Federalismo e nazionalità, di Olivier Dupuis

2. La crisi dell'Europa

A quattro anni dalla caduta del Muro di Berlino molte delle nostre speranze si sono trasformate in incubi. Da Vukovar ad Osijek, da Bosanski Novi a Sarejevo, dal Sangiaccato al Kossovo, dal Nagorno Karabak all'Ossetia, dalla Somalia al Togo, dall'Iraq all'Iran, ovunque imperano guerre o repressioni feroci.

Parallelamente, per molti, la speranza e gli ideali federalisti europei, l'obiettivo degli Stati Uniti Democratici d'Europa, si sono frantumati, dissolti nel nulla. Alla convinzione che il federalismo possa essere una soluzione praticabile per l'Europa e per molte altre aree del mondo, è subentrata la disperazione o, quanto meno, la delusione, la rassegnazione.

Non siamo di questo parere. Anzi, siamo di un parere esattamente contrario. Siamo più che mai convinti che il federalismo costituisca una chiave fondamentale per un futuro di pace e di prosperità, a cominciare dal continente europeo, e non solo per quello.

Con ciò non vogliamo dire che si possa far finta di niente, far come se non fosse successo niente, come se lo spazio dell'impegno federalista non fosse stato moltiplicato per tre, con la caduta del comunismo in Europa centrale ed orientale, come se la via economicistica e burocratica alla costruzione europea di questi ultimi anni non avesse avuto conseguenze terribili sia sull'edificio comunitario, sia sulle opinioni pubbliche europee.

Tutt'altro. Gli effetti di questa contaminazione economicistica, burocratica, verticistica, quindi antifederalista e antidemocratica, sono enormi, profondi. Li dobbiamo, li dovremo affrontare. Radicalmente. Rialzando le nostre bandiere, le bandiere del federalismo europeo, della nonviolenza. Alzando il tiro, ammesso che potremo ancora permettercelo.

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