INVESTIMENTI, COLLABORAZIONE INDUSTRIALE E PRIVATIZZAZIONE
[da ITALIANI IN BULGARIA numero 22 del 16 luglio 1998]
Come annunciato nel numero precedente, una decina di ditte italiane e numerosi potenziali partner bulgari hanno preso parte il 7 luglio scorso nell’hotel Kempinski-Zografski di Sofia all’iniziativa dell’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), iniziativa salutata dall’ambasciatore d’Italia nel suo discorso di apertura dei lavori come un importante passo in avanti nelle relazioni tra i due paesi. Troise ha anche anticipato che tra il 14 e il 16 luglio si terranno a Roma degli incontri con l’International financial corporation (un istituto della Banca mondiale) per esaminare dei progetti di piccole e medie imprese italiane nei paesi dell’europa centro-orientale, compresa la Bulgaria. E’ seguito l’intervento dell’organizzatore del workshop, il direttore della sede locale dell’ICE Rocco Gioffrè, che ha illustrato ai partecipanti quelli che ha definito aspetti contraddittori dell’economia bulgara: quelli positivi come la stabilità derivante dal currency board, ma anche quelli negativi, riassumibili in quattro punti: una produzione industriale stagnante, un processo di privatizzazione lento e macchinoso, una legislazione poco chiara e un sistema bancario primitivo. Abbastanza per deprimere anche gli investitori più garibaldini, ma Gioffrè ha concluso presentando anche i vantaggi e gli incentivi: esenzione da tasse e dazi per l’importazione di macchinari (purché per un valore di almeno 100.000 dollari), esenzione del 10% per dieci anni per i progetti prioritari (ovvero investimenti per almeno 5 milioni di dollari, oppure crazione di almeno 100 nuovi posti di lavoro, oppure locazione delle attività in zone depresse con alto tasso di disoccupazione), e infine il basso costo della manodopera. L’Italia, ha informato Gioffrè, è solo al 18°-20° posto nella classifica degli investitori in Bulgaria, preceduta dalla Repubblica ceca e seguita dalla svezia, per cui secondo lui tra i temi del workshop riassunti nel titolo il vero fulcro è costituito dalla collaborazione industriale.
Poi ha parlato a lungo il vice-responsabile dell’Agenzia bulgara per gli investimenti stranieri, Vassilev, seguito dalla consigliera commerciale dell’ambasciata d’Italia Giuseppina Zarra sugli ampi spazi di collaborazione per joint-venture in molti settori e sull’ambizioso programma di privatizzazione. Zarra ha annunciato che la Finlombarda, scelta dal governo bulgaro come consulente per la privatizzazione del polo chimico, intenderebbe stabilirsi qui in modo permanente con un centro servizi, ed un altro centro servizi è in progetto tra l’Enea e l’Associazione degli industriali bulgari. Dopo essersi brevemente soffermata sui progetti infrastrutturali (di strade, fibre ottiche, gasdotti e l’ammodernamento dell’aeroporto di Sofia), Zarra ha concluso consigliando ai presenti di appoggiarsi a studi legali locali e consulenti internazionali con esperienza nel paese, citando la Meteco per conoscere da vicino i programmi di sviluppo del governo bulgaro. E’ quindi intervenuto il dottor Orlandini per spiegare che cos’è e cosa fa la Simest. Si tratta di una finanziaria di proprietà del ministero del commercio estero ed alcune banche italiane, con un capitale di circa 400 miliardi, creata nel 1990 dall’allora ministro Ruggiero e recentemente riformata per poter partecipare fino al 25% del capitale sociale di iniziative imprenditoriali italiane (o comunque di aziende di altri paesi UE purché controllate da italiani) in paesi non-UE, con obbligo di riscatto entro otto anni ma senza più l’obbligo di avere un partner locale. La Simest può finanziare direttamente anche il 25% del piano finanziario complessivo, e andare oltre questa quota nel caso di società strumentali ai suoi scopi (Orlandini ha citato l’esempio del leasing).
Un breve intervallo e i lavori del workshop sono ripresi con l’intervento del dottor Campana della Mediotrade, il braccio del Mediocredito centrale (istituto interamente posseduto dal ministero del tesoro) che si occupa del credito alle piccole e medie imprese nei paesi dove occorrono operazioni finanziarie non tradizionali attraverso tre principali strumenti: il trading, ovvero l’identificazione di mercati per i prodotti italiani e/o di mercati terzi se l’azienda produce all’estero; il forfeiting, ovvero il pagamento dilazionato con promissory notes (cambiali internazionali) che possono vendersi sui mercati internazionali, col vantaggio che l’importatore paga dopo ma l’esportatore è pagato subito in contanti; e infine il countertrade, che altro non è che la più antica forma di scambi commerciali: il baratto. Si sono poi succeduti gli interventi di altri delegati italiani e titolari bulgari dei progetti proposti. Tra gli interventi più significativi si sono segnalati quelli di Nemski della società View, del consigliere commerciale bulgaro a Milano, Konstantin Madzharov, e dei rappresentanti della ditta ligure Co.i.m.i.t., che occupandosi di marketing internazionale e tecnologie industriali è presente in Bulgaria nei settori della gomma, della conceria, delle calzature, dell’industria alimentare (vino) e dell’industria leggera in generale. Altre aziende italiane presenti: il distillatore Stock di Trieste, la Restelli import-export di Varese (packaging), la ferrarese F.T.C. Finotelli (macchine per l’industria cartaria), la romana I.B.O., Luion abbigliamento di Milano e l’industria tessile G.T. di Reggio Emilia.
Nessun commento:
Posta un commento