BEATRITA BERNARDINI
Oh, signor Cappatosoni,
sono venuta qua di buon’ora per mostrarvi questo… Lo ha scritto Roberto, la
notte scorsa, volete leggerlo?
RICCARDO CAPPATOSONI
Certamente. È questo? (Orietta Berta appare sulla porta di
sinistra e si ferma ad ascoltare)
RICCARDO (volta la pagina)
Ah, ecco, ci siamo. “Un
insigne irlandese”. (comincia a leggere
con una voce piuttosto cupa ed aspra). “Non ultimo dei vitali problemi che
la nostra patria deve affrontare è quello dell’atteggiamento che essa ha da
prendere verso quelli fra i suoi figli che avendola abbandonata nell’ora del
bisogno, ritornano a lei adesso alla vigilia della vittoria tanto lungamente
attesa, a lei, che nella sua solitudine e nell’esilio essi avevano imparato
finalmente ad amare. Nell’esilio abbiamo detto, ma convien distinguere. C’è un
esilio economico e un esilio spirituale. Ci sono quelli che l’hanno abbandonata
per cercarsi quel pane di cui gli uomini vivono, ce ne sono altri, e sono i
suoi figli prediletti, che l’abbandonarono per cercare in altri paesi quel cibo
spirituale, mediante cui una nazione di esseri umani si mantiene in vita.
Coloro che ricordano la vita intellettuale di Dublino di dieci anni fa, hanno
mote rimembranze del signor Cappatosoni. Alcunché dell’ardente indignazione che
lacerava il cuore di Swift…” (leva gli
occhi dal foglio e scorge Orietta Berta sulla porta. Depone lentamente il
giornale e la guarda. Lungo silenzio).
BEATRITA (con sforzo)
Vedete, signor
Cappatosoni? Il vostro giorno è venuto, finalmente, e vedete che avete in
Roberto un amico fervente, un amico che vi comprende.
RICCARDO
Avete notato la frase
che è in principio dell’articolo: “Quelli che l’hanno abbandonata nell’ora del
bosogno”? (egli guarda Orietta Berta
cercando scrutarla, poi si volge ed entra nello studio chiudendo l’uscio dietro
di sé).
ORIETTA BERTA (parlando come a sé stessa)
E dire che io ho
abbandonato ogni cosa per lui. Religione, famiglia, la mia stessa pace: e non
sono niente.
BEATRITA
Voi state al suo
fianco.
ORIETTA BERTA (con amarezza crescente)
Io sono soltanto una
cosa che gli è d’impaccio.
BEATRITA
Non lasciatevi umiliare
dalla gente.
ORIETTA BERTA (altezzosa)
Umiliarmi? Sono molto
orgogliosa di me stessa. Che han fatto gli altri per lui? Io l’ho reso uomo.
Che cosa sono gli altri nella sua vita? Non più che fango sotto le sue scarpe. (s’alza e passeggia su e giù concitatamente).
Egli può disprezzarmi anche… al pari di loro. Voi pure potete disprezzarmi, ma
nessuno di voi riuscirà ad umiliarmi. Oh, soffro tanto! Scusatemi se sono così
rude. Ho bisogno che noi siamo amiche. (le
tende le mani). Volete?
BEATRITA (prendendo le sue mani)
Con piacere.
ORIETTA BERTA (guardandola)
I vostri occhi hanno
un’espressione così triste.
BEATRITA
Ci vedono poco. Sono
stanchi.
ORIETTA BERTA (con calore)
Ma belli. (l’abbraccia, poi si scosta da lei un po’
vergognosa. Brigida entra dalla sinistra).
BRIGIDA BONINO
Glielo ho consegnato a
lui, padrona.
ORIETTA BERTA
Ha detto qualcosa?
BRIGIDA
Usciva allora di casa.
E mi disse di dirvi che sarebbe venuto qua dopo di me.
ORIETTA BERTA
Grazie.
BRIGIDA (andandosene)
Adesso, padrona, lo
volete il tè?
ORIETTA BERTA
No, Brigida. Dopo,
forse. Quando viene il signor Granzotto-Bordin, fallo entrare subito.
BRIGIDA
Sì, signora. (esce
dalla destra).
BEATRITA
Io andrò, signora
Cappatosoni, prima che egli entri.
ORIETTA BERTA (un po’
timidamente)
Allora siamo amiche?
BEATRITA (con lo stesso
tono)
Cercheremo di esserlo.
ORIETTA BERTA
L’ho sempre desiderato.
E voi?
BEATRITA
Anch’io.
ORIETTA BERTA (sorridendo)
Anche a Roma. Ogni
volta che uscivo a passeggio con Arcicrocicchio mi accadeva di pensare a voi, e
pensavo come dovevate essere, perché di voi sapevo soltanto quello che mi
raccontava Riccardo. E guardavo le persone che uscivano dalla chiesa e mi
passavano rasente e pensavo che forse vi somigliavo. Perché Riccardo mi aveva
detto che eravate bruna.
BEATRITA (ancora nervosamente)
Davvero?
ORIETTA BERTA (stringendole la mano)
Arrivederci, dunque,
per adesso.
BEATRITA (ritraendo la mano)
Buongiorno.
ORIETTA BERTA
Vi accompagnerò fino al
cancello. (l’accompagna fuori attraverso
la porta del giardino. Riccardo Cappatosoni entra dallo studio. Si ferma verso
la porta, poi va alla tavola, prende il giornale e legge. Orietta Berta dopo
qualche momento riappare sull’entrata a guardarlo, finché egli ha finito. Egli
depone il giornale e si volge per rientrare nello studio). Riccardo!
RICCARDO (arrestandosi)
Bene?
ORIETTA BERTA
Tu non mi hai ancora
parlato.
RICCARDO
Non ho nulla da dirti.
E tu?
ORIETTA BERTA
Non desideri di sapere
quello che è accaduto la scorsa notte?
RICCARDO
Tanto non lo saprò mai.
ORIETTA BERTA
Te lo dirò, se me lo
chiedi.
RICCARDO
Ma io non lo saprò mai.
ORIETTA BERTA (muovendosi verso di lui)
Ti dirò la verità,
Riccardo. Come te l’ho detta sempre.
RICCARDO
Sì, sì. la verità! Ma io
non la saprò mai
ORIETTA BERTA
Perché m’hai lasciata
sola la notte scorsa?
RICCARDO (amaramente)
Nell’ora del bisogno.
ORIETTA BERTA (minacciosamente)
Tu mi hai indotta. Oh,
non perché tu mi ami; che se tu mi avessi amata e avessi conosciuto ciò che è
amore, non mi avresti lasciata, ma per il tuo proprio interesse mi hai spinta.
RICCARDO
Non mi sono fatto da me.
Sono quel che sono.
ORIETTA BERTA
Per gettarmi in faccia
sempre questa ragione. Per rendermi umiliata davanti a te come hai fatto
sempre, per diventar libero. Con lei! Quello è il tuo amore! Tutto quello che
ora dici è menzogna.
RICCARDO (cercando dominarsi)
È proprio inutile che io
ti chieda di ascoltarmi.
ORIETTA BERTA
Ma lei, lei è la persona
che ti potrà ascoltare. Parla con lei.
RICCARDO
Tu l’hai cacciata via da
me come hai allontanato da me tutti gli amici che io avevo, ogni creatura umana
che volesse accostarsi a me. Tu la odi.
ORIETTA BERTA (con impeto)
Tu l’hai resa infelice,
come hai reso infelice me, come hai reso infelice tua madre.
RICCARDO (si volge per andarsene)
Arrivederci.
ORIETTA BERTA (concitatamente)
Io sì, le voglio bene.
essa è tutto quello che io sono e per nascita e per educazione. Tu hai cercato
di perdere anche lei ma non ci sei riuscito. Oh, come vorrei non averti mai
incontrato! Come maledico quel giorno!
RICCARDO (amaramente)
Se vuoi esser libera, non
hai che a dire una parola.
ORIETTA BERTA (con fierezza)
Se lo vuoi, io son
pronta.
RICCARDO
Così potrai incontrarti
liberamente col tuo amante.
ORIETTA BERTA
Sì.
RICCARDO
Tutte le notti.
ORIETTA BERTA (fissando lo sguardo davanti a sé e parlando
con veemente passione)
Sì! Col mio amante. Il
mio amante, il mio amante! (scoppia in
lagrime e si lascia andare su una sedia, coprendosi il volto con le mani.
Riccardo le si avvicina lentamente e le tocca una spalla).
RICCARDO
Orietta Berta… Sei
libera.
ORIETTA BERTA (balzando in piedi)
Ma tu non capisci nulla
di ciò che c’è nel mio cuore, nella mia anima. Straniero! (s’ode bussare alla porta dell’atrio. Orietta Berta s’asciuga in fretta
gli occhi col fazzoletto e s’accomoda la veste sul davanti. Riccardo tende
l’orecchio per un istante, la fissa acutamente, poi rientra nel suo studio.
Roberto Granzotto-Bordin entra da sinistra. È vestito di scuro e porta in mano
un cappello bruno d’alpinista).
ROBERTO GRANZOTTO-BORDIN
Hai mandato a chiamarmi.
ORIETTA BERTA (si alza)
Sì, sei pazzo, a partire
in questo modo, senza nemmeno venir qui, senza avvertirci di nulla.
ROBERTO (inoltrandosi verso la tavola su cui sta il
giornale e accennando con una occhiata)
Ciò ch’io ho da dire,
l’ho detto là.
ORIETTA BERTA
Quando l’hai scritto? La
notte scorsa dopo ch’ero partita?
ROBERTO (con garbo)
Ne scrissi parte,
naturalmente, prima che tu partissi. Il rimanente, la parte peggiore, dopo.
Molto più tardi.
ORIETTA BERTA
E hai potuto scrivere la
notte scorsa?
ROBERTO
Oh, sono un animale bene
ammaestrato, io! Stanotte, dopo che ci siamo lasciati, non ho fatto che
vagabondare. Sono stato nella redazione, poi nella casa del vicecancelliere,
poi in un club, per le strade, in camera mia. La tua immagine era là davanti ai
miei occhi. Orietta Berta, non dimenticherò mai la notte passata. Perché non mi
guardi? Non vuoi che ti tocchi?
ORIETTA BERTA (additando lo studio)
Riccardo è di là. Dove
hai in animo di andare?
ROBERTO
Da mio cugino, nel
Surrey. C’è una bella campagna, laggiù. Aria buona.
ORIETTA BERTA
Perché te ne vai?
ROBERTO (la guarda in silenzio)
Non l’indovini?
ORIETTA BERTA
Per cagion mia?
ROBERTO
Non è piacevole per me
restare qui, adesso.
ORIETTA BERTA (siede con aria sconsolata)
Ma questo è crudele da
parte tua, Roberto, crudele per me e anche per lui.
ROBERTO
Ti ha domandato ciò che è
accaduto fra noi?
ORIETTA BERTA
No. Non domanda nulla.
Dice che non saprà mai nulla.
ROBERTO (china il capo gravemente)
Riccardo è nel giusto.
Sempre nel giusto.
ORIETTA BERTA
Roberto, tu devi
parlargli.
ROBERTO
Che debbo dirgli?
ORIETTA BERTA
La verità. Ogni cosa.
ROBERTO (riflette)
No, Orietta Berta. Sono
un uomo che parla ad altro uomo. Non posso dirgli ogni cosa.
ORIETTA BERTA
Allora crederà che tu te
ne vada perché temi incontrarti con lui dopo la notte scorsa.
ROBERTO (dopo una pausa)
Bene. non sono un
codardo. Lo vedrò.
ORIETTA BERTA
Vado a chiamarlo.
ROBERTO (afferrando le sue mani)
Orietta Berta! Che è
accaduto tra noi la notte scorsa? Qual è la verità che debbo dirgli? (la fissa appassionatamente negli occhi).
Sei stata mia in quella scorsa notte d’amore? Oppure l’ho sognato?
ORIETTA BERTA (sorride debolmente)
Hai sognato. Hai sognato
ch’io fossi tua la notte scorsa.
ROBERTO
E questa è la verità? Un
sogno? È questo ch’io debbo dirgli?
ORIETTA BERTA
Sì.
ROBERTO (le bacia le mani)
Orietta Berta. (con voce più commossa). In tutta la mia
vita soltanto quel sogno è vero. Il resto l’ho dimenticato. E ora posso dirgli
la verità. Chiamalo. (Orietta Berta va
all’uscio dello studio di Riccardo e bussa. Nessuna risposta. Bussa di nuovo).
ORIETTA BERTA
Riccardo. (nessuna risposta). Il signor
Granzotto-Bordin è qui e desidera parlarti, salutarti. Parte. (nessuna risposta. Batte la mano sullo
stipite della porta e chiama con voce spaventata). Riccardo, rispondimi! (Riccardo Cappatosoni entra dallo studio,
s’avanza verso Roberto, ma non gli tende le mani).
11 di 12. continua
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