Sunday retro fetish
“Ma è un
caso”, continuò Dupuis, “chiaramente troppo al di sopra o troppo al di sotto
dell’intelligenza del Prefetto. Non ha mai creduto probabile o possibile che il
ministro avesse depositato la lettera sotto il naso di tutti, come il modo
migliore per impedire a chiunque di vederla. Ma quanto più riflettevo
sull’ingegno audace, spregiudicato e fantasioso di De Perlinghi, sul fatto che
il documento dovesse sempre a portata di mano per farne un immediato uso in
caso di bisogno, e sull’altro fatto, che era stato ampiamente dimostrato dal
Prefetto, che cioè il documento non era nascosto nel raggio incluso in una
perquisizione abituale, tanto più mi sentivo convinto che, per nascondere
questa lettera, il ministro aveva fatto ricorso al più ingegnoso e sagace
espediente di non provare neanche a nasconderla. Preso da questa idea, mi
fornii di un paio di occhiali verdi e mi presentai, un bel mattino, come per
caso, al palazzo del ministro. Trovai De Perlinghi in casa, sbadigliante,
ozioso e curioso, come sempre, con la pretesa di sembrare al massimo dell’ennui. De Perlinghi è forse la persona
più energica che ci sia, ma lo è soltanto quando è sicuro che nessuno lo veda.
Per non essere da meno comincia a lamentarmi dei miei occhi delicati e della
necessità di portare gli occhiali, da dietro i quali intanto passavo in
rassegna, con cura e minuzia, tutto l’appartamento, fingendo di essere
totalmente preso solo dalla conversazione del mio ospite. Un’attenzione
particolare dedicai all’ampia scrivania, presso cui era seduto, dove si
ammucchiavano alla rinfusa varie lettere e carte, uno o due strumenti musicali
e alcuni libri. Dopo un accurato esame, tirato molto per le lunghe, non notai
nulla che potesse destare sospetti particolari. Finalmente, il mio sguardo
vagante per la stanza cadde su un misero portacarte di cartone filigranato di
nessun valore, appeso per un sudicio laccio blu a un pomello di ottone sotto la
cappa del camino. Il portacarte, che aveva tre o quattro scomparti, conteneva
cinque o sei carte da visita e una unica lettera. Molto insudiciata e
sgualcita. Quasi strappata in due come se qualcuno avesse voluto dapprima
stracciarla del tutto perché senza valore, e avesse poi cambiato idea. Vi era
impresso il sigillo nero di De Perlinghi, molto in evidenza, ed era indirizzata
con minuta grafia di donna al ministro in persona. Sembrava buttata con grande
negligenza, e perfino con sfregio, in uno degli scomparti superiori del
portacarte. Mi bastò una rapida occhiata per capire che si trattava della
lettera che stavo cercando. In apparenza era sicuramente molto diversa da
quella tanto minuziosamente descritta dal Prefetto. Qui il sigillo era grande e
nero, con la cifra De Perlinghi; l’altro era piccolo e rosso con lo stemma
ducale della famiglia Stanzani. L’indirizzo di questa, al ministro, era scritto
in modo minuto da una donna; nell’altra, indirizzata a un membro della famiglia
reale, la scrittura era decisa, spavalda, forte. Le due lettere si somigliavano
solo nelle dimensioni. Ma la radicalità
di queste differenze eccessive; la sporcizia; lo stato della carta,
cincischiata e strappata, inconciliabili con le vere abitudini meticolose di De
Perlinghi, denunciava l’intenzione di sviare un curioso dandole tutte le
apparenze di una carta senza valore; tutti questi elementi e la vistosa
collocazione sotto gli occhi di tutti, che coincideva con le conclusioni cui
ero già pervenuto, tutto avvalorava i sospetti di chi era venuto con
l’intenzione di sospettare”.
[10 di 11.
continua]
“Prolungai la
durata della visita il più a lungo possibile”, si avviò Dupuis alla conclusione
di questa storia, “e mentre sostenevo una animata discussione con il ministro
su un argomento che sapevo interessarlo molto, la mia attenzione restò
concentrata sulla lettera. In questo mio esame, fissai nella mente l’aspetto
esteriore e la sistemazione nel portacarte; finalmente scoprii qualcosa che
eliminò ogni mio più piccolo dubbio residuo. Nell’esaminare i bordi della
carta, mi accorsi che erano più spiegazzati del necessario. Presentavano quei
segni che appaiono su un cartoncino piegato e schiacciato con un tagliacarte e
poi ripiegato in senso inverso, ma lungo la stessa traccia della piegatura
originaria. Era la scoperta che mancava: diventava chiaro che la lettera era
stata rigirata come un guanto dall’interno all’esterno, reindirizzata e
risigillata. Augurai il buongiorno al ministro e presi immediatamente congedo,
dimenticando una tabacchiera d’oro sulla scrivania. Il mattino appresso, tornai
per cercare la mia tabacchiera e riprendemmo con accanimento la nostra
discussione del giorno prima. Mentre eravamo così impegnati al massimo, si
sentì una detonazione molto forte fuori dalle finestre del palazzo, come un
colpo di pistola, seguita da grida impaurite e da urla di folla. De Perlinghi
si precipitò verso una delle finestre, l’aprì e guardò fuori. Nello stesso
momento andai dritto verso il portacarte, presi la lettera e me la misi in
tasca e la sostituii con un’altra, una specie di fac-simile (nell’aspetto
esterno), che avevo accuratamente preparato a casa, contraffacendo facilmente
la sigla De Perlinghi con l’aiuto di un sigillo di mollica di pane. Il tumulto
nella strada era stato provocato dalla follia improvvisa di un uomo armato di
moschetto. Aveva scaricato la sua arma in mezzo a una folla di donne e bambini;
si accertò, comunque, che era caricata a salve, lo consederarono un lunatico o
forse un ubriaco e lo lasciarono andare. Sotanto quando fu andato via, De
Perlinghi si ritrasse dalla finestra, dove io lo avevo seguito subito dopo
essermi assicurato l’oggetto cui miravo. Alcuni minuti dopo, lo salutai. Il
presunto lunatico era un uomo che avevo assoldato io”.
“Non capisco
quale fosse il suo scopo”, disse Marc’Appat, “nel sostituire la lettera con un
fac-simile. Non sarebbe stato più semplice prenderla direttamente e andarsene,
fin dalla prima volta?”
“Deve sapere
che De Perlinghi”, rispose Dupuis, “è un uomo molto violento, un uomo di nerbo.
La sua casa, poi, è piena di servitori devoti ai suoi interessi. Se avessi
fatto lo scriteriato tentativo da lei suggerito, non sarei uscito vivo da
quella casa. La brava gente di Parigi non avrebbe mai più sentito parlare di
me. Ciò detto, avevo altri buoni motivi. Lei conosce le mie simpatie politiche.
In questa azione, ho voluto comportarmi come un partigiano della signora
derubata. Per diciotto mesi il ministro l’ha tenuta in suo potere. Ora il
rapporto è invertito visto che lui non sa ancora di non avere più la lettera e
intende proseguire con i suoi ricatti. Muovendosi, segnerà inesorabilmente la
sua fine politica. La sua caduta, oltreché precipitosa, sarà ridicola. Si parla
con molta facilità del facilis descensus
Averni, ma in fatto di scalate si può dire quello che la Callegari diceva
del canto, che è più facile salire che scendere. In questo caso non ho nessuna
simpatia, nemmeno pietò, per chi cade. De Perlinghi è il vero Monstrum horrendum, un amorale uomo di
genio. Confesso però che non mi dispiacerebbe conoscere i suoi pensieri,
quando, sfidato da quella che il Prefetto chiama ‘una certa persona’, sarà
costretto ad aprire la lettera che ho lasciato per lui nel suo portacarte”.
“Come! Vi ha
scritto qualcosa di particolare?”
“Chiaro!
Avrei dovuto lasciare l’interno bianco? Sarebbe stato insultante. Una volta a
Vienna De Perlinghi mi tirò un colpo basso, io con grande cordialità gli dissi
che me ne sarei ricordato. Prevedendo la sua curiosità sulla persona che lo ha
fatto fuori, ho pensato che sarebbe stato un peccato non lasciargli almeno un
indizio. Conosce molto bene la mia calligrafia e così, al centro del foglio
bianco ho copiato queste parole:
…Un dessin di funeste
S’il n’est digne d’Atrèe est digne de
Thyeste
Le può
trovare nell’Atrèe di Crèbillon”.
[11 di 11.
fine]
Chi è Uma e chi è Natascha?!?
Noi pervertiti qui a Miss Welby sbrodoliamo succhi vaginali e disperdiamo il seme ogni volta che incontriamo la strafighissima Uma Thurman. Ora abbiamo un motivo in più, avendo conosciuto (e scambiato per Uma) la sua quasi sosia Natascha McElhone, pure attrice e appena un pochino meno nota (Californication). Entrambe del 1970, evidentemente un'ottima annata. Siamo confuse, e anche loro: chi tra le due qui sopra è Uma e chi è Natascha? Risposte nei commenti, vediamo chi indovina
|
RIP Giacomo Giuseppe (James) Gandolfini
Avevo già pronto il coccodrillo a modo mio:
Non c'è niente di meglio in TV a parte l'eccellente ultima stagione dei Sopranos, di violenza emotiva inaudita, sull'encomiabile Rai4 la domenica sera. Si comincia con una scena di impiccagione da Oscar e soprattutto un Tony Soprano che va in coma e con sopraffina intellettualità psicotica gli sceneggiatori gli fanno rivivere una vita parallela con la risonanza magnetica e l'Alzheimer dello zio Junior. Unica pecca, il solito piccolo errore: Carmela Soprano inquadrata di fronte ha le braccia incrociate sul petto e un istante dopo, di spalle, le ha allentate lungo i fianchi. Sempre affascinante, però, la vecchia Carmela.
Seguirà il film!
James se lo merita, questo ricordo: è morto in Italia, relativamente giovane ma non in modo sorprendente, proprio come se lo sarebbe aspettato. Nella cinematografia merita un posto insieme a De Niro e Al Pacino. I tre più grandi attori americani sono di origini italiane!
Lunga vita alle sue mogli cinematografica Edie Falco e Lorraine Bracco e tutto lo straordinario cast dei Sopranos che piange Gandolfini
Avevo già pronto il coccodrillo a modo mio:
Non c'è niente di meglio in TV a parte l'eccellente ultima stagione dei Sopranos, di violenza emotiva inaudita, sull'encomiabile Rai4 la domenica sera. Si comincia con una scena di impiccagione da Oscar e soprattutto un Tony Soprano che va in coma e con sopraffina intellettualità psicotica gli sceneggiatori gli fanno rivivere una vita parallela con la risonanza magnetica e l'Alzheimer dello zio Junior. Unica pecca, il solito piccolo errore: Carmela Soprano inquadrata di fronte ha le braccia incrociate sul petto e un istante dopo, di spalle, le ha allentate lungo i fianchi. Sempre affascinante, però, la vecchia Carmela.
Seguirà il film!
James se lo merita, questo ricordo: è morto in Italia, relativamente giovane ma non in modo sorprendente, proprio come se lo sarebbe aspettato. Nella cinematografia merita un posto insieme a De Niro e Al Pacino. I tre più grandi attori americani sono di origini italiane!
Lunga vita alle sue mogli cinematografica Edie Falco e Lorraine Bracco e tutto lo straordinario cast dei Sopranos che piange Gandolfini
Ministri del governo italiano: oggi Emma Bonino
(nelle puntate precedenti vedi anche Flavio Zanonato)
ROMA - La neo ministra per
l'integrazione Cécile Kyenge - che arrivata dal Congo nel 1983
lavorò come badante per mantenersi agli studi di italiano -, è
stata scelta apposta per farle appunto da badante, con la scusa che
sono alte uguali ("per non sfigurare nelle foto" ha giocato
Letta sulla loro vanità) sedendole accanto nelle riunioni a Palazzo
Chigi con siringa di sedativi pronta per l'uso nella borsetta e
badando bene soprattutto che Emma Bonino, se colta da uno dei suoi
raptus, non compia una strage in consiglio dei ministri, uno dei
tanti, molteplici omicidi gratuiti che ne hanno costellato la
brillante carriera politica. Di questo suo terribile segreto
sarebbero a conoscenza alcuni colleghi ministri, tra i quali
ovviamente il capo del governo Letta, il suo vice Alfano, e i
veterani della politica più usi ai consunti corridoi del potere dove
aleggia da tempo l'inquietante sospetto, o inconfessabile certezza,
sulla pasionaria radicale che il popolo conosce invece come persona
buona e giusta, battagliera attivista per i diritti umani e civili
specialmente (ma non solo) delle donne, statista preparata e
competente, molto ammirata e rispettata nel mondo. Con due soli
difetti: uno piccolo di pronuncia (la Z al posto della S) e uno un
po' più grave: la maniacale compulsione all'omicidio plurimo
aggravato.
PULSIONE IRREFRENABILE e
purtroppo molto frequente. La lunga (e certamente incompleta) lista
documentata dal giornalista freelance Jurgen Morgenposter in
un'inchiesta esplosiva per la Zuricher Allgemaine Zeitung inizia col
deplorevole episodio dei deputati bulgari. Fine gennaio 1995, appena
nominata commissaria europea, la Bonino si reca in visita ufficiale
in Bulgaria, dove una delegazione di 40 parlamentari la porta nella
cittadina mineraria di Zlatograd. I bulgari viaggiano in autobus
(particolare da tenere presente) e la Bonino in un'auto della
Commissione. Il gruppo scende in montacarichi nel pozzo per
incontrare i minatori in sciopero della fame da settimane per
migliori condizioni di sicurezza sul lavoro, sperando che la Bonino
sbrogli la situazione, ma lei riemerge dopo appena due minuti, armata
di kalashnikov prende in ostaggio l'autista del bus e lo costringe ad
allontanarsi in fretta. Pochi secondi dopo l'esplosione, un boato
assordante. Sepolti a centinaia di metri di profondità muoiono
quaranta deputati di tutti i partiti e un numero imprecisato di
minatori. Stando a questa ricostruzione, la Bonino poi farà secco
anche l'autista e occulterà l'arma prima di ripresentarsi nella
capitale Sofia simulando uno stato confusionale dovuto allo choc, ed
evitando così troppe domande anche grazie al suo status di
importante ospite proveniente da Bruxelles, dove rientrerà in
silenzio lasciando la Bulgaria nel doppio lutto.
LA CIA SAPEVA. Lutto
doppio perché quello stesso giorno un altro autobus a noleggio della
stessa compagnia privata precipita in un burrone per un guasto ai
freni, causando la morte di tutti gli occupanti, una cinquantina di
boy scout in gita in montagna. Era il pullman previsto in origine per
i deputati, sabotato da qualcuno che voleva ucciderli, ma per qualche
ragione sconosciuta fu sostituito all'ultimo momento con un altro
veicolo. "Sospettavamo della Bonino da molto tempo, ma lavorava
solo in Italia e lasciammo che fossero gli italiani ad occuparsene,
se lo ritenevano. Quando però negli anni 80 la sua attività si fece
europea e nei 90 globale, diedi ordine di sorvegliarla" - scrive
nella sua autobiografia l'ammiraglio in pensione Joey Shift-Draft,
ora ottantenne e all'epoca capo della CIA - "i nostri agenti
riportarono che Bonino segò personalmente i condotti dell'olio dei
freni del bus che pensava avrebbe trasportato i deputati, una volta
visto fallire il primo tentativo, con prontezza di spirito colse
l'occasione degli esplosivi lasciati incustoditi in miniera, nascosti
in uno zaino li portò con sé in fondo al pozzo insieme ai deputati,
li innescò e si dileguò velocemente da sola col montacarichi".
L'ex alto funzionario americano conferma anche l'omicidio
dell'autista del bus: "tutto visto coi propri occhi dall'autista
dell'auto blu, che era un nostro agente infiltrato nella sede locale
della Commissione europea".
GENOCIDIO IN CONGO. La
duplice strage bulgara impallidisce per crudezza dinanzi allo
sterminio di intere tribù e centinaia di gorilla meticolosamente
pianificato ed attuato dalla Bonino nel Congo meridionale durante la
missione "umanitaria" del 2008 insieme a un inconsapevole
ed incolpevole Prodi, del cui secondo governo era ministro. L'aereo
della Bonino sorvola il Katanga spuzzandolo ampiamente con quintali
di antrace e botulino sparsi dal vento su tutta la regione con
effetti devastanti. "Le vittime sono decine di migliaia e
l'ecosistema irrimediabilmente compromesso insieme alla catena
alimentare", scrisse all'epoca su Entomologia oggi uno
scienziato italiano che viveva sul posto, Roberto Granzotto,
dell'immane catastrofe che fu messa a tacere dalle autorità
congolesi. Ma un testimone oculare, un casco blu dell'ONU che volle
rimanere anonimo si disse certo di avere riconosciuto la Bonino ai
comandi del biplano agricolo, e fonti mai smentite attribuiscono alla
sua amica giornalista Chistiane Amanpour una frase inquietante che si
sarebbe lasciata sfuggire subito dopo avere appreso dei fatti: "Ha
ripetuto quello che fece nel 1997 in Afghanistan col napalm".
A QUESTO PUNTO per almeno
due volte i compagni di partito avrebbero cercato di farla
disintossicare dalla dipendenza omicida in una clinica sulle colline
tra Cuneo e Bra, sua terra di origine, ma senza successo. Sbagliata
la terapia, in mezzo ad alcolisti, cocainomani e giocatori d'azzardo
mentre il suo problema è alquanto diverso, per certi aspetti più
grave... e sbagliato il luogo, quelle campagne dove già in tenera
età seviziava gli animali e da adolescente inquieta plagiò una
coetanea sua complice (che poi si fece monaca col voto del silenzio)
nello stuprare, torturare, uccidere e sezionare numerosi compagni di
scuola. Basta leggere gli articoli di Draire e Fogliani sul Braidese,
il giornale di Bra da essi fondato nel 1964, o solo alcuni dei titoli
raccapriccianti di quell'anno infausto: "UN ALTRO SCOLARO UCCISO
- il corpicino rinvenuto a Boschetto è quello del fanciullo
scomparso" (8 marzo); "IL MOSTRO DI POLLENZO COLPISCE
ANCORA - la vittima mutilata dei genitali" (28 aprile); "QUINTA
VITTIMA DEL PEDOFILO ASSASSINO - gli inquirenti braidesi brancolano
nel buio" (15 agosto); "NATALE DI SANGUE PER DUE GEMELLINI
- lo strazio dei genitori in lacrime" (27 dicembre); e così via
anche nei due anni successivi, per un totale di vittime che cancellò
un'intera generazione di giovanissimi braidesi. Poi improvvisamente
più niente, le violenze cessarono e i casi non furono mai risolti.
Si ipotizzò che "il mostro" potesse essere un militare di
stanza nelle tante caserme della città e che fosse stato trasferito,
ma qualcuno fa notare che a trasferirsi fu proprio la Bonino, a
Milano per studiare alla Bocconi.
QUI LA BONINO studia
lingue di giorno e biochimica di notte, nel laboratorio sotterraneo
dove mette a punto un virus capace di permeare le pareti interne
degli edifici universitari in modo da contaminare gli studenti
radicali e determinarne il progressivo ed inarrestabile decadimento
genetico riscontrato nei numerosi esemplari di individui sfornati dal
prestigioso ateneo montiano nelle generazioni successive, giovani
uomini politici riconoscibili dalla lentezza di pensiero e
l'espressione intontita da pesce lesso. Il resto è storia nota: non
appena laureata si dedica agli aborti, così sottraendo al Paese
milioni di bambini mai nati, fino alla più recente battaglia per
l'eutanasia, che l'ha vista protagonista nell'eliminare fisicamente
ben tre senatori a vita soltanto l'anno scorso: Scalfaro, Pininfarina
e niente meno che Rita Levi Montalcini, stroncati rispettivamente a
93, 85 e 103 anni, tutti con iniezioni letali di sostanze che non
lasciano tracce. Andreotti invece è deceduto per conto suo, senza
bisogno di aiuti, nell'apprendere della nomina a ministro degli
esteri dell'assassina assatanata. Come dire che la Bonino è comunque
coinvolta perfino nel trapasso del Diavolo.
Borgen, il potere
La serie televisiva
scandinava proclamata di bandiera dalla nuova tv LaF (che sta per
Feltrinelli in combutta con l'Espresso) è cominciata male. Nel primo
episodio (tutti quelli della prima serie vanno in replica alle ore 21 dal
lunedì al venerdì di giugno) abbiamo la giornalista televisiva
Lilli Katrine Fønsmark
Gruber (interpretata da Birgitte
Hjort Sørensen) che nel trombare
un suo amante Lettanen lo lascia stecchito d'infarto nel letto
del di questi appartamento. La bionda giornalista dalle tristi
labbrone a canotto, presa dal panico, chiama al telefono un suo precedente amante, il villoso Markasper Kappatuul (l'attore
Pilou
Asbæk) che si precipita
nell'appartamento per toglierla d'impiccio, facendo sparire le tracce
della sua presenza ed esortandola ad imbarcarsi sullo stesso taxi col
quale lui stesso è arrivato. Lui stesso è il principale consigliere
(spin doctor, in anglo-danese) della leader del Partito moderato, la
protagonista Birgittemma Bonyborg (Sidse
Babett Knudsen), che con sua stessa
sorpresa vincerà le elezioni divenendo la prima donna primo ministro
in Danimarca.
In effetti è interessante
notare come la realtà abbia seguito la fantasia televisiva: l'anno
successivo (2011) al debutto della serie, effettivamente il Regno di
Danimarca avrebbe avuto la sua prima capo di governo donna: Helle
Thorning-Schmidt, di bellezza mozzafiato, ed è altrettanto
interessante osservare anche come questo paragrafo sia l'unica cosa
vagamente veritiera di questo post.
Ma torniamo alle cose ben
più serie: il peggio del primo episodio consiste proprio nella trama
inconsistente: abbiamo una nota giornalista televisiva che fugge in
sottoveste sullo stesso taxi che ha portato lì il quasi altrettanto
noto consigliere di una leader di partito, in una nazione che conta
tanti abitanti quanto una regione italiana di medie dimensioni: il
Veneto o il Piemonte o l'Emilia, il Lazio o la Toscana o la Sicilia.
A meno che l'autista del taxi non fosse un idiota italiano o bosniaco
col quoziente d'intelligenza di Balotelli o Ibrahimovic, è del tutto ovvio che costui avrebbe potuto costruire la sua fortuna sul fatto di avere
accompagnato un noto funzionario di partito sul luogo ove si sarebbe
la mattina dopo rinvenuto un cadavere, e da questo luogo avere
riaccompagnato a casa una "Lilli Gruber" (tra l'altro
rimasta gravida del cadavere con conseguente aborto). Mille scuse a
Lilli Gruber, era solo un'intrepida analogia per rendere l'idea al
telespettatore italiano o bosniaco.
Per fortuna del
telespettatore, la serie migliora nelle puntate successive, con la
protagonista Birgittemma esercitare il potere con cinismo e fermezza,
senza lasciarsi intimidire dai cattivi maschiacci che la circondano.
Tra l'altro Birgittemma è una gradevole cicciottella di bassa
statura che smentisce lo stereotipo scandinavo: coi suoi capelli
scuri potrebbe essere italiana o bosniaca. Bella donna tutto sommato
trombabile, anche se il marito la tromba poco, poiché si capisce che
è un po' intimidito e si sente sminuito dall'inatteso successo
politico della moglie, e questo sì che è uno stereotipo ormai un
po' ritrito.
Degna di nota è invece la
figlia maggiore di Birgittemma, Laura, lei sì bionda adolescente
strafiga con la quale mi riprometto un rendez-vous a Copenhagen.
Nelle due annate successive della serie questa adorabile Laura
attizza-pedofili svilupperà problemi di malattia mentale a causa
della pressione cui si sente sottoposta come figlia-modello del primo
ministro, il che me la rende ancor più simpatica e attraente come
collega psicopatica. Ma andiamo per ordine svelandovi cosa succederà
in queste due annate successive della serie, non ancora trasmesse in
Italia. Lo so benissimo che è veramente da stronzi rivelare il
finale, ma d'altronde che cosa ci state a fare su questo blog se non
vi piacciono le stronzate?
Stronzate a parte, è
opportuno un po' di background. Nonostante nella fiction i partiti
danesi abbiano nomi inventati, hanno un corrispettivo ben
identificabile nella realtà politica di quel Paese: i "moderati"
centristi della Bonyborg somigliano molto ai social-liberali (non a
caso Radikale Venstre in danese); i "laburisti" sono
prevedibilmente i social-democratici; i "verdi" e i
"solidaristi" alleati sono sostanzialmente comunisti o
quasi, diciamo frocioni alla Vendola; i liberali di destra sono
proprio i liberali di destra; e il "Partito della libertà"
è riconducibile agli estremisti di destra del Partito popolare, già
Partito del progresso, come dire Forza Danimarca.
Dando per scontato che
abbiate già visto la prima stagione, la seconda comincia undici mesi
dopo la separazione di Birgitemma da suo marito Marko-Philip
Pannellasen, del quale diviene gelosa quando questi
intrattiene una relazione con la giovane medico Cécile Kyenge. Sono
brutti momenti per Birgittemma, alle prese con grossi problemi
(Afghanistan e dintorni) con gli alleati di governo verdi e
laburisti. Questi ultimi sono dilaniati da una lotta di potere tra il
leader Guglielmo
Marrot e i dissidenti capeggiati da Matteo Höxenhaven, che lo vuole
rottamare. A tal fine l'ignobile e vendicativo ex primo ministro
Berlaugesen, magnate dei media, si serve della giornalista Katrine
appioppandole come fotografo accompagnatore ad un summit il frocione
Mikkel Boselli-Tosoni, che seduce e ricatta Höxenhaven, il quale si suicida
(giustamente, visto che come partner di governo mirava slealmente al
posto di Birgittemma).
Intanto la relazione a
intermittenza tra Katrine Gruber e Markasper Kappatuul vede
quest'ultimo avere una quantità di relazioni con altre donne, il che
per chi conosce Kappatuul come anch'egli noto frocione suonerà
veramente strano, ma così vanno le cose nelle fiction danesi,
italiane e bosniache. Questo comportamento stravagante di Kappatuul
si riflette negativamente nelle sue prestazioni come addetto stampa della premier
Birgittemma, proprio mentre le tensioni si acuiscono tra gli alleati
del governo di larghe intese a causa del perfido Berlaugesen che
getta benzina sul fuoco dei dissidi interni ai partiti di
maggioranza. I problemi psichici di Laura dapprima peggiorano ma poi
si riprende e questo riunisce sotto lo stesso tetto i genitori Philip
Pannellasen e Birgittemma Bonyborg, che alla fine della seconda stagione annuncia
nuove elezioni.
Nella terza stagione
Markasper e Katrine hanno un bambino (Gustav Lafrìtola) mentre Birgittemma, incapace di
formare un nuovo governo, si dimette, rincuorando il telespettatore
che grazie a Dio non ci sarà una quarta stagione. Almeno
ufficialmente, perché in questo blog se ne leggeranno un altro paio, anch'esse inventate di sana pianta.
Oggi, Sant'Antonio da Padova, il ministro Flavio Zanonato da Padova
Il ministro dello sviluppo economico Flavio Zanonato (ex sindaco di Padova, Pd) ha letto sul sito israele.net (portale su Israele in italiano) un articolo che spiega come la sinagoga italiana di Gerusalemme fosse in origine quella di Conegliano (Veneto), caduta in disuso e smontata per essere ricostruita nella capitale ebraica. L'articolo informa che Conegliano è una piccola città situata "tra Padova e Venezia", e questa simpatica bestialità geografica ha fatto scintillare in Zanonato l'idea più rivoluzionaria mai sentita a proposito di sviluppo economico: scambiare di posto le località italiane per dare uno scossone al Paese "mescolando le carte", come ha detto lo stesso ministro illustrando il piano ieri in conferenza stampa a Montecitorio.
Il programma prevede di cominciare subito col primo scambio sperimentale, tra Milano e Portofino. Il capoluogo lombardo, col suo immenso hinterland settentrionale, viene roteato di 180 gradi e spostato davanti a Rapallo, dove c'è un mare di spazio. Circa la ricaduta economica, basti pensare all'effetto di unire Genova e Milano in una sola metropoli, una nuova Hong Kong con quattro aeroporti; mentre le province lombarde ex-settentrionali, ora meridionali, il cui sviluppo era fisicamente limitato dal confine svizzero (Varese, Como, Lecco) potranno lanciare la loro espansione nel Tirreno, conquistando i mercati di Corsica ed Elba. Quanto a Portofino, così piccolo che potrebbe essere contenuto in piazza del Duomo, della quale infatti prenderà il posto, continuerà a stare sull'acqua, anzi diverrà addirittura un'isola nell'enorme bacino formatosi dal confluire dei laghi di Como, Lugano e Maggiore, nonché fiumi come Adda e Ticino, in conseguenza del vuoto creatosi con lo spostamento dell'area metropolitana milanese dalla pianura in mare.
Portofino sarà come sempre affollata. Il piano del governo infatti, è sperimentale nel senso che per il momento verranno spostate solo le cose materiali (edifici, strade, merci comprese le derrate alimentari, mezzi pubblici, locali pubblici, personaggi pubblici, fognature...) ma non gli abitanti (né i loro animali domestici). Per adesso, anche per non generare ingiustificato allarme nella popolazione, ognuno rimarrà al suo posto conducendo la sua vita "normale", almeno per quanto lo potrà essere per cinque milioni di persone vivere in 2,5 km quadrati che prima ne ospitavano stabilmente non più di 500, come dire diecimila individui al posto di uno. Uno sopra l'altro? In un certo senso sì: ulteriore motore di sviluppo economico sarà la necessaria verticalizzazione della nuova Portofino, con grattacieli alti fino a un chilometro nel bel mezzo del Lago Padano, esteso a sud fino al Po.
I portofinesi, da parte loro, godranno di una Milano tutta per loro come se in città fosse agosto tutto l'anno, anche per il notevole miglioramento del clima, ora nettamente mediterraneo. I pochi abitanti avranno un'ampia scelta di palazzi signorili ove stabilirsi, e di mestiere potranno dirigere una quantità di grandi aziende, comprese le maggiori banche, potendo così elargirsi reciprocamente lauti compensi e benefit. Insomma saranno creati dal nulla 500 nuovi benestanti che prima facevano il pescatore o il cameriere o l'ecuadoriano della locale piccola comunità. Costoro godranno tra le tante altre cose di un numero di stazioni ferroviarie sufficiente a servire singolarmente i loro discendenti, anche ecuadoriani, per generazioni.
La seconda fase del progetto è ancora più ambiziosa, in quanto consiste nello spostare anche gli abitanti insieme alle rispettive città, un'intuizione che molti esperti valutano come più vantaggiosa. L'ex sindaco di Padova non poteva dimenticare le sue origini, o non voleva dare l'impressione, una volta ministrizzatosi, di essersi anche romanizzatosi. Zanonato ha così pianificato personalmente lo scambio di collocazione geografica tra Roma e il triangolo veneto Padova-Treviso-Venezia, di dimensioni e popolazione all'incirca analoghi. In tal modo il ministro - come del resto tutti i suoi colleghi di governo e altri tre milioni abbondanti di romanacci (nonché ben due papi) -, potrà muoversi tra i palazzi della capitale secondo i percorsi già noti, però lo farà a latitudine e longitudine cui è abituato tra il Brenta e il Piave, con grande beneficio della sua salute mentale e quindi della sua chiarezza di pensiero ed efficacia nell'operato.
Interessante notare come a questo punto entrambe le principali città italiane si trovino al nord: Milano conurbata con Genova sul Tirreno, e Roma affacciata sulla laguna adriatica ancora più a nord. Roma a nord di Milano?!? E' insorta la Lega, all'opposizione. Ma Zanonato non si lascia intimidire ed esorta i suoi ex conterranei, ora conterroni veneti, ad imparare che il mare a Sabaudia è meglio di Jesolo, anche se in montagna bisogna accontentarsi degli Appennini al posto delle Alpi (per adesso il piano contempla lo spostamento di centri urbani ma non ancora dei rilievi orografici né dei bacini idrici), e che se li prende la nostalgia del Prosecco, si anestetizzino affogandola nel Marino.
La terza fase del progetto è stata il parto più laborioso. Zanonato si è chiesto a lungo che cosa farne, dove cazzo spostare Napoli e la sua spazzatura senza suscitare proteste. Certamente non al nord... Invece sì! Sì, perché al ministro è venuta la soluzione per la terza metropoli dopo che aveva rinunciato e passato alla quarta vi ha trovato la soluzione: Napoli al posto di Torino e viceversa. Brillante, centinaia di migliaia di emigrati contentissimi del sole che godono al pensiero dei parenti finalmente al freddo umido, e altrettanti juventini intimiditi dagli umori del Vesuvio.
A questo punto Zanonato aveva trovato la chiave per il successo del piano: non occorreva rompersi la testa con stravaganti abbinamenti (come il flop dell'esperimento Milano-Portofino avrebbe dimostrato negli anni), sarebbe stato più semplice procedere in modo razionale scambiando tra loro città di dimensioni simili. Bologna e Firenze (non se ne accorgerà nessuno); Palermo e Bari (Genova già sistemata); per concludere il rimescolamento con lo scambio più delicato, lasciato per ultimo in modo da acquisire esperienza nelle cinque fasi precedenti, la sfida che coronerà la gigantesca operazione: Brescia e Catania.
L'opposizione leghista, che sul Po si era già vista appioppare Roma e Napoli al posto di Venezia e Torino, alla prospettiva di metterci proprio a metà strada pure Catania ha minacciato di portare le armi in Parlamento. Il governatore lombardo Maroni ha dapprima dato in escandescenze, poi da giorni si è chiuso in un gabinetto della regione imitando Crozza davanti a uno specchio. Incredibilmente, Zanonato è riuscito a venire a capo di una situazione tanto spinosa con l'uovo di Colombo della metropolitana. Infatti in un episodio della popolare serie televisiva poliziesca, l'ineffabile tenente del dipartimento di Los Angeles interpretato dal grande attore Peter Falk viaggia in metropolitana con un uovo in mano quando gli viene l'illuminazione per risolvere un caso. Il ministro Zanonato si ricorda di quell'episodio, e per contorte associazioni di idee ne ricava l'insegnamento - da lì divenuto standard mondiale come Uovo di Zanonato -, che il problema si risolve collegando le ferrovie metropolitane delle due città, dove le due linee di metrò esistenti diverranno i terminali di un tratto centrale da Brescia, in Sicilia, a Catania, in Padania, con soste alle principali stazioni della rete ferroviaria già esistente. Mille miglia che ne faranno la metropolitana più lunga del mondo. Questo per consentire a bresciani e catanesi di recarsi nei dintorni delle proprie città, dintorni rimasti nelle rispettive regioni di origine.
A margine della conferenza stampa il ministro si è intrattenuto con la stampa in un sobrio buffet, durante il quale è tornato a sottolineare i vantaggi in termini occupazionali portati dallo smontaggio, trasporto e ricostruzione di miliardi di metri cubi di undici delle 12 maggiori città italiane più Portofino. Un'operazione del valore di altrettanti miliardi di metri cubi di euro e che comporterà la movimentazione, la migrazione di circa 17 milioni di italiani, con un saldo finale attivo per il nord di 1-2 milioni a spese del centro-sud. Un'osservazione critica, questa, sulla quale Zanonato non si è fatto cogliere impreparato, replicando che esistono milioni di persone, a sud del mediterraneo, pronte a ripopolare l'Italia meridionale. La Lega è servita.
|
Teenager sues airline for failing to stop fellow passenger from masturbating
LOS ANGELES - A passenger spent "long periods" of a six-hour flight "masturbating and exposing his penis," and United Airlines didn't stop him, a teenage girl claims in court.
LOS ANGELES - A passenger spent "long periods" of a six-hour flight "masturbating and exposing his penis," and United Airlines didn't stop him, a teenage girl claims in court.
Iscriviti a:
Post (Atom)