IL FASCINO DISCRETO DELLA NOBILTA’

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 4 del 23 ottobre 1997]

In un torrido luglio un giovane italiano visita la Bulgaria senza neanche lontanamente sospettare che un suo avo ha giocato un ruolo importante nella post-liberazione bulgara. Tre mesi più tardi, rileggendo l’opera dello storico Simeon Radev “I costruttori della Bulgaria moderna”, restiamo colpiti da un brano particolarmente interessante: “[…] allora è venuta la proposta, nota come proposta Robilant. Di Robilant, ministro degli esteri italiano tra il 1886 e il 1887, era un vecchio combattente delle guerre per l’unificazione dell’Italia e, come Nikola Petkov, aveva perso un braccio nella battaglia per l’indipendenza della sua patria. Egli seguiva con molta compassione, intrisa di dolore, gli sforzi del popolo bulgaro per la sua conservazione ed era un appassionato ammiratore del talento bellico del re Alexander. La sua proposta suggeriva che il governo della Rumelia orientale fosse puramente e semplicemente assegnato al re bulgaro […]”

Sfogliando il libro di Radev sulla storia bulgara dopo la liberazione dall’oppressione ottomana, si trovano tante altre righe dedicate al conte piemontese, che usò tutta la sua influenza nei circoli diplomatici europei per affermare l’unificazione del 1885 e per difendere l’indipendenza del giovane stato bulgaro: “[…] ieri Robilant ci fece un’accoglienza molto gentile […] disse che tutti gli erano riconoscenti per le parole proferite alla Camera in favore della Bulgaria, e che oggi non rinuncia a una sola parola di quel che disse allora (tratto dal telegramma da Roma del dottor Konstantin Stoilov) […]”

Il nome di Carlo Felice Di Robilant richiama alla memoria quello del giovane italiano in visita a Sofia, Filippo Di Robilant, che disse: “no, credo che si faccia confusione tra il mio bis-bisnonno, ministro degli esteri, e un generale della nostra famiglia che ha operato nei balcani durante la prima guerra mondiale, lo chiamavano Robilant pasha”. Così si scopre casualmente che un altro rappresentante della famiglia ha avuto a che fare con i balcani, ma il ricordo dell’affetto del ministro degli esteri italiano per il popolo bulgaro era stato a tal punto diluito dal tempo nella memoria di famiglia che il giovane discendente non sapeva che il suo avo aveva avuto un ruolo nei destini bulgari.

Oggi Filippo Di Robilant ha 38 anni e lavora a Brussels come assistente della commissaria europea Emma Bonino, e anch’egli era nel gruppo che ha vissuto ore di paura nel recente increscioso episodio del breve arresto della commissaria europea e della giornalista televisiva Cristiane Amanpour da parte dei fanatici fondamentalisti talebani. In precedenza si era dedicato a raccogliere fondi a favore delle persone colpite dalla distrofia muscolare (il famoso “Telethon”), per i bambini della ex-Yugoslavia, e per la lotta contro l’Aids, una causa che lo ha visto molto impegnato, anche e ancora qui a Sofia in un convegno medico e sociologico. Del volontariato giovanile dice che è ancora troppo poco divulgato in Italia, e che l’anonimato è una cosa sbagliata: “dobbiamo partecipare tutti insieme, in modo di renderci visibili agli altri e servire loro d’esempio, per la manutenzione dei musei, pulire le spiaggie, aiutare gli anziani…”

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