Federalismo e nazionalità, di Olivier Dupuis

1.9. Garanzie sovranazionali

Nei casi accennati sopra, delle minoranze "transfrontiere" e di quelle "non territoriali", l'esistenza ed il funzionamento di istituzioni federali sovranazionali appare fondamentale per una risoluzione pacifica e democratica della questione della convivenza etnica. Ma non solo. Anche nel caso delle comunita' etniche nazionali o delle co-nazioni appare fondamentale, l'esistenza di una struttura politico-giuridico-istituzionale in grado di poter garantire il pieno rispetto dei diritti e di "arbitrare" in caso di conflitto.

Due ci sembrano le vie che possono essere perseguite. La prima, gia' sperimentata dall'Austria e dall'Italia nel caso del Sud-Tirolo - Alto Adige, e' di tipo bilaterale. In questo caso lo stato "ospitante" della comunita' etnica minoritaria e quello che abbiamo definito "patria etnico-culturale" sottoscrivono un accordo bilaterale nel quale vengono definiti una serie di diritti e doveri per le varie parti in causa: lo stato ospitante, lo stato "patria etnico culturale" e la comunita' etnica-nazionale. Spesso pero', in questi casi, andrebbe inclusa una quarta parte all'accordo, ovvero la comunita' dell'etnia maggioritaria nazionale, invece minoranza nella regione considerata dall'accordo. Bisogna in effetti tenere presente che con l'attribuzione di uno status speciale a regioni dove vivono delle "minoranze etniche" sorge la possibilita' - come lo dimostra appunto il caso dell'Alto Adige - di vedere una minoranza trasformarsi, in quella regione, in una maggioranza che, a sua volta, opprime una minoranza appartenente all'etnia nazionalmente maggioritaria.

L'altra via e' tutta da scoprire, da inventare. E' la via delle garanzie sovranazionali. Anche se puo' essere ricondotta ad alcune esperienze storiche, tra cui quella della Societa' delle Nazioni prima della seconda guerra mondiale, della quale una delle funzioni principali era quella di garantire i diritti di minoranze, in particolare di quelle minoranze formatesi in seguito al Trattato di Versailles. Con i risultati che sappiamo. Oggi, la Comunita' europea da una parte, il Consiglio d'Europa, la Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa e l'ONU dall'altra, tentano di svolgere un ruolo di arbitraggio e di garanzia quanto al rispetto del diritto e della democrazia in alcuni conflitti in corso in Europa. In particolare nei confronti della ex-Yugoslavia e dell'Alto Karabach. Con i risultati che sappiamo, anche in questi casi.

1.9.1. I tentativi della Comunita' europea

Non ci soffermeremo sulla capacita' di incidenza della Comunita' europea, in quanto organizzazione sovranazionale, nella ex-Yugoslavia. Questa capacita' e' stata enorme per difetto. Ovvero la ripetuta mancanza di intervento chiaro e tempestivo da parte della C.E. ha contribuito in modo decisivo alla vittoria sul campo, militare e quindi politica, del progetto razzista e fascista perseguito con costanza dal regime di Belgrado. Tenteremo dopo, nella parte in cui analizzeremo "i limiti della Comunita' europea", di individuare le cause di questa situazione. Ci limitiamo ora a sottolineare l'assoluta prevalenza delle cancellerie nazionali sulle istituzioni comunitarie nella definizione dell'atteggiamento della CE rispetto all'ex-Yugoslavia. In altri termini non c'e' mai stata una politica comunitaria rispetto all'ex-Yugoslavia ma un susseguirsi di posizioni che di volta in volta tentavano di mediare tra posizioni contrapposte, producendo compromessi completamente inattuabili. A questo bisogna aggiungere che ad alcuni membri della CE (la Francia e la Gran Bretagna) questo nulla di fatto era piu' che conveniente, e poteva costituire quindi una reale scelta politica. Per due ragioni: perche' da una parte constituiva di fatto un "nulla osta" alla politica serba e dall'altra perche' era riconducibile non ad una decisione di questi paesi ma ad una decisione della C.E. stessa.

Infine e sempre rispetto all'ex-Yugoslavia sorge anche un altro interrogativo. Ovvero puo' una istituzione sovranazionale, la C.E., presentarsi come arbitro e garante in una determinata situazione quando e', tramite un suo stato membro, la Grecia, direttamente parte al conflitto, come nel caso del riconoscimento della Macedonia ?

Se, alla lettura del caso macedone, appare chiaramente che la C.E. non poteva svolgere un ruolo di arbitraggio, piu' generalmente ci possiamo chiedere se una istituzione sovranazionale puo' realmente offrire, al di fuori dei tradizionali patti - militari - di mutua assistenza, delle garanzie quanto al rispetto del diritto e dei diritti in territori terzi.

1.9.2. I tentativi della CSCE, dell'ONU, ...

Per quanto riguarda queste organizzazioni non si pone ovviamente il problema dell'estraneita' dello stato in causa rispetto all'istituzione sovranazionale in quanto tutti i paesi europei nel caso della CSCE, tutti (o quasi) i paesi del mondo nel caso dell'ONU, ne sono membri.

Non per questo, pero', queste istituzioni sono in grado di svolgere ruoli di arbitraggio o di garanzia meglio di quanto lo possa fare la C.E. In effetti, piu' ancora della C.E., queste istituzioni sono del tutto prive di caratteristiche federali e, in poche parole, funzionano secondo i vecchi principi della diplomazia. La CSCE, che fino a poco tempo fa prendeva le sue decisioni all'unanimita', confrontata con la guerra nell'ex-Yugoslavia, le prende ora all'unanimita' meno uno ! Per di piu' non e' dotata di un proprio esecutivo. L'ONU e' in mano ad un direttorio: i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Anche il Consiglio d'Europa e' organizzato sullo stesso schema, ad eccezione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, le cui sentenze hanno forza di diritto nei paesi membri, tramite modificazioni degli ordinamenti nazionali.

Per di piu' queste istituzioni non hanno caratteristiche democratiche, in quanto (con la parziale eccezione dell'Assemblea parlamentare per il Consiglio d'Europa) sono strutture del tutto intergovernative.

Essendo la questione delle minoranze spesso molto sensibile per gli stati (centrali), appare quanto meno difficile che essa possa essere validamente affrontata in seno a delle istituzioni sovranazionali nelle quali ne' le opposizioni, ne' le minoranze sono rappresentate. Ci domandiamo allora se sia immaginabile ed in quali termini una riforma in senso democratico di tali istituzioni. In altre parole sono concepibili parlamenti dell'ONU, della CSCE ? Parlamenti altri che puri e semplici organi consultivi ? Ovvero parlamenti in grado di prendere decisioni, poi applicate da organi con poteri esecutivi ? Parlamenti in grado, per esempio, di decidere di mandare un esercito in zone dove vengano calpestati diritti di "comunita' etniche" ? Parlamenti con commissioni permanenti di vigilanza e di arbitraggio sulla questione delle "minoranze" o "comunita' etniche" ?

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