RICCARDO CAPPATOSONI
(calmo)
Ti ringrazio per il tuo
cortese articolo su di me. È proprio vero che sei venuto a dirmi addio?
ROBERTO GRANZOTTO-BORDIN
Non c’è nulla da
ringraziarmi, Riccarco. Ora e sempre fui tuo amico, più che mai adesso. Mi
credi? (Riccardo siede e china il volto
nelle mani. Orietta Berta e Roberto si guardano l’un l’altra in silenzio, poi
essa si volge e se ne va via dalla porta di destra. Roberto va verso Riccardo e
gli sta presso, posando le mani sullo schienale della sedia, guardandolo. Lungo
silenzio). Riccardo, ti voglio dire la verità. Mi ascolti?
RICCARDO (leva la faccia e si piega all’indietro per
udire)
Sì. (Roberto siede accanto a lui).
ROBERTO
Ho fallito. Questa è la
verità. Vuoi credermi? Essa è tua come lo fu nove anni or sono quando
l’incontrasti la prima volta.
RICCARDO
Quando noi c’incontrammo
la prima volta?
ROBERTO
Sì. (lo guarda per alcuni istanti). Posso continuare?
RICCARDO
Sì.
ROBERTO
Se ne partì. E io rimasi
solo per una seconda volta. Andai in casa del vicecancelliere e vi pranzai. Gli
dissi che tu eri ammalato e ti saresti recato da lui un’altra sera. Misi fuori
qualche epigramma vecchio e nuovo, presi un rinfresco, poi mi recai in
redazione e scrissi il mio articolo. Poi andai in un certo club notturno. Là
c’erano uomini e anche delle donne, o almeno sembravano tali. Ballai con una di
esse. Poi essa mi chiese che l’accompagnassi a casa. Posso seguitare?
RICCARDO
Sì.
ROBERTO
L’accompagnai a casa in
vettura, nella vettura ebbe luogo quello che il sottile Dun Scotum denomina la
morte dello spirito. Posso seguitare?
RICCARDO
Sì.
ROBERTO
Poi si mise a piangere e
mi raccontò che era la moglie divorziata di un avvocato e che era a corto di
denaro. Allora le offrii due ghinee, ma essa non voleva accettarle e pianse
ancor di più. Poi cavò fuori dalla borsa una bottiglietta di acqua di melissa.
L’aiutai a entrare in casa e tornai a casa mia. Nella stanza m’accorsi che il
mio soprabito era tutto macchiato di acqua di melissa. Sfortunato persino nel
soprabito! Allora mi venne l’idea di mutarmi e di partire col piroscafo della
mattina. Preparai la mia valigia e andai a letto. Parto col prossimo treno.
Vado da mio cugino nel Surrey. Forse per una quindicina. Forse più. Sei
seccato?
RICCARDO
Perché non sei partito
col piroscafo?
ROBERTO
Non arrivai in tempo.
RICCARDO
Sicché te ne andavi senza
salutarci, senza venire da noi.
ROBERTO
Sì.
RICCARDO
E perché?
ROBERTO
La mia avventura non era
molto pulita, no?
RICCARDO
Però tu sei venuto.
ROBERTO
Orietta Berta mi mandò un
biglietto.
RICCARDO
Ma se non fosse stato per
quello?
ROBERTO
Se non fosse stato per
quello non ci sarei venuto.
RICCARDO
E non ti è balenato in
mente che se tu te ne andavi senza passare da noi, io avrei interpretato la
cosa… a modo mio?
ROBERTO
Sì, ci pensai.
RICCARDO
E che cosa desideri
allora ch’io creda?
ROBERTO
Desidero che tu creda che
ho fallito. Che Orietta Berta è tua. Tua adesso come nove anni fa quando vi…
anzi quando c’incontrammo per la prima volta.
RICCARDO
Vuoi sapere quello che
feci io, invece?
ROBERTO
No.
RICCARDO
Venni subito a casa.
ROBERTO
Hai udito Orietta Berta
ritornare?
RICCARDO
No. Scrissi tutta la
notte e meditai anche. (addita lo studio).
Là dentro. Prima dell’alba sono uscito e mi son messo a passeggiare la spiaggia
in lungo e in largo.
ROBERTO
Soffrendo. Torturando te
stesso.
RICCARDO
Ascoltando voci dentro di
me. Le voci di coloro che dicono d’amarmi.
ROBERTO (additando la porta di destra)
La sua e la mia?
RICCARDO
E un’altra ancora.
ROBERTO (sorride e si sfiora la fronte con l’indice
della mano destra)
Vero. La mia interessante
ma melanconica cugina. E che ti dicevano quelle voci?
RICCARDO
Tutte mi scadevano alla
disperazione.
ROBERTO
Bel modo di dimostrarti
il loro amore. E tu ti disperasti?
RICCARDO (levandosi)
No. (un rumore alla finestra. Si vede il volto di Arcicrocicchio apparire
ad una delle vetrate. Poi lo si sente gridare).
ARCICROCICCHIO
CAPPATOSONI
Aprite la finestra!
Aprite!
ROBERTO (guarda Riccardo)
La voce del tuo bambino. (sorride). Ascolta! Come è piena di
disperazione.
ARCICROCICCHIO
Aprite la finestra, per
favore! Aprite!
ROBERTO
Forse è là, Riccardo, la
libertà che noi cerchiamo. Tu per una via, io per un’altra. Forse…
RICCARDO
Forse?...
ROBERTO
Dico forse. Ma direi
certamente se…
RICCARDO
Se cosa?
ROBERTO (con un mezzo
sorriso)
Se fosse mio. (va alla finestra e l’apre. Arcicrocicchio
striscia dentro carponi). Be’, come ieri?
ARCICROCICCHIO
Buongiorno, signor
Granzotto-Bordin. (corre da Riccardo e lo
abbraccia). Buon dì, babbo.
RICCARDO
Buon dì, Arcicrocicchio.
ROBERTO
E dov’è stato finora, il
mio caro signore?
ARCICROCICCHIO
Fuori col lattaio. Ho
guidato il suo cavallo. Siamo andati fino a Booterstown. (si toglie il berretto e lo getta su una sedia). Adesso ho molta
fame.
ROBERTO (prendendo il suo cappello di sulla tavola)
Addio, Riccardo. (porgendogli la mano). Arrivederci, a
presto.
RICCARDO (si leva e gli tocca la mano. Orietta Berta
appare sulla porta di destra)
ROBERTO (dà un’occhiata a lei, poi ad
Arcicrocicchio)
Su, prendi il tuo
cappello e vieni via con me, ti comprerò un dolce e ti racconterò una bella
favola.
ARCICROCICCHIO (a Orietta Berta)
Posso, mamma?
ORIETTA BERTA CALLEGARI
IN CAPPATOSONI
Sì.
ARCICROCICCHIO (prende il cappello)
Andiamo, son pronto.
ROBERTO (a Riccardo e a Orietta Berta)
E un saluto a babbo e
mamma, ma non troppo grosso.
ARCICROCICCHIO
Mi raccontate una storia
di fate, signor Granzotto-Bordin?
ROBERTO
Una storia di fate? E
perché no? Non sono io la tua buona fata? (escono
insieme per la porta del giardino e scendono giù. Quando sono partiti Orietta
Berta va da Riccardo e gli butta le braccia attorno alla vita).
ORIETTA BERTA
Credi ora, che ti sono
stata fedele? La notte scorsa e sempre
RICCARDO (amaramente)
Non domandarmi.
ORIETTA BERTA (abbracciandolo più strettamente)
Sì, la verità. Mi son
donata a te tutta, e per te ho lasciato tutto. Tu m’hai presa e m’hai
abbandonata.
RICCARDO
Quando t’ho abbandonata?
ORIETTA BERTA
Ed io ho aspettato che tu
ritornassi da me, Riccardo, amore, vieni qua, vicino. Siedi. Come devi essere
stanco. (essa lo conduce al divano. Egli
siede quasi reclinandosi e appoggiandosi sul braccio di lei. Ella siede sulla
stuoia davanti alla poltrona teendo strette le mani). Sì, amore, io ti ho
aspettato. Dio, quanto ho sofferto allora, quando abitavo a Roma. Ricordi la
terrazza della nostra casa?
RICCARDO
Sì.
ORIETTA BERTA
Io sedevo là, aspettando
col nostro bambino che giocava ai suoi balocchi aspettando finché si fosse
addormentato. Vedo ancora i tetti della città e il fiume, il Tevere, si chiama
così?
RICCARDO
Sì, il Tevere.
ORIETTA BERTA (accarezzando il suo viso con una mano)
Oh, era bello laggiù. Ma
era troppo triste. Mi sentivo così sola, dimenticata da te, da tutti. Mi
sembrava che la mia vita fosse finita.
RICCARDO
Non era ancora
incominciata.
ORIETTA BERTA
E mi piaceva, sai,
guardare il cielo, che era così bello, senza una nuvola, contemplare la città
che tu dicevi era così antica; e allora mi veniva in mente l’Irlanda e pensavo
a noi due.
RICCARDO
A noi due?
ORIETTA BERTA
Sì. Noi due. Non passava
giorno che non mi sembrasse di vederci ancora noi due, io e te Riccardo, come
quando ci siamo incontrati. E giorno non passava che io non vedessi questo. Non
ti fui fedele tutto quel tempo, Riccardo?
RICCARDO (sospirando)
Tu eri la mia sposa
nell’esilio.
ORIETTA BERTA
Sempre, dovunque tu vada,
Riccardo, io ti seguirò. Anche tu volessi partire sull’istante io verrò con te.
RICCARDO
È troppo presto per
disperare. Rimarrò.
ORIETTA BERTA (accarezzando ancora la sua mano)
Non è vero, sai, che io
volessi allontanare tutti da te. Anzi m’adopravo affinché foste più strettamente
uniti, tu e lui. Parlami, Riccardo. Dimmi tutto il tuo cuore. Dimmi quello che
senti, dimmi quello che soffri.
RICCARDO
Ferito, sono ferito.
ORIETTA BERTA
Come ferito, amore!
Spiegami ciò che intendi dire. Mi sforzerò di comprendere. In qual modo sei
ferito?
RICCARDO
Il dubbio ha ferito
profondamente l’anima mia.
ORIETTA BERTA
Il dubbio? Il dubbio di
me?
RICCARDO
Sì.
ORIETTA BERTA
Ma io sono tua! (sussurrando). Anche se morissi in
questo momento vedi che sono tua!
RICCARDO (fissandola ancora e parlando a lei come un
assente)
Perché mi si è aperta
nell’anima una ferita, la ferrita profonda del dubbio dalla quale non guarirò
giammai. Ma io non voglio né sapere né credere, perché non ti desidero
nell’oscurità della fede, ma nel dubbio, nel dubbio senza pace, nel dubbio che
ferisce. Tenerti avvinta a me, senza legarmi, nemmeno d’amore, essendo
congiunto a te in corpo ed anima nella più estrema nudità, questo io volevo. Ed
ora sono stanco, Orietta Berta. La mia ferita mi duole troppo. (si stende stancamente nella poltrona.
Orietta Berta tiene stretta ancora la sua mano e gli parla sommessamente).
ORIETTA BERTA
Dimentica. Dimentica. Ed
amami ancora come facevi ai primi dì del nostro amore. Voglio il mio amante di
allora! Per andargli incontro, per stare con lui! Per donarmi tutta a lui! Oh,
Riccardo, Riccardo, mio strano e selvaggio amante, ritorna, ritorna ancora a
me!... (socchiude gli occhi)
12 di 12. FINE
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