V
L’alcolista è stato dimesso.
Era arrivato in compagnia
di una legione di esserini
mostruosi
e urli di mandragora,
intrecciandoli insieme
sul telaio della cirrosi
in un abile alternarsi
di trama e ordito
aveva preso possesso della stanza
tessendo da un angolo all’altro
una tela vischiosa e tenace
e lui rincantucciato
tra la finestra e il termosifone
aspettava che qualche pensiero incauto
si levasse in volo e cadesse nella trappola
si è nutrito così, per giorni e giorni
succhiando un po’ di linfa ai suoi ricordi
e aspettando l’incontro con la bottiglia dimentica
nel vagone in disarmo nella stazione Tiburtina
…se ne è andato senza salutare,
se ne è andato così come era venuto…
la sua ombra è rimasta nel letto ad attenderlo
e fissando il soffitto recitava Willy
impostando la voce come Carmelo :
“La vita non è che un'ombra che cammina,
un povero teatrante che cammina impettito
e si lamenta sulla scena per un'ora
e di cui poi, non si sa più nulla…”.
VI
È vero, lo ammetto!
Tu dicevi “Leccami” ma,
subito dopo aver gorgogliato
come un sifone intasato
e deterso quelle zecchette
di sudore trasparente
che ti bagnavano il labbro,
sognavi l'aquila della luce,
l'epifania del sole, del fuoco,
dell'altezza e della profondità dell'aria…
sognavi il bar di Campo ed il Duetto Rosso
che schizzava sulla Cristoforo Colombo.
Io sognavo, da autentico Mystes,
di rinascere dalle proprie ceneri come una Fenice,
più splendente di prima
e dopo il lungo lavoro notturno,
catapultarmi in cielo e risorgere
nell’imminente segno dello Scorpione.
VII
Un uomo, solamente un uomo…
epifania di un Dio sconosciuto...
o dimenticato o ucciso dall’indifferenza.
Era un gioco di prestigio,
la stupida prestidigitazione
di un Dostoevskij maldestro,
un Dio rincoglionito dall’età
e dall’incenso dei turiboli,
un Dio blue-collar costretto
alla catena-di-montaggio della CREAZIONE;
compromesso dalla logica della redenzione,
un Dio che si è fatto cadere l’asso dalla manica
e continua a rinviare all'infinito
il momento in cui il mondo avrà un senso,
la sofferenza avrà un senso,
il suo gioco delle tre carte sarà senza trucchi…
UNO e TRINO… non ho più niente da puntare,
a parte questa presuntuosa Weltanschaung
che mi ha violentemente ridotto
a miserabile ombelico dell’universomondo,
al di sopra di tutto ci sono sempre io-io-io-io…
piagnucoloso, prepotente, insistente…
alla mia coscienza che come una escatologica servetta
controlla puntigliosamente la partita doppia:
DARE-AVERE… i conti non tornano
e il Padrone aspetta il resto,
ma i miei Talenti li hanno rubati il Gatto e la Volpe
e mi sento un asino in questo paese dei balocchi…
VIII
Gli inferni delittuosi di apotheke
duty-free dei drogati in astinenza
sono paradisi di lap dance,
vulve piumose sulle
ulcere ontologiche dei seni rubati,
delle carezze sottratte
da un padre padrone
arrogante proprietario di ogni voluttà
…gli inferni dei drogati franano
nell’immobilità di freudiane
posizioni fetali sospese
nel liquido algido di amniotici ricordi,
altalenano indifferenti ai bioritmi
sfuggendo alle bocche affamate
di infinite cellule percorse
dalla inestinguibile fame prenatale
…fame, fame, fame… fame…
inalterabile reminiscenza
dell’ultimo viaggio verso l’onnipotenza.
Il tossico subisce i suoi inferni
ma il suo cervello è in stand by…
vigile attesa di alternative soluzioni,
l’alcolista no!…
imballato nel cellofan del delirium tremens
abbandona i percorsi della realtà
per riaffacciarsi in un dipinto
di Hieronimus Bosch,
non subisce l’incubo... lo vive
inseguendo le allucinazioni e
ricomponendole in una infattibile quotidianità.
IX
…le ho guardato le gambe...
guizzi metallici di erotismo
e il defensor virginis aspro,
sudaticcio, debole e forte
nel suo richiamo di vigile barriera
e il petto che assecondava il gioco
la spinta alterna e sfacciata
invadente riproposizione
dell’enigma della Sfinge:
metà mia madre e metà
il culo di Patrizia lacerato
nell’urlo del nespolo laccato
tra il respiro delle dalie di maggio
e la sua schiena ossuta flessa supinamente
sul bordo della fontana
zampillante colonne di luce
tra le mani di un putto incancrenito
e lei con le unghie a solcare
dolorosamente il muschio divorato
dal gorgogliare convulso
e i soffocati singhiozzi
a suggellare un possesso irripetibile
dimenticato il giorno dopo
nel campetto di calcio
tra la polvere della domenica mattina.
L’imbarazzo ostentato,
la noncuranza del gesto superfluo,
ridondante e barocco,
Mexico city blues sfogliato meccanicamente
e il cuore… dio! Il cuore…
fuorigiri di adrenaliche pulsazioni,
jingle di una dimenticata fuga
da san Lorenzo inseguito
dalle sgommate di una volante,
Lally imploso nell’acquosità anfetaminica
di bestia impaurita… dall’inutile immersione
nelle pozze d’ombra
scavate tra i muri di manifesti strappati
e minacciosi runici di altri incomprensibili barbari..
il cuore, confine estremo,
unità di misura irrinunciabile seppellita
sotto il sasso di Raskòlnikov
insieme ad un rotolo di rubli
e qualche gioiello sottratto
al disinteresse e lasciato a futura memoria
nel cimitero della asocialità… il cuore!
X
Ho sopportato
la prossimità snervante
di anemiche esistenze,
il baluginio pomeridiano
di panici dormiveglia,
rimescolato le dieci ave marie
con i cinque pater noster,
penitenza abituale
per una epidermica fornicazione,
con una briciola di turkish cream
ho creato la pietra filosofale
…no, non funziona come dovrebbe!
Invece di trasmutare la merda in oro
posso cambiare l’oro in merda.
Ognuno ha i propri limiti,
i miei li lascio scorrere pigramente
lungo le gambe magre
e quando arrivano a toccare gli alluci,
con un colpetto, li faccio risalire…
una specie di jo – jo,
un moto perpetuo che perpetuo non è
ma, in attesa delle visite,
costringe il Tempo in un innocuo gioco
…con altri giochi consumavo i pomeriggi oziosi,
incantati dal sole liquefatto
che tagliava la stanza
con sbarre di pulviscolo divino…
un soffio ed il vorticare
di impercettibili universi
spegneva i rumori della strada
e il sonno, il sonno vero…
il sonno di innocenti filastrocche
di lenzuola fiorite mi sigillava gli occhi.
Ora il sonno pomeridiano
e quello della notte
giocano a dadi la tunica del REM
barano... oh, lo so che barano!
Ma li lascio fare… ormai non potrò più riavere
il mio sonno di una volta
e di questi alchimisti non so cosa farne
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