fonte: voltairenet.org
Intervista a Balthasar Glättli
La minaccia del terrorismo è un pretesto per limitare le libertà
di Silvia Cattori
*La Confederazione, al pari di altri Paesi europei, non ha mai subito alcun attentato di matrice islamica. Eppure tutti si allineano alle direttive degli Stati Uniti ed enfatizzano una presunta minaccia terroristica per entrare in guerra e autorizzare i servizi segreti a sorvegliare più intensamente e in maniera sistematica i propri cittadini.
Balthasar Glättli, 36 anni, parlamentare di Zurigo, racconta in quest’intervista come ha scoperto di essere sorvegliato e schedato dai servizi segreti e invita ogni concittadino a verificare di non esserlo.
Dopo lo scandalo delle schedature, che nel 1989 aveva rivelato come 900.000 tra singoli cittadini e organizzazioni fossero sorvegliati dalla polizia federale e da quelle cantonali, si profila una scandalo analogo.
Benché la legge non consenta alcuna sorveglianza sulle attività politiche, gli svizzeri ogni tanto scoprono che il tal giornalista o il tal parlamentare compare sugli schedari dei servizi segreti. E scoprono pure che in queste investigazioni illegali sono coinvolte società private.
A sette anni dagli attentati del 2001, la guerra dichiarata dagli Stati Uniti al terrorismo continua ad avere anche in Svizzera conseguenze disastrose sui diritti fondamentali dei cittadini.
La schedatura generalizzata dei cittadini si estende ormai a tutti i Paesi sedicenti democratici. Basta opporsi alla guerra contro i musulmani scatenata dall’asse Tel Aviv-Washington per essere sospettati dai servizi segreti di connivenza con il terrorismo e vedere la propria vita privata sconvolta da pedimenti e da intercettazioni della posta elettronica e delle telefonate.
Noi pensiamo che tutti coloro che non hanno niente da rimproverarsi e che si vedono umiliati da questi controlli devono denunciarlo pubblicamente, affinché questo immonda struttura poliziesca crolli.
Balthasar Glättli, 36 anni, parlamentare di Zurigo, racconta in quest’intervista come ha scoperto di essere sorvegliato e schedato dai servizi segreti e invita ogni concittadino a verificare di non esserlo.
17 ottobre 2008
Depuis Berne (Suisse)
Guerre globale au «terrorisme»
Silvia Cattori: Come ha scoperto di essere sorvegliato dai servizi segreti ? [1]
Balthasar Glättli: A fine marzo 2008, insieme ad altre associazioni e persone che lavorano nei nostri uffici [2], abbiamo controllato se i nostri nomi figuravano nella bancadati del Servizio d’Analisi e Prevenzione, perché avevamo avuto il sospetto di essere schedati. Così abbiamo inviato una richiesta al signor Thür, che è “L’incaricato federale alla protezione dei dati e alla trasparenza”.
Il 17 luglio 2008 ci è stato risposto che la mia associazione non c’era nell’elenco degli schedati, ma io personalmente sì [3], e c’ero sin dal 2005, quando avevo chiesto al municipio di Zurigo l’autorizzazione a manifestare a sostegno del popolo palestinese. Tengo a precisare che la manifestazione si svolse senza incidenti.
Silvia Cattori: E manifestare per la Palestina è un motivo sufficiente per essere schedati dalla polizia?
Balthasar Glättli : La legge federale istitutiva delle Misure a tutela della sicurezza interna (Mesures visant au maintien de la sûreté intérieure, LMSI), del luglio 1998, dice chiaramente che nessuno può essere sottoposto a sorveglianza né schedato a causa del proprio impegno politico [4]. Salvo che in un caso: quando l’esercizio dei diritti politici dissimula azioni estremiste o terroriste.
Silvia Cattori: Se ho ben capito è la sua attività di difesa dei diritti dei palestinesi che è all’origine della sua sorveglianza e della sua schedatura.
Balthasar Glättli: Sì, è l’unica ipotesi che posso fare, sulla base delle poche informazioni in mio possesso. La legge non mi consente di dare un’occhiata alla scheda poliziesca che mi riguarda: ho ricevuto solo un estratto dal citato signor Thür, cui ho accennato, che si limita a confermare che sono sorvegliato e schedato.
Silvia Cattori: Ma questa schedatura rivela che la polizia perseguita i cittadini per delitto di opinione! Non è una grande novità per la Svizzera?
Balthasar Glättli: Lo è. Secondo l’organizzazione Diritti Fondamentali [5] io sono il primo svizzero a beneficiare di una tale trattamento.
Silvia Cattori: Per verificare se si è sorvegliati basta inoltrare una domanda?
Balthasar Glättli: Sì, basta inviarla all’Incaricato Federale. Si noti che questo funzionario non ha il potere di consultare la bancadati delle schedature, può solo verificare, a richiesta di un cittadino, se il nome di questo cittadino vi figura e, se è il caso, può leggere la scheda e scoprire quando e in quali circostanze la polizia ha iniziato a sorvegliare questa persona. Ma l’Incaricato Federale deve rispondere a questa persona con una lettera standard che si limita a dire che il Servizio d’Analisi e Prevenzione ha agito in conformità alla legge, nulla più. Se l’Incaricato scopre che la polizia non ha raccolto le informazioni nel rispetto della legge, deve chiedere all’Ufficio Federale di correggerle. Soltanto nel caso in cui l’interessato si è visto rifiutare, a causa di questa schedatura, un posto nell’amministrazione federale [6], l’Incaricato può, a titolo eccezionale, dargli un estratto della scheda. Benché questa eccezione non sia il mio caso, l’Incaricato mi ha inviato comunque l’estratto e quindi ho potuto avere conferma di essere schedato da oltre tre anni.
Silvia Cattori: È perché l’Incaricato si è trovato dinanzi alla schedatura di un uomo politico che ha scelto di dirle più del dovuto? Per rendere le schedature politiche di dominio pubblico?
Balthasar Glättli: L’Incaricato Federale è indipendente sia dalla politica sia dalla pubblica amministrazione. Dunque penso che il signor Thür abbia deciso di assumersi le proprie responsabilità di avvocato del popolo e non della pubblica amministrazione. Del resto il suo ruolo è proprio questo.
Silvia Cattori: L’articolo di legge che permette di spiare persone sospettate della «preparazione o esecuzione di atti rilevanti di terrorismo» non si presta a questo genere di abusi ?
Balthasar Glättli: Il rischio di abusi esiste, alimentato dal modo di agire della sicurezza interna. Tali abusi possono essere ridotti rispettando tre condizioni: 1) consentire a tutti di controllare il contenuto della propria scheda; 2) conferire adeguati competenze e poteri alla Commissione parlamentare di controllo; 3) dotare l’Incaricato Federale di poteri e di personale di controllo. Sono tre esigenze espresse già quando scoppiò il primo scandalo delle schedature, ma che sono state ignorate.
Silvia Cattori: Dal momento che altri politici, oltre a lei, sono stati posti sotto sorveglianza [7], significa che la Svizzera è entrata in un sistema di controllo poliziesco peggiore di quello che aveva conosciuto tra il 1960 e il 1990 ? Questo peggioramento non lascia supporre disfunzioni democratiche a diversi livelli?
Balthasar Glättli: Sì. Lo scandalo delle schedature del 1990 ha rivelato l’esistenza di una vera e propria polizia politica, non soltanto a livello federale, ma anche a livello cantonale, come a Zurigo, per esempio, dove ci fu un’inchiesta sull’attività della polizia politica comunale. In seguito una Commissione di Gestione (CdG) locale fu incarica di controllare l’attività della polizia federale e i dati da questa raccolti.
Silvia Cattori: È vero che la polizia ha scehdato 110.000 sospetti?
Balthasar Glättli: La cifra non è ufficiale, ma credo che potrebbe rivelarsi superiore.
Silvia Cattori: Che cosa conta di fare adesso?
Balthasar Glättli: Voglio vedere tutto il contenuto della mia scheda ed esigerò dall’Ufficio Federale la cancellazione di tutto ciò che è stato indebitamente raccolto sul mio conto. È una vicenda incredibile: mi hanno messo sotto sorveglianza; dunque mi sospettano di avere legami con il terrorismo, mentre non sono che un semplice militante, un iscritto al partito ecologico Verde, che svolge azione politica alla luce del sole. Il mio caso dimostra che la polizia federale sta passando il limite, che questa polizia non accetta di adeguarsi alle regole chiaramente stabilite dalla legge.
Silvia Cattori: Pensa di incoraggiare tutti coloro la cui opinione o la cui attività è suscettibile di interessare la polizia, a conoscere la loro situazione in tema di schedature? Ci sono forze politiche, associazioni con le quale pensate di agire per esigere dalle autorità che pongano un termini a queste attività illegali?
Balthasar Glättli: Sì, la nostra associazione intende divulgare questa faccenda delle schedature per spingere i cittadini a informarsi se sono sorvegliati o se sono oggetto di schedature abusive. È imperativo che il maggior numero di persone possibile chieda all’Incaricato Federale, il signor Thür, di verificare se sono schedate. Siamo ovviamente consapevoli che oggi, con gli archivi elettronici, è più difficile verificare come stanno le cose rispetto al precedente scandalo delle schedature. Per questo esigeremo dal Consiglio Federale che adotti tutte le precauzioni affinché la polizia politica non possa modificare il contenuto delle schede. È altresì imperativo che tutte queste informazioni raccolte illegalmente siano sottratte al Servizio d’Analisi e di Prevenzione e consegnate agli archivi federali. Ciò per assicurare che questo servizio di polizia non vi abbia più accesso e non possa in alcun caso cancellare le tracce di tutta questa attività illegale. Secondo la legge, i dati e i dossieri divenuti inutili o destinati a essere distrutti devono essere depositati negli archivi della Confederazione [8], in modo che la polizia non li possa modificare. Chiediamo inoltre che tutte le schede siano esaminate e che, dopo un certo tempo, possano diventare accessibili non soltanto a coloro che fanno ricerche scientifiche ma anche agli stessi schedati.
Silvia Cattori: Che cosa si aspetta dalle autorità locali e federali?
Balthasar Glättli: [...] Spero che le nostre iniziative conducano a un cambiamento di politica da parte di Berna. Per il momento, per quanto posso giudicare dalle dichiarazioni di Urs von Daeniken, capo della Divisione principale del Servizio d’Analisi e di Prevenzione, le cose non sembrano andare nel verso giusto. A un giornalista del Sonntag Blick che gli chiedeva perché mi avesse posto sotto sorveglianza e schedato soltanto per aver chiesto l’autorizzazione a una manifestazione pacifica, ha risposto: «Abbiamo avuto le nostre buone ragioni per schedarlo». La stampa locale ha ripreso le dichiarazioni di Daeniken (che le ha in sostanza confermate), secondo cui il problema non sono le schedature ma i limitati mezzi di controllo di cui dispone la polizia per «proteggere gli svizzeri dal terrorismo».
[...] Silvia Cattori
giornalista svizzera.
1 commento:
Si potrebbe suggerire al buon Balthasar l'idea di trasferirsi nelle felice Italia, dove qeste cose succedono ma chi le subisce non lo saprà mai.
luigi gobettiano
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