I temi radicali della libertà di ricerca scientifica, della terapia del dolore e dell'eutanasia, ripresi dall'archivio di Miss Welby VENT'ANNI DOPO una visita al Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano e un'intervista-grigliata. (vale la pena di conservare e portarsi dietro alcuni vecchi dischetti...)

ALESS: Il direttore ci ha mandati per scrivere un articolo sul vostro comitato scientifico...

MONFARDINI: Per partecipare alla sperimentazione in italia e in europa è sempre necessario comunque che i protocolli siano rivisti dal comitato etico, comitato che si può chiamare per la sperimentazione clinica, che è un comitato con funzioni etiche ed anche tecniche, di valutazione della fattibilità

MIK: sono tutti medici, quelli che compongono il comitato?

MONFARDINI: no, no. Io posso dare la composizione del nostro e di quello dell'istituto dei tumori di Milano. Quindi ci sono due tecnici diciamo direttore scientifico e un oncologo medico,un oncologo chirurgo, una radioterapista, un oncologo sperimentale, un anatomo-patologo, uno statistisco, un segretario. Questi sono i medici. e poi ci sono quattro membri non medici di cui uno tratto dal personale non medico dell'istituto.

ALESS: gli altri sono tutti dell'istituto?

MONFARDINI: no, questi detti sono dell'istituto, e anche il non medico, tratto dal personale di istituto, quindi è un laico diciamo, un amministrativo...

MIK: una specie di sindacalista...

MONFARDINI: no, no, un laico. E poi un magistrato, in pratica un giudice, un avvocato e un moralista. Questi sono stati designati dall'assessorato alla...

MIK: ma il moralista chi è, Alberto Sordi?

MONFARDINI: no, moralista è un teologo...

MIK: un prete insomma..

MONFARDINI: sì, è una persona che sia esperta di questi temi. il moralista è don Giancarlo Melis di Passariano, poi il sottoprocuratore del tribunale di Trieste è un altro membro laico, e poi c'è l'avvocato Falcone di Udine, e poi...

ALESS: lei presiede il comitato?

MONFARDINI: sì, io presiedo il comitato. a Milano c'è Beria d'Argentine. quindi deve essere un comitato che deve entrare nel merito tecnico per il tipo di cose che si intendono fare ma anche essere in grado di sup portare per quanto riguarda altri aspetti legali e morali.

MIK: valutata una terapia che dal punto di vista medico va bene, però se il religioso o il magistrato dicono che per motivi morali questo non va bene, che succede?

MONFARDINI: viene bocciata la sperimentazione, come in effetti è successo.

MIK: in quali casi?

MONFARDINI: è successo in un caso in cui il placebo...(telefonata)...il placebo a volte si accetta come una cosa di cui... l'efficacia... né il medico né il paziente ... sapere se somministra il farmaco, o se si mette qualcosa, vitamine insomma, che non fa niente, che non si sa se qualcosa oppure no. In questo caso il placebo era dato per via intramuscolare e allora non è giusto pungere una persona... Se si tratta di una vitamina presa per bocca la cosa è accettabile, se no no, tanto per fare un esempio.

ALESS: quali sono i compiti del comitato?

MIK: con che frequenza si riunisce?

MONFARDINI: si riunisce quando c'è la necessità, ogni 2-3 mesi, cioè quando arrivano protocolli che devono essere, prima di essere applicati, approvati.

1 commento:

Michele Boselli ha detto...

PRECISAZIONE: questa era la versione "appunti" dei cronisti griglianti, mentre quanto segue è l'articolo finale che fu effettivamente pubblicato (dal Corriere di Pordenone).

Cancro: difficile la diagnosi, difficile la prognosi, difficile la cura. Con tutto quello che essa comporta: anche la delicata questione della ricerca di nuovi farmaci e nuove terapie.

Proprio per questo, in quasi tutti gli istituti dei tumori d'Italia, esiste un comitato etico per la sperimentazione clinica. Al Cro di Aviano il comitato è presieduto dal dottor Silvio Monfardini, primario della divisione di oncologia medica e direttore scientifico del centro. Gli altri componenti sono un oncologo medico, un oncologo chirurgo, una radioterapista, un oncologo sperimentale, un anatomo-patologo, uno statistico ed un segretario, tutti medici interni all'istituto. Ci sono poi quattro membri non medici, di cui uno appartenente al centro,un giudice,un avvocato ed un moralista, rappresentato dalla figura di un prete. Chiediamo al dr. Monfardini quali sono le funzioni del comitato.

"Le sue funzioni sono essenzialmente etiche, ma anche tecniche, di valutazione della fattibilità della terapia. Pur non essendoci ancora una legge generale valida per tutta Italia, è necessario che ogni direzione scientifica si avvalga di un parere etico relativo all'opportunità della nuova terapia".

Non dobbiamo dimenticare che si parla di sperimentazione di nuove tecniche per combattere il male. "Esiste sempre il pericolo" prosegue il dottore "che pur con le buone intenzioni, il ricercatore venga affascinato dall'entusiasmo, e quindi bisogna garantirsi da questo rischio. Ogni procedura diventa un protocollo scritto che il comitato deve vagliare ed approvare."

D - Il paziente viene a conoscenza del suo protocollo?
"Il paziente deve essere informato prima dell'inizio del trattamento. Questo naturalmente deve essere fatto in maniera tale da non traumatizzare il malato, che deve essere consenziente su quello a cui verrà sottoposto. Il fine del nostro istituto di ricerca è quello di indagare su nuove modalità terapeutiche e diagnostiche, confrontandole con quanto già esiste ed aprendo la strada a qualcosa che potrebbe essere migliore: nuovi farmaci, nuove terapie. A questo fine proviamo a volte a verificare che cosa si ottiene randomizzando un trattamento intensivo piuttosto di uno standard".

D - Che cosa significa randomizzare?
"Il termine indica la scelta casuale del trattamento..."

D - Ma il paziente sa che viene sottoposto a questa scelta casuale e che ci potrebbero essere altre possibilità di trattamento?

"E' un argomento molto molto delicato...Gli si spiega che entra in un determinato protocollo, che ciò implica questo e quest'altro, ma va usata una certa cautela nel comunicargli che ciò che viene fatto è casuale. In una persona che non comprende tutto il meccanismo si può ingenerare una situazione di sfiducia. All'interno del mondo scientifico questa è una questione dibattutissima: c'è chi sostiene che al paziente debba essere detto anche questo e chi è contrario".

D - Quindi per il momento Š il comitato che decide?
"Il problema non Š ancora risolto. Il consenso informato viene dato, ma ci vuole qualcuno che prima, a monte, si assuma la responsabilità. Alcuni dicono che ci vorrebbe un comitato più perfetto, comprensivo anche dei pazienti e dei loro parenti. Io penso che il nostro sia un sistema imperfetto e che sia difficile possedere la formula della perfezione. Si tratta di una malattia mortale... appunto per questo, molte volte è difficile dire proprio tutto al paziente".

D - Che cosa non gli si dice?
"Il paziente viene informato sulla diagnosi. Per quanto riguarda la prognosi, il grado d'informazione è sempre commisurato su quello che il malato può ricevere. Dicendo ad una persona tutta la verità si rischia di farla piombare nella depressione più nera. Quindi, dal momento che non tutto può essere messo in mano al paziente, è necessario che ci sia un vaglio etico che approvi l'utilità della terapia. Ecco l'importanza del comitato, costituito essenzialmente per valutare la sperimentazione di nuovi farmaci, ma anche di nuovi mezzi diagnostici e metodiche terapeutiche. Ci deve essere la sicurezza che il protocollo di sperimentazione sia scritto e messo in pratica secondo determinate regole"

D - Quante volte si riunisce il comitato e come decide?
"Si riunisce quando si verifica la necessità, ogni due-tre mesi, precisamente quando arrivano i protocolli che, prima di essere applicati devono venire approvati. Si discute e dibattendo si cerca di raggiungere una decisione all'unanimit…".

D - Nell'ambito della ricerca, con quali organismi siete in contatto?
"Noi partecipiamo ad un gruppo di lavoro dell'OERTC che Š quello degli early clinical trials groups (gruppi di prove cliniche precoci), che si occupa dello sviluppo di nuovi farmaci. Attualmente, per esempio, stiamo sperimentando la diossicoformicina, molto attiva nella leucemia dalle cellule capellute. Questo è un farmaco difficile da maneggiare, specie per i suoi effetti collaterali, diversi da quelli degli altri farmaci. Stiamo tentando di valutarne l'efficacia ed il lavoro prosegue in collegamento con tutti gli altri".

Ecco spiegato il significato del "difficile" annunciato sin dall'inizio. Una difficoltà che supera i confini tecnico-scientifici ed invade prepotentemente la sfera ben più delicata della psiche di medici e pazienti.