Federalismo e nazionalità, di Olivier Dupuis

2.14. Il Partito della sporcizia etnica

Purtroppo si aggiunge a queste tremende situazioni ex-yugoslava o caucasica e a quelle cariche di tensione, come in Moldavia, in Macedonia, in Romania, nei Paesi Baltici, in Slovacchia, in Russia, in Ucraina, nelle repubbliche ex-sovietiche dell'Asia Centrale, una totale e non meno tremenda assenza politica dell'Europa, delle sue istituzioni sovranazionali.

In un tale quadro, ovviamente, non ha molto senso parlare di un intervento di questa Europa, né di come bisognerebbe che fosse organizzata per tutelare i diritti delle minoranze e per organizzare la convivenza tra nazionalità diverse.

La questione, invece, è netta, immediata. Che fare? Che fare per fermare queste pazzie, per fermare la politica razzista e nazista di un regime, quello di Belgrado? Che fare per creare le possibilità di una rinascita della Bosnia che non si fondi sui risultati della pulizia etnica ?

Una cosa quanto meno è chiara. La nostra battaglia deve essere tesa allo ristabilimento di un assetto politico ed istituzionale che rispecchi proprio ciò che si è voluto cancellare con la politica della pulizia etnica, ovvero la convivenza su uno stesso territorio di diverse comunità etniche. Deve quindi partire proprio dagli antipodi della logica dei negoziati di Ginevra: quella della spartizione (grossolamente nascosta dietro uno pseudo decentramento), che non è altro che l'iscrizione, nella legge, dei risultati di una politica di forza, della politica di pulizia etnica del regime di Belgrado e dei suoi signori della guerra in Bosnia. Bisogna quindi ritornare allo "status antes": allo stato dei cittadini.

Alla base di questo ritorno alla situazione anteriore, c'è la gente: quelle centinaia di migliaia di persone cacciate dalle loro case, profughi in Bosnia stessa, in Croazia, in Slovenia, in Germania e, un po' dappertutto, in Europa. Individuato il nodo della questione, rimane da inventare una strategia, che non può essere che multiforme, ovvero la concretizzazione di una serie di proposte fatte in questi ultimi mesi dal P.R. o da alcuni dei suoi esponenti. I punti fondamentali sono:

1. l'isolamento totale della Federazione Serbo-Montenegrina da parte della Comunità internazionale per la sua fondamentale responsabilità nella tragedia bosniaca oltre che per la guerra in Croazia e Slovenia e per l'oppressione della stragrande maggioranza della popolazione del Kossovo;
2. la costituzione, nel quadro dell'ONU, di un tribunale internazionale per i crimini di guerra;
3. un appoggio deciso e massiccio, politico, amministrativo e tecnico, con le città della Bosnia da parte delle città del resto d'Europa, attraverso una campagna di gemellaggio puntato al salvataggio di tutti i dati anagrafici, storici, ecc. delle città occupate, distrutte, "pulite" da parte dei serbi; al fine di creare le condizioni per un ritorno di tutti i profughi;
4. il riconoscimento immediato della Macedonia;
5. l'elaborazione di un assetto istituzionale agli antipodi di quello oggi discusso a Ginevra, ovvero un assetto istituzionale che si fondi non su una divisione geografica ("decentralizzazione") che faccia corrispondere le regioni con le comunità etniche (perché questo comporta comunque il sancire gli "spostamenti" di popolazione avvenuti) ma tenendo conto delle realtà regionali;
6. riconoscimento al Parlamento del Kossovo di uno status internazionale analogo a quello dell'OLP.