Cose da pazzi 

Come promesso, eccoci alle istruzioni per il sabotaggio di un altro reparto ospedaliero, nel mio caso riguardante un ospedale del medio Friuli ma l'esperimento è riproducibile ovunque ed esorto calorosamente i miei devoti seguaci ad imitarmi. Occorre prima di tutto farvici ricoverare, e nel mio caso è stato problematico perché lo psichiatra mi conosceva bene (è quello che mi prescriveva le benzodiazepine) e non mi avrebbe lasciato andare oltre il suo studio, per cui ho dovuto prima eliminarlo in un modo macchinoso consistente nel sedurre una delle sue infermiere, plagiarla e ipnotizzarla per farle tagliare la gola dello sventurato luminare scuoiandone la barba per conservarla come trofeo, ma i dettagli li vedremo un'altra volta dando per scontato che i lettori di questo blog siano ancora sconosciuti ai loro locali centri di salute mentale nonostante siano appunto  lettori di questo blog.

Per prima cosa occorre un numero di complici pari a quello dei pazienti residenziali meno uno, cioè sei per gli otto letti, sette dei quali occupati, nel caso di questo piccolo ospedale. Bisogna infatti avere l'accortezza, tramite opportuni lunghi appostamenti, di operare subito dopo che un paziente sia stato dimesso e quindi si sia liberato un posto per accoglierti, giacchè il tuo scopo apparente è quello di essere ricoverato. Per quanto mi riguarda non è stato difficile trovare entusiasti volontari dopo che nel reparto alcologia hanno sparso la voce che avrei offerto da bere i due anziani degenti miei complici dell'incursione in odontoiatria di cui al post precedente. Con questi due, lasciando gli altri quattro fuori in attesa, nascosti dietro gli alberi con ciascuno una bottiglia piena, ci si presenta alla reception di psichiatria sostenendo di essere convinti trattarsi dei propri genitori, e questo garantisce l'immediato ricovero d'urgenza, o quanto meno l'accesso al reparto, approfittando anche del fatto che gran parte del personale è assente per partecipare al funerale del primario sgozzato.

Una volta dentro sarebbe stato tutto semplice, rapido e indolore, se non fossi rimasto sconvolto e momentaneamente paralizzato da una scoperta agghiacciante: tutti i ricoverati, invece di essere squilibrati indigeni, in pratica consistevano in mezzo Partito radicale milanese: passando davanti alla stanza delle donne ho riconosciuto Virginia Fiume, Daria Veronesi, Bruna Colacicco e Orietta Callegari, internata per essere convinta di abitare a Genova, e giunto nella camera maschile mi hanno spiegato le ragioni dei loro ricoveri Federico Valerio Federico (per stato confusionale di nome e cognome), Alessandro Litta Modignani (sindrome da cognome composto) e Lorenzo Strik-Lievers (cognome composto acuito da trattino).

Mancava il paziente appena dimesso ma avrei già dovuto intuire dal busto marmoreo esposto all'ingresso del reparto, in ricordo della sua lunga permanenza, trattarsi dell'altro mezzo genovese psichiatra pazzo Armando Crocicchio. Insomma ho così casualmente scoperto che tutti i radicali che ogni tanto spariscono da qualche sede vengono segretamente internati nei reparti psichiatrici di ospedali distanti centinaia di chilometri, per cui ai devoti seguaci che ripeteranno le mie gesta nelle rispettive città rivolgo un appello a ricostruire insieme una mappa di dove siano finiti Dora Pezzilli (la prima che mi sarei aspettato di trovare qui nella sua regione), Alberto Licheri (certamente non in Sardegna), Mario Staderini (potrebbe essere ovunque tra Ragusa e Bressanone) e così via.

Superato lo sgomento ho prontamente ribattezzato l'operazione "radicali liberi" e dato atto al mio piano col semplice ausilio di un fiammifero acceso sotto un sensore anti-incendio. Immediatamente scattato l'allarme, il personale è accorso ad evacuare gli impazienti pazienti per accompagnarli in cortile, dove c'erano ad attenderli gli alcolisti per tramortire gli infermieri con le bottiglie nel frattempo svuotatesi e subito disperderci ciascuno di noi in tutte le direzioni accompagnando ognuno dei sette compagni meneghini in altrettante osterie degli altrettanti borghi della località friulana. Personalmente ho condotto Daria Veronesi (era stata fatta internare su pressione di Pannella in persona per essersi candidata nel PSI di Boselli) nella migliore osteria del centro, e siccome c'è sempre stato un certo feeling tra di noi vi saluto per dedicarmi a palpeggiarla. A rileggerci nel prossimo reparto

1 commento:

Anonimo ha detto...

grazie per la citazione in effetti io l'ho sempre sospettato che fosse un'aliena!
ori