Chi è nato dopo che questo partito è stato fondato (esattamente dieci anni nel mio caso), ne immagina i primi passi collocandoli in quell'epoca tra il dopoguerra e il boom economico con gli strumenti di cui dispone, primo tra i quali il cinema italiano che viveva allora una florida stagione. Pellicole in bianco e nero ma dalle tonalità di grigio più chiare dell'ombroso noir francese perché girati nella soleggiata Roma, tra Lambrette e Seicento, raccontando, tra gli altri, di giovanotti borghesi dal capello inumidito all'indietro, occhiali dalla montatura spessa e il caratteristico taglio della giacca di moda all'epoca, che non saprei descrivere per difetto di vocabolario sartoriale.

Il 27 marzo del 1957 uno di questi gentiluomini scese dal filobus in piazza Tirana e, dirigendosi affannosamente verso il bar dove aveva un importante appuntamento, quasi si scontrò con una carrozzina spinta da una bàlia e contenente un moccioso pieno di nei, futuro sindaco della capitale. Per associazione di idee Bandinelli ricordò che quel giorno, un miglio più a nord in linea d'aria, aveva luogo un avvenimento storico: proprio in Campidoglio erano riuniti i capi di stato e di governo di sei Paesi per istituire le Comunità economiche europee in quello che sarebbe diventato noto come il Trattato di Roma.

Nell'evocare nella sua mente l'importante evento internazionale, che avveniva con le emozioni ancora infiammate dalla rivolta popolare ungherese, gli batteva forte il cuore nel sentirsi uomo protagonista del suo tempo grazie al documento sulla federazione balcanica che aveva redatto in interminabili notti insonni e che ora avrebbe finalmente presentato agli amici coi quali aveva appuntamento nel locale davanti al monumento a Skanderbeg: quel Giacinto Pannella che sul nostro pianeta aveva preso il nome di Marco ed il terzo giovane compagno di avventure col quale avrebbe condiviso il resto della sua vita politica, l'imprenditore emiliano Sergio Augusto Stanzani Ghedini, reduce dal terzo Consiglio nazionale del Partito radicale dei democratici e dei liberali italiani, dal quale aveva ricevuto il mandato di redigerne una bozza di statuto.

"Va bene!", disse Stanzani dopo avere letto il documento di Bandinelli, ma Pannella non sembrava troppo convinto. "È prematuro" sentenziò sorprendentemente l'alieno scuotendo il testone, e per dimostrarlo prese per mano i due amici, chiuse gli occhi invitandoli a fare altrettanto e in pochi secondi li condusse con un salto spazio-temporale nella Tirana di 45 anni dopo.

- Ringasio Anjolo Bandineli per il suo pipone su la federasione balcanica e a questo propò invito Capatto a dare letura del documento di Michel Boselì

Bandinelli riaprì gli occhi e nell’ambientarsi credette di riconoscere Pannella circondato da una trentina di persone in una sala dell'albergo Skanderbeg. Ma no, non era Pannella: lo sconosciuto spilungone dall'accento vallone lo aveva presentato come un tale Capatto. Schiarendosi la voce con un colpo di tosse questi si dispose trepidante a declamare il contributo scritto inviato ai lavori del Consiglio generale del Partito dal suo erudito maestro spirituale bulgaro-scozzese, sotto le occhiate invidiose di Massimo Lensi che aveva inutilmente pestato i piedi per il privilegio.

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