Granzotto contro Bush, Cappato e Dupuis

Il sole riluceva stanco sulle acque indifferenti di quell'isola meravigliosa, mandando, ormai, morente, gli ultimi bagliori a riflettersi languidi sulla vellutata superficie del mare, appena increspato da una brezza leggera che scompigliava i capelli di Cappato.

Roberto Cappato, seduto ai comandi del suo yacht personale, era un uomo alto, robusto, prestante, con lunghi capelli neri fluenti che gli contornavano i gelidi occhi azzurri, di ghiaccio, che incutevano timore in chiunque lo avesse incontrato per la prima volta, o anche la seconda. Il naso regolare era seguito dalla bocca, con un'espressione eternamente disgustata e le labbra secche, screpolate dalla salsedine e dal vento. Sembrava una bocca fatta apposta per impartire ordini, cosa che infatti Cappato faceva con con estrema disinvoltura. Era egli il risultato di uno strano miscuglio di razze: il padre orientale, la madre africana, l'amico della madre italiano, e assommava in se tutte le migliori caratteristiche delle tre razze.

Cappato, il perfido Cappato, si stava godendo una immeritata vacanza, finalmente un periodo di riposo che dopo la sanguinosa soluzione del clamoroso caso che nelle ultime settimane lo aveva duramente impegnato in una lotta senza esclusione di colpi con il suo nemico numero uno: il micidiale agente segreto Roberto Granzotto.

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