L'Organizzazione del commercio mondiale

di Simon Retallack

Introduzione. Simon Retallack e' autore di un rapporto sulle conseguenze ambientali della globalizzazione e vice-direttore delle edizioni speciali del mensile britannico The Ecologist, dal quale e' tratto questo testo che esplora in quali direzioni dovrebbero orientarsi l'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) e i suoi oppositori dopo gli storici fatti di Seattle nel dicembre 1999.

Alla fine dell'anno scorso, nelle strade e sale congressi di Seattle, la piu' nord-occidentale delle citta' americane, c'era un inconfondibile sensazione nell'aria: la sensazione di vivere un momento storico. A Seattle la presunta inarrestabile forza della globalizzazione economica ebbe la sua prima battuta d'arresto dell'era post guerra fredda per mano di un'alleanza senza precedenti tra gruppi di cittadini e delegati governativi provenienti da tutto il mondo. Il principale bersaglio e vittima delle loro proteste era il lancio del nuovo "millennium round" di negoziati commerciali di una istituzione che la maggioranza del pubblico e dei media mondiali conosceva a malapena prima di Seattle: l'Organizzazione del commercio mondiale (WTO).

La WTO nacque nel gennaio 1995 come risultato di otto anni di negoziati tra 125 paesi durante lo "Uruguay round" dell'Accordo generale sui dazi e il commercio (GATT). Opera da Ginevra e vi aderiscono 135 paesi. Le sue principali funzioni ufficiali consistono nell'amministrare e applicare oltre venti accordi relativi al commercio, risolvere le dispute commerciali tra gli stati e fornire un forum per i negoziati sul commercio mondiale. Questo almeno e' lo scopo che suona innocuo della WTO. Ma dietro questa blanda facciata burocratica l'organizzazione rivela una struttura piu' distruttiva. La ragion d'essere della WTO e' di eliminare le "barriere al commercio internazionale", barriere che, secondo le regole della WTO, includono non soltanto quote e tariffe sui prodotti che attraversano confini nazionali, ma anche ogni impedimento al profitto delle corporazioni, come le leggi locali, regionali e nazionali che proteggono i consumatori, i lavoratori e l'ambiente. Questo programma e' imposto da tribunali costituiti da pannelli di tre burocrati del commercio che hanno generalmente fatto carriere legali rappresentando multinazionali sulle questioni commerciali. Essi si incontrano in segreto e hanno poteri esecutivi legalmente vincolanti che includono la capacita' di imporre pesanti sanzioni commerciali economiche sugli stati inadempienti. The Economist ha definito la WTO "un embrione di governo mondiale", eppure nessun elettorato del pianeta l'ha mai eletta, ne' e' in alcun modo significativo responsabile verso il pubblico. Peggio, in ogni occasione durante i suoi cinque anni di esistenza ha sacrificato l'interesse pubblico sull'altare del guadagno delle corporazioni.

Finora, tra le leggi nazionali contro le quali hanno decretato i pannelli della WTO e conseguentemente causato il loro indebolimento, ci sono le leggi americane contro l'inquinamento atmosferico e le specie in pericolo di estinzione, e gli standard giapponesi di residui di pesticidi nel cibo. La WTO ha anche decretato contro la proibizione dell'Unione europea dell'importazione di carne trattata agli ormoni, potenzialmente pericolosa per la salute, e il regime della UE sull'importazione delle banane in modo da dare accesso preferenziale alle banane prodotte dai piccoli agricoltori dei Caraibi. In questi due casi, la WTO ha autorizzato l'imposizione di sanzioni rispettivamente di 128 e 190 milioni di dollari all'anno finche' la UE applica i suoi decreti. Decisivamente, in ognuno di questi casi i pannelli della WTO hanno preso le parti delle corporazioni coinvolte: rispettivamente societa' petrolifere venezuelane e brasiliane, societa' asiatiche produttrici di gamberetti e societa' americane produttrici di carne e frutta. La storia della WTO e' ormai tale che la semplice minaccia di azione della WTO e' generalmente sufficiente a persuadere i paesi a cambiare le loro leggi in accordanza. Per esempio sotto questo cosiddetto "effetto raggelante" gli Stati uniti hanno avuto successo nell'indebolire sostanzialmente una proibizione europea sull'importazione di pellicce di animali catturati con crudeli tagliole. A livello sub-nazionale, il governatore della California ha posto il veto sulla legge "Compra californiano" che avrebbe dato ai beni prodotti localmente un preferenza del cinque per cento per gli acquisti statali e degli enti locali, spiegando che avrebbe violato le regole della WTO. Tutti questi casi sono sintomatici di tendenze molto piu' serie e radicate che vengono promosse. Degrado ambientale, minacce alla salute pubblica, disoccupazione, ineguaglianza, insicurezza sul cibo, perdita di diversita' culturale e minacce ai diritti umani sono stati tutti esacerbati dalla WTO e i suoi accordi. Nonostante tutto cio', i due piu' grandi blocchi commerciali mondiali intendevano usare la Terza conferenza ministeriale dell'organizzazione, a Seattle dal 30 novembre al 3 dicembre 1999, per espandere ulteriormente i poteri della WTO. Gli Stati uniti volevano che la WTO istituisse un gruppo di lavoro per adottare nuove regole che avrebbero assicurato accesso senza restrizioni al mercato mondiale per prodotti geneticamente modificati, nonostante le crescenti preoccupazioni per la salute e l'ambiente. Un'altra priorita' americana era l'adozione da parte della WTO di una "Iniziativa avanzata di liberalizzazione tariffaria" che, tra le altre cose, avrebbe eliminato i dazi sui prodotti ittici e forestali. Risultato: accresciuta deforestazione ed esaurimento dei gia' troppo sfruttati oceani mondiali.

Un ulteriore obiettivo americano era l'eliminazione di dazi e sussidi agricoli prevalentemente giapponesi ed europei. Mentre questo avrebbe avuto alcune positive conseguenze ambientali, avrebbe anche compromesso l'agricoltura su piccola scala senza prodotti chimici, spesso dipendente da sussidi e dazi per non essere annientata da alluvioni di piu' economici prodotti importati. Il governo americano voleva anche espandere l'Accordo generale sul commercio in servizi (GATS) per comprendere nuovi settori come la sanita' e l'istruzione. Questo avrebbe dato alle corporazioni straniere il diritto di acquisire, possedere e operare ospedali e scuole di proprieta' pubblica in ogni paese membro della WTO. Un altro ancora degli obiettivi americani era di estendere l'Accordo sui diritti di proprieta' intellettuale connessi al commercio (TRIPS) a tutte le parti vegetali e animali per renderle brevettabili e controllabili dalle corporazioni, privando cosi' milioni di contadini del diritto di risparmiare e usare i loro semi senza dover pagare le corporazioni per poterlo fare. La priorita' europea era di espandere i poteri della WTO sulle politiche di investimenti, concorrenza e appalti. La UE cercava cosi' di dare alle corporazioni straniere il diritto di investire, intraprendere fusioni e acquisizioni e partecipare a gare di appalto pubbliche in ognuno dei paesi membri, libere da ogni condizione sociale o ambientale e discriminazioni su appalti e sussidi. Il piano della UE avrebbe implicato essenzialmente un ritorno del malfamato Accordo multilaterale sugli investimenti (MAI) che era stato sconfitto dalla pubblica protesta nel 1998. Per di piu' questi programmi prevalentemente guidati dalle corporazioni dovevano essere negoziati in segreto (come e' stata la norma per ognuno dei round sul commercio mondiale), senza la partecipazione o l'approvazione del pubblico, delle organizzazioni non-governative (NGO) o, come si e' scoperto, neppure la maggioranza dei governi membri della WTO.

Tagliate fuori dal processo, alienate e disgustate da gran parte di quanto veniva negoziato, oltre quarantamila persone andarono a Seattle per ricorrere a quella che storicamente e' l'estrema ratio: la strada. Il risultato e' stata la piu' grande e straordinaria manifestazione in America dalla guerra del Vietnam, guidata da una coalizione arcobaleno di gruppi sindacalisti, ambientalisti, di consumatori e di contadini, per i diritti umani e per la democrazia, provenienti da tutto il mondo. La reazione ufficiale alle proteste ha dimostrato una autoritaria intolleranza del dissenso che la dice lunga sulla natura della WTO e il suo atteggiamento verso la gente comune. Ha mostrato a milioni in tutto il mondo che dev'esserci qualcosa di molto sbagliato in questa istituzione se ha bisogno di difendersi sparando proiettili di gomma e gas lacrimogeni a manifestanti prevalentemente pacifici, caricandoli con autoblindo e truppe a cavallo, arrestandone centinaia (ma nessuno della quarantina di "anarchici" incappucciati che causarono le violenze ampiamente riportate), e imponendo un coprifuoco armato sull'area dell'incontro. Intanto nel dramma delle strade si rispecchiava quanto accadeva nei negoziati che, nello stupore generale, improvvisamente collassarono nel chaos e infine nel fallimento il 3 dicembre. Se crediamo agli umiliati sostenitori della WTO, cio' fu essenzialmente dovuto alla cattiva direzione mentre l'impatto dell'opposizione della societa' civile sarebbe stato "minimo". In realta' il ruolo delle proteste fu molto piu' importante. Fino a Seattle, vertici e negoziati sul commercio avevano avuto luogo senza la presenza di un numero significativo di manifestanti, NGO e media. Il lancio dell'ultimo round del commercio mondiale a Punta del Este in Uruguay nel 1986 ebbe luogo "nel silenzio dell'apatia pubblica" come dice il direttore generale della WTO, Mike Moore. Questo significo' che i funzionari commerciali governativi potevano fare accordi che realizzavano un programma essenzialmente multinazionale e occidentale e imporlo al resto del mondo impunemente. A Seattle tutto questo e' cambiato.

Anni di tranquillo lavoro di educazione e costruzione della coalizione sulle questioni del commercio mondiale da parte di gruppi come Public Citizen, Third World Network, International Forum on Globalisation e molti altri hanno finalmente dato i loro frutti a Seattle. Non solo duemila NGO si sono presentate con un vero esercito di 40mila manifestanti, ma una alleanza senza precedenti e' stata forgiata tra gruppi che rappresentano un vasto spettro di preoccupazioni sociali (comprese, decisivamente, quelle sulle questioni ambientali e sindacali), unite nella comune opposizione alla WTO e ai suoi scopi. Essi spediscono ai governi del mondo il diretto messaggio che la societa' civile non tollerera' una WTO ne' alcun nuovo round sul commercio che fallisca di affrontare le preoccupazioni sociali e ambientali e che meramente serva gli interessi delle grandi corporazioni e dei loro azionisti. I manifestanti erano abbastanza numerosi e potenti per non passare inosservati. Traevano forza non solo dal loro numero e dalla loro diversita' ma, soprattutto, dal fatto che il loro messaggio e' risuonato ad alto volume con un piu' vasto pubblico in importanti elettorati. La dimensione e la drammaticita' delle manifestazioni hanno anche attratto la piu' grande presenza mediatica nella storia di tutti gli incontri sul commercio mondiale, permettendo cosi' al messaggio dei manifestanti di essere trasmesso a un'udienza di centinaia di milioni in tutto il mondo. I membri dei media, molti dei quali apprendevano essi stessi per la prima volta della WTO, scrutinarono i negoziati come non avevano mai fatto prima. Tutto cio' ha reso molto piu' semplice (o molto piu' importante) per i governi resistere alle usuali pressioni per conformarsi e accordarsi ad ogni costo, creando tra i governi membri della WTO le condizioni per lo sviluppo di divisioni insormontabili che costrinsero in ginocchio i negoziati. Cosi' le obiezioni dei piccoli agricoltori e dei loro sostenitori manifestanti a Seattle, riflettendo la visione di potenti elettorati nazionali hanno fornito un importante incentivo per i paesi UE, sostenuti da Giappone e Corea del sud, per resistere i tentativi degli USA e di diciotto paesi esportatori agricoli del Cairns Group per l'eliminazione dei dazi e dei sussidi agricoli. Da cui il riconoscimento del commissario europeo del commercio Pascal Lamy che "Quello che sta accadendo fuori sta avendo un effetto sui negoziati". Le proteste, egli disse, rendevano "ancora meno possibile" cedere sulla questione. Similmente, l'ostilita' dei manifestanti e della vasta maggioranza del pubblico europeo verso il cibo geneticamente modificato ha reso politicamente azzardato per la UE cedere alla richiesta chiave degli Stati uniti di istituire un gruppo di lavoro della WTO sulle biotecnologie che avrebbe reso piu' difficile per i paesi limitare l'importazione di tali prodotti. Quando il commissario europeo del commercio indico' che avrebbe potuto cedere sulla questione, i ministri dell'ambiente europei, timorosi dello sdegno pubblico che ne sarebbe risultato, obiettarono apertamente e costrinsero a far cadere la proposta. Al tempo stesso l'opposizione dei manifestanti e di un grande numero di importanti gruppi sindacali e ambientalisti americani alla richiesta chiave europea di avviare negoziati su un nuovo accordo sugli investimenti del tipo del MAI ha fatto si' che gli USA non cedessero su questa questione, diminuendo ulteriormente la possibilita' di un accordo generale tra UE ed USA a Seattle.

Un fattore ancor piu' importante nel collasso dei negoziati fu l'opposizione senza precedenti della maggioranza dei paesi in via di sviluppo, che costituiscono due terzi dei paesi membri della WTO, a lanciare un nuovo round, e la loro richiesta, contrastata dagli USA, di rivedere gli elementi del round precedente. All'unisono con i manifestanti, molti hanno adottato lo slogan "No new round. Turnaround". In questo hanno svolto un ruolo importante NGO come Third World Network, che rappresentano letteralmente milioni di cittadini del terzo mondo, illustrando ai delegati i probabili effetti avversi sui paesi in via di sviluppo dell'adozione di nuove questioni spinte dai paesi sviluppati, e di diversi accordi esistenti. Gli USA hanno generato perfino maggiore opposizione da parte dei paesi in via di sviluppo per il loro rifiuto di abrogare la legislazione "anti-dumping" che impedisce l'importazione in America di prodotti sottocosto, rifiutando di applicare gli impegni a tagliare le quote sui tessili dei paesi in via di sviluppo e rifiutando di lasciar cadere la proposta per l'istituzione di un gruppo di lavoro WTO per esaminare a fondo la protezione degli standard di lavoro fondamentali. L'unica ragione per la quale gli USA hanno preso posizione su questa questione e' stata la sonante richiesta dei manifestanti e dei sindacati in tutta l'America che posti di lavoro e standard sindacali non siano compromessi dal libero mercato. Troppi voti erano in gioco, non ultimo per il candidato presidenziale Al Gore, perche' un nuovo round sul commercio fosse lanciato senza tener conto di almeno alcune delle preoccupazioni dei manifestanti su queste questioni. Come ha detto Sue Esserman, una vice-rappresentante commerciale USA: "Una chiara espressione di preoccupazione da parte dei lavoratori dev'essere tenuta in considerazione, ed e' precisamente quello che abbiamo fatto". La goccia che ha fatto traboccare il vaso per i paesi in via di sviluppo e' stato il modo in cui sono stati trattati durante i negoziati. A Seattle la WTO ha operato in un modo grossolanamente non democratico, permettendo che tutte le decisioni chiave fossero prese da una ventina di paesi negli incontri cosiddetti della "stanza verde", escludendo la gran parte dei delegati dei paesi in via di sviluppo, che furono tenuti all'oscuro, disinformati, o privati di interpreti e testi accurati. Furono essenzialmente ridotti al ruolo di spettatori dai quali tuttavia ci si aspettava che fornissero il loro consenso a un insieme di decisioni che non avevano praticamente avuto parte nel formare e alle quali erano largamente opposti. Questa pratica e' stata a lungo la norma dei negoziati sul commercio mondiale e i paesi in via di sviluppo alla fine avevano sempre ceduto. Ma non questa volta. Quello che ha fatto la differenza a Seattle, secondo numerosi delegati, e' stata l'atmosfera di dissenso generale generata dai manifestanti nelle strade, l'incoraggiamento delle NGO nella sala delle conferenze e la presenza scrutinatrice dei media mondiali. Tutti questi fattori hanno dato ai paesi in via di sviluppo la risoluzione e la forza di mantenersi compatti e, per la prima volta, rimanere uniti nell'opposizione al lancio di un nuovo round. Agli ospiti americani, incapaci di colmare le differenze facendo concessioni che avrebbero infuriato i manifestanti e i loro potenti elettorati nazionali, e incapaci di forzare un fait accompli sul mondo in via di sviluppo senza incitare la loro furia davanti alle telecamere del mondo, non fu lasciata altra opzione che lasciar collassare i negoziati.

Non e' esagerato affermare che a Seattle si e' fatta storia, perche' quegli eventi hanno gia' portato cambiamenti fondamentali. L'autorita' e legittimita' della WTO e' stata seriamente compromessa, cosiccome la filosofia guida della WTO che la gente e il mondo della natura debbano servire interessi economici e corporativi come parte di un processo inevitabile di globalizzazione mondiale. I membri della WTO sono nello scompiglio, con i governi di UE e USA, e dell'occidente e del mondo in via di sviluppo, ancora divisi da differenze sostanziali. I negoziatori del commercio sono consapevoli che una seconda sconfitta delle dimensioni di Seattle sarebbe probabilmente fatale per la WTO. Chiaramente sulla difensiva, essi ora accettano che la WTO abbia bisogno almeno di alcune riforme e che nuove voci debbano essere sentite. Dall'altra parte la societa' civile e' piu' forte che mai, come la sua filosofia guida che il commercio e gli interessi delle corporazioni debbano essere subordinati ai bisogni umani e ambientali. A Seattle, costruendo sui successi contro il "fast-track" nel 1997 e il MAI nel 1998, la societa' civile ha lanciato la piu' importante sfida internazionale e di ampia base al capitalismo mondiale del post guerra fredda. E' potente perche' e' piu' organizzata, unita e piu' che mai consapevole della sua forza, e per la prima volta il suo messaggio ha raggiunto i media mondiali e per loro tramite milioni di persone in tutto il globo. Ha quindi rimosso i fattori dei precedenti successi della WTO: ignoranza e apatia. D'ora in poi il mondo guardera', rendendo difficile ai ministri del commercio di concludere accordi contro l'interesse pubblico. La societa' civile ha ora un posto alla tavola massima e una voce che non puo' essere ignorata. Ha piu' influenza che mai.

La societa' civile deve ora cogliere l'occasione di sfruttare questa unica chance, per cambiare per sempre la WTO e l'economia mondiale. Deve evolversi da opposizione a proposizione, esigendo riforme non solo del processo, che ha chiaramente bisogno di una fondamentale democratizzazione, ma anche nella sostanza della WTO e dei suoi tanti accordi. La societa' civile deve chiarire assolutamente che le soluzioni cosmetiche proposte dal commissario europeo del commercio e da altri (un pochino di trasparenza in piu', consultazione e supporto tecnico dei paesi in via di sviluppo) sono grossolanamente insufficienti. Invece dev'essere sviluppato un programma unificante per un cambiamento complessivo che deprivi la WTO di ogni regola che minacci la capacita' delle persone, tramite i loro governi, di proteggere i loro ambiente, salute, mezzi di sussistenza, sicurezza del cibo, diversita' culturale e diritti umani e civili. Al fine di ampliare la capacita' della gente di raggiungere questi obiettivi, la WTO deve anche essere riformata per promuovere , piuttosto che minacciare, forti economie locali. In altre parole, invertire il suo attuale ruolo. Sviluppare un tale programma di cambiamento implichera' mantenere, rafforzare ed estendere alleanze nei settori sociali, in tutto il mondo, attraverso nuovi dialoghi. In particolare il mondo in via di sviluppo ha bisogno di essere rassicurato che questo e' nell'interesse dei suoi cittadini, diversamente dalla continua liberalizzazione economica e dalla crescita guidata dall'esportazione. Questo obiettivo puo' implicare di rigettare l'idea di usare la WTO per imporre standard ambientali e sindacali globali, un compito che e' meglio lasciare alle agenzie delle Nazioni unite fornendole di poteri vincolanti comparabili a quelli della WTO. Ma la WTO dovrebbe ancora essere riformata cosicche' non minacci questi standard laddove esistano. Se i governi dei paesi in via di sviluppo possono essere persuasi su questi punti, la societa' civile potrebbe trovare in essi dei potenti alleati, poiche' anch'essi sono emersi rafforzati da Seattle, per la prima volta capaci di esigere un alto prezzo per la loro futura cooperazione. Molti inoltre condividono l'obiettivo di rivedere gli accordi e procedure della WTO e di resisterne la futura espansione. Se questo unificante programma di riforma puo' essere sviluppato, la societa' civile dovra' far mantenere ai governi americano ed europeo la loro parola. A Seattle e subito dopo hanno promesso di includere le preocupazioni sociali e ambientali nelle decisioni future: ora li vedremo alla prova. E non solo rispetto alla WTO, ma anche lo IMF e la Banca mondiale, ed ogni altro tentativo regionale o bilaterale di far rientrare simili programmi dalla finestra. Se non lo faranno, devono sapere che incontreranno piu' opposizione che mai, non ultimo da una nuova generazione di giovani radicalizzati da Seattle, e dovranno confrontarsi con crescente resistenza ad ogni prossimo importante evento economico, fino al punto di lanciare campagne per finire l'adesione e il finanziamento di singoli paesi alla WTO. Seattle ha raggiunto cio' che non era stato mai ottenuto prima: ha esposto alla luce del sole il sistema del commercio mondiale, e conseguentemente quel sistema non potra' piu' essere lo stesso. Quanto differente sara' dipende pero' dalla capacita' delle NGO e dei cittadini in tutto il mondo di mantenere una sufficiente pressione sui loro governi per fare della riforma complessiva una necessita' politica. Il significato della sfida e' chiaro. Come dice l'attivista indiana Vandana Shiva questa e' la piu' importante lotta per la democrazia e per i diritti umani del nostro tempo. Non sara' facile, ma Seattle ha creato un'unica opportunita' storica per un vero cambiamento. Ora e' il momento di coglierla.

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