È un altro uomo molto potente anche Armando Crocicchio, come sempre inseparabile al suo fianco, già assistente parlamentare e storico braccio destro di Cappato, ne è anche il fidato stalliere e l’unico altro uomo cui sia concesso avvicinarsi al bene prezioso più caro al commendatore: la stalla di cavalli campioni di polo che alleva nel Parco di Monza sequestrato al precedente capo di governo, che in una mossa a dir poco spericolata il giorno prima della scadenza del suo mandato vi aveva esteso per decreto la sua proprietà.
Come ogni domenica mattina da un quarto di secolo, Crocicchio e il premier conducono assonnati la rassegna stampa di Radio radicale, il cui unico ascoltatore è rimasto il leader dell’opposizzone Capezzone, che puntualmente replica via Velino e in questa maniera la cosa esce sui giornali in modo che il direttore Bordin abbia qualcosa da leggere nella rassegna stampa per il resto della settimana e concluderla discutendone a colpi di tosse col centenario Pannella e sempre più spesso anche Stanzani, più raramente Bandinelli. Insomma, normale tran tran di partito, ora torniamo in diretta. Siccome in questa notizia della Tribuna di Treviso era citato Cappato, questi la fa leggere a Crocicchio, trionfante:
SUTTORA CONDANNATO IN CASSAZIONE
Il giornalista playboy dovrà pagare gli alimenti anche alla sesta ex moglie. Il vittorioso divorzista Granzotto ottiene per Madonna anche il gigantesco ranch di Farmville. Il radicale Cappato: “Giusta sentenza”. Capezzone accusa: “Magistratura eversiva”.
Il leader radicale ascolta allisciandosi i baffi – che nessuno in Italia sapeva spiegarsi perché fosse presa a Capezzone e Cappato questa disgustosa mania di competere anche in peli facciali di tutte le fogge – senza sapere lui che proprio il soggetto Suttora del titolo stava per attentare alla sua vita per erogazione di cappaticidio. Sarà la volta buona o un altro fallimento? Riuscirà Mauro Suttora là dove il sicario Londradical ha sempre miseramente fallito? La risposta è: Boh, ecco intanto il primo capitolo.
Capitolo 1
Il giornale della sera prima addormentato su un tavolino del bar titolava inequivocabile:
SUTTORA CONDANNATO IN CASSAZIONE
Il giornalista playboy dovrà pagare gli alimenti anche alla sesta ex moglie. Il vittorioso divorzista Granzotto ottiene per Madonna anche il gigantesco ranch di Farmville. Il radicale Cappato: “Giusta sentenza”. Capezzone accusa: “Magistratura eversiva”.
“Giornalisti d’immerda” risputando l’arancia nello spritz al Campari imprecò Mauro Suttora, il cui vero obiettivo non erano i colleghi ma il rivale in amore Bob Granzotto, verso il quale aveva sempre covato invidia per il suo spregiudicato successo, e il rabbioso risentimento gli si rinfocolava alla rilettura sul Foglio della monumentale biografia di Granzotto scritta dal Cominelli con la mucca Martinenga, che inevitabilmente gli richiamava alla mente la moglie dell’acerrimo nemico, l’ambitissima nobildonna Concetta Quattrotetta Granzotto che lui non era mai riuscito a trombare e tutte le sue ex mogli sapevano quanto gli sarebbe dannatamente piaciuto togliersi lo sfizio.
Suttora avrebbe voluto ammazzare Granzotto, che il giorno prima in tribunale l’aveva pure ridotto in bancarotta, ma non poteva! Tutti avrebbero sospettato subito di lui! Avrebbe pertanto accoppato Cappato. Avrebbe proposto un patto allo sciagurato sicario Londradical, che attentava vanamente alla sua vita da talmente tanto tempo ormai che Cappato stesso era diventato calvo. Gliel’avrebbe sgozzato lui il dannato cappone, se Londradical in cambio avesse eliminato Granzotto. Londradical al telefono accettò subito con entusiasmo – It’s a deal! – e cominciò a darsi da fare elaborando un articolato piano di granzotticidio
1. Granzotto si sposta in Fiesta rossa, stesso modello dello stesso colore per tutta la vita, comprata nuova sette volte ad ogni restyling dando dentro la vecchia. Si potrebbero sabotare tutte le Fiesta rosse in produzione in Europa quest’anno e consigliargli di cambiare l’auto. Ipotesi macchinosa.
2. Granzotto ama molto la moglie: rapire la nobildonna Concetta Quattrotetta Granzotto e minacciare di squartarla se Granzotto non si suicida immolandosi per lei.
3. Assoldare Granzotto pagandolo profumatamente per raccogliere rospi di notte sul ciglio della provinciale di fondovalle e traghettarli in sicurezza al torrente. Procedere quindi con autotreno dei servizi ambientali.
4. Convincere Cappato che Granzotto lo vuole morto per fare in modo Cappato lo elimini preventivamente. Fare presto a parlare con Cappato prima che Suttora lo faccia fuori…
E così via per molte pagine in centinaia di ipotesi il professionista del delitto perfetto. Intanto anche Suttora si dava da fare con Cappato: lo seguiva dappertutto con la scusa di dover vivere con lui qualche giorno per documentarne l’attività in un numero speciale di Oggi – Tuttocappato – 150 pagine a colori di Cappato in volo, alla radio, in pigiama per soli venti euri, e su ogni pagina il comodo video-trafiletto interattivo con traduzzone in capezzone per comparare al body scanner ogni dettaglio di Capezzone e Cappato. Corri in edicola!
Eh eh, quell’allocco del sicario Londradical non l’avrebbe mai sospettato, ma con l’esclusiva di quel duplice omicidio Suttora avrebbe guadagnato venti milioni di euri, e poi avrebbe anche denunciato Londradical come colpevole di entrambi il granzotticidio ed il cappaticidio, che peraltro era notorio perseguisse avidamente, così l’unico testimone sarebbe stato in galera, e lui ricchissimo. Eh eh, sogghignava sotto i baffi finti mentre svoltava divertito dall’uscita del Parco Merduca che dava sul Largo Mucca Martinenga chiedendosi che cosa avrebbe architettato Londradical per eradicare Granzotto dal pianeta prima che lui lo vendesse alle autorità con un formidabile scoop in un milione di copie a 20 euri ciascuna.
E anche Londradical in quel momento stava leggendo la monumentale biografia del Cominelli sul Granzotto, che Suttora gli aveva consigliato di scaricare per documentarsi sul suo nuovo obiettivo. Esordiva l’alpestre ma erudito biografo::
Ci sono anni che vengono ricordati nella Storia per un singolo evento straordinario - come quelli dello sbarco sulla luna o della caduta del muro di Berlino -, altri anni insignificanti che non vengono ricordati affatto e, per mantenere la media, anni rarissimi in cui di eventi straordinari se ne verificano ben due. Il vento soffiava antiautoritario nel 1965, che sarebbe stato ricordato come l’anno in cui avvennero sia il concepimento del Granzotto che, nove mesi più tardi, la sua nascita il mattino presto di giovedì 16 dicembre alla clinica Mangiagalli di Milano.
Medico ostetrico nato a Mortara (Pavia) nel 1850, Luigi Mangiagalli nel 1902 fu deputato del Regno, poi nel 1922 eletto sindaco di Milano, ma soprattutto nel 1924 fu tra i fondatori dell'Università degli Studi, di cui fu eletto primo rettore. E invero il Granzotto si sarebbe ritrovato quasi 16 anni dopo a transitarvi davanti quotidianamente proprio per motivi di studio contemplando col doveroso rispetto l’edificio nel frattempo divenuto famoso per avergli dato i natali i natali nella beneugurante via della Pace, alla quale perveniva da via Manera, che però non ebbe mai modo di appurare se c’entrasse qualcosa con l’omonimo frociosofo Carlo Manera discepolo dell’omopatavino cardinal Tosoni. Inserita nel complesso ospedaliero degli Istituti Clinici di Perfezionamento, negli anni a venire la clinica Mangiagalli di Milano sarebbe stata al centro di aspre polemiche sull’aborto.
Nel luglio del 1976, mentre era in corso in Parlamento e nel paese il dibattito per la legalizzazione dell’aborto stesso, tre medici in servizio presso la clinica — Francesco Dambrosio, Bruno Brambati e Mauro Buscaglia — si recano a Seveso, in Brianza, dove si è sprigionata una nube tossica di diossina dallo stabilimento ICMESA, allo scopo di dissuadere le donne del luogo dal mettere al mondo figli per timore di malformazioni. Si accaniscono sul “caso Mangiagalli” il quotidiano Avvenire, Comunione e Liberazione, i medici Egidio Spaziante, Luigi Frigerio, Leandro Aletti, Angelo Craveri e il ministro della Sanità Carlo Donat Cattin. Dall’altra parte tra gli altri c’è Guido Tassinari: "Dobbiamo imparare a guardare in faccia la realtà. Perché giocare con le parole? L’aborto è un mezzo di controllo delle nascite, il più antico, il più diffuso, il più sofferto, il più punitivo nei confronti della donna".
Nel luglio del 1976, mentre era in corso in Parlamento e nel paese il dibattito per la legalizzazione dell’aborto stesso, tre medici in servizio presso la clinica — Francesco Dambrosio, Bruno Brambati e Mauro Buscaglia — si recano a Seveso, in Brianza, dove si è sprigionata una nube tossica di diossina dallo stabilimento ICMESA, allo scopo di dissuadere le donne del luogo dal mettere al mondo figli per timore di malformazioni. Si accaniscono sul “caso Mangiagalli” il quotidiano Avvenire, Comunione e Liberazione, i medici Egidio Spaziante, Luigi Frigerio, Leandro Aletti, Angelo Craveri e il ministro della Sanità Carlo Donat Cattin. Dall’altra parte tra gli altri c’è Guido Tassinari: "Dobbiamo imparare a guardare in faccia la realtà. Perché giocare con le parole? L’aborto è un mezzo di controllo delle nascite, il più antico, il più diffuso, il più sofferto, il più punitivo nei confronti della donna".
1. continua
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