VIII. - L'AZIONE DEL PARTITO RADICALE
Sommario: Uscire dal pantano - Punti fermi - Lotta contro i monopoli - Le societa' per azioni - I telefoni - Aree fabbricabili - Mercati Generali - Energia nucleare.
USCIRE DAL PANTANO
Coloro alla cui iniziativa si doveva la formazione del Partito Radicale, provenivano da varie direzioni: il liberalismo, il repubblicanesimo, l'azionismo, il socialismo. Li univa la convinzione che la liberta' e' il massimo bene, che occorreva agire prima che fosse troppo tardi. Polarizzazione della vita italiana intorno all'autoritarismo clericale da una parte, marxista-leninista dall'altra; paralisi della procedura democratica; involuzione sempre piu' evidente verso strutture e atteggiamenti che ricordano quelli dello Stato pontificio; allontanamento progressivo dei valori fondamentali di una societa' libera: questa era la situazione sviluppatasi durante il decennio precedente. Occorreva portare un elemento nuovo, immettere nel pantano in cui si veniva trasformando la vita italiana una corrente fresca che scuotesse le acque melmose in cui minacciava di perire il tentativo di gran parte dell'antifascismo e della Resistenza di creare una societa' libera di liberi cittadini. Non interessavano, e non interessano, le possibilita' di successo; se non si puo' fare cento, si fa dieci, si fa forse uno soltanto; si agisce perche' si ha il dovere di agire. Senza pretendere di tutto fare e di tutto trasformare, si cerca d'influire la' dove ad un certo momento, si apre uno spiraglio. I radicali hanno cominciato con il prendere posizione su problemi vivi ed attuali. Si stanno rafforzando, a danno della liberta' di tutti, monopoli pubblici e privati: occorre combatterli. L'autoritarismo di destra cerca di rafforzare la sua base economica con l'accaparramento delle aree fabbricabili: occorre intervenire. Il commercio in grosso di certi prodotti alimentari strozza la concorrenza e sfrutta i consumatori: occorre opporsi. La struttura delle societa' per azioni e' incompatibile con le esigenze dell'economia moderna: occorre riformarla. Manca l'energia: occorre stimolare lo sviluppo di nuove fonti di energia. Di queste e di altre questioni si e' occupato il Partito Radicale, preoccupandosi giustamente della soluzione dei problemi immediati piu' che di dichiarazioni ideologiche. L'ideologia resta sempre la medesima: la massima liberta' del massimo numero - e non occorre ritornarci sopra continuamente.
PUNTI FERMI
La relazione della Giunta Esecutiva al Consiglio Nazionale del partito Radicale, riunitosi lo scorso marzo, affermava: "Abbiamo gia' presentato alla Camera tre proposte di legge, l'una sulla riforma delle societa' per azioni, l'altra contro le intese consortili, ed una terza sulla produzione ed utilizzazione dei combustibili nucleari, progetti che recano anche le firme di deputati repubblicani, socialisti e socialdemocratici... Si tratta di progetti quanto mai importanti che, se riusciremo a far tradurre in legge, arricchiranno la nostra legislazione di nuovi poderosi strumenti per lo sviluppo dell'economia, per la lotta contro i monopoli, per la difesa della libera concorrenza, per la tutela dei diritti degli azionisti e dei risparmiatori. Uno dei punti che meglio caratterizzano il nostro partito e' quello della lotta contro i monopoli, lotta diretta non a ricattare gli industriali per ottenere che una maggior parte del sopraprofitto vada alle maestranze; ma per ridurre il prezzo dei beni nell'interesse dei consumatori. La nostra politica economica si distingue nettamente da quella dei partiti classisti quanto da quella dei partiti paternalistici. Si distingue dalla prima perche' non ci proponiamo, neppure a lontana scadenza, la nazionalizzazione di tutti gli strumenti di produzione, convinti come siamo che una socializzazione generale non potrebbe essere raggiunta e mantenuta senza sopprimere le liberta' fondamentali dei cittadini; noi intendiamo, invece, contenere l'intervento dello Stato nel campo economico entro i limiti stabiliti dall'art. 43 della Costituzione (servizi pubblici essenziali, fonti di energia, situazioni di monopolio che hanno carattere di preminente interesse generale). Si distingue dalla seconda perche' rifiutiamo tutte le soluzioni corporative che sempre si risolvono nella cristallizzazione delle posizioni acquisite, nella socializzazione delle perdite e nella privatizzazione dei profitti, nella resurrezione del sistema medioevale delle caste; noi intendiamo, invece, tracciare una netta distinzione fra il settore privato e il settore pubblico; tener viva la concorrenza nel settore privato per aprire la strada agli uomini nuovi, alle nuove iniziative e per stimolare un continuo scambio della classe dirigente e una continua soluzione delle imprese in rapporto alla economicita'; e sottoporre il settore pubblico ad una efficace vigilanza da parte del Parlamento, degli organi burocratici di controllo e della opinione pubblica con la piena pubblicita' di tutte le gestioni dello Stato, degli enti pubblici e delle societa' a partecipazione statale".
LOTTA CONTRO I MONOPOLI
Il primo ostacolo allo sviluppo dell'economia italiana viene dalla struttura monopolistica che domina in troppe branchie delle attivita' industriali e non industriali. Situazioni monopolistiche esistevano prima del fascismo. Si aggravarono durante la dittatura. Con il corporativismo che gli economisti cattolici avevano fatto risorgere dal medioevo e che i fascisti avevano entusiasticamente adottato, vennero uccise le iniziative, venne messo il lucchetto all'espansione economica. Si conoscono i risultati: nel 1939 la nazione italiana stava peggio di quello che lo fosse stata nel 1922. Il fascismo se ne e' andato, ma i monopoli, il corporativismo e la mentalita' corporativistica, nemica della libera impresa e della libera concorrenza, rimangono. Industria chimica, industria elettrica, zuccherifici: questi non sono che tre esempi di concentrazione monopolistica. I radicali sono contro i monopoli privati; ma non sono per il monopolio pubblico. Vogliono un vasto settore privato in cui viga il massimo di liberta' d'impresa e di concorrenza. I convegni, le pubblicazioni mirano a creare, nell'opinione pubblica ancora ligia a vecchie formule, l'ambiente favorevole all'adozione da parte del Parlamento di quella legislazione contro i monopoli che e' stata uno dei fattori, e non fra i minori, dell'enorme sviluppo dell'economia americana durante gli ultimi settant'anni. Nel presentare una proposta di legge sulle intese industriali e commerciali, l'on. Villabruna cosi' si esprimeva: "L'Italia e' ormai l'unico paese di qualche importanza, la cui legislazione non contenga alcuna norma contro le intese consortili. Queste intese hanno sempre abbondantemente prosperato nel nostro paese, contribuendo in modo rilevante a limitare le dimensioni del mercato, a consentirne lo sfruttamento da parte degli "operatori abituali" precludendo la via d'accesso ai nuovi imprenditori, infine a sclerotizzare la vita produttiva in una politica inveterata di alti prezzi di vendita, bassi consumi ed elevata disoccupazione. Sicche' predisporre efficaci norme che combattono le intese consortili e contribuiscono per questa via a rigenerare un clima di piu' libera competizione tra le diverse iniziative, e' uno dei modi per avviare anche una politica di sviluppo del reddito e dell'occupazione... La via da seguire, indicata oltre che dallo statuto della C.E.C.A., anche da eminenti studiosi italiani quali il prof. Siro Lombardini, e' dunque molto chiara. E' indispensabile stabilire la nullita' di tutte le pattuizioni restrittive della reciproca concorrenza tra imprenditori, rendendo tale nullita' assolutamente indipendente da un giudizio di merito sulla giustificazione o meno della pattuizione nel caso concreto. E' inoltre indispensabile che la sanzione colpisca non solo quei contratti che abbiano come causa la restrizione della reciproca concorrenza, ma anche quelli che indirettamente perseguono tale scopo e che comunque ne producono l'effetto. Nell'ambito dei consorzi e dei cartelli, i negozi indiretti sono assai piu' frequenti di quelli diretti, poiche' i cartelli sono per l'appunto tra le cose che si preferisce fare piuttosto che dichiarare di aver fatto... Alla nullita' del contratto apertamente diretto alla restrizione della concorrenza deve accompagnarsi quella del contratto che indirettamente persegua lo stesso scopo o provochi lo stesso effetto".
LE SOCIETA' PER AZIONI
In questo campo regnano il segreto ed il privilegio. La legislazione italiana sta a quella dei paesi industrialmente progredite come l'uomo dei Neanderthal sta all'uomo del 20ø secolo. L'azionariato ha una funzione economica ed una funzione sociale. Non puo' assolvere in maniera soddisfacente la prima e non assolve affatto la seconda, se resta nelle mani di un gruppo ristretto di individui la cui massima preoccupazione non e', come invece si verifica nei paesi economicamente progrediti, assicurare lo sviluppo dell'impresa, bensi' spremere nel minor tempo possibile il massimo profitto. Il segreto mantenuto nel campo delle attivita' delle societa' per azioni e' fonte di corruzione sia privata che pubblica. Occorre modificare l'ambiente in cui agiscono le societa' per azioni se si vuol togliere la sua giustificazione alla campagna che conducono i collettivisti. Occorre render pubblico il nome dei partecipanti al possesso delle azioni; occorre render pubblici i bilanci; occorre eliminare quella posizione di privilegio che vogliono mantenere gli attuali detentori del capitale azionario. La relazione che accompagnava la proposta di legge presentata dall'on. Villabruna diceva: "La riforma legislativa delle societa' per azioni e' problema di cui ormai da molti anni si sente urgente bisogno, poiche' da molti anni le condizioni economiche e la struttura del mercato in cui le societa' per azioni devono operare si sono profondamente modificate. Il regime della libera concorrenza, fondato su imprese di modeste dimensioni gestite dagli stessi proprietari del capitale incapaci di influire direttamente e consapevolmente sui prezzi dei beni e sulla quantita' dell'offerta, non e' piu' che un pallido ricordo. Il progresso tecnico, l'aumento generale della domanda di tutti i beni conseguente all'aumento della popolazione ed al maggior grado di benessere e di civilta', hanno incoraggiato il sorgere di imprese di dimensioni sempre piu' grandi, hanno favorito il formarsi di gruppi finanziari che detengono partecipazioni imponenti e disparate nei vari settori della produzione e svolgono una politica unitaria di gruppo. In tale modo le possibilita' della grande e grandissima impresa di influire sui prezzi e sulle quantita' si sono enormemente moltiplicate. Il regime concorrenziale ha rapidamente ceduto il posto ad una struttura oligopolistica, nella quale le varie unita' operative hanno ormai un rilevante potere di mercato, che spesso da' luogo a politiche aziendali in palese contrasto con l'interesse generale dei consumatori e della collettivita'. In questo quadro la societa' per azioni e' divenuta lo strumento essenziale per consentire alle imprese oligopolistiche di affermare sempre piu' saldamente il loro potere di mercato. Essa ha fornito l'impalcatura giuridica per attuare con estrema facilita' almeno quattro obiettivi, che sono determinanti ai fini di limitare l'efficacia della concorrenza e favorire lo sfruttamento del mercato da parte di gruppi monopolistici. Questi obiettivi sono: 1) i collegamenti di gruppo, attraverso la tecnica delle partecipazioni azionarie reciproche; 2) la moltiplicazione dei soggetti giuridici attraverso il sistema delle societa' a catena; 3) l'occultamento dei sopraprofitti di monopolio, raggiunto col sistema della moltiplicazione delle societa' di comodo, con l'autofinanziamento dei nuovi impianti e col piu' stretto segreto dei dati di gestione; 4) la scissione della proprieta' dalla gestione e la formazione di "societa'-istituzioni", in cui il gruppo dei dirigenti, praticamente inamovibile, si perpetua per cooptazione e sfugge ad ogni controllo... In particolare il disegno di legge si e' proposto i seguenti obiettivi: 1) impedire la costruzione di castelli di carta con gli aumenti fittizi di capitale attraverso lo scambio dei pacchetti azionari, che servono ad ingannare i veri azionisti e ad escluderne il controllo; 2) creare le condizioni di un effettivo sindacato della maggioranza dei piccoli azionisti sull'operato dei gruppi minoritari che governano le grandi societa' per azioni. A questo fine sono preordinate le norme sulla pubblicita' dei dati di bilancio (che si sono volute specialmente rigorose per le societa' con azioni quotate in borsa) e le norme sul rilascio delle deleghe al voto in assemblea e sui sindacati di azioni. Da una piu' efficace tutela dei piccoli azionisti e' lecito attendersi, tra gli altri benefici effetti, un accresciuto interessamento del pubblico dei risparmiatori al mercato finanziario, oggi spesso disertato per la mancanza di adeguate garanzie contro il prepotere degli amministratori; 3) rendere pubblici i confini dei grandi gruppi finanziari e industriali, con l'obbligo di compilare bilanci consolidati, nei quali sia dettagliato l'elenco di tutte le partecipazioni azionarie in portafoglio, e i finanziamenti erogati ad altre societa' o persone. L'insieme di queste notizie potra' fornire importantissime indicazioni alle pubbliche autorita' incaricate di impedire le azioni monopolistiche e di garantire ai consumatori e ai concorrenti le condizioni di un efficiente sistema competitivo".
TELEFONI
Il principio della gestione statale per tutto cio' che concerne le comunicazioni d'interesse nazionale e' stato adottato da tempo dalla maggior parte degli Stati europei democratici sotto la spinta dei liberali radicali. In Italia siamo ancora al monopolio privato, e ad un livello di inefficienza quale non si trova in nessun paese a nord delle Alpi. Se l'unico effetto della inefficienza fosse di far perdere pazienza all'utente, non sarebbe ancora un gran male; il male c'e' quando l'inefficienza delle comunicazioni ritarda ed intralcia lo sviluppo dell'economia. In questo campo il Partito Radicale ha chiesto che venisse adottato anche in Italia francamente ed integralmente il principio della gestione pubblica.
AREE FABBRICABILI E MERCATI GENERALI
Il n. 7 del Notiziario del partito Radicale riportava: "il 21 ed il 22 aprile (1956) ha avuto luogo il convegno sui problemi dell'abitazione e dell'alimentazione della citta'. Leone Cattani, che ha svolto la sua relazione sulle aree fabbricabili, ha parlato del pericolo a cui puo' andar incontro l'interesse pubblico quando l'attivita' dei privati, non coordinata nel quadro degli interessi generali, si indirizza verso forme di speculazione scandalose. Per risolvere radicalmente il problema economico e politico delle aree fabbricabili, il relatore proponeva: a) la formazione di piani regolatori in tutti i Comuni importanti; b) di vietare la lottizzazione privata in zone non urbanizzate in attesa del nuovo piano regolatore generale; c) di riservare nei piani regolatori le aree per l'edilizia popolare ed economica e pubblica; d) di vietare le lottizzazioni private se non e' approvato il piano particolareggiato; e) di ingiungere ai proprietari di aree comprese nei piani particolareggiati, gia' attrezzate con le indispensabili opere pubbliche, di erigere le previste costruzioni, sotto pena di espropriazione. - Sull'organizzazione dei Mercati Generali il relatore Angelo Conigliaro ha rilevato che lo sviluppo della produzione... ha posto tutti nella necessita' di dover affrontare all'interno una piu' efficiente e moderna organizzazione del mercato. Non potremo parlare di mercato moderno, non potremo quindi parlare di riduzione di pressi al minuto, fino a che l'organizzazione generale dei mercati sara' basata sui vecchi metodi, e non avverra' di fatto la liberalizzazione del mercato interno, non verra' abolito il diritto di "privativa" restituendo a produttore e consumatore la formula del mercato aperto. - Sull'altro aspetto dell'alimentazione, i macelli, Eugenio Scalfari ha osservato come l'alto prezzo delle carni e il conseguente basso consumo sia da attribuire soprattutto al macello pubblico che monopolizza il commercio all'ingrosso e crea un limitato e chiuso gruppo di venditori o di intermediari sicuri dei guadagni che sono tipici dei regimi di monopolio; ha proposto... che nessun limite possa essere posto al sorgere di nuovi stabilimenti privati di macellazione nei luoghi che forniscono il bestiame vivo".
ENERGIA NUCLEARE
Nella sua relazione alla proposta di legge sulla produzione e utilizzazione dei combustibili nucleari, l'on. Villabruna dichiarava: "Il consumo di energia elettrica calcolato in 41 miliardi di Kwh pel 1956 viene previsto anche dalle previsioni piu' prudenti in 55 miliardi per il 1960, 71 miliardi per il 1965, e in 103 miliardi per il 1967... All'esigenza di energia elettrica l'Italia provvede per circa il 65% con impianti idroelettrici, mentre sono in corso vasti impianti termoelettrici. Questo programma potrebbe assicurare la saldatura pel 1960, ma non sembra invece possibile assicurare con lo sviluppo di impianti termoelettrici, dato ormai l'esaurimento delle risorse idriche, la soddisfazione dell'ulteriore incremento. E' questa urgente necessita' quella che impone il ricorso ad altre fonti di energia e che deve considerarsi il problema dell'utilizzazione dell'energia nucleare... E' allo Stato che spetta decidere sull'impulso da dare all'industria nucleare indipendentemente da considerazioni di profitto privato; e' allo Stato che spetta quella scelta a priori sulla via da seguire; lo sviluppo di una industria nucleare e' urgente ed indispensabile e non puo' aver luogo che attraverso reattori a uranio naturale; di fronte alla estrema limitazione dell'uranio 235, questo non puo' essere utilizzato per accelerare il ciclo con reattori plutogeni; e' su questa via che si puo' effettivamente provvedere ad una formazione di esperti e tecnici senza la quale il nostro paese rimarrebbe estraniato dallo stesso sviluppo culturale... La nostra proposta prevede una sfera di monopolio statale solo in due campi: a) quello della produzione di combustibili nucleari speciali; b) quello della produzione di energia elettrica per via nucleare. La sfera riservata al pubblico monopolio e' quella che si riscontra in tutte le legislazioni, compresa in sostanza quella americana, perche' non c'e' finora legislazione che all'inizio del processo di sviluppo dell'industria nucleare non abbia fatto capo alla mano pubblica... L'ente pubblico che proponiamo di istituire e' concepito quale ente volto al raggiungimento dei compiti propostigli. Abbiamo rifiutato l'ipotesi di affidare questi compiti ad un ente pubblico gia' esistente, partendo da una visione costituzionale che ci sembra tanto piu' importante quanto piu' si sviluppano gli enti pubblici; quella che gli enti pubblici economici sono ormai in realta' organi di governo per settore, nei cui confronti la prima e preliminare garanzia e' costituita dalla stessa pluralita' degli enti e dalla preclusione della concentrazione in un solo ente di una pluralita' di funzioni. E' sempre nella pluralita' di quelli che si potrebbero chiamare i centri di potere, e nel loro equilibrio, che risiede la garanzia della liberta', e la rivendicazione della specialita' degli enti pubblici economici obbedisce a una preoccupazione fondamentale analoga a quella che, nei riguardi della struttura privatistica dell'economia, detta la necessita' di norme antimonopolistiche".
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Quanto e' stato scritto fin qui in queste pagine riguarda la posizione del radicalismo nei confronti di alcuni problemi interni. Vi e' un'infinita' di altri problemi interni. Vi e' un'infinita' di problemi di politica estera. Un giorno ci sara' la possibilita' di discutere anche questi. A chi domanda intanto come vanno risolti questi problemi, rispondiamo: l'unica soluzione da prendere in considerazione e' quella che rafforza le istituzioni di liberta'. Ognuno, purche' abbia un concetto preciso della liberta', puo' trovare in se' stesso la risposta alle domande che i problemi pongono.
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