12. Un partito carismatico: Marco Pannella
Parlando del Partito Radicale è inevitabile che il discorso cada sull’uomo che ha incarnato più di tutti gli altri il nuovo Partito Radicale, le vittorie, le sconfitte, le decisioni, i digiuni, i sit-in, gli imbavagliamenti e altre proteste clamorose. La prima apparizione politica di Pannella risale al famoso articolo "La Sinistra democratica e il PCI", che pose le basi della sua linea politica di democratizzazione del PCI per creare un vero polo alternativo di sinistra: "Sono le cose in Europa a porre in modo drammatico l’interrogativo: se sia possibile l’alleanza della sinistra democratica e di quella comunista per la difesa e lo sviluppo della democrazia... Da decenni, ormai, poche lotte si sono combattute più aspre e continue di quelle che hanno opposto democratici e comunisti; non furono e non sono dissensi tattici. Chiedetene agli anarchici e ai repubblicani spagnoli... chiedetene ai socialisti di mezza Europa... e sentirete operante il giusto ricordo di Benes, Masaryk, Nagy... sono ricordi ancora vivi nella coscienza dell’antifascismo... Debbono capirlo i comunisti e profondamente... Ma come arrivare a una proposta, come scavalcare le obiezioni, i timori, i ricordi e lo smarrimento...? Per rafforzarci nelle nostre convinzioni...sarebbe sufficiente che i comunisti per il momento mostrassero un più preciso e spontaneo interesse a un’alternativa democratica di governo, cessando di proporre mirabolanti politiche... Sin d’ora chi vota per un’alternativa democratica deve sapere cosa può garantire e promettere... La sinistra democratica e in modo particolare il Partito Radicale, vanno compiendo questo sforzo... Iniziare a discutere una comune politica, fra comunisti e democratici è comunque urgente. Nessuna confluenza, nessuna soluzione è mai scontata nella storia, e nella politica la logica delle cose di per sé non è creatrice: quella degli uomini deve animarla, secondarla, dirigerla". Sin dagli inizi Marco Pannella ha quindi rappresentato l’anima, il fulcro della sinistra radicale poi diventata partito: "Si possono individuare quattro fasi della progressiva caratterizzazione carismatica del PR: a) la prima (1959-1962) corrisponde all’emergere della figura di Marco Pannella nell’ambito del vecchio PR. b) La seconda (1962-1973) corrisponde all’identificazione interna del PR con il leader, pur nell’ambito di quello che appare un semplice gruppo di pressione. 3) La terza (1973-1978) corrisponde all’identificazione esterna del PR con il leader e alla proiezione delle sue scelte grazia ai massmedia. d) La quarta coincide con il massimo sviluppo della iniziativa carismatica (culmine il successo elettorale del 1979)...". Il suo carisma, la sua indiscussa capacità di leadership e di imprimere svolte (il momento della trasformazione nell’89 del PR da partito politico a partito transnazionale è eloquente) e cambi tattici nel corso degli anni ha provocato numerose defezioni e sfilacciamenti all’interno del partito, che alla fine ha assunto per molti l’aspetto di un’entità politica nelle mani di un leader "padre-padrone". Fra le tante persone illustri costrette a emigrare in altri partiti o ad abbandonare la politica, il primo fu il giovane segretario del PR, Geppi Rippa a cui si aggiunsero nel corso degli anni il giornalista Gianni Melega, Mauro Mellini (compagno di tante lotte divorziste), Adelaide Aglietta, Francesco Rutelli, Franco Corleone, Gianfranco Spadaccia, fino a giungere ai recenti abbandoni di Marco Taradash, Elio Vito, Peppino Calderisi. Abbandoni così rilevanti e clamorosi che hanno fatto chiedere a Massimo Teodori, un altro esponente rilevante che ha abbandonato l’avventura radicale: "...Perchè Pannella distrugge tutti i movimenti che crea?". Alle frequenti scissioni Pannella non ha mai dato eccessivo peso: "Al giornalista che gli chiedeva come mai Spadaccia, Teodori, Negri, Rutelli e tanti altri amici lo avessero abbandonato, Pannella ha risposto: "La lunghezza delle mie amicizie è la mia fierezza... Teodori aveva quattordici anni quando l’ho conosciuto, cinquantadue quando se n’è andato. La vita separa. E’ già un miracolo che sia andata così. Ci si può stancare". Indubbiamente il carisma ha pesato fortemente sulla vita interna del partito, e a volte si è trasformato in un sottile dispotismo che ha generato frequenti scontri dialettici, sempre risoltosi a suo favore. Egli, di fronte al dibattito sulla sua influenza spropositata sul partito, nel corso degli anni si tirò pure indietro dalla prima linea politica del partito (come al Congresso di Verona del 1973); ma tali azioni non hanno mai sminuito la sua influenza politica, che ha mantenuto così un’enorme ascendenza sui vari segretari del partito: "Se davvero crediamo nella libertà come metodo, se siamo dei libertari...se questo è anche il momento della lotta... è anche il momento che io non solo nono sia il leader del partito, ma che addirittura non sia più iscritto al partito. Non siamo degli idealisti. Sappiamo che esistono delle psicodinamiche di gruppo che portano automaticamente a un’unità carismatica...". Ma oltre ai dubbi e alle perplessità su questo politico istrionico, egli ha avuto indubbiamente il merito di far vivere in condizioni precarie un soggetto politico, ritenuto da tutti destinato a scomparire, che ha fondato la sua longevità su obiettivi tanto diversi rispetto ai tempi quanto importanti: "Il Pannella liberale è quello che ha rianimato le battaglie per i diritti civili rivendicando per le libertà individuali una funzione centrale nella società italiana...". La volontà di fare del partito un soggetto diverso ha preso corpo con la caratteristica di usare oltre, gli usuali strumenti politici, forme di protesta e di proposta inusuali e alternative come digiuni collettivi, tavoli referendari e manifestazioni nonviolente di ispirazione Ghandiana: "Pannella ha recuperato la libertà sessuale, ha sviluppato l’antiproibizionismo sulla droga da contrapporre all’autoritarismo proibizionista, ha avuto attenzione per i diversi, i marginali e le minoranze di ogni tipo e ha libertariamente valorizzato tutti gli autentici anticonformismi in opposizione al potere costituito.". Pannella ha sempre inseguito il progetto di trasformare la sinistra tradizionale, soprattutto il PCI, (il suo articolo di esordio è esemplificativo) in un movimento aperto, agile attento agli interessi più vari e di cui il Partito Radicale doveva servire da traino e da esempio: "Già alla fine degli anni ‘50 allorchè polemizzò con Togliatti sulla necessità di costruire in Italia un’alternativa europea attraverso la socialdemocratizzazione del PCI, l’indicazione di Pannella per il sistema politico era riassumibile nel trinomio "unità, alternativa e rinnovamento della sinistra". Per il leader radicale, unità doveva significare intesa di tutte le forze laiche contro un blocco anticlericale, alternativa una formazione di due blocchi partitici veramente contrapposti che avrebbero fatto funzionare la democrazia e fatto recedere vari consociativismi, e il rinnovamento non era altro che immettere obiettivi liberali e liberistici nella tradizione socialista: "Alternativa alla DC, rinnovamento e unità della sinistra, attraverso una politica radicale di sviluppo dei diritti civili. E’ questa la tesi del Partito Radicale...". Il Partito Radicale degli anni sessanta doveva essere quindi motore ideale e politico e doveva fungere da centro autonomo di questo disegno politico originale, e rappresentare l’opposizione liberale a cui dovevano fare riferimento i vari movimenti, come la LID, che non erano altro che gruppi politici federati al PR nati per intraprendere specifiche battaglie: "...Non siamo donne o uomini di chiesa, di setta, di bandiera...e non abbiamo nemmeno voglia o capacità di "servire", non fosse che il popolo. Servitori di nessuno". L’attrattiva esercitata dal leader radicale ha costituito per un ventennio per molti intellettuali e non, un richiamo a partecipare a battaglie su temi ritenuti inutili da buona parte dell’opinione pubblica. Leonardo Sciascia e Pier Paolo Pasolini furono indubbiamente attratti dalla capacità di Pannella e da quel piccolo partito capace di smuovere l’opinione pubblica, e di dare fastidio ai partiti tradizionali: passati attraverso un’esperienza deludente nel mondo comunista i due intellettuali infatti trovarono nel partito della dea bendata un rifugio per poter esprimere le proprie idee. Pasolini più di una volta sottolineò con soddisfazione la capacità del PR di rinnovarsi continuamente attraverso le varie battaglie, e seppe subito individuare in questo il "segreto" di questo partitogruppo; la testimonianza che egli avrebbe dovuto rendere al Congresso del PR il 3 novembre, se non fosse stato ucciso la notte prima, è eloquente: "Sono qui come marxista che vota per il PCI... che spera nella nuova generazione di comunisti almeno come spera nei radicali... Siete riusciti a trovare forme alterne e subalterne di cultura dappertutto: al centro della città, e negli angoli più lontani... Non avete avuto nessuna falsa dignità e non siete soggiaciuti ad alcun ricatto... Contro tutto questo voi non dovete fare altro che continuare semplicemente a essere voi stessi: il che significa a essere continuamente irriconoscibili. Dimenticare subito i grandi successi: e continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi con i diversi; a scandalizzare; a bestemmiare". Dal canto suo, anche Sciascia decise di iniziare l’avventura radicale assumendo presto la funzione dell’intellettuale, che alimentò con originalità il pensiero radicale sul diritto e la giustizia, accettando di militare e diventando nel 1979 parlamentare europeo. Ma oltre a questi due grandi scrittori, molte furono le personalità che entrarono in contatto politico con i radicali e con Pannella, per poi allontanarsene: nel ‘76 Maurizio Costanzo, nel ‘79 oltre a Sciascia, il filosofo Gianni Vattimo, Alfredo Todisco, Barbara Alberti, e dopo personalità dello spettacolo come Modugno e Enzo Tortora, che diventò il simbolo di una giustizia giusta, una delle battaglie più care al PR. Pannella ha condotto per anni la sua politica di stampo profondamente liberale in modo del tutto singolare rispetto ai suoi illustri padri predecessori come Pannunzio, Benedetti ecc. Le sua battaglie si sono sempre dispiegate in maniera diversa e sempre controcorrente rispetto alle ideologie totalizzanti cattoliche e comuniste, dando luogo a campagne apparentemente prive di una strategia d’insieme, nell’obiettivo di trasformare sistematicamente la società italiana: "Il liberalismo di Pannella si è presentato in maniera eccentrica rispetto alle più affermate tradizioni politiche italiane. E’ stato estraneo al moderatismo con cui frequentemente i politici liberali hanno annacquato il loro credo".
Ma la politica pannelliana ha avuto anche il tratto fondamentale di un’eticità laica tendente a proiettare nella politica la finalità suprema dell’esistenza umana: la politica prima di tutto quindi, soprattutto una politica personalizzata (come dimostra l’ultima sua creatura politica: la Lista Pannella), la vita privata trasformata in politica. Questo aspetto serve a comprendere la pratica della disobbedienza civile fatta di digiuni della fame e della sete, come legittima resistenza al potere ingiusto: "Del resto quella del digiuno è l’arma più lucida e temibile a disposizione di chi è in minoranza: E’ incredibile la forza spirituale, il vigore dialettico che si acquistano digiunando". Di certo il suo ruolo di leader se lo è guadagnato non solo con la dialettica ma soprattutto con la costante presenza nel campo della battaglia politica: "Questo ruolo del leader ha da un lato contribuito a legittimare il suo stesso potere, anche attraverso digiuni, autodenunce, carcere... e dall’altro ha garantito al PR di poter continuare in una politica spregiudicata. Un partito carismatico si muove infatti attraverso quella morale politica conosciuta come "etica della convinzione", tratto caratteristico dello stile politico associato al carisma, consiste sostanzialmente nel rifiuto pregiudiziale di ogni mediazione per perseguire sino in fondo i propri disegni e obiettivi". L’inedito liberalismo radicale di Pannella, originale e con elementi da religione civile e con una particolare attenzione ai diversi e marginali, ha fatto irruzione sulla scena politica italiana suscitando forti contrasti fra le forze politiche tradizionali di sinistra e di destra. Pertanto, le campagne radicali sono rimaste un’eccezione mal tollerata in mezzo al dominio generalizzato dei partiti che avversavano qualunque cosa potesse essere da detonatore della società italiana: di qui il parziale isolamento di questa forza politica.
Pannella ha vissuto la sua azione politica come la forma più nobile di realizzazione della sua stessa personalità condita da una prorompente dialettica: "Quello che non può essere opinabile di lui è la presa d’atto della sua volontà di avvalersi di un movimento personalizzato, che si basa su militanti che non possono che comportarsi da seguaci e rifarsi ad altra regola che non sia la buone esecuzione degli indirizzi del capo". All’indomani di ogni mobilitazione politica, Pannella non ha saputo o non ha voluto consolidare in strutture politiche il rapporto tra leadership e sostenitori. Anzi è sembrato che temesse fortemente quello sviluppo organizzato che avrebbe comportato il passaggio dalla gestione carismatica a esplicite regole di funzionamento, non solo formalmente esaltate, ma sostanzialmente rispettate all’interno di un partito o di un raggruppamento che andasse al di là di strutture personalmente controllate. Il motivo per cui Pannella non ha fatto il grande balzo verso una situazione politica più responsabile e istituzionalizzata, sta nella sua avversione per un movimento che trascendesse dalle decisioni del capo e il suo timore di una burocratizzazione del partito, ma più di tutto ha influito il suo impulso a distruggere le creature politiche a cui egli stesso aveva dato vita, rifiutando che queste si costituissero in istituzioni politiche volte a incanalare il liberalismo radicale che invece doveva mantenere la forma di un progetto da perseguire con il movimento, con la specifica mobilitazione su un determinato obiettivo: "Il PR ha costituito l’unico esperimento di struttura politica che abbia resistito per un lungo periodo al ciclo costruttivodistruttivo di Pannella...".
Il leader radicale nell’esercitare un’autorità sul partito, ha finito per sminuire la sua stessa leadership, e sotto il suo impulso lo ha reso agli occhi di molti come una comunità o un gruppo parareligioso composto da seguaci destinati, nel nome della libertà e della difesa dei diritti civili, ad obbedire alle direttive del capo: "Il PR deve avere una dimensione laica :"Il suo rischio è un certo angelismo, o meglio la tendenza ad esistere solo secondo la qualità religiosa della ispirazione dei singoli. Diventare un partito significa accettare una rappresentanza, non essere solo guida, ma anche ascolto...vuol dire accettare la libertà dei militanti radicali...tutte cose che il PR non ha consapevolmente fatto..."121.
Quindi per concludere Pannella ha rappresentato nel bene e nel male il Partito Radicale e la sua originalità, lo ha preso per mano, lo ha fatto conoscere all’opinione pubblica, e nel suo modo infuocato e istrionico di fare politica ne ha rappresentato la forza e la debolezza: "Siamo diventati radicali perché ritenevamo di avere delle insuperabili solitudini e diversità rispetto alla gente, e quindi una sete alternativa profonda, più dura, più "radicale" di altri...". Egli ha perseguito e persegue tuttora la sua volontà politica di difendere i diritti civili, di creare in Italia un bipartitismo di stampo anglosassone, e di introdurre elementi liberisti, liberali e libertari nella società, e proprio in nome di questi ideali, da ottenere ad ogni costo, ha continuato la sua azione incurante di eventuali scissioni o fallimenti: "Io amo gli obiettori, i fuorilegge del matrimonio, i cecoslovacchi della Primavera, i nonviolenti, i libertari...sono contro ogni bomba, ogni esercito, ogni fucile...". Nella contraddizione continua e mai risolta di un partito liberale e libertario guidato da un leader carismatico e per molti autoritario, viene da domandarsi sino a che punto possa essere conciliata la libertà di movimento che vuole Pannella con il partito stesso, e se soprattutto sarebbe potuto esistere un Partito Radicale senza Pannella: "Senza di lui, il Partito Radicale non esisterebbe: se si togliesse al radicalismo italiano Pannella, non vi sarebbe più il Partito Radicale". Di certo il PR è sempre riuscito a convivere in questa condizione da molti ritenuta precaria e da altri ritenuta fondamentale dell’esistenza stessa del partito, che ora è presente nella politica nazionale sotto un nome che contraddistingue ancora di più la sua personalizzazione. E’ possibile perciò ottenere una risposta per vedere fino a quando durerà questa condizione voluta dal leader radicale: "Agli ostacoli che si oppongono al liberalismo insiti nella politica italiana, si aggiungono quelli che Pannella porta dentro di sé, che appartengono alla sua natura e alla sua storia. Verrebbe voglia di osservare che il peggior nemico di Pannella, è Pannella medesimo".
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