IL DOSSIER-GATE BULGARO
[da ITALIANI IN BULGARIA numero 6 del 13 novembre 1997]
Avevamo incautamente annunciato un’inchiesta sui servizi segreti occidentali in Bulgaria, ma questi hanno fatto capire di non gradire l’iniziativa. Per non deludere i lettori abbiamo rovesciato la frittata ed ora collabora ad ITALIANI IN BULGARIA un anonimo colonnello in pensione dei servizi segreti bulgari. Buona lettura!
OTTO ANNI ha impiegato il parlamento bulgaro a passare una legge sull’apertura dei dossier dei servizi segreti. Secondo un’indagine demoscopia del giugno scorso, il 71% degli intervistati è favorevole all’apertura dei dossier, l’undici per cento è contrario e il 18% non esprime un parere. Prima che fosse introdotta la legge, la stampa si occupava di come fossero andate le cose in altri paesi ex-comunisti. In Germania lo scoperchiamento degli archivi della STASI consiste in un processo piuttosto lungo. Una commissione speciale creata appositamente controlla l’apertura dei dossier e ne risponde solo al Bundestag (la camera bassa), che elegge la commissione stessa, la quale controlla i dossier, di politici, parlamentari, avvocati, funzionari statali… i giornalisti hanno libero accesso ai dossier una volta confermato che qualcuno è stato informatore della STASI, e i datori di lavoro del soggetto possono decidere autonomamente se licenziarlo o meno. In Polonia, secondo la legge in vigore, ogni deputato dovrebbe pubblicamente dichiarare se abbia mai avuto a che fare con i servizi segreti. Due parlamentari lo hanno ammesso scusandosi in pubblico e hanno mantenuto il loro scranno parlamentare. Nell’opinione pubblica la legge polacca è troppo debole, leggera e conseguentemente l’interesse sui dossier è molto scarso. Dall’estate scorsa anche il parlamento della Romania lavora su una legge per l’apertura dei dossier. Secondo il progetto di legge ogni funzionario statale che abbia avuto legami con la Securitate dovrebbe autodenunciarsi; se mentisse sarebbe invitato a dimettersi e se si ostinasse a negare, il suo dossier verrebbe pubblicato sulla stampa.
LA SITUAZIONE IN BULGARIA. Secondo la legge approvata ogni cittadino bulgaro ha il diritto a conoscere il suo dossier (antecedente al 1989) custodito negli archivi dei servizi segreti dell’epoca. È stata introdotta una procedura per cui il cittadino scrive una richiesta indirizzata alla polizia (MVR), la quale risponde ufficialmente per informarlo se esista un dossier su di lui: in caso positivo viene informato di dove e quando andare per poterne prendere visione. Potrà prendere appunti mentre lo legge, ma non è consentito di estrarre e portarsi via i documenti contenuti nel dossier. Non sono ancora disponibili statistiche precise su quanti cittadini abbiano già usufruito di questo diritto, ma si sa che saranno non pochi, secondo le intenzioni espresse ad un istituto demoscopico. Secondo questo sondaggio dell’ottobre scorso, addirittura l’undici per cento dei bulgari vogliono conoscere i dossier che li riguardano. L’interesse è notevole specialmente tra i residenti a Sofia, tra coloro di istruzione superiore, nella fascia di età tra i 30 e i 50 anni, tra coloro che hanno funzioni manageriali o esercitano come liberi professionisti. Secondo la legge, la ricerca dei dossier su ministri, deputati, alti funzionari e magistrati è affidata ad una speciale commissione composta da dirigenti della polizia, dei servizi di sicurezza nazionale e del controspionaggio militare. Questa commissione, per bocca del ministro degli interni, ha già dovuto annunciare in pubblico, durante una seduta parlamentare, i nomi di coloro che sono stati in un modo o nell’altro legati ai vari dipartimenti dei servizi segreti. Con 52 firme il gruppo parlamentare del Partito socialista bulgaro ha fatto ricorso alla Corte costituzionale, i quali magistrati hanno preso la decisione di escludere essi stessi dalla possibilità di essere controllati (è un segreto di Pulcinella che almeno uno dei componenti la suprema corte fosse coinvolto coi servizi).
E COSI’ durante tutta la calda estate il tema dei dossier è stato intensamente dibattuto tanto dai media quanto nei circoli politici. Gli osservatori prevedevano che si rivelassero i nomi di una cinquantina di deputati, cifra che raddoppia a un centinaio considerando alti funzionari statali, come dire circa un deputato su cinque e uno su sei tra i funzionari governativi di alto livello. Ma i nomi saltati fuori nella famosa seduta parlamentare, noti a tutti dalla stampa, erano molti meno, poco più di una ventina, grazie alla decisione della Corte costituzionale. Tra i membri di governo che furono collaboratori dei servizi segreti, coloro i cui nomi sono solo citati negli archivi ma non hanno uno specifico dossier sono stati esentati dal pubblico ludibrio, ma ciò non significa che non siano ancor più ricattabili: i loro dossier non sono stati distrutti, bensì rubati e nascosti da qualche parte e/o “ripuliti”. E così le persone del gruppo “ex-agenti” si trasferiscono nella nuova categoria “pronti per essere manipolati”. Un ex capo della intelligence bulgara ha dichiarato che alcuni ministri dell’attuale governo furono collaboratori dei servizi, e aggiungendo che la legge sia stata concepita sotto la pressione di fattori esterni (forse alludeva alla CIA), ha manifestato la preoccupazione che molti dei migliori agenti bulgari attualmente in servizio rinunceranno al loro lavoro nel timore che dopo qualche tempo i loro nomi vengano resi pubblici. Il 22 ottobre scorso il ministro degli interni Bonev ha letto in aula il rapporto sulle attività del comitato speciale che presiede sull’apertura dei dossier. Seicento persone sono state “controllate”, di cui 90 fortemente sospettate di avere dei dossier, ma solo per una ventina di questi se ne sarebbe scoperta la effettiva esistenza.
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