A volte siamo inconsapevolmente plagiati da stereotipi che ci condizionano pesantemente la vita. Per esempio, l’irrefrenabile desiderio che i nostri interessi personali abbiano voce in capitolo nel governo del Paese in cui viviamo, nel nostro caso l’Italia, rispettosamente nel contesto di quanto coincidano o meno con l’interesse generale collettivo.
Berlusconi, Bersani e Monti (formalmente ancora l’attuale maggioranza) sembrano unanimemente e più o meno sinceramente convinti dell’urgenza di formare un nuovo governo per “rassicurare i mercati finanziari internazionali”, o almeno questa è la percezione che traspare dalle loro parole di questi giorni di consultazioni col presidente della repubblica. Ma dico, una volta in tempi neanche troppo lontani si pensava ipoteticamente che un governo del Paese sarebbe stato auspicabile per gestire in modo efficace gli affari correnti, magari con un immediato slancio al medio periodo per varare le riforme improrogabili (penitenziaria, elettorale, del finanziamento pubblico dei partiti, senza trascurare la priorità ambientale e politiche autenticamente liberali in tema di eutanasia, froci e droghe).
Adesso tutto quello che ci aspettiamo da un governo, quel di cui dovremmo accontentarci da un governo, sarebbe un banale “rassicurare i mercati finanziari internazionali”. A parte il fatto che dei mercati finanziari internazionali sarebbe pure venuta l’ora di fòttersene (non si vede il perché le sorti di una economia europea debbano dipendere dall’umore con cui si sveglia tardi la mattina col mal di testa un analista bancario americano), ma ho parlato di questa macroscopica incongruenza macroeconomica con la mia ex moglie, che è una analista bancaria britannica che guadagna un pacco di soldi, e che ciònondimeno si degna di chiamarmi ogni tanto, in media a ogni cambio di stagione (non si può più dire a ogni morte di papa), da Tokio, Londra o Ginevra, ovunque si trovi al cambio di stagione per la sua dannata banca americana.
Lei mi chiama per essere
confortata sulla sua miserabile vita sentimentale (mi dice che il lavoro la
consuma tanto da essere rimasta senza tette, piatta come l’economia globale) e
io infierisco sulla peccatrice finanziaria con le mie invettive contro quei
bastardi dei suoi datori di lavoro, i banchieri, che vadano all’inferno. Ma
torniamo al governo.
Se è tutto qui, scusate,
che ce ne facciamo di un governo? Per rassicurare i mercati finanziari
internazionali la miglior cosa da fare è non avere alcun governo, come il
Belgio ha dimostrato per un paio d’anni felici che hanno intervallato la sua triste
storia di regno colpevole di avere dato i natali a Olivier Dupuis, tanto per
menzionarlo ai fini del Radicalometro storico.
Invece l’atteggiamento rigido
del Movimento 5 stelle di Grillo sulla (non-) formazione di un governo dovrebbe essere
interpretato come un fatto positivo: testimonia la volontà in buona fede di
liberare il Paese dal pesante fardello di un governo, un ennesimo Governo d’Immerda
come ce ne sono stati reiterati a decine in un secolo. E ancora vorremmo
insistere su questa strada di volere a tutti i costi un cazzo di governo? Ma
perché?, dimmi perché Francesco?!?
Infatti l’ho chiesto a
Francesco, per telefono s’intende, mica di persona. ‘Sto povero cristo sul
momento non sapeva cosa rispondermi, poi dopo averci pensato a lungo mi ha
detto che l’unico suggerimento che gli veniva in mente era di provare a
sperimentare il metodo del Conclave per designare i capi degli esecutivi
nazionali italiani.
“Ho la sensazione che il
Presidente Napolitano non sarebbe d’accordo, Santità, abbiamo una Costituzione
tendenzialmente contraria a procedure consimili” – ho osato obiettare, e lui: “Ah,
capisco, vabbeh, pazienza”. Un tipo piuttosto impressionante come papa, se devo
giudicare da questa nostra breve conversazione telefonica, ahimè però
conclusasi con un nulla di fatto rispetto alla mia sete di guida spirituale. Perciò,
deluso, ho avuto la cattiva idea di richiamare la mia ex moglie Tikva (purtroppo
si chiama proprio Tikva). Una pessima idea che rimpiangerò per lustri a venire.
Ella è stata recentemente pervasa dal pallino della psicologia jungiana in
relazione all’andamento dei mercati finanziari (naturalmente al fine di
guadagnare sempre più soldi), e detto fatto si picca di essere esperta di
psicologia jungiana.
Io non lo sono, però
vanto solide basi filosofiche partendo dal sano principio che i banchieri sono
per definizione figli di puttana che andrebbero impalati e squartati, ma senza
ombra di pregiudizio. Questa mia posizione fa sempre inevitabilmente scattare l’acidità
di stomaco nella mia ex moglie, e io ne godo tanto, ma a ben vedere non dovrei
goderne poi tanto, considerato che lei guadagna in poche ore più di quello che
io prendo in un mese come precario.
In pratica la faccenda
funziona così:
- c’è un miliardario russo che non sa cosa
farsene di 10 milioni di dollari che gli sono avanzati negli stivali
dentro al comodino;
- telefona a una banca americana in Europa dove
risponde la mia ex moglie che “rassicura il mercato finanziario” che i
suoi dieci milioni diventano 11 in un anno;
- il passo chiave: creare il denaro dal nulla digitando l'importo desiderato sul tastierino numerico del computer;
- un anno dopo i 10 milioni sono diventati 11 per
il miliardario russo + centomila dollari di premio per la mia ex moglie;
- torna al punto 1 e alla fine dell’anno tira
le somme.
Tirate le somme, temo che
la mia ex moglie goda di benessere di gran lunga maggiore alla soddisfazione
che ricavo io da una presunta superiorità etica - invidiosa e rancorosa – di rivalsa
nei suoi confronti. “Merda, che sfiga, Santo Padre”
“Ma tant’è, fratello, così
è la vita” - rassegnato aveva concluso la telefonata Francesco, che capisco sia
tutto beato e preso dal fatto di essere papa, ma francamente non mi è stato di
grande conforto in questo momento difficile per i destini della patria e soprattutto
quelli miei personali. “Che ne sarà di me, Santo Padre?” – mi rivolgevo
idealmente a Bergoglio che nel frattempo aveva messo giù il telefono – “Che ne
sarà di me, della mia bici e del mio laptop, dei miei pusher e di Miss Welby?”
Contrito nell’attorcigliamento
delle emozioni pervadermi con brividi, mi gettai sulla scrivania per prendere
nota di una frase che mi era venuta sul momento: “Contrito nell’attorcigliamento
delle emozioni pervadermi con brividi”. Bella frase, mi dissi ripromettendomi
di usarla in un post, dopodiché proseguii nell’analizzare la situazione
politica, che siamo tutti concordi necessiti di una semplificazione. Cominciamo
da Monti: eliminando il partito di Monti si semplifica già da 4 a 3 partiti. Una
volta tolto di mezzo il partito di Monti (eiettendone fisicamente i
parlamentari da Montecitorio e Palazzo Madama), si procede ad eliminare uno dei
tre restanti, tirando a sorte, oppure tramite gara canora televisiva. A questo
punto rimangono due partiti e il gioco è fatto: uno fa il governo e l’altro l’opposizione.
Geniale.
Niente affatto geniale secondo
i soliti bastian contrari, i radicali, che hanno sollevato nientemeno che un
conflitto costituzionale alla suprema corte, per quello che a loro dire è “una violazione
dei diritti inalienabili degli animali così come riconosciuti dalle istituzioni
politiche e giuridiche comunitarie”. Ma che c’entrano gli animali col sistema
elettorale? Alla domanda pertinente i radicali non si scompongono, e con
incredibile faccia tosta la loro esponente Gloria Cappato si spinge a
dichiarare:
“DAL PORCELLUM ALL’EQUINUM.
Direttive della Commissione e sentenze della Corte Europea in materia di
benessere degli animali indicano la strada di un adeguamento, un upgrade delle
attuali condizioni elettorali suine verso un sistema che possa far emergere i
cavalli politici di razza. Lo conferma anche un recente studio della Bocconi per
un sistema elettorale equinum”.
“Dio solo sa, fratello
peccatore” – mentre Gloria Cappato parlava in TV mi aveva richiamato Francesco –
“Dio solo sa come può venirti in mente in questo tuo blog di menzionar un’altra
farneticante declaration de Capato! Ancora una volta hai pecato!”
Misericordia.
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