Fantapolitica, sesso, droga e autobiografie a puntate, con Roberto Granzotto e Giovanni Cominelli
AUTOBIOGRAFIA DI ROBERTO GRANZOTTO: IL 1965
Ci sono anni che vengono ricordati nella Storia per un singolo evento straordinario - come quelli dello sbarco sulla luna o della caduta del muro di Berlino -, altri anni insignificanti che non vengono ricordati affatto e, per mantenere la media, anni rarissimi in cui di eventi straordinari se ne verificano ben due. Il vento soffiava antiautoritario nel 1965, che sarebbe stato ricordato come l’anno in cui avvennero sia il mio concepimento che, nove mesi più tardi, la mia nascita il mattino presto di giovedì 16 dicembre alla clinica Mangiagalli di Milano.
Medico ostetrico nato a Mortara (Pavia) nel 1850, Luigi Mangiagalli nel 1902 fu deputato del Regno, poi nel 1922 eletto sindaco di Milano, ma soprattutto nel 1924 fu tra i fondatori dell'Università degli Studi, di cui fu eletto primo rettore. E invero mi sarei ritrovato quasi 16 anni dopo a transitarvi davanti quotidianamente proprio per motivi di studio contemplando col doveroso rispetto l’edificio nel frattempo divenuto famoso per avermi dato i natali nella beneugurante via della Pace, alla quale pervenivo da via Manera, che però non ebbi mai modo di appurare se c’entrasse qualcosa con l’omonimo frociosofo radicale Carlo Manera discepolo del suo omopatavino cardinal Tosoni. Inserita nel complesso ospedaliero degli Istituti Clinici di Perfezionamento, negli anni a venire la clinica Mangiagalli di Milano sarebbe stata al centro di aspre polemiche sull’aborto. Nel luglio del 1976, mentre era in corso in Parlamento e nel paese il dibattito per la legalizzazione dell’aborto stesso, tre medici in servizio presso la clinica — Francesco Dambrosio, Bruno Brambati e Mauro Buscaglia — si recano a Seveso, in Brianza, dove si è sprigionata una nube tossica di diossina dallo stabilimento ICMESA, allo scopo di dissuadere le donne del luogo dal mettere al mondo figli per timore di malformazioni. Si accaniscono sul “caso Mangiagalli” il quotidiano Avvenire, Comunione e Liberazione, i medici Egidio Spaziante, Luigi Frigerio, Leandro Aletti, Angelo Craveri e il ministro della Sanità Carlo Donat Cattin. Dall’altra parte tra gli altri c’è Guido Tassinari: "Dobbiamo imparare a guardare in faccia la realtà. Perché giocare con le parole? L’aborto è un mezzo di controllo delle nascite, il più antico, il più diffuso, il più sofferto, il più punitivo nei confronti della donna".
Mi perdonino per l’estrema sintesi i summenzionati di entrambi i fronti, ma nel competere con l’autobiografia di Cominelli ho poco spazio a disposizione per inserire più nomi possibile. A questo proposito colgo l’occasione per citare a caso Marco Pannella e la mucca Martinenga. Colgo anche l’occasione per rivelare che Cominelli è il mio padre naturale, il quale cattolico gravido di sensi di colpa con la sua compagna comunista gravida di me mi abbandonarono prima della nascita nell’abortista Mangiagalli, dove il mio feto pertanto catto-comunista fu rinvenuto nel cassonetto della spazzatura dall’immigrato netturbino veneto sterile Sig Granzotto, che mi diede una famiglia portandomi a casa dalla moglie in via Barnaba Oriani, situata nell’invidiabile posizione tra lo spaghetti-svincolo autostradale di Milano-Certosa, il gasometro, la ferrovia con tutti i suoi trenini e il cimitero maggiore recentemente assurto alle cronache come teatro di altri recenti trenini.
Già, Barnaba Oriani. Figlio di un muratore, egli stesso antenato di Cominelli, grazie ai monaci della Certosa poté studiare presso gli adeguatamente denominati Barnabiti del Collegio San Alessandro (oggi liceo Beccaria). Prese i voti sacerdotali e, come astronomo, diresse per molti anni l'osservatorio di Brera. Nella sua opera l’Agostini - un autore a me totalmente sconosciuto che però costituisce l’occasione per un nome in più in questa autobiografia e perlomeno ho la scusa che abitava proprio in via Oriani presso la Certosa -, spiega che la via è ricca di storia perché vi sorgevano la casa di Oriani, con relativa targa, e quella in cui era stato ospitato nientemeno che Petrarca qualche secolo prima. Purtroppo la lucrosa frenesia edilizia ha fatto piazza pulita delle vecchie cascine storiche e possiamo solo fare riferimento a un quadro che dipinse il padre di Agostini a illustrare la via nel 1964, in preveggenza della mia imminente venuta sul pianeta. Quando Napoleone stabilì la repubblica in Lombardia, Oriani rifiutò assolutamente di ripugnare la monarchia, per cui il nuovo governo modificò specialmente per lui il giuramento di fedeltà per tenerlo nella sua posizione all’osservatorio di Brera e lo fece presidente della commissione sul nuovo sistema di pesi e misure. Quando la repubblica fu trasformata in impero napoleonico, Oriani fu decorato della Legione d’Onore, fatto conte e senatore, e insieme a De Cesaris incaricato di misurare l’arco del meridiano tra gli zenith di Tabar Giordano a Rimini e Daniele -Capezzone- a Roma (tanto per aggiungere un paio di nomi). Di lui mi formai sulle opere "Effemeridi di Milano", l’eminente astrologo prevedendo la cometa Cominelli, e "Istruzione sulle misure e sui pesi", verosimilmente riferendosi all’industria delle autobiografie.
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