Capitolo 33 - 1993
IL PARTITO DEMOCRATICO

"Pannella è un impasto di Machiavelli e Pulcinella", aveva dichiarato una volta Craxi. Ma quando, trafitto da innumerevoli avvisi di garanzia per tangenti, il segretario socialista nel febbraio '93 deve abbandonare la sua poltrona, Pannella gli appare come madre Teresa di Calcutta: pio e indulgente, è uno dei pochi a non infierire.

Anche perché Pannella, nei primi mesi del '93, celebra la propria apoteosi. In febbraio il partito radicale vince l'ennesima scommessa: raccoglie perfino più dei 30mila iscritti che voleva raggiungere. Alla fine saranno quasi 40mila. Particolare non trascurabile: poiché ogni tessera annuale costa ben 270mila lire, i radicali incassano una decina di miliardi. Sono il partito più ricco d'ltalia, proprio mentre quasi tutti gli altri vanno in fallimento. Devono però coprire i sette miliardi di deficit prodotti in quattro anni dalla velleitaria avventura del "partito transnazionale".

Pannella diventa uno dei consiglieri più ascoltati del capo del governo Amato. Riesce perfino a fargli riconoscere l'indipendenza della Macedonia, il che provoca un incidente diplomatico di dimensioni europee con la Grecia. Ma leggete cosa scrive di Pannella Ernesto Galli della Loggia sulla prima pagina del Corriere della Sera: "Incorrotto e incorruttibile, capace di disegni politici vasti e ispirati, oratore popolare di razza, è l'unica cosa nuova che abbia visto la luce a sinistra negli ultimi decenni. Per primo ha capito l'impalcatura classista antindividualista e antioccidentale della sinistra italiana, il nesso tra aspetti oscuri e degenerativi della storia repubblicana e la realtà vera, ma rimossa, del passato fascista e resistenziale della nazione. È l'unico politico di sinistra dotato di una indiscussa capacità legittimatrice".

"Un articolo allucinante", commenta Bocca, che se la prende con il direttore del Corriere Mieli: "Non capisco questi ex sessantottini che si divertono a giocare sui giornali, a dissacrare, a stupire i lettori". Ma il quotidiano milanese subito dopo, nel febbraio '93, innalza un altro peana a Pannella dalle pagine dell'economia: "Decisivo il Marco, ecco la linea economica del leader più gettonato dai partiti alla deriva. Gli hanno offerto anche la segreteria socialista. Ora a Pannella manca solo la candidatura alla Banca d'ltalia. E perché no? Dietro la maschera dello showman c'è un fedele allievo di Sella, Minghetti, Ernesto Rossi",

Scrive Giorgio Meletti: "Sbeffeggiato per decenni come immondo giullare della politica, Pannella si sta prendendo molte rivincite: dà e toglie ossigeno ai governi, viene invocato ovunque e comunque come salvatore di qualcosa. Il suo pensiero economico ha, se non altro, il dono dell'eternità. Il leader radicale si propone infatti da sempre come la reincarnazione dei grandi uomini della Destra storica i quali - forse per il semplice fatto che non rubavano - stanno tornando di moda: Spaventa, Sella, Minghetti, tutte singolari figure di liberali dirigisti, ostili agli eccessi speculativi e immorali del capitalismo privato. Da loro la filiazione pannelliana prosegue attraverso Gobetti e i Rosselli, fino a Gaetano Salvemini ed Ernesto Rossi".

Campagne antidroga, antinucleare, per la riconversione dell'industria bellica, per gli aiuti al Terzo mondo: tutte battaglie economiche radicali su cui alla fine Pannella ha avuto ragione. E la cassa integrazione? "Una truffa legalizzata pagata con i soldi di tutti, anche dei disoccupati, per far sopravvivere i profitti di aziende decotte", accusa Pannella.

Nell'aprile '93 si tiene il referendum per il maggioritario uninominale, che stravince. L'elezione diretta del sindaco viene stabilita per legge, e in giugno Milano, Torino e Catania eleggono cos} i loro nuovi primi cittadini. In tutto il Nord vince la Lega, che reclama assieme a Rete, Pds e verdi le elezioni anticipate, visto che il Parlamento eletto nel '92 è delegittimato dalle tangenti.

Ma Pannella a questo punto si mette a difendere le Camere zeppe di parlamentari inquisiti e terrorizzati dall'idea di essere rispediti a casa. Molti di loro si sono iscritti al partito radicale. E l'imprevedibile Pannella fonda una specie di club "per la difesa del Parlamento" che si riunisce periodicamente alle sette del mattino. "Queste sono le migliori Camere del dopoguerra", proclama, "in tredici mesi hanno realizzato riforme che il Paese aspettava da quarant'anni. Hanno eletto Scalfaro presidente della Repubblica, Napolitano e Spadolini presidenti di se stesse, e i governi Amato e Ciampi, i meno partitocratici, che hanno evitato la bancarotta fraudolenta dell'Italia. Ci sono molti parlamentari indagati? Sì, ma paradossalmente questo è anche il Parlamento meno succube dei partiti. E ha molte cose da fare, perché mandarlo a casa prima della primavera '94?".

Ancora una volta, è Ajello su Repubblica a guidare lo sbertucciamento pubblico di questa impopolarissima iniziativa pannelliana. Scrive in un editoriale di prima pagina in giugno: "Pannella voleva accrescere l'aureola di irrazionalità paradossale e provocatoria che da sempre circonda la sua persona. Perfino Umberto Bossi, il tarantolato, deve cedergli le armi. Nel museo della demagogia, Pannella figurerà tra non molto ad ali spiegate, come la Nike di Samotracia in cima allo scalone del Louvre".

Continua, implacabile, Ajello: "A volte il paradosso aiuta a vivere. E quello che stamane il leader radicale distribuisce al malinconico corteo degli "autoconvocati" è un minestrone, una macedonia, un frullato di paradossi. È come se a Waterloo il fantasma di Napoleone fosse riapparso gridando: "Miei prodi, non lasciatevi ingannare da voci tendenziose. Abbiamo vinto noi!". L'Indignato Speciale, il Grande Escandescente, l'Insonne Quaresimalista, l'attempato Araldo del Nuovo ha tentato di fermare il tempo. Corpulento, ilare e satanico, anche stamane avrà trovato gli accenti giusti per incantare l'auditorio. Se il suo corregionale D'Annunzio è passato alla storia come l"orbo veggente", lui può essere definito il muto sproloquiante". Scrive Francesco Merlo su Sette del Corriere: "Pannella sta dalla parte di Pillitteri e Culicchia con lo stesso snobismo per cui indossa giacche di un incredibile verde chiaro e lascia crescere la leggenda di una instancabile (bi)sessualità".

Una settimana dopo, il primo luglio, gli "autoconvocati delle sette" sono diventati ben 230: un quarto del Parlamento segue Pannella. In prima fila inquisiti illustri come Tognoli, Del Pennino e Di Donato. Altro editoriale furibondo di Ajello: "La fata turchina radicale trasformerà gli avvisi di garanzia in medaglie al valore? Ripeterà che gli indagati sono i parlamentari più operosi, meritevoli, sagaci e onesti che abbiano mai varcato la soglia di Montecitorio?".

I sondaggi, comunque, danno Pannella al quarto posto in caso di elezioni, dopo Dc, Pds e Lega. A Mixer, in maggio, l'intervista che gli fa Giovanni Minoli conquista il record di otto milioni di spettatori. "Pannella arrotola discorsi interminabili", commenta Zincone su Sette, "allude a eroi liberaldemocratici che (purtroppo) pochi ricordano, brandisce una cultura "transnazionale" che (purtroppo) pochi capiscono. Non è più grifagno e incandescente, ha abbandonato l'invettiva esagerata e indiscriminata. Più che per le sue parole, piace per la sua presenza ormai rassicurante, per la sua storia civile di militante nonviolento, per la promessa che lotterà perché gli innocenti non finiscano in galera e perché i colpevoli siano trattati umanamente. Il che non è poco, ora che è aperta la stagione della caccia alle streghe".

La rivoluzione pacifica di Tangentopoli, intanto, procede. Si aprono le indagini su centinaia di parlamentari, tutte le principali aziende italiane vengono coinvolte nell'inchiesta, dalla Fiat all'Olivetti. E Pannella prende di mira proprio Carlo De Benedetti, editore di Repubblica ed Espresso oltre che padrone dell'Olivetti. Organizza un convegno apposito contro Scalfari e Carlo Caracciolo: "Sono associati per delinquere", spara durante una trasmissione di Vittorio Sgarbi su Canale 5. "Scalfari è un libertino mascherato da tartufo, che con una mano indica il Dio della Democrazia e con l'altra tocca le cosce dell'autoritarismo e della corruzione. Ha fornicato per anni con coloro che attaccava". Al convegno partecipano Arturo Gismondi, Oliviero Beha, Piero Vigorelli, Arturo Diaconale.

Gli risponde il direttore dell'Espresso Claudio Rinaldi: "Pannella attira solo i politici sbandati di ieri. L'anticomunismo è la sua ossessione quotidiana. Il suo dato biografico essenziale è la goliardia, con una politica fatta di intrighi e proclami. Al dibattito sulla fiducia per il governo Ciampi è stato interrotto otto volte dagli applausi: ormai il dominatore di Montecitorio è lui". E Pansa, sempre sull'Espresso: "Pannella ricorda le compagnie della Misericordia: presunti salvatori, speranzosi di campare aggregando quel che resta degli assi ereditari di chi è morto e sepolto".

"Pannella è semplicemente un ignobile cappone di regime", trancia il missino Carlo Tassi. "È un reperto archeologico", aggiunge il socialista Nino Buttitta. E Virginio Rognoni, dc: "Istrione incorreggibile". Enzo Sorice, dc: "Grottesco goliardo fuoricorso". Vito Gnutti, leghista: "A differenza del buon vino, anziché migliorare Marco con gli anni peggiora. Ora rischia di passare per una marionetta". Scrive Quaranta sull'Espresso: "Claudio Pioli, deputato torinese del gruppo misto, vedendo sfarfallare Pannella nel Transatlantico da un crocchio di deputati a un altro, con un sorriso accattivante stampato sulle labbra, una vistosa giacchetta verde acqua marina e un paio di pantaloni blu molto attillati, osserva che il deputato radicale gli ricorda i boys della compagnia di Erminio Macario".

Ciampi, tuttavia, gli chiede di fare il ministro del suo governo. Ma Pannella avanza troppe richieste: neutralità sulle riforme elettorali, assenza dal governo del Pds. Alla fine Ciampi offre alla Bonino il sottosegretariato agli Esteri per la cooperazione col Terzo mondo, posto ambìto da Pannella nell'85. "È un insulto", reagiscono i radicali. Cicciomessere salva nella giunta per le autorizzazioni a procedere i deputati Altissimo, Sterpa, Pellicanò e Del Pennino, inquisiti per i "contributi" dell'Assolombarda. E in settembre voterà addirittura a favore dell'ex ministro Francesco De Lorenzo, mentre Pannella e la Bonino votano contro.

In giugno Pannella va a farsi applaudire dai giovani industriali al loro convegno annuale di Santa Margherita Ligure, dove provoca il presidente (democristiano) della Confindustria Luigi Abete. Il presidente dei giovani industriali Aldo Fumagalli se la gode e gli chiede di fermarsi un giorno di più. L'indomani però Pannella va a Como, al congresso dell’Associazione magistrati, e li striglia: "L'80 per cento dei procuratori della Repubblica sono stati per 45 anni i più corrotti pilastri del regime". "Il ceto che ha maggiormente approfittato della partitocrazia, per carriere e stipendi, è quello dei giudici. E vicini a loro, i giornalisti", aggiunge sull Europeo, intervistato da Perna.

Nel luglio '93, in un sondaggio di Panorama, Pannella risulta il quinto politico italiano più noto e il terzo più gradito, superato soltanto da Scalfaro e Cossiga. Perché allora si impantana in iniziative autolesioniste come quella degli autoconvocati delle sette?

La risposta più convincente non è politica. È psicologica, e la fornisce Massimo Fini sull'Europeo: "Pannella è stato sicuramente, in certi periodi, l'unico che ha combattuto questo regime. E adesso viene preso da una sindrome che credo dl conoscere perché, nel mio piccolo, ce l'ho anch'io E una forma di ipertrofia dell'io, di narcisismo esasperato, di vocazione al martirio. Non potendo più fare il martire dell'antipartitocrazia, Pannella lo fa della partitocrazia. Dopo l’avvento della Lega si è reso conto che, con tutti i suoi funambolismi, strilli e imbavagliamenti, non ha mai scalfito sul serio il potere. E dev'essere stato con autentico orrore che Pannella ha visto crescere un ometto apparentemente senz'arte né parte, Umberto Bossi, che in pochi anni è riuscito a fare quello che a lui non era mai riuscito: creare un movimento dl massa che ha abbattuto la partitocrazia sul serio, e non a chiacchiere. D’un colpo Bossi ha azzerato trent'anni di vita a Pannella, gli ha tolto il ruolo e ne ha preso il posto".

Invece l'inesauribile Marco risorge già nell'agosto '93. Cambia idea sul Parlamento: "Elezioni anticipate subito, la nuova legge elettorale è una truffa, con quel 25% residuo di proporzionale". Molla i deputati inquisiti: "Non lavorano più bene". Fa eleggere Emma Bonino segretario radicale nel congresso del Pr che si tiene a Sofia, in Bulgaria. Si schiera a favore dell'Onu in Somalia, contro l'Italietta del generale Loi. Passa i giorni attorno a Ferragosto a visitare le carceri di Poggioreale, San Vittore e Opera (Milano). Conquista paginate sui giornali con la proposta di "governo misto italo-vaticano a Roma e nel Lazio in vista del Giubileo del 2000". Appoggia, seppure col tono agrodolce del maestro che si sente superato dall'allievo, la candidatura di Rutelli a sindaco di Roma. E si prepara per il '94 a dieci nuovi referendum: contro la legge elettorale, per renderla totalmente maggioritaria, contro le trattenute alla fonte dell'Irpef, quelle sindacali, la cassa integrazione straordinaria, le Usl, la pubblicità Rai, per la liberalizzazione delle licenze e degli orari dei negozi.

Nell'ottobre '93, con una convenzione nazionale a Roma, Pannella lancia la sua ultima creatura: il partito democratico. Già nell'89 aveva sperato che dalle ceneri del Pci nascesse un partito democratico che, con il sistema uninominale maggioritario, potesse riunire tutti i progressisti. Poi però sia l'esperienza della "Cosa" e della "sinistra dei club" che quella, nel '92-'93, dell'Alleanza democratica di Willer Bordon, Giuseppe Ayala e Ferdinando Adornato falliscono per la sostanziale indisponibilità del Pds a sciogliersi in un movimento più ampio.

Allora Pannella, in vista delle elezioni politiche anticipate della primavera '94, stringe i tempi e si propone come polo unificante e promotore. Lancia un appello per il partito democratico firmato dai professori universitari Angelo Panebianco (che è diventato l'editorialista principe del Corriere della Sera), Marcello Pera (La Stampa), Giulio Giorello, Antonio Martino (Giornale di Montanelli) e del commentatore del Corriere Saverio Vertone, quest'ultimo inopinatamente convertitosi alle tesi pannelliane dopo aver tuonato per un decennio contro il "permissivismo libertario degli anni '60" incarnato dai radicali, in special modo per l'antiproibizionismo sulla droga.

Il partito radicale, intanto, è impegnato a raccogliere firme per un tribunale dell'Onu che giudichi i crimini di guerra, partendo da quelli in Jugoslavia. Le liste Pannella si presentano alle comunali del novembre '93, e Marco continua giorno dopo giorno, instancabile, a macinare politica.

"Mai una vacanza?, gli domanda Gian Antonio Stella su Sette. "lo sono in vacanza sempre, dal primo gennaio al 31 dicembre. Basta capirci: se vacanza è ricerca del piacere, le cose che faccio mi danno la sostanza del piacere. Sono un sibarita. So godere di tutto". Ha molte ammiratrici? "Perché non mi chiede anche se ho molti ammiratori? Sì, ne ho. Amo la gente. Amo la vita. Amo conoscere le persone. Per me la strada ha qualcosa di orgiastico. Amo quando i passanti mi dicono: ciao Marco".

Va avanti così da quasi mezzo secolo. La storia di Pannella, ormai, è anche un pezzetto di storia d'Italia.

Nessun commento: