LO SVILUPPO E’ UNA FERROVIA E LA FERROVIA NON E’ UN’UTOPIA

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 3 del 14 ottobre 1997]

GUARDANDO AI BALCANI e alle tragedie che vi si sono consumate, oltre ad agire per fermare il bagno di sangue (catturando subito i criminali di guerra Karadzhic e Mladic per processarli all’Aia), occorre anche elaborare razionali proposte di sviluppo in risposta alle gravi condizioni socio-economiche che hanno contribuito a tali tragedie e ne minacciano altre. Il processo di ristrutturazione economica dei paesi dell’area è rallentato dalla mancanza di una efficiente via di comunicazione sull’asse est-ovest, che sarebbe di grande utilità anche per intensificare gli scambi con l’Italia e tutta l’Unione europea. L’idea di un tale corridoio non è nuova, risale addirittura al dopoguerra, ma cadde nel nulla per le ovvie ragioni di divisione tra i blocchi. Recentemente però il progetto ha ricevuto nuovi impulsi, dapprima con un progetto di risoluzione del parlamento europeo del 1993 che rilanciò l’iniziativa, ed ora finalmente si sta entrando nella fase dei negoziati tra i paesi interessati, che per la parte bulgara vedono coinvolto Stefan Tafrov, che non a caso fu ambasciatore proprio in Italia. Il pericolo è però che ancora una volta si privilegi il trasporto su gomma, mentre una via più economica ed ecologica consisterebbe in una moderna ferrovia che attraversi la penisola balcanica dall’Italia meridionale alla ex Unione sovietica e alla Turchia, dai porti adriatici di Brindisi e Durazzo per le capitali di Albania, Macedonia, Bulgaria e Romania, proiettata ad Istanbul e a Kiev. Un appello in tal senso, promosso sempre nel 1993 dalla “Association radicale transbalcanique” di Sofia fu sottoscritto da oltre 500 parlamentari dei paesi interessati, dei quali 80 albanesi, 92 bulgari, 75 macedoni, 42 moldavi e ben 148 romeni, ma anche deputati turchi, ucraini ed italiani.

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