Il Rospo nella buca interruppe: Già, fu risposto: Non est inventus.

Allora, a dispetto di tutto ciò che egli potesse fare o dire, tutti gli astanti cominciarono: Et interrogatum est a Rospo nella buca: Ubi est ille Sicarius? Et responsum est ab omnibus: Non est inventus.

Quando il coro tempestoso si fu calmato, io continuai: Signori, troverete una relazione molto circostanziata sui Sicari almeno in tre diverse parti nell’opera di Giuseppe Ebreo: una volta nel libro XX, sezione V, libro VIII delle “Antichità”; una volta nel libro I delle “Guerre”; e nella sezione X del primo capitolo citato troverete una descrizione speciale del macchinario. Ecco le sue parole: Operavano con piccole scimitarre non molto diverse dalle acinacoe persiane, ma più curve, e agli occhi di tutti, del tutto simili alle semilunari sicoe romane. È interessantissimo, signori, il resto della storia. Il caso di questi Sicari è forse il solo che di ricordi di un’armata regolare di assassini riuniti, di un justus exercitus. Si riunirono in tal numero nel deserto, che lo stesso Festo fu obbligato a muover contro loro con le forze legionarie di Roma. Ebbe luogo una battaglia regolare, e questo esercito di amatori fu interamente tagliato a pezzi nel deserto. O cielo, signori, che quadro sublime! Le legioni romane, il deserto, Gerusalemme sullo sfondo, un esercito di assassini in primo piano!

Il brindisi seguente fu dedicato “al futuro sviluppo del macchinario, con ringraziamenti al Comitato per i servigi resi”. M.L., a nome del Comitato che aveva fatto una relazione a questo proposito, ringraziò a sua volta. Espose un interessante riassunto di essa relazione. Da cui appariva l’importanza che i padri latini e greci avevano già riconosciuta al macchinario. Per confermare questo divertente particolare, fece un’esposizione convincente, rifacendosi alla prima opera dell’arte antidiluviana. Padre Bersene, letterato francese cattolico romano, alla pagina mille quattro cento trenta e uno del suo laborioso commentario alla Genesi, ricorda, con l’autorità di molti rabbini, che la questione tra Caino e Abele nacque a proposito d’una donna; che, secondo diversi racconti, Caino aveva lavorato coi denti, e, secondo molti altri, con l’osso mascellare di un asino, l’utensile adoperato dalla maggior parte dei pittori. Ma a uno spirito sensitivo può esser sgradevole il sapere che man mano che la scienza si è estesa si sono adottati provvedimenti più profondi. Un autore propende per un forcone, San Crisostomo per la spada, Ireneo per la falce, e Prudenzio, poeta cristiano del quarto secolo, per la roncola. Quest’ultimo scrittore esprime la sua opinione così:

“Frater, probatae sanctitatis aemulus,
Germana curvo colla frangit sarculo”

[7 di 10. continua]


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