sotto la puzza di bruciato. Capezzone istruì Antonella di prenotargli il primo volo per Londra, senza interruzioni.



NyLon! - capitolo 9

Sono trascosi nove giorni, e intanto lei è andata e, ahimé, è venuta, ma con qualcun altro. Accoccolati sul divano davanti al televisore in Roosevelt Island, la Raffa e Mauro si coinvolgevano per l’ennesima volta nel romantico cult-movie della loro infanzia, Charade, immedesimandosi nelle parti di Audrey Hepburn e Cary Grant. Il battello-mosca portava anche me dal quartiere latino sulla riva sinistra verso il Trocadero sulla quella destra, dove mi aspettava Abigail. La riconobbi cammuffata da stradino che rimuoveva i sanpietrini dall’Etoile per sostituirli come aveva ordinato quel frocio del sindaco, e le feci il segno convenuto per raggiungere il vicino McDonald sui campi elisi, il McDonald dei campi elisi essendo un posto sicuro dove Capezzone non ci avrebbe mai scoperti: lui faceva il turno di notte in quello di Piazza di Spagna, qualche chilometro più in giù. Abigail mi aggiornò.

- Da un momento all’altro Daniele è in partenza dal bambino del presidente per incontrarti a Londra

Talvolta noi agenti segreti non siamo ben sintonizzati sui nostri stessi linguaggi in codice.

- Cosa intendi per il bambino del presidente?

- Ciampino, of course, you idiot

- Ricevuto - la recepii e complimentai - Brava, ottimo lavoro. Come hai fatto?

- Semplice, Daniele fa sempre il contrario di tutto quel che sostengo, per principio. Ma stai attento, il ragazzo è piuttosto furbetto

- Tranquilla, andrà tutto per il meglio

- Facciamo l’amore?

- Abigail, sei sposata

- Moralista

Erano proprio trascorsi nove giorni e, nel caso non abbiate capito, eravamo a Parigi, dove con Abigail avevamo l’abitudine di incontrarci segretamente ogni volta che lei non avesse una riunione di segreteria a Roma o io una fedifraga meretrice nel mio letto a Londra. Accompagnai Abigail alla stazione di Bercy e la salutai con un bacio. Non c’era mai stato niente di più che qualche bacio, tra me e Abigail. Vabbé, anche sui rispettivi capezzoli, ma ben poco più in giù. Presi il metrò per la stazione Nord e tre ore dopo l’Eurostar mi recapitava a Waterloo, dove cambiai immediatamente verso Gatwick scioperi permettendo, la EasyJet stava per consegnarmi niente meno che un intero Capezzone.

Sono trascorsi dieci giorni e col turco e il Capezzone siamo nel pub irlandese per il giovedì sera di dysko-musik polacca. Ora, se è ragionevole aspettarsi che i pub irlandesi siano prevedibilmente popolari qui a Londinium, la dysko-musik polacca lo è ancora di più nel quartiere polacco di Acton, dove ho conservato un pied-a-terre che torna utile per ospitarvi il Capezzone. Credetemi, non farete fatica, la dysko-musik polacca fa ribrezzo, ma fa proprio cacare di brutto, mai sentito niente di peggio. Il muscoloso DJ polacco è laureato in imbecillità e la puzza sotto le ascelle si sente a venti metri di distanza. Capezzone ne è conquistato. Lo faccio accomodare (Capezzone) sul lettone del pied-a-terre di Acton e mi arrangio sul divano vicino. Cerchiamo di prendere sonno e in effetti lui subito si addormenta per le sue abituali quattro ore. Io no. Mi giro e rigiro, mi contorco e divelgo. Questo Daniele Capezzone che mi dorme vicino è straordinariamente più attraente di quanto mi aspettassi dalla foto sul sito. Alto, con gli occhi azzurri, il crine di cavallo e quel muscoloso petto glabro lo si direbbe più somigliante a Marco Cappato, che infatti lo interpreta in questa storia. Preso da un raptus, non resisto alla tentazione e gli zompo sopra. Neanche troppo spiacevole ma al tempo stesso un po’ banale, nel senso di banana anale, della prima esperienza omosessuale della mia vita mi rimarrà sempre il dubbio: l’ho avuta con Cappato o Capezzone?

Sono trascorsi dodici giorni e finalmente entra in scena il candido magnate indo-orobico John Patel! Peccato che per adesso non mi venga in mente niente da fargli fare e bisognerà aspettare una settimana per inventarmi qualcosa. Nella prossima puntata l’inquietante PPC; Capezzone impara l’inglese the hard way; il terrificante Test Tosoni di radicalità; e naturalmente John Patel alle prese con la più lunga parentesi nella storia della letteratura radicale.
NYLON!, capitolo 10.

Stamattina mi ha svegliato il telefono. Era Nahid, per chiedermi se voterò per lei alla elezione del PPC della circoscrizione elettorale. Il PPC non è un qualche partito popolare comunista ma il Prospective Parliamentary Candidate che gli iscritti al partito sono chiamati a scegliere. Insomma le primarie, cheppalle... dobbiamo rompercele con tutti questi PPC che ti chiamano e mandano messaggi, invece di fare le cose più semplici come sto imparando dai radicali italiani: i candidati si prende la briga di nominarli Pannella e tu stai tranquillo che se ti squilla il telefono è solo per chiederti soldi, invece di Nahid sciorinarti il curriculum enthusiasm and motivation, managing workload, good communication skills and ability to listen with patience. Ascoltami con pazienza, dico a Nahid, mi dispiace ma ho già scelto di votare per Gary perché è coinvolto con me in una operazione segreta del partito per infiltrarci nei radicali italiani. Ma come, s’incazza Nahid, c’è in atto un’operazione segreta per infiltrarci nei radicali italiani e io non ne so niente? Nahid, faccio io, ciò non mi sorprende se l’infiltrarci nei radicali italiani è un’operazione segreta lo verremo mica a dire a tutti, o magari scriverlo nel loro forum, non trovi? Nahid sbatte giù il telefono dimostrando di avere perso la ability to listen with patience, ma recupera subito enthusiasm and motivation nel managing il workload di chiamare altre centinaia di iscritti con le sue good communication skills. E poi Gary l’avrei votato comunque: è il perfetto PPC. Infatti viene dal nord e perciò non parla inglese, per cui è il candidato ideale in questa circoscrizione dove non lo parla nessuno_ sono tutti russi, polacchi, sudafricani, australiani e neozelandesi. Con Gary gli elettori si intendono perfettamente a gesti e suoni gutturali. Se parlasse bene inglese come l’iraniana Nahid non lo capirebbero. La circoscrizione è quella di Shepherd’s Bush, quella con la fermata del tubo che si chiama Shepherd’s Bush Green. Ve l’immaginate a Milano una fermata del metrò che si chiami così? Duomo - Cordusio - Prato del Cespuglio del Pastore - Cadorna...

Intanto a Roosevelt Island era ancora notte fonda e la Raffa consolava Mauro per la sua ennesima eiaculazione precoce. D’altronde non si poteva avere tutto dalla vita: la Raffa amava Mauro e ormai non poteva più sopportarmi, ma inevitabilmente rimpiangeva quando la mia nerchia possente le riempiva la caverna per intere mezz’ore prima di irrigarla. Chissà perché, si chiedeva, il pene aveva tanti nomi femminili – minchia, fava, nerchia – e quello ammosciato del reporter newyorchese somigliava addirittura a una peonia. In compenso, era ora la gioia a riempirle il cuore, mentre aiutava quell’uomo moralmente corrotto dalla pornografia e reso sessualmente disabile dall’eccesso di masturbazione ad accettare di vivere la sua sessualità, e lui la ricambiava accettando perfino di lasciarsi tingere i capelli di rosso Ferrari in omaggio al di lei eroe Michael Schumacher.


NyLon!, - capitolo 8

Da bravo segretario di partito che tiene conto delle opinioni degli iscritti, Capezzone desidera conoscere i nuovi londinesi. Questo mi preoccupa: non posso certo presentargli le bulgare, che alla sua domanda “come hai conosciuto i radicali e cosa in particolare ti ha attratto della profondità del mio pensiero?” risponderebbero onestamente “distribuite visti turistici nei Paesi sfigati, that’s coooool! - per poi intonare in coro sul piano di sopra del double-decker - we wanna wee, wanna wee wee weeee!”, che vuol dire che le ubriacone devono fare pipì, ma Capezzone potrebbe invece capire che vogliono vincere, il che lo inorridirebbe vincere alcunché, magari un referendum o una elezione, è notoriamente l’ultima delle sue priorità, quella che fa di tutto per evitare accuratamente. Al fine di evitare anche gli equivoci, è giunto il momento di immergerlo in un corso di inglese moderno, perciò invece delle bulgare gli presento il fin troppo amichevole Gary, che sappiamo venire dal nord.

- Hi meit, me Gary meself, wass yar neim?

- Me Capezz-1.exe in DOS, speilt CapezzOne in Windows, CapezzUn in Lombard and French, CapezzEin in German...

- Fock da Frogs an’ da Krauts, ya speik Inglish, dass greit!
Ya fock meiny Itolien weiman, da ya, reit?

- Well, nat exoctley weiman. Bot, aye, Itoliens dai eir, dass fo shur

- Fockin hell, ya reily greit, meit. Ya speigeti, meindolaino, keizo douro, faika streighta i iuna bela saigeiritei, eh?

- Well, actually, I don’t smoke...

- Wass op wid ya meit, heiv o fockin joint, heird stoff Andrea brogt deirictley fro Eimsteirdamn, damn!

- I vehemently take exception at the way such a friendly exchange of opinions between fellow party members is insanely depicted in this novel, whereas my stance on the subject has always been adamantly...

- O Capezzò, ya greit meit, stop da bollsheit an’ less go dawn da pob widda lassies an’ geit fockin pissed an’ heiv greit fock toneit, eh eh!

- Arrggghhhh, me wanna go beik to Roma reit naow!

A parte lo choc culturale dell’incontro con Gary, Capezzone è ripartito molto ben impressionato dalla sua visita a Londra, tanto che mi ha promesso di cooptarmi d’ufficio nel comitato dei radicali italiani. Tuttavia, per poter giustificare questo ennesimo sopruso in spregio alla volontà degli iscritti sovrani, in radicalese detto democraticismo, dovrò superare un test di radicalità chiamato Test Tosoni dal nome del suo inventore. Capezzone s’imbarca lasciandomi una settimana di tempo per completare il test, che consta di cinque domande.

A) Come si definisce in radicalese un ennesimo sopruso in spregio alla volontà degli iscritti sovrani?

B) Questa domanda verte sulla penna di morte. Da quando Caino ha introdotto la PENNA (Politica Eternamente Necrofila nel Nominare le Associazioni) di morte, quanti morti si contano nei nomi delle associazioni radicali?

C) Rispondere con lo stesso numero alle domande: Quanti minuti di combattimento in guerra assommano tra loro i guerrafondai nel governo americano Karl Rove, Richard Perle, Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld, Dick Cheney, Daniele Capezzone e lo stesso Bush? Indicare il numero di impiegati e dirigenti del Pentagono e di Capezzone che hanno parenti stretti tra i militari americani in Iraq e numero di bare di ritorno dall’Iraq che l’amministrazione Bush e Capezzone hanno permesso di fotografare (indizio coincidente con il numero di rispettivi funerali ai quali gli stessi Bush e Capezzone hanno partecipato). Indicare inoltre il numero di vaccini e farmaci anti-batteriologici sviluppati e introdotti dal governo americano e Capezzone dal 11 settembre 2001 a oggi. Indicare altresì quante volte Bush ha menzionato l’ambiente e temi ambientali (global warming, inquinamento di aria e acqua, Capezzone...) nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, e quanti ambientalisti e capezzoni hanno potuto partecipare alla task force di Dick Cheney sull’energia, e infine quante specie in via di estinzione (tranne Capezzone) sono state riconosciute come tali dall’amministrazione Bush durante il suo intero mandato.

D) Quanti radicali occorrono per cambiare una lampadina?

E) Identificare il frocio radicale unico autore della frase “Le diatribe tipicamente bizantine dei Concili Ecumenici della fetida e puteolente Pontificia Repubblica Italiota sono nulla rispetto alla teologia surrettizia di codesto esemplare della Sopecie di Homo Sapiens Sapiens che nella sua ontica egodiscrasia da jer l’altro altro non fa che districarsi quei pochi neuroni, tuttora afunzionanti all'interno del Neopallio di costui, avendo egli in funzione esclusivamente l'Archeopallio, ammannendoci cotidie dalla sua altissima et lontanissima torre edicente eburnea dell’interpretazione taleologica di pindariche ironie da suburra!”

Alle prime quattro domande trovo facilmente la risposta nel forum del sito radicale. Rispettivamente democraticismo, tredici, zero e Pannella: basta lui che tiene ferma la lampadina mentre il mondo gli gira intorno. Ma la quinta è davvero difficile, se non impossibile. Probabilmente si tratta dello stesso Pannella, ma dopo giorni e notti trascorsi leggendolo e ascoltandolo alla radio non avevo ancora trovato traccia della dotta sentenza, per tacer del fatto che stavo diventando pazzo nel tentare di chiudergli le parentesi (ne chiudeva sempre una in meno di quante ne aprisse. Maledissi il Tosoni autore di quel difficilissimo test e decisi che avevo bisogno di aiuto. Mi occorreva la consulenza di un radicologo, che in politica è un po’ quello che per i calvi è il tricologo. Chi meglio di quel Mauro, autore del controverso pamphlet sui radicali italiani? Approfittai d’una presenza fugace per azzardare una rima audace.

- Oh tu profumata adorabile vulva carnivora conosciuta col nome di Raff ma che ostinatamente io chiamo Raffa / hai mica ancora sottomano qualcuno di quei biglietti gratis della Svirgin per amici e parenti di voi staff detti staffa?

Di sottomano la Raffa aveva solo il vibratore che da se stessa estrasse sorpresa e confusa. Piacevolmente sorpresa dalla durata delle batterie Duracepp e confusa dalla mia inusuale, poetica richiesta.

- A cosa ti serve? Porgendomelo mi interrogò sospettosa.

- Ma, non saprei - risposi osservando altrettanto sorpreso e confuso uno di quei rugosi elettrodomestici protuberanti che avevano fatto la fortuna del candido magnate indo-orobico John Patel, poi memore della banana anale aggiunsi prontamente - posso sempre inventarmi qualcosa

- Non il dildo, cretino di un mezzo frocio, intendo il biglietto a cosa cazzo ti serve?

- Ah, già, il biglietto. Beh, devo fare un salto a NYC per documentarmi su una faccenda di natura politica. Una ricerca per il partito...

- E allora perché non te lo paga il partito, il biglietto?

- Ehi, non siamo mica i radicali italiani, che sono talmente tanti che bisogna sempre tenerne qualcuno per aria. Noi siamo poveri, indipendenti e autofinanziati niente donazioni governative o candidi magnati indo-orobici...

- Vabbé, vabbé, ho capito, risparmiami la solita solfa, pigliati ‘sti biglietti in bianco e riempiteli con l’itinerario che ti piace, morto di fame

Le tette penzoloni, la Raffa estrasse dalla borsetta un libretto di biglietti e anche le sue chiavi di casa a NYC, gettandomeli con una espressione di disprezzo e disgusto.

- Grazie mia adorata, sei un tesoro

- Patetico fallito, con quel lavoretto parassitario da funzionario di partito

L’amavo.

Tra un’assistente di volo falchetta di Gorgonzola e l’altra ostiense di Fiumicino, tra un segretario radicale romanaccio e l’altro in prospettiva brianzolo di Vedano al Lambro, siamo alla fine di questo capitolo e finalmente rientra in scena il candido magnate indo-orobico John Patel! Sono riuscito a inventarmi qualcosa da fargli fare: chiudere la parentesi. E inopinatamente John Patel chiuse la parentesi).

NyLon!, capitolo 11

Da bravo segretario di partito che tiene conto delle opinioni degli iscritti, Capezzone desidera conoscere i nuovi londinesi. Questo mi preoccupa: non posso certo presentargli le bulgare, che alla sua domanda “come hai conosciuto i radicali e cosa in particolare ti ha attratto della profondità del mio pensiero?” risponderebbero onestamente “distribuite visti turistici nei Paesi sfigati, that’s coooool! - per poi intonare in coro sul piano di sopra del double-decker - we wanna wee, wanna wee wee weeee!”, che vuol dire che le ubriacone devono fare pipì, ma Capezzone potrebbe invece capire che vogliono vincere, il che lo inorridirebbe vincere alcunché, magari un referendum o una elezione, è notoriamente l’ultima delle sue priorità, quella che fa di tutto per evitare accuratamente. Al fine di evitare anche gli equivoci, è giunto il momento di immergerlo in un corso di inglese moderno, perciò invece delle bulgare gli presento il fin troppo amichevole Gary, che sappiamo venire dal nord.

- Hi meit, me Gary meself, wass yar neim?

- Me Capezz-1.exe in DOS, speilt CapezzOne in Windows, CapezzUn in Lombard and French, CapezzEin in German...

- Fock da Frogs an’ da Krauts, ya speik Inglish, dass greit! Ya fock meiny Itolien weiman, da ya, reit?

- Well, nat exoctley weiman. Bot, aye, Itoliens dai eir, dass fo shur

- Fockin hell, ya reily greit, meit. Ya speigeti, meindolaino, keizo douro, faika streighta i iuna bela saigeiritei, eh?

- Well, actually, I don’t smoke...

- Wass op wid ya meit, heiv o fockin joint, heird stoff Andrea brogt deirictley fro Eimsteirdamn, damn!

- I vehemently take exception at the way such a friendly exchange of opinions between fellow party members is insanely depicted in this novel, whereas my stance on the subject has always been adamantly...

- O Capezzò, ya greit meit, stop da bollsheit an’ less go dawn da pob widda lassies an’ geit fockin pissed an’ heiv greit fock toneit, eh eh!

- Arrggghhhh, me wanna go beik to Roma reit naow!

A parte lo choc culturale dell’incontro con Gary, Capezzone è ripartito molto ben impressionato dalla sua visita a Londra, tanto che mi ha promesso di cooptarmi d’ufficio nel comitato dei radicali italiani. Tuttavia, per poter giustificare questo ennesimo sopruso in spregio alla volontà degli iscritti sovrani, in radicalese detto democraticismo, dovrò superare un test di radicalità chiamato Test Tosoni dal nome del suo inventore. Capezzone s’imbarca lasciandomi una settimana di tempo per completare il test, che consta di cinque domande.

A) Come si definisce in radicalese un ennesimo sopruso in spregio alla volontà degli iscritti sovrani?

B) Questa domanda verte sulla penna di morte. Da quando Caino ha introdotto la PENNA (Politica Eternamente Necrofila nel Nominare le Associazioni) di morte, quanti morti si contano nei nomi delle associazioni radicali?

C) Rispondere con lo stesso numero alle domande: Quanti minuti di combattimento in guerra assommano tra loro i guerrafondai nel governo americano Karl Rove, Richard Perle, Paul Wolfowitz, Donald Rumsfeld, Dick Cheney, Daniele Capezzone e lo stesso Bush? Indicare il numero di impiegati e dirigenti del Pentagono e di Capezzone che hanno parenti stretti tra i militari americani in Iraq e numero di bare di ritorno dall’Iraq che l’amministrazione Bush e Capezzone hanno permesso di fotografare (indizio coincidente con il numero di rispettivi funerali ai quali gli stessi Bush e Capezzone hanno partecipato). Indicare inoltre il numero di vaccini e farmaci anti-batteriologici sviluppati e introdotti dal governo americano e Capezzone dal 11 settembre 2001 a oggi. Indicare altresì quante volte Bush ha menzionato l’ambiente e temi ambientali (global warming, inquinamento di aria e acqua, Capezzone...) nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, e quanti ambientalisti e capezzoni hanno potuto partecipare alla task force di Dick Cheney sull’energia, e infine quante specie in via di estinzione (tranne Capezzone) sono state riconosciute come tali dall’amministrazione Bush durante il suo intero mandato.

D) Quanti radicali occorrono per cambiare una lampadina?

E) Identificare il frocio radicale unico autore della frase “Le diatribe tipicamente bizantine dei Concili Ecumenici della fetida e puteolente Pontificia Repubblica Italiota sono nulla rispetto alla teologia surrettizia di codesto esemplare della Sopecie di Homo Sapiens Sapiens che nella sua ontica egodiscrasia da jer l’altro altro non fa che districarsi quei pochi neuroni, tuttora afunzionanti all'interno del Neopallio di costui, avendo egli in funzione esclusivamente l'Archeopallio, ammannendoci cotidie dalla sua altissima et lontanissima torre edicente eburnea dell’interpretazione taleologica di pindariche ironie da suburra!”

Alle prime quattro domande trovo facilmente la risposta nel forum del sito radicale. Rispettivamente democraticismo, tredici, zero e Pannella: basta lui che tiene ferma la lampadina mentre il mondo gli gira intorno. Ma la quinta è davvero difficile, se non impossibile. Probabilmente si tratta dello stesso Pannella, ma dopo giorni e notti trascorsi leggendolo e ascoltandolo alla radio non avevo ancora trovato traccia della dotta sentenza, per tacer del fatto che stavo diventando pazzo nel tentare di chiudergli le parentesi (ne chiudeva sempre una in meno di quante ne aprisse. Maledissi il Tosoni autore di quel difficilissimo test e decisi che avevo bisogno di aiuto. Mi occorreva la consulenza di un radicologo, che in politica è un po’ quello che per i calvi è il tricologo. Chi meglio di quel Mauro, autore del controverso pamphlet sui radicali italiani? Approfittai d’una presenza fugace per azzardare una rima audace.


TRILOGIA DI GRANZOTTO


Granzotto PI e il caso Unabomber - Riuscirà l'eroico detective a incastrare il micro-dinamitardo del Nord-Est?

Granzotto contro Bush, Cappato e Dupuis - Riuscirà il prode agente segreto a incastrare i malefici?

Granzotto in terra di Scozia - Riuscirà l'intrepido eroe a sconfiggere la Corona britannica?

NyLON!, CAPITOLO 12

- Oh tu profumata adorabile vulva carnivora conosciuta col nome di Raff ma che ostinatamente io chiamo Raffa / hai mica ancora sottomano qualcuno di quei biglietti gratis della Svirgin per amici e parenti di voi staff detti staffa?

Di sottomano la Raffa aveva solo il vibratore che da se stessa estrasse sorpresa e confusa. Piacevolmente sorpresa dalla durata delle batterie Duracepp e confusa dalla mia inusuale, poetica richiesta.

- A cosa ti serve? Porgendomelo mi interrogò sospettosa.

- Ma, non saprei - risposi osservando altrettanto sorpreso e confuso uno di quei rugosi elettrodomestici protuberanti che avevano fatto la fortuna del candido magnate indo-orobico John Patel, poi memore della banana anale aggiunsi prontamente - posso sempre inventarmi qualcosa

- Non il dildo, cretino di un mezzo frocio, intendo il biglietto a cosa cazzo ti serve?

- Ah, già, il biglietto. Beh, devo fare un salto a NYC per documentarmi su una faccenda di natura politica. Una ricerca per il partito...

- E allora perché non te lo paga il partito, il biglietto?

- Ehi, non siamo mica i radicali italiani, che sono talmente tanti che bisogna sempre tenerne qualcuno per aria. Noi siamo poveri, indipendenti e autofinanziati niente donazioni governative o candidi magnati indo-orobici...

- Vabbé, vabbé, ho capito, risparmiami la solita solfa, pigliati ‘sti biglietti in bianco e riempiteli con l’itinerario che ti piace, morto di fame

Le tette penzoloni, la Raffa estrasse dalla borsetta un libretto di biglietti e anche le sue chiavi di casa a NYC, gettandomeli con una espressione di disprezzo e disgusto.

- Grazie mia adorata, sei un tesoro

- Patetico fallito, con quel lavoretto parassitario da funzionario di partito

L’amavo.

Tra un’assistente di volo falchetta di Gorgonzola e l’altra ostiense di Fiumicino, tra un segretario radicale romanaccio e l’altro in prospettiva brianzolo di Vedano al Lambro, siamo alla fine di questo capitolo e finalmente rientra in scena il candido magnate indo-orobico John Patel! Sono riuscito a inventarmi qualcosa da fargli fare: chiudere la parentesi. E inopinatamente John Patel chiuse la parentesi).
NYLON, capitolo 13.

Charles servì a noi entrambi un generoso doppio colpetto di malto singolo, che però non bastò a fargli passare il cattivo umore.

- Bush, merd. Osama, shit. Putin, sin na kurva...

- Charles, cosa mi combini, adesso parli bulgaro per dirmi che Putin è un figlio di putin?

- Tutti ASHTEMI quei tre fottuti bashtardi rottinculo in combutta tra loro

- Hai ragione, non ci avevo mai pensato

- Evidentapparently shi tratta di un complotto contro le noshtre shane abitudini di democrazia angloshasshone nei bar dentro a Weshtminshter. Devi fare qualcosha!

- Sto già facendo del mio meglio, Charles, presto completerò la mia missione di essere cooptato nel comitato dei radicali italiani, la notoria potenza antiproibizionista mondiale, as soon as I pass the Tosoni Test of radicality

- E allora, cosa ashpetti?

- Non conosco ancora la risposta all’ultima domanda del Testosoni. Per trovarla sono in partenza per NYC dove incontrerò un informatissimo giornalista, ma per pararmi il culo spedirò anche Andrea ad Amburgo per sondare in profondità il Tosoni stesso

- Gud lock, cheers


Narcotrafficanti astensionisti in crescita
I cartelli rivali che si combattono per il controllo multimilionario del traffico di droghe in Messico sono malfamati per il loro consumo di sostanze e uso di violenza estrema, ma La Familia è una setta religiosa che enfatizza i valori famigliari e pretende i suoi membri, reclutati nei centri di riabilitazione, siano completamente astinenti anche dall'alcohol, ed è la fazione in più forte crescita nel paese. Oltre che alla pratica del tiro al bersaglio, l'avanzamento di carriera nell'organizzazione comandata da El Mas Loco dipende dalla regolare frequenza alle preghiere, durante le quali El Mas Loco predica il suo diritto divino a eliminare i nemici e sostiene che il gruppo traffica in droghe solo fuori dal territorio domestico... Reuters


NyLon!, capitolo 14

Siamo arrivati al quattordicesimo capitolo e mi accorgo di non essermi ancora presentato. Il mio nome è Granzotto, Roberto Granzotto. Facevo tranquillamente il contract killer, che in italiano si direbbe semplicemente sicario ma contract killer fa più politically correct, prima che il mio biografo non autorizzato (ognuno ha il biografo non autorizzato che si merita) si appropriasse della mia identità per inventarsi improbabili avventure che mi hanno proiettato nello stardom della politica transnazionale. Nella mia carriera ho fatto la pelle a un bel po’ di gente, che per lo più se lo meritava. In quell’onorato mestiere guadagnavo bene e mi divertivo mica male. Ma forse non tutti i biografi vengono per nuocere. La vita da sicario si era via via fatta sempre più complicata, con la storia del DNA non bastava più travestirsi e falsificare passaporti come ai vecchi tempi, quando ti dovevi preoccupare solo delle impronte digitali. Adesso mi sono riciclato come agente segreto con licenza poetica, e quale migliore aura di cosmopoliti fascino e mistero potrebbe meglio circondarmi di quella ad alta densità di elettroni nel primo debole chiarore dell’alba all’orizzonte della grande mela, nella quale il mio fiuto investigativo annusava una traccia lasciata un mese prima da un giornalista innamorato. Infatti il battello aveva appena cozzato contro il pier proiettandomi violentemente su Manhattan. Colpa mia attraversando l’Hudson dal New Jersey mi sporsi troppo dal ponte superiore per godere della skyline, che si estendeva da Harlem, all’estrema sinistra, alla statua della libertà sulla destra. Si trattava di una mera questione di prospettiva senza alcuna valenza politica, dovuta semplicemente al fatto che navigavo da est a ovest avessi viaggiato nella direzione opposta, la libertà si sarebbe innalzata a sinistra contro il proletariato nero all’estrema destra. Impensabile, se non in quella città, dove mi accorsi con fastidio che mancava qualcosa in mezzo alle mie deliranti equazioni pseudo-filosofiche e anche in mezzo al panorama dalla punta dell’isola erano scomparsi un paio di alti parallelepipedi che avevo notato qualche anno prima. Appresi più tardi che il governo federale ne aveva appaltato la demolizione a una manovalanza di immigrati arabi ai quali avrebbe poi fatto causa con grande dispiegamento di mezzi e risorse, finanziarie e in second’ordine umane, tanto per dare qualcosa da fare al complesso militar-petrolifero che stava alla base del castello di carte costituito dall’illusoria economia della Nazione in bancarotta. But never mind the politics, cheppalle, non sono qui per occuparmi di politica bensì dei radicali italiani. Sono qui per trovare la risposta alla difficilissima quinta domanda del Testosoni che mi aprirà le porte al patetico teatrino del loro comitato. Il mio naso ammaccato segue perciò la traccia ormonale lasciata dal giornalista innamorato dalla sponda estiva a quella ovestiva, dove mi conduce sulla funivia per Roosevelt Island. E qui lo trovo, pur faticando a riconoscerlo dalla foto sulla controcopertina del suo libro. Altro che fluente crine corvino: ha i capelli metallizzati come il suo saccente collega secchione della Terza C. La pancetta come me e Alvaro Vitali. Due enormi brufoli sulle labbra. La peluria craxiana spuntargli da orecchie e narici. E le gambe più storte di quelle di Naomi Campbell. Consapevole dei suoi handicap estetici, con in una mano un bottiglione di amarone e nell’altra delle mutandine tong straordinariamente somiglianti a quelle che abitualmente usa la Raffa, Mauro mi da il benvenuto tentando di giustificarsi.

- Prima non ero così brutto, ma mi sto esercitando per diventare direttore di Radio radicale, che è il mio sogno segreto. Sniff

- Piacere di conoscerti, caro Mauro. Che schifo, fai proprio senso. Se vuoi davvero diventare direttore di Radio radicale sembri proprio uguale ma hai fatto male a dirmelo lo riporterò nel romanzetto transatlantico che sto scrivendo sui radicali sfigati come te. Come tutti, del resto, se questo ti può consolare.

- Tanto non ho speranze, sta scritto nel trisagio di norme transitorio-permanenti dello statuto del partito che il direttore della radio si chiama Ergife, il leader dei giovani esperantisti è Bordini e i congressi si tengono all’Albergo Licheri. Ma non me ne importa nulla, mi sono innamorato di una donna straordinaria. Sniifff

Rispose noncurante lo Hugh Grant del Partito radicale, voracemente annusando le mutandine. Al che replicai perplesso, riconoscendovi un mio cappero tra i tarzanelli

- Uhm, e chi sarà mai?

- Posso solo dire che mi ha fatto accettare di vivere la mia sessualità. Sniiiffff

- Never mind, chi se ne frega. Invece sono venuto qui appositamente per sapere da te la risposta alla quinta domanda del Testosoni

- Non la sa nessuno, è il secondo più custodito mistero radicale. Sniiiifffff

- Ah! E quale sarebbe il primo?

- Ti pare che so il primo se non so il secondo? Sniiiiiffffff

- Cioè sono venuto qui per niente?

- Correct! Sniiiiiifffffff

Avessi avuto il tempo prima dell’ultima corsa della funivia, mi sarei interrogato sul terzo mistero radicale: come si dicesse vaffanculo in esperanto. Mauro mi è stato di scarsissimo aiuto e adesso devo contare su quello che riuscirà a combinare Andrea ad Amburgo col Tosoni autore dell’enigmatico Testosoni di radicalità.



NyLon! - capitolo 15

Ad Amburgo Andrea sondava in profondità il Tosoni stesso, e subito dopo il Tosoni stesso lo ricambiava a sua volta sondandolo in profondità. Dolorosamente. Con uno dei biglietti gratis della Raffa, Andrea era atterrato nel pomeriggio a Fuhlsbüttel e subito si sentì a casa come a Schiphol. In mezz’oretta l’autobus li portò in centro dove Tosoni gli offrì una rotante cenetta romantica in cima alla torre, dopodiche la Schnellbahn li condusse a Sankt Pauli e - complice l’usuale cocktail di cocaina, ecstasy, manzanilla, tetraidrocannabinolo e viagra, che per buona regola salutare prendeva rigorosamente in ordine alfabetico - passeggiando mano nella mano sulla Reeperbahn col Tosoni di rosa velato Andrea si lasciò andare alle reminescenze della sua gioventù in madrepatria.

- Ah... msterdam... prima puttanation... anni diciassette, fiorini cinquanta... FTF... bella mora più dolce... le poppe, fiorini cinquanta... pomparla... FTF... altra moracciona, fiorini cinquanta... goldone, posizione uno... stantuffarla... scoglionato... FTF... spade per la coca in vena... castano-bionda sui 25, fiorini cinquanta... tronco di mussa superlativa... monta, specchio, pecorina, sodomia... FTF... mulatta chiara, fiorini cinquanta... customer satisfaction... FTF...

- Voglia benevolmente il mio dolcissimo et graditissimo ospite perdonarmi nel permettermi interromperlo per al di Egli rivolgere la questione di rendermi edotto sul quale significato attribuire al criptico acronimo FTF nelle per quanto avulse circostanze di cotanto codesto contesto?

- Deformazione professionale. L’Autore di questa puttanata pazzesca lavora sepolto in un dannato helpdesk informatico. Nel loro gergo FTF vuol dire First Time Fix. Vale a dire soluzione immediata. Eiaculazione precoce nel mio caso

- E come dunque cionondimeno e vieppiù, mia edulcorata quanto effimera relazione in sì tanti luoghi di perdizione, poter traslare tanta irrispettosa rozzezza microelettronica dell’Autore in aulici termini più confacenti ad una babelica tradizione, traduzione, dalla torre che non posso esimermi dal definire eburnea?

- Sconigliata

- Ah, ora capisco...

Come finì la serata lo sappiamo già: in una squallida laterale della Reeperbahn Andrea sondava in profondità il Tosoni stesso, e subito dopo il Tosoni stesso lo ricambiava a sua volta sondandolo in profondità. Dolorosamente.

- Osti, che male, come fai ad averlo così duro alla tua età?

- Chi di viagra ferisce, di viagra perisce. A ognuno il suo!

- Vacca, come mi fa male. Adesso che te l’ho dato, mi dici la risposta alla quinta domanda del tuo test di radicalità?

- Ce l’hai già dentro di te - filosoficamente rispose il Sommo frocio radicale unico con la saggezza e audacia che sarebbero proprie del Dalai Lama in meno pornografiche circostanze - e non permetterti mai più di chiamarmi vacca

Il giorno dopo appropinquandosi Heathrow e la sua crisi di mezza età, di ritorno dalla unicorno-discratico-trisagico-tetraplegico-pentapartitico-esageratamente-eptacriptica-ottuagenaria-nonetheless-decappalle esperienza eburnea, Andrea non potè fare a meno di riflettere sulla vacuità della sua vita e su come questa fosse stata divelta nella sua pubertà dal prete pedofilo nella sua infanzia a Tor Pignattara.

Nello stesso momento a Tor Pignattara addentando un piccione ancora vivo, don Domenico Spena, il popolare prete rockettaro straordinariamente somigliante a Ozzy Osbourne (che infatti lo interpreta in questa storia), non aveva perso il vizio di corrompere una più giovane generazione. Ma negli anni gli si era afflosciato, e quel nuovo chierichetto esperantista non avrebbe satanicamente potuto corromperlo che by proxy.

- Albergo, ormai sei grandicello. Devi pensare a metter su famiglia. Ti presento la qui presente mia beniamina popstar esperantista Sara Piccardo, interpretata da Lapa Orlandi all’uopo depilatasi, e detto fatto vi dichiaro marito e moglie finché un dio pagano non vi separi. Vi impongo altresì che vostro figlio si chiamerà Damiano con inciso 666 sulla capoccia esperantomorfa

- Oh, kolko e hubava - nella sua estasi l’Albergo confondendo il bulgaro con l’esperanto - com’è bella questa vergine dalla pelle liscia e bianchissima, le deliziose tettine coi capezzoli che s’inturginiscono quando le parlo in esperanto e la delicata fritolina che sta per sbocciare come una rosa, not to mention la sua straordinaria intelligenza manifestatasi nella eccitante capacità di apprendere così velocemente l’esperanto...

Siamo quasi alla fine del quinto capitolo e, dall’Elba al Tevere passando per l’Hudson e il Tamigi, sto per affliggervi con la prima riunione del comitato radicale alla quale posso partecipare anch’io, dopo che grazie al sacrificio di Andrea ho sussurrato nell’orecchio a Capezzone la risposta alla quinta domanda del Testosoni. Purtroppo in questo capitolo non c’è più spazio e bisognerà rimandare al prossimo. Nel frattempo siamo proprio alla fine del quinto capitolo e finalmente rientra in scena il candido magnate indo-orobico John Patel! Ho trovato qualcosa di più intelligente da fargli fare che chiudere le parentesi, ma purtroppo in questo capitolo non c’è più spazio e bisognerà rimandare al prossimo.