IN GITA A… ODYSSOS
[da ITALIANI IN BULGARIA numero 11 del 29 gennaio 1998]
NEGLI ANNI IN CUI VARNA era una città-caserma ottomana devastata dal colera, il generale Hume delle truppe britanniche che vi transitarono verso la guerra di Crimea non la descrisse certo come un paradiso: “un posto malinconico con pochissimi negozi”. Fino a pochi anni fa molti visitatori stranieri avrebbero potuto dire lo stesso, ma di recente la terza città bulgara ha lottato fieramente per non perdere il treno dell’occidentalizzazione. Segni di cambiamento si notano ovunque: i vecchi negozi statali sono vuoti, mentre nelle strade circostanti germogliano boutique, uffici di cambio o affitto di videocassette, autosaloni e baretti all’aperto con le cameriere che si pavoneggiano in vertiginose minigonne. Giovani capelloni praticano lo skateboard nelle piazze e nei viali principali, tanto che sembra quasi di stare in California invece che nella estremità più orientale del continente europeo. Ma Varna ha anche i suoi problemi. I cantieri navali in perdita, a sud-ovest del centro, conferiscono alla città un duro taglio industriale, e non bisogna dimenticare che molti dei beni di consumo in vendita nei negozi del centr sono ben al di là delle possibilità degli abitanti dei casermoni periferici. Ad ogni modo la spavalderia della città rivierasca è un respiro di sollievo rispetto alla deprimente austerità della Bulgaria interna. Varna rivaleggia con Sofia e Plovdiv nella vasta scelta di musei ed offre notevoli attrazioni culturali, la principale delle quali è l’estate varnense (Varnensko liato), con manifestazioni, di musica, cinema, etc. non dimentichiamo inoltre ce Varna, al di là delle celebrate località circostanti, è di per sé un centro balneare con diversi chilometri di spiagge.
UN PO’ DI STORIA. Artigiani altamente qualificati dell’oro e del rame vivevano attorno al golfo di Varna già 6000 anni fa, e i loro discendenti traci ne sidorsinarono il retroterra con delle necropoli, ma l’effettiva importanza di Varna come porto risale al 585 avanti Cristo, quando un miscuglio di apolloniani e milesiani vi stabilì la città-stato di Odyssos. I migliori anni della città vennero quando con i romani divenne il principale sbocco al mare della provincia della Moesia, un luogo affaccendato dove si incontrarono e mescolarono le culture greca e trace. Devastata dagli avari nel 586 e ripopolata dagli slavi (che la denominarono con l’attuale nome), rimase comunque il più grande porto della regione ed una postazione strategica di sosta della flotta bizantina sulla rotta da e per il Danubio. In declino sotto la dominazione ottomana, la città si riprese come importante centro commerciale nel secolo scorso, quando la popolazione di bulgari, greci, turchi e gaugazi ne fece una delle più cosmopolite della costa. Per i turchi Varna era la chiave della sicurezza della parte occidentale del Mar Nero, e l’importanza militare della città si riflette tuttora nelle uniformi cerimoniali degli studenti dell’accademia navale in libera uscita nelle strade della città.
LA VITA SOCIALE della città ruota attorno a piazza dell’Indipendenza, dove il teatro dell’opera fornisce lo sfondo ai numerosi ristoranti e caffè, e che costituisce il punto di partenza delle passeggiate dei varnentsi proseguendo in direzione est lungo il viale kniaz Boris I e passando, all’angolo di ulitsa Shipka, dalle rovine di una torre e di fortificazioni di epoca romana. A nord di piazza dell’Indipendenza (ploshtad Nezavisimost) il viale Dimitar Blagoev passa attraverso la piazza Varnenska Komuna, un importante incrocio di traffico dominato dalla cattedrale dell’Assunzione, costruita nel 1886 sul modello della cattedrale di San Pietroburgo, contenente una splendida iconostasi ed un trono vescovile intagliati da artigiani di Deber in Macedonia. Nei giadini a sud della cattedrale trovate la vecchia torre dell’orologio, che non è niente di speciale dal punto di vista artistico ma è comunque divenuta uno dei simboli della città.
IL MUSEO DI ARTE E SCIENZA è situato nella ex sede del liceo femminile all’incrocio di viale Blagoev e di ulitsa Slivnitsa. Al piano superiore esibisce una mostra di icone del XIX secolo, ma è la collezione archeologica nelle numerose sale al pianterreno che richiama la maggiore attenzione. La pretesa bulgara di essere stata una delle culle della civiltà europea fu rinvigorita nel 1972 con la scoperta di una necropoli neolitica nei dintorni di Varna, risalente al quarto millennio avanti Cristo, inusuale per il fatto di contenere molte tombe in cui erano sepolte effigi invece di corpi umani, forse un rituale per assicurare salute e giovinezza. I ciondoli d’oro, braccialetti e pendenti a forma di animale che adornavano questo simbolici cadaveri sono ampiamente esposti nel museo. Alcuni pezzi sono di semplice fattura, altri evidenziano un incredibile livello di abilità se si considera che furono fatti 6000 anni fa., sono questi forse i più antichi esempi mai scoperti di gioielleria in oro, così molti studiosi suppongono che la tecnologia metallurgica si sviluppò in Bilgaria indipendentemente dagli altri fari di civilizzazione. Non meno impressionante è la gioielleria greca della Odyssos del III secolo avanti Cristo, nonché la migliore raccolta in Bulgaria di sculture funerarie del periodo romano: i più eminenti cittadini greci e romani venivano onorati con lapidi ritraesti scene di banchetti funerari, solitamente mostrando il deceduto disteso su un giaciglio circondato da moglie e figli, mentre quelli di origine trace preferivano una lapide decorata con il cosiddetto cavaliere trace, il dio cavallerizzo la fede nel quale si diffuse tra i nativi dall’era ellenistica in poi.. infine, ori e argenti bulgari del XIV secolo introducono a una collezione di arte ecclesiastica ed armamenti medievali, per concludere coi soliti manifesti del risorgimento bulgaro.
DUE VICINI MUSEI sono quelli dedicati a Georgi Velchev, un locale pittore di paesaggi marini, e duecento metri più avanti la galleria d’arte municipale, che ospita esposizioni di arte contemporanea ma al primo piano il visitatore viene accolto da una sfilza di diplomatici del XVII secolo ritratti dal fiammingo Anselmus von Hulme. Da qui proseguiamo in direzione sud attraversando le quiete strade allineati di castagni del quartiere residenziale che separa il cuore commerciale della città dal porto, per arrivare a fare sosta su ulitsa Panagyurishte al museo etnografico, uno dei migliori in Bulgaria. Al pianterreno troviamo reminescenze delle tradizionali occupazioni commerciali della regione, come reti da pesca, botti per vino, alveari e i tipici mantelli con cappuccio (yamurluk) indossati dai pastori del XIX secolo nelle colline retrostanti. Al primo piano c’è una mostra di costumi regionali, interessante per la loro varietò erché Varna è sempre stata l’incrocio di popolazioni migratorie. Un fistinto gruppo locale erano i chenge, qui rappresentati da una scena matrimoniale nel villaggio di Asparuhovo, non lontano da Varna. Manichini abbigliati sono raggruppati attorno a una slitta, con la sposa circondata da uomini con capelli neri ornati di fiori e accompagnati dalla figura un po’ minacciosa del “combinatore di matrimoni” del villaggio. Gli articoli legati al folklore regionale includono le maschere ricamate indossate durante i riti di primavera e del nuovo anno. Sono curiosi un paio di finti cammelli fatti in pelle di pecora e portati in parata per celebrare l’anno nuovo, così come sono in mostra dei pani fatti specialmente per occasioni rituali, come il kravai per il giorno di San Giovanni, il konche (pony) per San Teodoro, e il proshtupalnik, a forma di un piede di bambino per celebrarne i primi passi.
A CINQUE MINUTI DA QUI, alla fine della via 27 luglio, c’è il museo risorgimentale, situato nella chiesa di San Michele e nell’edificio della prima scuola bulgara di Varna. Entrambe furono costruite qui negli anni ’60 del secolo scorso, con grande disappunto dei greci locali che erano usi controllarne gli affari ecclesiastici ed educativi. Un’aula tuttora preservata conserva il pulpito con balaustre dal quale gli insegnanti sorvegliavano gli studenti seduti presso banchi di legno sui quali scrivevano usando vassoi di sabbia. Poco più a sud c’è la piazza Ekzarh Yosif, dove si riuniscono per chiacchierare gli anziani varnentsi, e da qui arriviamo alla chiesa armena, schiacciata nell’angolo di un cortile di scuola. Gli armeni di Varna sono circa tremila, e questo articolo si deve anche alla famiglia di una di essi che ci ha ospitato nel suo modesto appartamento situato proprio vicino a questa chiesa, dove ci ha mostrato la lapide che commemora le vittime del genocidio del 1915, quando milioni di armeni persero la vita per mano degli ottomani, e così si spiega una storia di sofferenze che accomuna bulgari ed armeni. Ma per quanto la lapide ci abbia impressionato per il suo valore storico, dal punto di vista artistico è sicuramente più interessante la vicina chiesa di Sveta Bogoroditsa, con pregevoli iconostasi e trono vescovile del XVII secolo. Le terme romane, a pochi passi da qui, costituiscono un complesso di dimensioni non indifferenti. Furono costruite tra la fine del II e l’inizio del III secolo, e le monete rinvenutevi recano l’immagine dell’imperatore di allora, Settimio Severo. I bagnanti dell’epoca passavano dallo apodyterium (spogliatoio) al frigidarium, tepidarium e caldarium, tutti termini intuitivi che non occorre tradurre ai nostri lettori.
PASSANDO PER LA ADIACENTE CHIESA di Sveti Ananas, arriviamo al museo storico cittadino, contenente numerose fotografie della prima metà del secolo, incluse immagini dei primi concorsi di bellezza, un tipo di competizione che i varnentsi vantano il dubbio onore di avere inventato. Poco più a sud troviamo i bagni romani, ma nonostante risalgano al IV secolo sono meno estesi delle meglio conservate terme di cui sopra. Notevolmente più interessante è il museo di storia medica, ospitato inun edificio colo sabbia del XIX secolo che fu il primo ospedale pubblico di Varna. Le spiegazioni adottano un tono patriottico, tentando di dimostrare come lo stato medievale bulgaro ereditò la saggezza medica degli antichi e la trasmise al resto d’Europa, per poi avere i loro standard di igiene pubblica rovinati dai turchi che fecero vivere tuttti in città puzzolenti e malsane. Comunque anche i primi bulgari non erano immuni dalla tendenza a un certo livello di perversione: una serie di teschi del X secolo rivela che un terzo della popolazione fu soggetto a una simbolica forma di trapanazione in cui il cranio veniva graffiato ma non effettivamente perforato. Gli archeologi presumono che questo fosse dovuto a qualche scopo rituale, ma non sanno spiegare quale di preciso. Meno macabri ma altrettanto sconcertanti sono gli strumenti chirurgici, dall’aspetto feroce, dell’inizio del secolo, esposti al piano superiore con un gabinetto dentistico della stessa epoca.
DA QUI COMINCIANO i bellissimi giardini sul mare, o Primorski park, risalenti alla fine del secolo scorso per opera del boemo Anton Novak, che li modellò imitando i giardini dei palazzi barocchi viennesi. Sono oggi frequentati da coppiette innamorate. All’estremità occidentale del parco, di fronte al museo navale è onorevolmente collocata la nave da guerra responsabile dell’unica vittoria della marina bulgara: la Drazhki (intrepida) affondò la nave turca Hamidie a capo Kaliarka durante la prima guerra balcanica (1912). Ma poiché la marina bulgara fu ridotta in mutande dal trattato di Neuilly del 1919, e successivamente collaborò con la marina militare nazista, all’interno del museo c’è nen poco altro di cui essere orgogliosi. Così speciale attenzione è dedicata alla campagna della flotta russa nel Mar Nero contro gli ottomani nel 1877-78. Da qui in poi ci muoveremo più velocemente in direzione nord-est attraversando i giardini e la lunga spiaggia, facendo tappa all’acquario (ippocampi, rombi, storioni), il planetarium (riproduzione del pendolo di Foucault), e la spiaggia municipale (Morski bani) dalla quale possiamo passeggiare per un paio di chilometri fino alle piscine di acqua calda termale che viene usata specialmente dagli anziani anche durante l’inverno. Prendendo invece la via dei viali alberati del parco, vicino al monumento ai combattenti antifascisti troviamo il museo di storia naturale (una utile introduzine a flora e fauna costiere), lo zoo, il delfinario e, dall’altro lato del grande viale Primorski, il palazzo dello sport e della cultura (che oltre alla pallacanestro ospita anche dei concerti), per concludere al parco dell’amicizia combattente. Questo nome bizzarro è dovuto al granitico monumento che commemora la battaglia di Varna: nel novembre 1444 trentamila crociati guidati da Ladislao III (re di Polonia ed Ungheria) erano pronti a salpare per Costantinopoli quando furono sorpresi da 120.000 turchi sbarcati sulla costa, nella battaglia Ladislao fu fatto a pezzi da un giannizzero del sultano Murad ed il suo esercito costretto ad una ingloriosa ritirata.
CONCLUDIAMO per ora la gita a Varna riservandoci di continuarla nei paraggi della città, specialmente nei sobborghi settentrionali dove visiteremo Evksinovgrad, già residenza dei re Alessandro e Ferdinando, poi luogo di vacanza del politburo del Partito comunista bulgaro. Ogni membro aveva il suo pezzo di spiaggia, e naturalmente quello di Todor Zhivkov era più grande e isolato dagli altri. Tutte le villette erano però collegate da piccole gallerie ad un bunker segreto dove avrebbero dovuto riunirsi nell’improbabile evento di un’apocalisse nucleare che fosse avvenuta mentre questi idioti paranoici facevano il pagno.
Hanno a vario titolo contribuito a questo articolo su Varna i nostri amici ivi residenti:
Takuhi Bagdasarian
Marcella Gospodinova
Luis Ramon Mirando Valdes
Svetoslav Slavchev
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