NyLon! - capitolo 27


La concubina Silvietta fu l’unica a percepire una vaga inquietudine che avrebbe potuto portarla a sospettare qualcosa pur coperta dalla lunga barba, poteva riconoscere una notevole somiglianza tra l’erezione dello sconosciuto passeggero accanto a lei e quella tipica dell’attore playboy Gabriele Sessarego nei film del genere catastrofaeronautico in cui interpretava il suo vecchio grande amore bin Dupuis. A ben vedere, barba a parte era tutto intero il passeggero a somigliare, gesticolare, odorare, orinare ed eiaculare a spruzzo come quel segretario di partito che l’aveva tanto amata e poi ripudiata per la lotta armata contro gli infedeli. Ma Silvietta era troppo timida e imbarazzata per lanciare l’allarme, che comunque non avrebbe sortito effetto alcuno. Infatti tutti gli altri passeggeri, per la gioia di quell’escursione turistica in cui si apprestavano a timbrare un altro mandato a Capezzone, erano euforici come lo sarebbero stati in gita dei boy-scout, il cui motto

- Estoti Parati! Estoti Parati!

farneticava danzando in prima classe con Maria Cristina l’eminente Editore unifrocio. Questa atmosfera da orchestra del Titanic si era creata grazie ai nostri altri due agenti, Gary e la Turka, per tutta la durata del volo imboscati nel cesso inalare incessantemente cannabis espirandone i vapori nel sistema di aria condizionata della cabina, per cui tutti i passeggeri felicemente inebriati avevano goduto di meravigliose fantasie oniriche. Daniele Capezzone aveva sognato di potersi finalmente liberare delle flaccide sembianze di Marco Cappato per incarnarsi in quelle granitiche del bionico vice-presidente Dick Cheney e così succedere Bush nel 2008. Da parte sua la meno pretenziosa Rita Bernardini aveva sognato di poter veramente divenire la tesoriera Janine dei lib-dem, che’ oltre a essere un partito più serio e meno serioso le avrebbe garantito una decorosa pensione di gratuiti doppi colpetti di malto singolo. E in tema scozzese, Abigail aveva avuto il sogno più improbabile di un weekend a Glasgow senza pioggia. Invece il candido magnate indo-orobico John Patel aveva sognato di fare un giro di prova sulle concubine per verificare se avesse potuto sollevarle dalla sciagura di servire Capezzone per assumerle lui, nel ruolo socialmente più utile di assistenti di volo per la sua compagnia, considerato che la Raffa e Maria Cristina erano ormai avanti con gli anni e nella sua saggezza di imprenditore era suo dovere cominciare a pensare a un ricambio generazionale. L’architettopiteco Albergo Licheri sognava sempre e solo in esperanto e dunque non pote’ che sognare la notte in cui conobbe la popstar esperantista e se ne innamorò a prima vista. Dopo una serata tristanzuola di dibattito coi lib-dem sul sistema elettorale australiano, si era trascinato al pub irlandese per deprimersi ulteriormente affogando i suoi dispiaceri e devastante solitudine in un ennesimo giovedì sera di vomitevole dysko-musik polacca al watering hole di Acton che gli aveva consigliato Capezzone dopo una visita a Londra. Era ormai alla quinta pinta quando salì sul palco l’avvenente notaia polacca Agnyeska Rostropova, che in attesa del permesso di lavoro si guadagnava da vivere con l’intrigante nome d’arte di Sara Piccardo. Il suo soffice biondo vello, gli occhioni verdi e la boccuccia di rosa, ma più che altro il culetto diciottenne e l’aquilino nasoppio armeno-giudaico-greco-romano lo mandarono in brodo di giuggiole. Terminata la performance, soprendendosi egli stesso del suo tanto osare, l’Albergo si offrì per accompagnarla. Come spesso accade in questi casi, era una notte buia e tempestosa. Scoppiò infatti un violento uragano e l’Albergo trascinò Sara a rifugiarsi inzuppati in una cabina del telefono

- Mo’ ke kavolon famo qui insido fintantoké enda el tempestoj atmosferiko?

Spaventata dai tuoni e fulmini chiese la Piccardo-Rostropova in perfetto esperanto. Uscito dalla facoltà di architettjattura laureato a pieni voti con una tesi sulla teoria quantistica dei baci cabino-telefonici, per comprovarla nella pratica l’Albergo Licheri aspettava da una vita quella domanda come e più di quanto un cinefilo taxista newyorchese si aspetterebbe da un momento all’altro James Bond dirigerlo a inseguire il taxi del collega di fronte appena partito con a bordo il cattivo di turno. D’entrambi unzippando gl’impermeabili, Licheri insinuò le mani a riscaldarle le braccia in modo apparentemente amichevole, per poi protettivamente scendere la destra su un suo fianco e ascendere la maldeztra - come direbbe Bonino in ezperanto per zignificare la ziniztra -, intrufolarsi a sfiorarle la pelle d’oca sulla spalla ancora intirizzita dal freddo e il pallido collo di cigno fino ad accarezzarle il bernoccolino sulla nuca marchio di ogni intelligente popstar esperantista, e in men che non si dica, coi rispettivi sguardi strabirsi e sfuocarsi tuffandosi gli uni negli altri, passionalmente le loro lingue si incontrarono ancor prima delle loro labbra. Interferiva nel bel sogno d’amore l’odioso DJ, il prete rockettaro pedofilo e avifago don Domenico Spena, in realtà anch’egli un notaio polacco invidioso del successo della connazionale e geloso che questa gli preferisse l’Albergo.


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