Mauro Mellini

Il Partito che non c'era

CAPITOLO 6

L'ANTAGONISTA TOGLIE IL DISTURBO

Le elezioni del 1987 furono le ultime in cui tra i partiti tradizionali, all'interno della partitocrazia, si produsse una contrapposizione che potesse comunque rappresentare tema reale della scelta degli elettori. Furono anche le ultime elezioni che videro in campo il partito radicale prima che uscisse di scena.
Fu decisa la presentazione delle liste, dopo che Pannella, con un'abilissima manovra tattica, assolutamente sterile, però, ai fini di una strategia radicale che non fosse quella di mero supporto del PSI, riuscì, ad indurre la Democrazia Cristiana al paradosso di negare la fiducia al governo democristiano di Fanfani, destinato ad indire e gestire le elezioni.
Dopo il fallimento di una proposta di candidature uniche per tutti i collegi senatoriali dei partiti della cosiddetta area socialista, in cui il partito radicale volle riconoscersi, si addivenne ad un accordo tra le stesse forze limitato ad alcune regioni (Toscana, Calabria, Liguria, etc.).
L'ultima prova elettorale precedente era stata positiva per il partito radicale. Alle elezioni per il Parlamento europeo della primavera del 1984, sull'onda della candidatura di Enzo Tortora, vittima dell'allucinante vicenda di ingiustizia del maxiprocesso di Napoli, i voti radicali erano risaliti al livello 1979. Sempre sull'onda del caso Tortora erano state poi raccolte le firme per il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, parallelamente a quello contro il nucleare. Lo scioglimento anticipato delle Camere era intervenuto a rinviare i referendum e, in buona sostanza, vi si era giunti anche allo scopo proprio di rinviarli, evitando che l'effetto del loro risultato si ripercuotesse su quello delle elezioni alla scadenza naturale della legislatura del 1988. Tuttavia il referendum, benché rinviato (ma solo all'autunno, secondo una speciale leggina appositamente varata) portava l'iniziativa radicale in prima linea.
Ma alle elezioni politiche del 1987 Enzo Tortora, dimissionario dal Parlamento Europeo dopo la condanna di primo grado, rientrato in Italia da Strasburgo ed assolto con formula piena dalla Corte d'Appello di Napoli, non figurò nelle liste radicali.
Dopo la sua assoluzione Tortora era voluto tornare alla sua rubrica televisiva della Rai, "Portobello", interrotta per il suo arresto nel 1983. Era una sua ovvia e naturale determinazione quella di voler tornare là dove era stato sequestrato dall'ingiusta accusa che lo aveva strappato al suo pubblico ed alla sua professione. Pannella non aveva approvato tale scelta: si era intromesso perché Tortora assumesse la conduzione di una trasmissione nella rete di Berlusconi ed aveva denunciato, addirittura in una trasmissione televisiva, come una sorta di tradimento o almeno di diserzione la diversa scelta di Tortora, in quanto l'impegno con la Rai gli avrebbe impedito di presentarsi candidato in caso di elezioni anticipate che fossero cadute entro il periodo delle trasmissioni previste. Il che non era neppure vero, perché, il contratto non poteva impedire la candidatura, né considerarla come un'inadempienza o comportare penali, essendo solo vietata alla Concessionaria l'utilizzazione di candidati nelle sue trasmissioni, con la sola conseguenza della eventuale interruzione del ciclo previsto.
Qualcuno maliziosamente volle insinuare che questa fosse la rivalsa di Pannella per il fatto che alle europee dell'84 Tortora lo aveva superato nelle preferenze in due circoscrizioni, ma si tratta di un giudizio certamente infondato ed ingiusto. In realtà Pannella considerava la figura di Tortora, i suoi convincimenti, il ruolo che gli derivava naturalmente dalla sua vicenda, con la statura conseguita con l'ampiezza del suffragio riscosso, un ancoraggio ad una precisa politica, incompatibile con il tipo di formazione e di iniziative alla cui realizzazione stava già dando mano, secondo il proposito lasciato balenare nel 1981, quello della falange di "Teste di Cuoio", che era, in buona sostanza la scomparsa del Partito Radicale.
Tortora reagì con grande dignità e con estrema misura e generosamente si comportò poi partecipando attivamente alla campagna elettorale dell'87. Non era, ovviamente, la stessa cosa di una sua candidatura, ma almeno fu scongiurato l'effetto peggiore, per il partito, di quella sconsiderata denunzia di fuga e di tradimento che avrebbe facilmente fatto intendere che il partito radicale era incappato in una specie di secondo caso di Toni Negri. Che, peraltro, oltre che dal partito radicale e dal Parlamento era fuggito veramente, ma all'estero e lontano dai rischi del processo.
Ma il "superamento" della vicenda e del personaggio Tortora ebbe modo di riflettersi sulla conduzione delle elezioni e sulla vita del partito radicale anche in altri modi e con altre conseguenze.
Il venir meno nelle liste radicali a breve distanza di tempo dalle elezioni europee dell'84, di una presenza di spicco e di vasta popolarità come quella di Tortora, non poteva, comunque, non suscitare preoccupazioni. Ad esse si cercò di far fronte pensando di compensare quell'assenza con il numero di personaggi noti del mondo dello spettacolo, e non solo dello spettacolo, la cui presenza tuttavia, nelle liste ed eventualmente in Parlamento, non avrebbe avuto significati particolari, né comportato rischi di polarizzazione, resistenze a future manipolazioni della natura e degli indirizzi del partito.
Già il congresso "prorogato" al febbraio 87 aveva sostituito Tortora alla presidenza del partito con una presidenza collegiale in cui era stato incluso, con Pannella e Zevi, Mimmo Modugno. Con lui nelle liste delle lezioni politiche, dell’87, ritroviamo Miranda Martino cantante, Ilaria Occhini, attrice di prosa, mentre un appello per il voto radicale veniva firmato da un gran numero di attori, registi, artisti, scrittori. E nelle liste radicali trovarono posto il generale Ambrogio Viviani, ex comandante della Folgore ed ex capo del controspionaggio, l'autoproclamatosi difensore civico Alberto Bertazzi ed il cardiochirurgo Gaetano Azzolina. Il partito radicale veniva rappresentato come il partito di questi personaggi da Pannella e da tutta la propaganda radicale, come se la loro adesione fosse il dato saliente e caratterizzante di una politica.
L'apertura ai personaggi dello spettacolo nel "dopo Tortora" radicale, al di là delle debolezze e della ricerca di diversivi e di alibi che lasciava trapelare, doveva giuocare un brutto tiro al partito. Cicciolina, la pornostar che si era autoproposta per la candidatura, finiva per approdare in Parlamento.
L'elezione di Cicciolina, fatta passare da tutta la stampa, che l'aveva di fatto stimolata, dando grande rilievo alla campagna organizzata dall'agente della diva e dalla sua compagnia di spettacoli, per una espressione tipica dell'ambiente e della fatuità radicale, era in realtà un segno della ricerca di una forma di protesta e di invettiva che il voto radicale di per sé solo non era più capace di esprimere, dopo il tentativo di inserimento nell'area socialista nel ruolo di ala "movimentista" del partito di Craxi, che sembrava rappresentare il filo conduttore della politica di Pannella, almeno a partire dal 1983. Un tentativo fallito in pieno, come divenne manifesto alla fine dell'estate, quando, dopo il rifiuto socialista di far entrare Pannella nel governo, si aggiunse anche il siluramento della candidatura Pannella alla carica di commissario CEE.
La conta dei voti delle elezioni politiche non fu certo esaltante per i radicali. Vennero superati di poco i risultati del 1983, quando vi era stato l'invito a non votare, e non furono raggiunti i risultati del 1979, con l'aggravante di aver portato in Parlamento in prima battuta o per "rotazione", su cui si volle ciecamente insistere, personaggi addirittura incredibili.
A fine anno si tennero i referendum sul nucleare e sulla responsabilità civile dei magistrati. Quest'ultimo soprattutto era espressione di una iniziativa radicale, a conclusione del caso Tortora. Nessuna delle forze politiche di governo o di opposizione, tranne i repubblicani, osò pronunziarsi contro l'abolizione degli articoli dei codice di procedura civile limitativi di tale responsabilità e della esperibilità dell'azione diretta ad ottenere il risarcimento, ma democristiani e comunisti si affrettarono a presentare progetti di legge, messi in discussione prima del voto, con i quali la responsabilità dei magistrati sarebbe divenuta ancora più evanescente e la relativa azione impraticabile, per poi, ad ogni buon conto, scaricare sullo Stato l'onere del risarcimento. I socialisti si accodarono, impressionati dal grande battage dei "partito dei magistrati", forte dell'appoggio della stampa.
I radicali non seppero fare nulla di nulla per denunciare all'opinione pubblica, durante la campagna del referendum, questa truffa preordinata per vanificare in anticipo il risultato. Io fui lasciato solo a sostenere il carattere truffaldino di una legge che stava per rendere vano il referendum e quindi di un referendum che in buona sostanza, doveva legittimare la legge diretta a vanificarlo. Di più: fui totalmente escluso dagli interventi radiotelevisivi in rappresentanza del Partito Radicale nelle tribune elettorali. In una drammatica riunione del Gruppo Parlamentare fui moralmente linciato perché "non volevo tener conto delle forti critiche alla responsabilità diretta dei giudici".
Pannella si era dato al turismo e rimase lontano anche durante la dura battaglia, che praticamente condussi da solo in Commissione ed in Aula dopo il referendum, per contrastare la legge truffa e cercare di strappare qualche modifica che rendesse la truffa meno grave. Tornò la sera della votazione finale ed aggiunse una sua dichiarazione di voto a quella che avevo fatto a nome del Gruppo, per darmi finalmente ragione su quanto avevo sempre sostenuto e dire, in sostanza che la dichiarazione fatta da me era troppo debole e accomodante!
Intanto, a causa del referendum, il congresso ordinario del Partito Radicale per il 1987, che doveva essere tenuto i primi di novembre, venne spostato al 2/6 gennaio 1988 a Bologna.

Sarebbe stato l'ultimo congresso del Partito Radicale. Ancora Partito ed ancora Radicale. Ancora per poco. Esso non sarebbe andato all'appuntamento con la fine del regime attesa e perseguita da decenni. Il partito del divorzio, dei diritti civili, del rifiuto del clericalismo, della lottizzazione, della sudditanza alla DC ed al PCI, stava per diventare veramente "il partito che non c'è".

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