Alle 13 del giorno 13 - capitolo 13.
Ancora intontita dal risveglio, Laura non poteva credere alle sue orecchie. Era dunque forse cosi' complicata la psicologia di quel maledetto stronzo da avere perfino previsto che la compagnia di bandiera del suo paese d'origine avrebbe concluso un accordo di stretta collaborazione proprio con la compagnia preferita come frequent flyer? Come poteva sapere che un giorno sarebbe ritornata ad implorare il suo perdono? Era un essere umano o era il diavolo onniscente?
Alle ore 13 del giorno 13, un po' stralunata dal jet-lag, Laura sbarcava al Marco Polo di Tessera, un taxi bianco gia' pronto in pista col motore acceso per infilarsi in autostrada e portarla a Conegliano. Nello stesso momento nella residenza di montagna del Vermont suo marito Massimo si stava facendo pisciare sul petto dalla sua puttanella preferita, una stronzetta portoricana che davanti a un verde Franklin da cento dollari sarebbe stata pronta ad ammazzare sua madre o scopare suo fratello. Nello stesso momento Andrea scaldava l'overdose di ero mescolata al succo di limone nel cucchiaio per iniettarsela in vena per la prima ed ultima volta della sua vita.
Pochi minuti dopo Paolo e Michele sfondarono la porta a calci e spallate; ansimanti, sudati e disperati, si precipitarono alla sua ricerca e lo trovarono inerte sul divano. Senza neppure la necessita' di controllargli il polso - bastava vedere il colore del suo viso -, simultaneamente Paolo e Michele sollevarono lo sguardo dalla siringa sul pavimento per guardarsi negli occhi, consapevoli di essere entrambi un po' colpevoli di quel suicidio, in quella valle di lacrime entrambi vittime e carnefici.
Laura irruppe senza difficolta' nell'appartamento, la porta essendo divelta e spalancata, ma i volti pallidi e attoniti dei due uomini sconosciuti le stavano comunicando senza parole qualcosa di tragico. Fresco e Capra non l'avevano mai conosciuta personalmente, ma come la videro in un attimo la riconobbero; in piedi come ingessati senza sapere dove mettere le mani, capirono che era lei. Imbarazzati fino alla paralisi, entrambi abbassarono gli occhi in una convenzionale espressione di condoglianze, non sapendo cosa fare e cosa dire, mentre a bocca aperta capirono finalmente il perche': era una donna che emanava un fascino tale da togliere il fiato.
Lei intui' il peggio e violentemente li abbatte' con i gomiti aprendosi un varco per precipitarsi nella camera alle loro spalle. Le sue urla di dolore proseguirono per ore alternando singhiozzi rochi e striduli il cui strazio tenne sveglio l'intero condominio, mentre piangeva disperatamente sul petto dell'uomo che amava come la luce dei suoi occhi. Sul petto del cadavere di quell'uomo. Ancora una volta quel fottuto stronzo la fece piangere come una fontana, e lei tanto lo amava quanto lo stramaledi' per l'eternita' per come l'aveva fatta soffrire, e ancora sapeva farla soffrire anche adesso che non c'era piu'.
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