Capitolo 8 - 1968
"ABBASSO ANCHE LA FANTASIA, SE VA AL POTERE"

"I1 1968 ha coinciso con il nostro massimo isolamento politico. Quando la borghesia italiana strizzava l'occhio a Potere operaio perché i suoi figli stavano lì dentro, noi polemizzavamo con Potop perché i loro cortei servivano solo a far rincasare con due ore di ritardo gli operai edili romani stanchi morti dal lavoro, che prendevano l’autobus 64 per tornare al Tiburtino o a Pietralata". È questo lo sferzante giudizio che Pannella dà del '68 in un'intervista a Ernesto Galli della Loggia e Fiamma Nirenstein nell'83 sull'Europeo.

"Dove sono finiti tutti i leader del '68?", continua Pannella. "Nell'industria culturale, nella pubblicità, nel marketing. Loro che accusavano noi di essere dei coglioni piccolo borghesi disinteressati alla lotta di classe. Il nuovo Terzo stato sono i proletari del Sud del mondo. Io non ho mai avuto il gergo sociologico del sinistrese. Se la fantasia va al potere, vada a fare in culo anche la fantasia, la rinnego. La polizia ha tollerato per anni che formazioni quasi militari si impadronissero delle città con i loro cortei, e poi arrestavano i pacifisti radicali con i cartelli sul marciapiede per manifestazione non autorizzata".

Nel '68 Pannella ha 38 anni, e si sente forse anche un po' spiazzato generazionalmente. "Nei cosiddetti rivoluzionari del '68", dirà dieci anni dopo a un congresso radicale, "c'è sempre stato, anche nella scelta dei mezzi di lotta, un razzismo feroce, anche se istintivo e non consapevole. Una scelta di lotta che emarginava la terza età, perché si esigeva che si fosse quanto meno capaci di correre per strada, o di resistere per dieci ore nelle assemblee".

Nell'ottobre '68 il segretario radicale Spadaccia ammette che anche il Pr, come gli altri partiti, è stato sorpreso e scavalcato dalla contestazione studentesca. Ma aggiunge che "l'autogestione delle lotte nell'università e l'organizzazione libertaria dei gruppi spontanei sono il terreno positivo che impedisce la cristallizzazione di gruppetti ideologici". Ahilui: di lì a pochi mesi la spinta antiautoritaria dei contestatori si spegne, e quasi tutto si riduce a gruppuscoli marxisti-leninisti (se non stalinisti) che, come egli teme, mostrano tutti i vizi tradizionali della sinistra italiana: "Astrattezza, massimalismo, rivoluzionalismo verbale, settarismo, dogmatismo".

La scelta nonviolenta e liberaldemocratica dei radicali rappresenta uno spartiacque non valicabile per i sessantottini. Ciononostante, Teodori viene invitato in novembre a Rimini per tenere una relazione su "Lotte contro l'autoritarismo nell'apparato statale" nell'Assemblea nazionale dei gruppi spontanei per una nuova sinistra.

Testardi, piuttosto che rincorrere effimere vampate "rivoluzionarie" di "contestazione globale" i radicali anche nel '68 si concentrano sulla lotta per il divorzio, individuata come la chiave che può far saltare il regime clericale, oltre che unificare alla base i simpatizzanti laici e di sinistra. In giugno Fortuna ripresenta nel nuovo Parlamento il suo progetto di legge, questa volta però firmato da oltre 60 deputati di Pci, Psi, Psiup e Pri. Poi c'è l'unificazione con la proposta Baslini del Pli. Ma bisognerà aspettare il '69 prima che la legge approdi in aula.

Alle politiche del '68 il Pr invita a votare scheda bianca per tre motivi: l'esclusione dalla Rai-tv dei partiti non rappresentati in Parlamento, l'appiattimento dei socialisti sulla collaborazione governativa con la Dc, e lo scarso impegno del Pci sul divorzio. L'associazione milanese, approfittando dell'autonomia sancita dallo statuto radicale, si presenta nella circoscrizione Milano-Pavia. Il risultato è misero: poco più di 1500 voti.

Sul fronte antimilitarista si replica la marcia estiva Milano-Vicenza. Per dare un'idea del clima di ostilità contro i pacifisti, ecco l'articolo che il Giornale di Bergamo pubblica il 28 luglio '68: "Hanno tenuto un discorso ieri pomeriggio in piazza Vittorio Veneto. Ancora i soliti concetti e ancora gli stessi capelloni, sempre più laceri e sporchi. Gli applausi si potevano contare, i fischi no. È difficile camminare per la pace. E lo hanno dimostrato ieri i pochi psiuppini e radicali che hanno fatto tappa a Bergamo in un tour pedestre che mira a raggiungere Vicenza. Erano pochi, una quindicina. Qualche bandiera rossa. Quel che certo non faceva difetto era la peluria: chiome e barbe incolte, nudità in bella vista e un immenso squallore, che ai più ha fatto compassione. Alcuni erano molto giovani, e in fondo dispiace che finiscano col passare le loro vacanze mettendosi in berlina, magari ignari di quanto stanno facendo".

Ma il grande evento dell'estate '68 è l'invasione della Cecoslovacchia. Pannella si mobilita subito. Manda una lettera a tutti i gruppi della nuova sinistra: "Inizieremo uno sciopero della fame a oltranza per chiedere lo sgombero totale delle truppe sovietiche dalla Cecoslovacchia. Intendiamo così anche sollecitare il passaggio all'azione del Pci, perché le note e positive dichiarazioni non divengano un alibi per non far nulla".

E il 28 agosto scrive su Notizie radicali: "Il Cremlino è divenuto "il castello" di Kafka: i dirigenti comunisti, che avevano fino a due anni fa proibito le opere del grande scrittore praghese, lo avranno certo sentito o pensato. Elsa Morante si è chiesta quando i giovani sovietici sapranno liberarsi di dirigenti così ignobili. È il nocciolo del problema. Con o senza stella rossa, gli eserciti sono destinati a combattere non nemici "esterni", ma il popolo".

In settembre Pannella passa all'azione. Ma soltanto Panorama, il nuovo settimanale fondato da Lamberto Sechi, gli dedica un articolo intitolato La resistenza alla guerra ha cambiato stile: "Marco Pannella, giornalista e fra i maggiori esponenti del partito radicale, non è nuovo alle contestazioni. La mattina del 21 agosto, solo poche ore dopo l'annuncio dell'invasione di Praga, era già con i suoi davanti all'ambasciata dell'Urss fasciato in un gran cartello sul quale era scritto "Tradimento contro Praga, tradimento contro il Vietnam". Poco più di un mese dopo, il pomeriggio del 24 settembre, era a Sofia a distribuire volantini contro l'invasione della Cecoslovacchia in una strada centrale, a due passi dall'albergo Balkan. Assieme a lui c'erano una professoressa di lettere di Roma, Silvana Leonardi, e due studenti, Marcello Baraghini e Antonio Azzolini. Erano andati in Bulgaria apposta, con una valigia piena di foglietti stampati in bulgaro, tedesco e russo. Il volantino, intitolato Proclama in nome dei vostri compagni cecoslovacchi, conteneva frasi di questo genere: "L'occupazione di Praga è un colpo terribile per il futuro del socialismo nel vostro Paese"".

Continua Panorama: "Arrestati e interrogati a lungo dalla polizia, Pannella e i suoi amici sono stati rilasciati dopo circa 30 ore, quando il controspionaggio bulgaro ha accertato che si trattava di appartenenti all'organizzazione pacifista "War resisters International". Intanto altre undici persone di questa organizzazione compivano altre imprese del genere a Varsavia, Mosca e Budapest. La War resisters è una vecchia organizzazione che già negli anni '30 si batteva per l'obiezione di coscienza". In Italia solidarizzano con questo gesto di Pannella, fra gli altri, Capitini, Parri e Danilo Dolci.

Da Sofia Pannella manda una cartolina in francese a sua madre: "Cara mamma, devo comportarmi come mi detta la mia coscienza. La mia pena è che tu soffra non per le mie debolezze, ma per la mia forza". Il leader radicale si prenderà una piccola rivincita personale sulla Bulgaria un quarto di secolo dopo: nel '93, infatti, il congresso del Pr si svolge proprio a Sofia.

Al congresso radicale di Ravenna, nel novembre '68, Mauro Mellini succede a Spadaccia come segretario, e Angiolo Bandinelli ad Andrea Torelli come tesoriere. Il partito ribadisce il suo impegno contro "lo strapotere clericale" della Dc, e chiede un referendum contro il Concordato.

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