EDILIZIA POPOLARE

[articolo di Michele Boselli da un Corriere di Pordenone del 1988]

Pordenone, via San Vito. Un grande complesso di case popolari con quasi mille abitanti, prevalentemente operai e molti pensionati che dispongono di un centro sociale. C’è anche un asilo, ma i bambini lamentano la mancanza di un campo di calcio e alcuni giovani si dolgono dello scarso contatto umano con i vicini, spesso sconosciuti. Ma il problema più diffuso sembra quello delle macchie di umidità e, nel caso particolare di un fabbricato, della scarsa esposizione alla luce diurna, aggravata dalle poche finestre.

Nel comune di Fontanafredda, il quartiere satellite di Villadolt. Vivono qui operai, artigiani, disoccupati e alcuni americani, tra i quali l’unico bambino di colore, scernito dai piccoli amici ma anche insultato da alcuni “adulti”. Il moderno quartiere è all’avanguardia per il verde pubblico, le scuole e i servizi sportivi, mentre è poco frequente l’autobus per il capoluogo (otto corse al giorno che dimezzano in estate). Anche qui infiltrazioni d’acqua, fessure nei serramenti e affitti poco popolari, sui quali incide in misura notevole il riscaldamento. Frustrante consuetudine è subire il furto delle biciclette: non c’è rimedio perché mancano i garage, promessi da anni come il “serpentone”, il centro commerciale mai costruito.

Esempi significativi di una politica edilizia ormai superata, come spiega il presidente provinciale (e nazionale) dell’istituto autonomo per le case popolari, Giuseppe Bertolo: “Si sono spesi fiumi di miliardi per costruire e portare i servizi in periferia. Ora la tendenza a livello europeo è di recuperare i centri”. L’ultimo bando di concorso è l’occasione per fare il bilancio di 18 anni di attività dello Iacp provinciale: partendo da una situazione disastrosa di 2.000 domande, oggi sono scese a 700 (in città) rispetto alle 600.000 a livello nazionale. Del resto il patrimonio edilizio regionale è superiore del 50% alla media italiana, con circa 1,7 vani per abitante (comprese però le seconde case).

I criteri per determinare il punteggio nella graduatoria per l’assegnazione delle case tengono conto di fattori quali il reddito, le condizioni igieniche e il sovraffollamento, la distanza dal luogo di lavoro, il rimpatrio di emigrati, la condizione di sfratto. Sono avvantaggiati pensionati, vedove, invalidi. Pregi della recente legge regionale 75, che fa del Friui Venezia Giulia un tranquillo appartamento nel caotico condominio nazionale, e su cui tuttavia incombe la crisi. “C’è una flessione consistente del mercato edilizio, dovuta all’esaurimento della ricostruzione post-terremoto”, afferma il geometra Pignat dell’Associazione delle piccole imprese, indicando una soluzione nell’estensione dell’antisismicità a tutti gli edifici e ai lavori di manutenzione straordinaria per il contenimento energetico.

Una soluzione che, per quanto riguarda il settore pubblico (25% del mercato), trova ben disposto il presidente Bertolo, che lancia la sua proposta: lo strumento del piano di recupero urbano descrittivo (ovvero entro precisi vincoli senza spazio per leziose esercitazioni di stile) da affrontare attorno a un tavolo con i rappresentanti di tutti i soggetti interessati: comune, imprese, cooperative, privati e operatori del terziario. Sulla linea del restauro e del recupero urbano è anche il sindacato, che pone l’accento sulla necessità di interventi contro le barriere architettoniche, discriminatorie verso i disabili e i sempre più numerosi anziani. Per capirlo basta contare i gradini della Casa del mutilato…

La nuova tendenza della politica edilizia vuole, insomma, abbandonare la logica dei compartimenti stagni in modo che il recupero dei centri risulti una operazione duratura, utile alle esigenze collettive ed economicamente valida.

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