Federalismo e nazionalità, di Olivier Dupuis

2.06. Il Partito degli Stati Uniti d'Europa

Come abbiamo cercato di chiarire, l'Europa di cui stiamo parlando viene definita dai contenuti e non dalla geografia. E quindi, logicamente, prendiamo le distanze, dopo averlo fatto con la Comunità Europea, con le varie ipotesi di "Unione Paneuropea". Non nel senso che intendiamo escludere "per realismo" da questo processo di federazione europea alcuni paesi piuttosto che alcuni altri, ma perché, in questa nuova logica che vorremmo proporre, l'aspetto essenziale sta nella natura del contratto che verrebbe stipulato tra i vari stati aderenti. Un discorso quindi di qualità e non di quantità che potrebbe coinvolgere, nella sua fase iniziale, solo pochi paesi (dell'Ovest e/o dell'Est), per poi coinvolgerne altri, ma su delle basi sicure, definite: federali e democratiche.

Se questa logica dovesse essere nostra, rimane da capire come renderla operativa, o, in altri termini, come sviluppare lo strumento "Partito Radicale" perché‚ possa diventare a tutti gli effetti battaglia politica.

In questo senso, e senza dimenticare i pesanti limiti per ogni riflessione operativa costituiti dalle ipoteche finanziarie che gravano sul Partito Radicale, ci sembra indispensabile valutare la possibilità di riaprire alcuni fronti radicali nell'Europa Occidentale.

Prima di tutto andrebbe riattivato il potenziale rappresentato dalle strutture di cui disponiamo (fino alle elezioni del 1994) al Parlamento europeo di Bruxelles. Contemporaneamente, restando nell'ottica che è stata quella perseguita in questi ultimi anni nell'Europa centrale ed orientale e che ci ha visto "privilegiare" il lato parlamentare nel nostro impegno per lo sviluppo del PR, andrebbe valutata l'ipotesi di costituire presso alcuni paesi dell'Europa "comunitaria" delle strutture operative minime del PR, in grado di diventare basi di appoggio e di "relais" per lo sviluppo di una presenza radicale nei vari parlamenti.

Oltre al criterio "finanziario", dal quale non possiamo prescindere, va preso anche in considerazione, ovviamente, il "contesto politico", ovvero la possibilità di riscontrare interesse per una tale proposta nella classe politica oltreché‚ nell'opinione pubblica. Se questa é l'ottica, non potremmo prescindere dalla Germania, il paese che, anche se non con la convinzione necessaria, ha più insistito sulla necessità di una riforma in senso democratico dell'edificio comunitario. Oltre a questo paese, e con le dovute riserve, potrebbero essere presi in considerazione Spagna, Francia e Portogallo insieme ai paesi del BENELUX, dove la nostra presenza può essere ripotenziata a partire dal Parlamento europeo.

Parallelamente, ci sarebbe da ragionare su una rivisitazione dell'idea, del Partito Radicale all'origine, degli Stati Generali d'Europa, un'idea poi ripresa dal P.E. e dai parlamenti nazionali della C.E. e attuata, anche se in modo del tutto insoddisfacente, attraverso la Conferenza dei Parlamenti della C.E. Un'idea, questa, che dipende anch'essa dallo sviluppo delle presenze radicali nei parlamenti, dell'Occidente in particolare. Un corpo "parlamentare" che, se venisse a radicarsi in modo non più marginale ad ovest ed a consolidarsi ed arricchirsi ad est, potrebbe diventare centrale nella definizione e nell'attuazione di una ipotesi di "rifondazione" europea di segno federale e democratico. Questo "nucleo", insieme a costituzionalisti di valore, potrebbe, per esempio, lavorare alla definizione di una prima bozza di "costituzione" degli Stati Uniti d'Europa, a partire dai progetti esistenti, cominciando da quello di Altiero Spinelli.

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