CON CANETTI IN GITA A RUSE

[da ITALIANI IN BULGARIA numero 25 del 27 agosto 1998]

Mentre ogni sperduto villaggio bulgaro abbondano viali e piazze intitolate a poeti risorgimentali, neppure un violetto di Sofia è dedicato all’unico premio Nobel per la letteratura che questo paese possa vantare, e la stragrande maggioranza dei bulgari non sa neppure chi sia.

ELIAS CANETTI nacque a Ruse nel 1905 in una famiglia di ebrei sefarditi (discendenti degli ebrei che trovarono rifugio nell’impero ottomano dopo la loro cacciata dalla Spagna nel 1492), e descrive la sua infanzia nella città danubiana nel suo libro più noto, La lingua salvata. Emerge il ritratto di una salubre città di differenti razze e credi, la cui cultura cosmopolita la inseriva fermamente nella mitteleuropea. Anche se il mix etnico dei giorni di Canetti è da lungo tempo scomparso, i viaggiatori continuano a sorprendersi dell’elegante atmosfera centro-europea della città, che nonostante sia stata avvizzita dall’opprimente ferrocementificazione degli urbanisti bulgari del dopoguerra conserva ancora pacifiche strade residenziali, dove ornamenti ispirati all’art nouveau gocciolano da delicate case costruite a cavallo del secolo, con molti luoghi storici sparpagliati qua e la nel centro animato da una vivace attività culturale e un’altrettanto intensa vita sociale che si riflette nelle passeggiate serali.

UN PO’ DI STORIA. Ruschuk, come la chiamavano i turchi, era un’irrilevante città provinciale dell’impero ottomano finché il governatore illuminato Midhat Pasha (1864-68) vi costruì scuole, ospedali, fabbriche e soprattutto la prima ferrovia bulgara, da Ruse a Varna. Fino alla costruzione della più diretta ferrovia Belgrado-Sofia-Istanbul, i viaggiatori navigavano il Danubio e sbarcavano a Ruse nella loro via dall’europa centrale a Costantinopoli. Un quartiere europeo si sviluppò rapidamente lungo il fiume, e il commercio ricevette un’ulteriore spinta dopo la liberazione, così che per molti anni – grazie soprattutto ai mercanti armeni, ebrei, tedeschi e greci che portarono ricchezza economica e culturale -, Ruse ebbe più abitanti, fabbriche, banche alberghi e rappresentanze diplomatiche della stessa Sofia. Nell’ultimo dopoguerra con il totalitarismo arriva il decadimento, perfino sanitario per non compromettere le relazioni con Ceausescu, i comunisti bulgari tollerano un impianto chimico romeno sull’altra sponda del fiume che causa problemi respiratori a generazioni di bambini rusentsi.

SPAZIOSA MISTURA di cemento e vegetazione delimitata da bancarelle di libri e fiori, la centrale piazza della libertà (ploshtad na svobodata) è dominata da uno dei simboli della città, il pilastro monumento alla libertà. Del 1908, e nel lato sud-occidentale ospita il teatro drammatico in stile neo-rinascimentale. La piazza è attraversata dalla principale arteria sociale e commerciale della città, ul. 6-ti Septemvri, punto di ritrovo per lo shopping e il passeggio senza scopo. Sia a nord che a sud della piazza c’è un incrocio di vie con residenze borghesi del secolo scorso, ora divise in appartamenti, , e nascosto tra di esse un ricordo del passato cosmopolita, la ex sinagoga in ploshtad Ivan Vazov. Scendendo in direzione del fiume e della stazione dell’aliscafo si entra nell’area di edifici stuccati e polverosi che era il quartiere dei mercanti e dove anche la famiglia di Canetti aveva un magazzino in ul. Slavianska 12, mentre qui vicino in Stambolinski 15 trovate la casa museo del giornalista e politico Zahari Stoyanov, conosciuto per le sue Note sull’insurrezione bulgara, ispirate alla sollevazione dell’aprile 1876, che visse di persona. Stoyanov sposò la figlia più giovane di Baba (nonna) Tonka, ovvero Tonka Obretenova, una energica patriarca in prima linea nell’attività rivoluzionaria, che nascondeva in casa i combattenti, contrabbandava i fucili e guidò le donne di Ruse in un assalto alla prigione. Insieme a libri e manoscritti relativi al lavoro di Stoyanov il museo ospita il teschio di Stefan Karadzha e reliquie di Panaiot Hitov.

PARADOSSALMENTE però l’europeizzazione della città su introdotta proprio da un turco, il summenzionato governatore ottomano Midhat Pasha, il coronamento del lavoro del quale, la ferrovia Ruse-Varna, è commemorato in altro museo meritevole di una visita: il museo dei trasporti in Bratya Obratenovi 13. Questa era la vecchia stazione ferroviaria originale e vi si possono ammirare la locomotiva a vapore inglese no. 148 del 1866 e la sontuosa carrozza letto Sultanine uata dall’imperatrice Eugenia di Francia nel 1869 nel suo viaggio verso sud per l’inaugurazione del canale di Suez. Tornando da qui in direzione della piazza della libertà, attraverso il parco della gioventù si arriva al parco degli eroi del risorgimento, ai quali è dedicato un discutibile monumento felicemente definito come un tempio Maya sormontato da una gigantesca pallina da ping-pong coperta d’oro. Poco più a ovest, in ulitsa Gorazhd potete rifarvi la vista studiando la cattedrale di Sveta Troitsa, risalente al 1632 e ricostruita due volte nei secoli seguenti con un curioso miscuglio di stili dal barocco al medievale. Notevole è la navata sotterranea, ricca di icone, col suo soffitto stuccato “sostenuto” da pilastri che sembrano di marmo, coronati da capitelli corinzi.

INFINE, le sole cose meritevoli da vedere a sud del centro sono la galleria d’arte municipale (una ristretta collezione di artisti locali vivacizzata da due elogi al duro lavoro contadino opera del pittore Zlatyu Boyadzhiev) e la porta Kyuntukapu, unica rimanenza della fortezza turca.

Nessun commento: