Ecco il calvario di noi barboni

ST. ALBANS (Gran Bretagna) – “Sei un'alcolista ciclotimica tendente al bipolare, inoltre ti lavi poco e non ti depili le ascelle. Sei perfetta per questo servizio, finirai in copertina”. Con queste parole di conforto un giornalista di un noto periodico mi ha scaricata stamattina a Milano in stazione centrale, dotandomi di un computer portatile, un sacco a pelo e una banconota da 50 euro, con l’incarico di sopravvivere l’inverno come una barbona per scrivere un reportage sulla vita di strada dei senzatetto.

Col piffero, ho pensato io dopo essermi guardata attorno, e ho preso il bus diretto a Orio al Serio per investire la banconota imbarcandomi verso questa isola tropicale dove raramente la temperatura scende sotto zero e dove per esperienza sapevo già come dormire al caldo: presso lo shelter (rifugio) "Open Door", dove gli homeless possono pernottare fino a un massimo di 28 giorni e poi non ci possono tornare per altre quattro settimane.

L’altra regola fondamentale, come in analoghe strutture italiane, è che si deve uscire prima delle 7-8 del mattino e rientrare (vagamente sobri) verso le 19-20, per cui i vagabondi britannici hanno in comune coi nostri (e suppongo quelli nel resto del mondo), di essere i primissimi clienti all’apertura dei supermercati, naturalmente per rifornirsi di alcol (da queste parti lattine di pessimo sidro gasato, più economico della birra), tranne la mia amica Yildiz, turca analcolica che ritenendosi una grande esperta di calcio spende tutto il suo dole al calduccio della sala scommesse.

Il dole è il sussidio di disoccupazione, all’incirca una decina di sterline al giorno, del quale vivono anche le tre obese e flatulente indigene che condividono la stanza con me, Yildiz e Rebecca, ma a differenza di noi trascorrono la giornata al "Black Lion Inn", uno dei 53 pub, con l’anatra Crispy sul suo sgabello preferito. Io invece, senza dole, passo il tempo in biblioteca, dove posso scrivere l’articolo sui barboni milanesi collegandomi gratis e copiando quasi tutto dal blog BarboniOnline.

Qui a St. Albans i giorni passano veloci, tranne le domeniche pomeriggio quando la biblioteca è chiusa e per stare al caldo mi chiudo in un cubicolo dei gabinetti pubblici dei quali ho disattivato il sensore antifumo con la complicità dell’addetto alle pulizie polacco, che mi ha preso in simpatia perché crede che in quanto italiana sia cattolica. Se è una bella giornata, nell’antica Verolanum (era in Albione una delle tre maggiori città dell’impero romano) faccio da guida turistica ai colleghi vagabondi londinesi che nel fine settimana vengono qui in campagna per sfuggire ai ritmi frenetici della city, e passeggiando nel grande parco corteggio Rebecca, una bella ragazza dell’Africa orientale, vittima di violenze domestiche che non aveva dove andare e i servizi sociali hanno temporaneamente parcheggiato al rifugio.

Vorrei restarle vicino ma i miei 28 giorni sono scaduti e mi arrabatto nell’antistante parcheggio multipiano del municipio, nel sacco a pelo e la borsa del computer come cuscino antifurto. Vengo diffidata dagli impiegati comunali una prima notte, cacciata una seconda volta e alla terza, dopo una settimana, scatta l’arresto, con mio sollievo nel poter trascorrere una notte in una confortevole cella della stazione di polizia. Il bravo avvocato d’ufficio O’Piffer è un irlandese che mi ha preso in simpatia perché crede che in quanto italiana sia cattolica, e convince il giudice a risparmiarmi la multa di 80 sterline purché mantenga la promessa di togliermi dai piedi. Non è propriamente un foglio di via, ma mi hanno schedata e non voglio irritarli.

Per 150 sterline vendo il computer a Rebecca e gli altri ragazzi cui ho insegnato a usarlo in biblioteca. Per risparmiare lascio il paese in pullman e una ragazza tedesca studentessa a Oxford mi si addormenta sulla spalla. A Lilla il pullman si rompe e lei mi offre un bacio e una canna di ottimo afgano del quale mi vende un’oncia prima di proseguire in treno per Colonia. Con un altro pullman arrivo a Parigi dove vago nella notte di una città notoriamente molto più gelida di Londra, finché una musica ad alto volume mi porta ad imbucarmi in una festa privata per mangiare e bere a sbafo, ma mi scoprono e me ne devo andare, con nascosto in tasca un panino.

“Donne moi la rosette!” mi intima un giovane minaccioso ed evidentemente affamato. Rimango allibita: sono stata rapinata per la strada di una salsiccia lionese. Parigi mi fa veramente schifo, non ho nessuna intenzione di indagare sulla vita dei locali clochard e con l’ultimo denaro rimasto prendo il treno per Milano, sul quale passano gli sbirri coi cani antidroga, che mi ignorano. Terribile sospetto e veloce controllo: la romantica studentessa di Oxford mi ha appioppato un’oncia di pongo. Arrivo in redazione stremata e depressa. "Ah!, pensavo fossi morta, vabbè. Comunque l'inverno è finito e l'articolo sui barboni non serve più. Però sei un'alcolista ciclotimica tendente al bipolare, e inoltre conosci l'alfabeto cirillico. Sei perfetta per questo servizio sulla Siberia, finirai in copertina"...

1 commento:

Anonimo ha detto...

meglio di Bukowski!!!
ori