Stella
3. Mercoledì
Il giorno dopo, cioè oggi, fu il mercoledì più frustrante della mia vita. Seduto sulla
panca sopra alla stazione degli autobus, fingendo di leggere un libro aspettavo
il passaggio di Stella di ritorno da quello che presumevo fosse il suo luogo di
lavoro da quelle parti. Ma non la vidi. Mi prese una crisi di panico: ha forse
notato il mio interesse morboso nei suoi confronti? Se ne è spaventata e perciò
mi vuole evitare? Oppure è semplicemente il suo giorno libero, o se l’è preso
di vacanza o in malattia, vista la pioggia e il freddo?
In effetti era scesa
pioggia mista a neve per tutta la notte precedente, ma adesso si era fatta
l’ora di pranzo – l’ora in cui usavo incrociarla -, e il sole splendeva sulla
panca, però lei non si vedeva. Dopo un’ora d’inutile attesa, dal libro lo
sguardo mi cadde per terra.
Nel mio passato di
vagabondo, camminando lungo le strade ho sempre tenuto lo sguardo verso il
basso in cerca di mozziconi di sigaretta, dalle quali togliere il filtro impestato
di potenziali malattie e riciclarne il tabacco per rollarlo nelle cartine. Però
questa oziosa attività causata dalla disoccupazione è del tutto inutile se la
notte precedente è stata umida: i mozziconi saranno fradici e pertanto
inutilizzabili, ragiona il vagabondo (anche i senzatetto a modo loro ragionano,
vagamente).
Fatto sta, per farla
breve, che quel giorno sapevo sarebbe stato inutile cercare mozziconi. E
comunque nel frattempo non ero più vagabondo senzatetto ma avevo trovato un
lavoretto che mi consentiva quantomeno di comprarmi il tabacco senza doverlo
raccogliere per terra. Ma quella vecchia abitudine mi venne in soccorso in modo
inaspettato. Dal libro l’occhio mi cadde per un attimo su una pozzanghera a
destra della panca. Dentro c’era il filtro di quella che era inequivocabilmente
una sigaretta Davidoff.
Stella era passata di lì
e mi era sfuggita. Non poteva essere altrimenti. Era l’unica che fumasse
Davidoff nel raggio di 300 chilometri, poi il mattino presto era passata la
Nettezza urbana dopo il mercatino del giorno prima. Insomma, giunsi alla
conclusione che Stella doveva essere transitata da lì quel giorno stesso al suo
consueto orario attorno alle 9 meno un quarto. Ma allora come aveva potuto
sfuggire alla mia pervicace, quasi ossessiva attenzione?
È presto detto. Appurato
che Stella – così la chiamavo nelle mie deliranti fantasie pur non avendo mai
scambiato con lei una sola parola -, oltre ad essere una giovane donna di
notevole bellezza ed eleganza, impegnata a farsi strada in un qualche impiego
presso qualche ufficio a me ancora sconosciuto lì in centro, era anche scaltra
al punto di capire che le avevo messo gli occhi addosso.
Sapevo una cosa in più di
lei, ma anche lei avrebbe saputo una cosa in più di me. Non sapevo dove di
preciso lavorasse (potevo solo fare congetture, probabilmente la segretaria
nello studio di un notaio o un avvocato o un commercialista o qualcosa del
genere), ma il giovedì seppi da dove proveniva, da Piave di Salice, sull’autobus
numero 4, il che richiederà un quarto capitolo.
1 commento:
bello!
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