NYLON!, capitolo 7.
Sono trascorsi sei giorni e questo weekend per la Raffa è stato newyorchese. Nel frattempo è andata e venuta e non me l’ha più data. Non che io l’abbia cercata da quando ho capito che c’è un altro nella sua pesca non ho insistito più di tanto. È la mia sofisticata quanto disperata strategia consistente nel farglielo mancare affinché lei si re-innamori di me. Ma non funziona. È felice senza sesso, perlomeno senza sesso con me. Sul mega-airbus beata tra le nuvole, sempre sorridente, non si rende conto di quanto sia palese questa sua infatuazione per un altro. La cosa che mi fa impazzire è di non sapere chi diavolo sia questo altro. Non posso combattere un avversario se non so chi è, cosa fa, perché, come lo fa, dov’è. Dov’è lo so in America, ovviamente, a New York City. Non può esserselo trovato che lì, la troia pendolare atlantica. Fottuto bastardo, vorrei fargli un culo così, ma fingo bene di trattenere la gelosia cercando di concentrarmi sulla politica. La politica, cheppalle.
Sono trascorsi sette giorni e nel frattempo le 15 iscrizioni londinesi sono arrivate a Roma con allegati i duemila paundi tradotti in tremila euri. Non un granché, ma abbastanza per pagare lo stipendio mensile di un paio di impiegatucci in Torre Argentina. Tendenzialmente paranoico, questa volta l’iperattivo Capezzone fu invece piuttosto impressionato dal mio ingannevole mix. Non potevo iscrivere solo la schiera delle mie ex bulgare, non sarebbe risultato credibile con tutti quei nomi strani. Perciò le limitai ad un paio di amiche - la Vladimira Vladimirova Vladimiroska e la Liubomira Liubomirova Liubomiroska -, e gli spiattelai i miei indigeni assistenti Gary e Tim del partito (il mio), più David, Fran e Orion, sempre simpatizzanti del partito (ma il suo) e inoltre le Nicola e Andrea di transessuale memoria, più la mia vicina di casa Kate e il suo gatto Dip. Infine iscrissi d’ufficio Andrea, Maria Cristina, la Raffa e naturalmente me stesso. L’esca era piazzata, dovevo solo accertarmi che il salmone abboccasse.
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