RADIO SOFIA NON PARLA PIU’ ITALIANO

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 7 del 25 novembre 1997]

La Radio nazionale bulgara ha chiuso la redazione italiana e le trasmissioni in questa lingua, definita “esotica” (?!?) In questo articolo la giornalista Violetta Grigorova scrive con amarezza della sua pluriennale esperienza nella sezione italiana di Radio Sofia

SONO UNA COME TANTI ALTRI che hanno vissuto gran parte della loro vita sotto un regime totalitario, mezzo secolo di regime comunista bulgaro, e ora che posso vorrei raccontare alcuni episodi della mia pratica di giornalista nella Radio nazionale bulgara durante quegli anni. È triste ricordare le assurdità della dottrina comunista, ma dobbiamo farlo per non permettere mai più che un paese così bello, situato nel core dei Balcani, torni un giorno satellite di simi dottrine, esistente soltanto nell’ipoteticità delle categorie ideologico-filosofiche, ma torniamo al dunque.

NEL 1987 varcai la soglia della direzione “Trasmissioni per l’estero” con un sentimento illusorio che proprio lì si creasse qualcosa, ci si perfezionasse quotidianamente e si potesse realmente dispiegare il potenziale intellettuale della propria personalità. Fui nominata in veste di redattrice per il posto vacante di corrispondente presso la redazione italiana di suddetta direzione. Assunsi l’impegno con immediato entusiasmo, dato che volevo penetrare nella metodica dell’attività della redazione. Dico volevo, perché quel desiderio fu presto tradito e sostituito da un’apatia e un sentimento sordo di insoddisfazione e al tempo stesso di rassegnazione.

APPRODAI alla redazione con 12 anni di esperienza come traduttrice professionista, di cui tre anni letargici di lenta degradazione dovuti a fattori oggettivi e soggettivi legati alla situazione di quotidiana routinarietà di lavoro nella prestigiosa ditta Radio nazionale bulgara. Non vorrei che l’emozionalità pervadesse questo articolo, ma furono toccate in me le più sensibili corde, quelle della mia dignità di essere umano e di professionista che ha le sue posizioni come cittadino/a. per un periodo assai breve, senza che me ne accorgessi, con i tipici metodi comunisti fui completamente isolata dal lavoro corrente della redazione. Elegantemente mi era stato indicato qual’era il “mio posto”. Senza che fossi convocata per discuterne e neppure avvisarmi in anticipo, mi portarono via la rubrica “Il circolo dei giovani”, col pretesto che fossi troppo occupata con la corrispondenza, e per di più la rubrica “Casella postale”, che nella maggior parte delle altre redazioni in altre lingue era svolta da noi corrispondenti; e infine mi tolsero pure i compiti di cronaca: venivano affidati solo in casi eccezionali, quando nessun altro voleva o per diverse ragioni non poteva recarsi a “coprire” un dato avvenimento. Capii ce per me non ci sarebbe stato scampo, e sceldi il primo compromesso.

IL SILENZIO. Giunsi al punto di dovermi sentire in colpa quando dovevo viaggiare per l’Italia (circa una volta all’anno per ragioni personali oppure in veste d’interprete di soggetti non proprio intelligenti, ma gli interlocutori italiani non se ne rendevano conto o se ne infischiavano…) Un’arroganza elegante. Questa era un’altra proprietà della caratteropatia della redazione italiana, incarnata nella persona della nostra dirigente, nominata capo-redattrice della sezione italiana senza sapere l’italiano! Era infatti laureata in filologia francese, ma parente di un alto funzionario del Comitato centrale del Partito comunista bulgaro. Più di una volta tentai di esprimere la mia indignazione contro i metodi usati in questa redazione. Mi mettevano a tacere con un sorrisetto e piccoli “favori” quotidiani, come venire più tardi al lavoro o potermene andare più presto, sottolineando che l’intera corrispondenza era un lavoro che pesava esclusivamente sulle mie spalle… Era un fatto che avrei anche accettato se l’atmosfera fosse stata veramente creativa, ma una cosa simile esisteva solo nei libri. Intanto ogni giorno di più mi rendevo conto di quanti incapaci ci fossero nella radio bulgara, ri quanto raccomandati incompetenti si propagassero nella direzione delle trasmissioni per l’estero. Nel corso di diversi colloqui la capo-redattrice mi suggeriva di accettare la rassegnazione quale posizione per quel che mi restava come attività creativa nella redazione. Una volta fu anche sincera, dicendomi che era contro la mia nomina nella redazione e le mie ambizioni non avrebbero potuto realizzarvisi. Ciononostante i colleghi di altre redazioni accettavano di buon cuore i miei materiali sul settore “giovanile”, e in ogni caso non mi dispiaceva di aver assunto l’incarico della corrispondenza con centinaia di simpatici ascoltatori italiani. Ma schiacciata dall’opinione “competente”, esentata da alcun tipo di obiezione da parte mia, mi chiusi ancor di più in me stessa.

LA MANIPOLAZIONE era così ben perpetrata che io stessa cominciai a dubitare delle mie qualità, vivendo 6 ore al giorno nell’atmosfera di una cantilena di parole senza senso, è facile immaginare cosa ne fosse rimasto delle mie ambizioni professionali. In qualità di interprete ufficiale del Partito agrario bulgaro (u partito satellite, lo sapevano tutti ma non si poteva dire), col loro aiuto partii privatamente alla volta dell’Italia (ho la fortuna di avere un cugino a Roma), e prima della partenza fui avvisata dal vice-direttore del reparto “paesi capitalistici” che non avrei mai dovuto dire per chi e dove lavoravo. Questo fatto non ha bisogno di commenti… Grazie all’ambasciata bulgara a Roma, più precisamente con l’aiuto di Elena Poptodorova che allora era ministro plenipotenziario per San Marino (pur non muovendosi mai da Roma!), ottenni il documento indispensabile per dimostrare che ero una giornalista della Radio nazionale bulgara, documento senza il quale non avrei potuto fare il tirocinio nel corso mensile dell’agenzia ANSA, di cui dieci giorni trascorsi all’interno del parlamento italiano e godendo dell’opportunità di scambiare idee ed esperienze con i giornalisti italiani.

TORNATA IN BULGARIA dopo tre mesi di soggiorno in Italia (durante quel periodo mi aveva sostituito una ragazza solo per una quindicina di giorni, quindi si può immaginare la mole di lettere che trovai sulla scrivania!), mi sentivo ispirata, colma di nuovo entusiasmo, di idee per nuove interviste, con rinnovate forza e fiducia, ma nel giro di pochi giorni mi ritrovai nuovamente frustrata: nessuno si interessò della struttura del parlamento bicamerale italiano, del lavoro effettuatovi con i colleghi delle redazioni italiane, delle loro attività. Niente, assolutamente niente di niente! Grazie ai miei viaggi in Italia ed al mio impegno di traduttrice, grazie anche alla gentilezza dei colleghi dell’ANSA, avevo avuto accesso diretto a diversi strati sociali, politici e culturali della realtà italiana, ma dato che la redazione italiana di Radio Sofia aveva posizioni pregiudiziali riguardo ai miei contatti con l’Italia, valutarono che essi non giovassero all’interesse comune, e sostanzialmente se ne infischiarono, di fatto sbattendomi la porta in faccia definitivamente. Vacillai per un breve periodo, ma poi finalmente cadde il muro di Berlino e il comunismo lentamente svanì, anche se dobbiamo tuttora sopportarne le conseguenze. Comunque, meglio tardi che mai!

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