FEDERALISMO E NAZIONALITA'
intervento di Kolio Paramov pubblicato nel marzo 1993 del bisettimanale bulgaro "Zlatogradski Vestnik"

Recentemente la sede del Partito transradicale italiano in Bulgaria ha divulgato un documento interno di lavoro sul tema "Federalismo e nazionalita'" a cura del sig. Olivier Dupuis.
Il partito che rappresento nel parlamento bulgaro, insieme ai partiti della coalizione Alleanza parlamentare per la democrazia sociale, ha precisato la sua posizione sul problema dei diritti delle minoranze per la sessione d'inverno dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.
Questi documenti, che indubbiamente costituiscono un importante contributo, abbordano una serie di problemi complessi che nella fine del secolo XX hanno provocato e provocano diverse valutazioni. Questi problemi complessi, infatti, riguardano la pace generale nell'Europa, riguardano letteralmente la sopravvivenza dell'Europa. I governanti, i politici e gli statisti comparano sempre i fatti storici impressionanti per dedurne la sostanza dei problemi che affrontano. E se riflettiamo in questi termini, non possiamo trascurare alcune questioni, legate precisamente alle nazionalita' ed al federalismo.
Chi avrebbe immaginato nel 1914 che proprio a Sarajevo sarebbe avvenuto un incidente che avrebbe fatto esplodere l'Europa, che avrebbe causato tante tragedie e vittime? Chi avrebbe immaginato recentemente che proprio a Sarajevo si sarebbe effettuato il maggior sterminio di persone, che poco prima vivevano tranquillamente e non avevano mai sospettato di nutrire reciprocamente tanto odio?
Tutti noi, oggi, in questa sala a Roma, citta' eterna, uniti dalla nuova missione del transradicalismo, dobbiamo essere consapevoli di afrrontare una nuova realta', un nuovo problema sostanziale che, per disgrazia del nostro tempo, parte di nuovo da Sarajevo.
Le comparazioni storiche oggi per noi hanno valore solo nel contesto dei grandi obiettivi che il transradicalismo affronta per stabilire nell'Europa un ordine e rapporti che non permettano assolutamente tragedie come quella in corso a Sarajevo.
Cio' sarebbe possibile se la riflessione di tutti i politici europei sul federalismo ed i problemi della nazionalita' diventeranno il punto di riferimento per valutare i diversi popoli e comunita' nazionali, il loro ruolo e contributo nell'Europa. A questo proposito vorrei evocare l'opinione, emessa una volta da un bulgaro, che non ci possono essere "popoli grandi e piccoli". Tutti i popoli, gruppi etnici, comunita' nazionali hanno il diritto reale di esistere liberamente, senza restrizioni, in modo tipicamente europeo ed e' questo l'obiettivo che ci proponiamo, e' questo l'obiettivo veramente umano che sta' all'origine di ogni religione.
Da questa notevole tribuna europea del transradicalismo vorrei invocare il sig.Olivier Dupuis, i rappresentanti dei diversi stati ed il trono pontificio di riconsiderare in termini storici per i prossimi 2-3 anni il problema del federalismo, di rivalutare e far conoscere gli aspetti sostanziali delle nazionalita' e dello Stato civile - l'articolazione tra ordinamento statale e minoranze, se di fatto esiste. Solo in questo modo potremmo definire con maggior precisione quali sono i diritti delle minoranze nello stato civile, quali le modalita' della loro autodefinizione e autogestione, fino a che punto il sistema elettorale determina ed esprime la democrazia e - la questione piu' importante e complessa nel mio parere - come affrontare e valutare la comunita' etnica, come definire la minoranza nazionale e come articolare la co-nazione.
Queste questioni finora sottovalutate ne provocano molte altre rispetto alla valutazione-definizione di "comunita' etnica" o "minoranza nazionale". Esiste davvero questa realta' oppure e' artificialmente formulata - questa e' la questione delicata. Infatti il problema della "comunita' etnica" e' delicato, ma quanto piu' si evita di affrontarlo, tanto piu' aumenta il pericolo di coinvolgere in interessi meschini nuovi Sarajevo, Goragde ed anche la vita di molte persone innocenti.
Urge, in scala europea, riconsiderare i criteri e dare una nuova definizione del non rispetto dell'autoidentificazione nazionale di un etnia dominante. Quale e' l'impostazione e fino a che punto tale etnia ha il diritto di costituire un autonomia amministrativa come singola nazione con territorio nazionale? Questa e' oggi la questione piu' importante per tutti i paesi dell'Europa orientale e per quelli della CSI.
Alcuni esponenti sottovalutano la questione, eppure e' la piu' sostanziale. Puo' un'etnia dominante definire e rivendicare un territorio nazionale proprio oppure deve rispettare le realta' esistenti e le regole stabilite in Europa? Noi dell'Europa orientale con il sistema di Stalin abbiamo sottovalutato tragicamente questo problema ed oggi difficilmente potremmo affrontare nell'immediato le nuove realta' democratiche che si vanno imponendo. Ma cio' non ci impedisce di imparare la democraticita' da voi, gli stati dell'Europa occidentale, considerando i fenomeni analoghi in questo grande processo in corso nella Comunita' europea. Mi riferisco all'esistenza, alla formazione - non priva di problemi - di regioni transfrontiere e di comunita' transfrontiere come Paese Basco - Catalogna (Sp.) e Sud-Pyrenee (Fr.), Nord-Pas de Calais (Fr.) e la Wallonia (B.).
Anche se secondo alcune opinioni questi problemi sono stati considerati ed affrontati insufficientemente nell'accordo di Maastricht (art.198), mi permetto di sottolineare che la Comunita' europea ha assicurato un nuovo organo istituzionale (consultivo) per queste formazioni regionali. Ma le realta' nell'Europa orientale sono molto piu' complesse, c'e' un ambiente di sfiducia, originato da situazioni imposte, forzate, aggravate dal dogmatismo religioso che ci allontana dai principi democratici. Il mio paese, la Bulgaria, e gli altri paesi vicini sono preoccupati dalla crescente incomprensione, dal fomento di ostilita', dalla sfiducia, dall'incutere paura e da altre manipolazioni in corso che si oppongono alla democrazia e agli obiettivi dei governi e costituiscono un atteggiamento inadeguato nel nuovo contesto democratico.
Mi permetterei di sottolineare - e di invocare la vostra comprensione - che l'Europa occidentale e' la parte del vecchio continente che non dovrebbe essere indifferente sul come si interpreta il problema delle nazionalita' e delle minoranze nell'Europa orientale.

Egregi signori,
Quel che e' stato fatto negli ultimi tre anni non e' affatto sufficiente per garantire la pace nell'Europa occidentale. Spero che ve ne rendiate conto, tanto piu' che si tratta di un aspetto di grandi potenzialita'. Il dovere di combattere nello stato embrionale tragedie sul modello di Sarajevo che hanno colpito tutti noi ci fa costatare che qualcosa si poteva fare con l'aiuto della diplomazia europea occidentale, con l'aiuto della Santa Sede, e che non si doveva permettere la devastazione della cultura a Dubrovnik e del patrimonio di tanti secoli di civilta'. Direi di piu' - alla fine del secolo XX siamo testimoni dello sterminio di rissorse umane, dovuto all'incomprensione dei fattori legati alle "comunita' etniche nazionali". Si tratta di persone che fino a ieri vivevano insieme in pace e tranquillita', ed oggi sono divise dall'odio come nel Medioevo.
Oggi, riuniti qui nella citta' eterna, nell'epoca delle maggiori conquiste dell'umanita', nell'epoca del progresso scientifico e tecnologico, assistiamo al ritorno dei principi medievali. Il nostro compito e' quello di agire in modo che sia stabilita un nuovo ordine col marchio dell'umanesimo, e non del Medioevo, di aprire un nuovo spazio per il transradicalismo nell'Europa. Credo che con il saggio intervento dei parlamentari dell'Europa occidentale ed orientale, con l'attivita' della nuova formazione politica - il Partito Transradicale - potra' essere definita in ogni stato una politica nazionale che proscriva in modo decisivo la disuguaglianza etnica e religiosa. Una politica che garantira' diritti e liberta' democratici a ogni cittadino indipendentemente della sua appartenenza etnica, politica, sociale e religiosa, che rafforzara' il principio dell'uguaglianza nei diritti e nei doveri e difendera' gli interessi comuni in Europa.

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