“Riassumiamo adesso”, concluse Dupuis, “i risultati di questa nostra lunga analisi, scarni ma certi. Abbiamo immaginato, formulandone le ipotesi, un incidente avvenuto nella locanda di Madame Bernardini, o un assassinio commesso nel boschetto della Barrière du Roule, da un amante o amico intomo e segreto della giovane vittima. L’amico è di carnagione abbronzata. La carnagione, il nodo alla fascia e il nodo da marinaio con cui è legato il nastro del cappello, tutto sembra portare a un uomo di mare. La sua amicizia con la morta – una ragazza allegra ma non volgare -, indicherebbe in lui un graduato, non un semplice marinaio, come d’altra parte sostengono le puntuali e urgenti segnalazioni pervenute alla stampa. Tutta la vicenda della prima fuga, come la racconta il Mercure, fa identificare questo uomo di mare con l’ufficiale di marina che per primo traviò la sventurata. Analizziamo la lunga assenza dell’uomo dalla pelle bruna. Mi lasci soffermare sul fatto che la sua carnagione è scura e abbronzata; una non comune abbronzatura, se è l’unico elemento di identificazione, dia per Crocicchio che per Madame Bernardini. Ma perché questo uomo non si trova? È stato ucciso dalla banda?perché allora ci sono solo tracce dell’assassinio della ragazza?se i delitti sono due, la scena è la stessa. Dov’è il suo cadavere? Gli assassini avrebbero fatto sparire tutti e due i corpi allo stesso modo. Si può pensare che sia vivo e che non si presenti per il timore di essere accusato del delitto. Una considerazione che agisce su di lui soltanto ora a distanza di tempo, dopo che le testimonianze hanno segnalato che era stato visto in compagnia di Daria; ma che allora, all’epoca del delitto, poteva non avere ancora importanza. Il primo impulso di un innocente sarebbe stato di denunciare il delitto e collaborare per trovare i colpevoli. Questo è quanto doveva fare. Era stato visto con la ragazza; aveva attraversato il fiume con lei su un traghetto scoperto; la denuncia degli assassini, anche a essere idioti, era l’unica risorsa per scagionarsi dal sospetto. Non si può supporre che, la notte di quella domenica fatale, egli fosse innocente e insieme ignaro della violenza. Ma solo in queste circostanze è possibile pensare che, se era vivo, avrebbe mancato di denunciare i colpevoli. Come possiamo scoprire la verità? Mano a mano che procederemo, scopriremo che i mezzi a disposizione si moltiplicano e acquistano maggiore chiarezza. Dobbiamo scandagliare a fondo la linea della prima fuga, conoscere interamente la storia dell’ufficiale, dove è ora e dove si trovava nel preciso periodo del delitto. Confrontiamo tutte le storie pervenute al Giornale della sera che accusavano una banda, e confrontiamole anche, considerando stile e grafia, con quelle arrivate precedentemente al Giornale del mattino e che accusavano con tanta insistenza Busdachin. Fatto questo, confrontiamo le varie comunicazioni con la grafia accertata dell’ufficiale. Ripetendo gli interrogatori di Madame Bernardini e dei suoi figli, nonché del conduttore di omnibus, Crocicchio, cerchiamo di scoprire di più, sull’aspetto e l’atteggiamento dell’uomo dalla carnagione scura. Abili domande non mancheranno di fornirci informazioni su questo delicato punto, o su altri; informazioni che le stesse persone non sanno di possedere. Rintracciamo la barca rimorchiata dal barcaiolo la mattina del 23 giugno, rimossa dal pontile senza autorizzazione dell’ufficiale responsabile e senza timone, prima che il cadavere fosse ritrovato. Se saremo cauti e perseveranti non mancheremo di rintracciare la barca, perché può essere identificata dal barcaiolo che l’ha rimorchiata, ma soprattutto perché in mano nostra abbiamo il timone. Chi ha la coscienza tranquilla non lascia il timone di una barca a vela senza poi cercarlo. Vorrei fare qui una domanda. Non è stata fatta nessuna denuncia sul ritrovamento della barca. In segreto du portata al pontile e in segreto è stata portata via. Ma il proprietario, o colui che l’ha usata, come ha potuto sapere, il martedì mattina, senza che della scoperta fosse stata resa pubblica, dove la barca era stata rimorchiata il lunedì, a meno che non avesse legami con la marina, una personale consuetudine che gli permetteva di conoscerne gli avvenimenti e le notizie, anche le più insignificanti. Quando ho detto del solitario asassino che trascinava il suo carico a riva, ho fatto riferimento alla possibilità che avesse usato una barca. Ora dobbiamo infatti renderci conto che Daria Veronesi è stata cettata in acqu da una barca. Questo è avvenuto, è senz’altro avvenuto. Non si poteva lasciare il cadavere nei pressi della riva. I segni sul dorso e sulle spalle rivelano che è stata gettata sul fondo si una barca; questo spiega anche perché non le sono stati messi pesi. Se l’avessero gettata in acqua da riva avrebbero messo dei pesi. La mancanza di un peso si spiega col fatto che l’assassino potrebbe aver dimenticato di portarne uno con sé. Si sarà accorto della sua imprevidenza mentre era in procinto di gettarla in acqua, quando era ormai troppo tardi. Tutti i rischi erano preferibili a quello di tornare sulla riva maledetta: quello mai! Liberatosi del suo triste carico, l’assassino sarà tornato frettolosamente in città. Sbarcato su qualche ignota banchina non avrà neanche ormeggiato la barca per troppa fretta. Gli sarà parso di lasciare una prova della sua colpa; il pensiero istintivo lo a portato a sbarazzarsi di tutto quanto lo riconducesse al crimine. Non solo è fuggito lui dalla banchina, ma ha impedito che la barca vi rimanesse e l’ha lasciata andare alla deriva. Lavoro di fantasia. Il mattino seguente, lo sciagurato è preso dall’orrore quando scopre che la barca è stata raccolta e ormeggiata in un luogo che frequenta normalmente, ogni giorno. O che è obbligato a frequentare per lavoro. La notte seguente, senza aver avuto il coraggio di richiedere il timone, la porta via. Dove sarà ora quella barca? Scoprirlo è il nostro primo compito. Quando avremo potuto darle un’occhiata, l’alba del nostro successo comincerà ad apparire. Sarà la barca a portarci con sorprendente rapidità a colui che se n’è servito la mezzanotte di quella maledetta domenica. Poi gli indizi confermeranno gli indizi, e avremo trovato l’assassino”.

In breve fu raggiunto il risultato auspicato e il prefetto Pannella adempì con puntualità, anche se con riluttanza, i termini del suo patto con il cavaliere Dupuis.

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