Federalismo e nazionalità, di Olivier Dupuis

2.17. La questione della Comunicazione e del diritto alla lingua

Cominciamo qui con un paradosso: la lingua (di comunicazione) che si va affermando oggi nella Comunità europea e lo farà domani nell'Unione europea è proprio quella del paese che è più lontano dagli ideali federalisti europei: l'inglese.

Continuiamo con una aberrazione: i costi degli attuali sistemi di comunicazione nella CE: nove lingue ufficiali (72 direzioni di traduzione). Un costo annuo complessivo di 700.000.000 di ECU, pari a 800 milioni di dollari circa. Domani, con l'ingresso previsto di alcuni paesi dell'EFTA, le lingue saranno 12. Saranno 16 con l'ingresso dei Paesi di Visegrad (Polonia, Boemia-Moravia, Slovacchia ed Ungheria), all'incirca 25 con l'ingresso degli altri paesi dell'Europa Centrale. Una quarantina se l'allargamento dovesse estendersi ai paesi d'Europa Orientale o più ancora se consideriamo il numero totale del continente europeo: 72 censite.

Un paradosso ed una aberrazione che, con ogni probabilità, faranno venir meno il diritto alla lingua, un diritto fondamentale. Un problema quindi di democrazia che non può più essere accantonato, specialmente nel momento in cui viene individuata la poca democraticità dell'edificio comunitario ed i rischi che sin d'ora questa assenza fa correre alla vita democratica stessa del continente europeo.

Ma la questione della tutela di questo diritto non si limita alla sola prospettiva europea. Basta pensare alla questione dell'ONU e di molti altri processi di integrazione regionale. Diventa però, in questo quadro particolare, un elemento determinante per ogni tentativo di rifondazione in senso democratico e federale del processo di unificazione. A titolo solo esemplificativo possiamo indicare il carattere relativo di un mercato unico europeo del lavoro (libera circolazione delle persone) senza che vengano assicurate le condizioni di comunicazione.

Ma, ancora, la questione della democrazia linguistica è una questione che riguarda anche molti stati dove convivono "etnie" diverse e quindi anche lingue diverse. Dal Belgio con le sue sole tre lingue possiamo arrivare alle 150 dei Paesi dell'ex-Unione Sovietica, passando dalle 16 lingue e circa 500 dialetti dell'India, alla maggiore parte dei paesi africani dove convivono insieme alla lingua ufficiale, quasi sempre ereditata dalla potenza coloniale, decine di lingue, anche se spesso bollate dall'Occidente come dialetti.

Anche nel PR, con lo sviluppo del suo carattere transnazionale, si sono moltiplicati i problemi dovuti alla comunicazione. Ad esempio, nella sessione di questo Congresso, le spese di interpretazione (7 lingue) e di traduzione (4 lingue) rappresentano il 23% del costo totale.

Quindi, sia nel funzionamento delle organizzazioni internazionali, sia nei processi di integrazione sovranazionale, sia, nella società civile, nei movimenti o, come nel nostro caso, nei partiti internazionali o transnazionali, si pone la questione del diritto alla lingua. Una questione, questa, che si può anche collegare, nei processi di integrazione sovranazionale, con la più vasta questione del "deficit democratico" ma, anche, con quella della necessitù di dare un supporto neutro all'emergere di una identità culturale sovranazionale.

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