II. - PRINCIPI
Sommario: Intendersi - Definizione - Pluralismo - Diritti dell'uomo - Stato di diritto - Autogoverno - Stato e Chiesa - Stato ed economia - Uguaglianza - Non uniformita' - Diffusione del potere politico - Diffusione della proprieta' - Perequazione dei redditi - Istruzione per tutti - La formula radicale - Anticonservatorismo - Anticlassismo.

INTENDERSI
"C'e' voluta - scrivevo alcuni anni fa in Problemi di liberta' - l'eroica fatica di pseudo-intellettuali per scoprire un senso astruso alla parola liberta'. Non sono forse riusciti a dimostrare che l'uomo piu' libero e' quello che si trova in prigione? che maggiori sono i vincoli e maggiore e' l'autonomia? che la dittatura conduce ad una migliore, se non maggiore, liberta' della democrazia? che l'obbligo di ubbidire agli ordini dettati da altri e' il mezzo piu' sicuro per rendere piu' piena l'autonomia del singolo? Propagandisti fascisti, predicatori gesuiti, attivisti comunisti ci hanno tutti parlato di vera liberta' e di vera democrazia. Troppi hanno dato loro ascolto".

DEFINIZIONE
Liberta' non e' altro che l'autonomia dell'individuo, vale a dire la possibilita' per ognuno a) di decidere da se' su quello che vuol fare, b) di agire a secondo della sua decisione. Riconosciamo l'esattezza delle critiche mosse dalla scuola socialista e comunista nei riguardi dei difetti e delle lacune delle societa' liberali del secolo scorso e di questo secolo.
Queste critiche si possono ridurre ad un concetto fondamentale: non c'era, e non c'e' oggi in Italia e altrove, sufficiente uguaglianza per rendere effettiva la liberta' di tutti. Con le critiche siamo d'accordo: non siamo piu' d'accordo quando nello sforzo di correggere i difetti e di riempire le lacune si dimentica lo scopo di tale sforzo e si mira a creare una societa' in cui l'autonomia del singolo viene a scomparire, quando ossessionati dalla "costruzione del socialismo" si rimette in auge il dispotismo dei secoli passati.

PLURALISMO
I radicali rigettano incondizionatamente il concetto di una societa' in cui vi siano una sola idea e un solo partito. Se per classi s'intende la differenziazione tra chi ha il monopolio del comando e chi ubbidisce, tra chi possiede e chi non possiede, tra chi sta sopra e chi sta sotto, occorre essere contro le classi. Ma se per classi s'intende la differenziazione non precostituita e posta invece sul medesimo livello, di gruppi economici e sociali, di chi lavora nei campi e chi lavora nelle officine, di chi organizza il lavoro e chi eseguisce, occorre riconoscere che questa e' condizione indispensabile di una vita migliore. Liberta' e' varieta' cosi' come e' movimento, o almeno possibilita' di movimento.
Significa in primo luogo espressione e circolazione di idee, possibilita' di azione. Significa poter passare da un gruppo sociale ad un altro. Significa possibilita' di creare qualcosa di nuovo, di allontanarsi dal conformismo in cui sempre si cerca di strozzare l'individualita' del singolo. Dove c'e' liberta', vi e' pure una molteplicita' di esperienze. Ne deriva che per essere liberi occorre anche essere tolleranti. La tolleranza, che permette la coesistenza di tendenze, aspirazioni e interessi diversi, e' il complemento naturale della liberta'.

DIRITTI DELL'UOMO
Per liberta' s'intende il diritto di ognuno di vivere la sua vita, cosi' come piu' mi aggrada, purche' non rechi disturbo agli altri. S'intendono i diritti dell'uomo e del cittadino, veri oggi e domani come lo erano ieri: la liberta' di pensiero, di coscienza, di espressione (che veniva chiamata di stampa), di associarsi volontariamente con chi piu' ci sembra vicino alle nostre idee ed ai nostri interessi. Queste liberta' non sono sorpassate, e non sono astratte; ma sono la base di ogni societa' libera. Quanti applaudivano trent'anni fa alla reazione hanno compreso a loro spese cosa significava esser privati di queste liberta' quando la dittatura inizio' le guerre che durante un decennio riempirono le fosse di morti e coprirono l'Italia di rovine. Cominciano ad accorgersene oggi quei comunisti che dopo aver inneggiato per quarant'anni alla dittatura liberatrice, hanno scoperto che non esistono dittature liberatrici, che la schiavitu' e' una, cosi' come la liberta' e' una. Se ne accorgono quanti, avendo parlato disprezzantemente di astrattezza, si trovano poi di fronte ad un plotone di esecuzione, negazione concreta della liberta' astratta.

STATO DI DIRITTO
Le leggi devono comandare, e non l'arbitrio di uno, di pochi o di molti: le leggi che sono emanazione della volonta' chiaramente espressa della maggioranza dei cittadini, che si ispirano ai principi fondamentali di una libera societa', che vengono applicate con una procedura rigorosamente determinata. "Formalismo sciocco ed inutile" dicono gli estremisti di ogni colore. E' invece il rispetto della procedura che protegge e garantisce la libera' del singolo, che spesso, e' vero, puo' irritare e rendere impazienti, pero' abolisce l'arbitrio subordinando a regole uguali per tutti la volonta' sia di maggioranze che di minoranze, che richiede l'opera di una magistratura indipendente e moralmente ineccepibile.

AUTOGOVERNO
Chi e' per la liberta', rifiuta incondizionatamente qualsiasi governo che non si basi sulla volonta' liberamente espressa dalla popolazione, inclusi i sistemi pseudo-democratici basati su elezioni guidata, controllate, o qualunque altro aggettivo si voglia usare per dire che i cittadini votano come sono obbligati a votare. Liberta' politica e' la democrazia rappresentativa, la libera scelta di candidati prima delle elezioni e la libera scelta fra candidati il giorno delle elezioni. Ci si dice che questa e' liberta' formale, insufficiente: certo occorrono le condizioni che diano a tutti una medesima capacita' di partecipare alle elezioni, di formarsi un'opinione, di compiere una scelta. Anche se insufficiente, e', nel campo delle attivita' concrete, la liberta' senza la quale nessun'altra puo' esistere; democrazia come organizzazione della liberta' e' autogoverno, al centro come alla periferia, nella capitale come nelle regioni, nelle provincie, nei comuni.

STATO E CHIESA
La divisione dei poteri e' fondamentale in ogni democrazia liberale. Troppo spesso pero' ci limitiamo a considerare solo la distinzione tradizionale tra potere legislativo, potere esecutivo e potere giudiziario. La separazione tra Stato e Chiesa rientra nell'ambito di quella divisione dei poteri che e' garanzia indispensabile di liberta'. Qualsiasi possano essere le buone intenzioni, chi esercita il potere tende ad abusarne; maggiore il potere, maggiore l'abuso. In una nazione non vi e' soltanto il potere politico; in Italia in particolare e' bene organizzato e presente dovunque il potere ecclesiastico; se questo riesce ad identificarsi con lo Stato, come sta avvenendo da anni con la complicita' del partito della democrazia cristiana, nella quale si e' camuffato il clericalismo tradizionale, addio liberta'. Non solo e' necessaria, se non si vuole arrivare allo Stato confessionale nemico di ogni liberta' di pensiero e di coscienza, la separazione tra potere ecclesiastico e quello politico: occorre in Italia che il potere politico sia sufficientemente forte da reprimere gli abusi di quello ecclesiastico, da contenerlo nella sua funzione di provvedere di aiuto spirituale quelli che tale aiuto richiedono e solo quelli.

STATO ED ECONOMIA
Lo stesso vale per il potere economico. Il dibattito tra liberisti e dirigisti, tra privatisti e collettivisti va visto alla luce dei vantaggi o degli svantaggi che la liberta' ricava da una struttura economica piuttosto che da un'altra. Per un liberale l'unico assoluto e' la possibilita' autonoma di scelta nei riguardi sia di idee che di azioni. La liberta' economica, il liberismo integrale di cui i conservatori si fanno paladini (salvo poi a gettarlo a mare appena sorga il pericolo di crisi) sono subordinati a quell'assoluto, non possono mai essere essi stessi l'assoluto. L'evidenza dei fatti e' chiara: un'economia privata caratterizzata da una forte concentrazione di proprieta' nelle mani di pochi e' nemica della liberta'; i monopoli privati sono tanti feudi che rendono illusoria la liberta' dei cittadini; d'altra parte una economia integralmente collettivistica e' incompatibile con la liberta'; le imprese nazionalizzate, se manca il controllo del parlamento, diventano benefizi di cricche politiche. Occorre arrivare a cio' a cui sono gia' arrivate le democrazie liberali e socialdemocratiche dell'Europa nord-occidentale e dell'America del Nord: la separazione tra economia privata e economia pubblica, la repressione delle tendenze monopolistiche nella economia privata, il controllo effettivo del parlamento sulle aziende di Stato, affinche' non diventino feudi di gruppi politici.

UGUAGLIANZA
Fin qui e' possibile essere d'accordo con tutti coloro che accettano i principi fondamentali del liberalismo (anche se resta la distinzione che per i radicali i diritti dell'uomo, la democrazia rappresentativa, lo Stato di diritto sono verita' profondamente sentite mentre per tanti altri che ne parlano sono parole prive di sostanza). Il punto di maggiore contrasto riguarda l'uguaglianza dei cittadini. Contrariamente ai socialisti di un secolo fa ed ai comunisti di oggi che credono d'identificare la liberta' nell'uguaglianza, accettiamo il fatto per se' evidente che si tratta di valori diversi. Pero' essi e le istituzioni che ne derivano, sono intimamente collegati. E' impossibile parlare di liberta' dell'individuo se non si ammette la capacita' dell'uomo di prendere decisioni che sono valide per il semplice fatto che sono le sue, se non si riconosce la sufficienza della ragione nei riguardi delle nostre azioni. Non e' possibile concepire una societa' libera se non si accetta il fatto che tutti i suoi membri sono capaci di decidere per conto loro, che non sono minorenni, che tutti siamo fondamentalmente uguali. Basta guardarsi intorno per convincersi che la istruzione non da' il senno, che gli esperti capiscono talvolta meno dei non esperti, che quanti boriosamente si vantano di appartenere alle ‚lites compiono errori esattamente come gli umili che alle ‚lites non appartengono.

NON UNIFORMITA'
Uguaglianza non e' uniformita', non e' l'abolizione delle differenze. Significa che uomini e donne, gente dalla pelle bianca e dalla pelle non bianca, individualisti e socialisti, credenti e miscredenti, dirigenti d'impresa e loro dipendenti, agricoltori, professionisti ed operai, si trovano tutti su di un medesimo livello. Per essere sul medesimo livello non occorre eliminare la distinzione tra chi esercita una funzione e chi ne esercita un'altra, occorre arrivare ad una equa distribuzione di potere. L'uguaglianza giuridica non e' sufficiente per assicurare la liberta' dei cittadini. Occorre che non vi sia un divario eccessivo tra i mezzi di cui uno dispone per poter decidere (preparazione intellettuale) e per poter agire (capacita' economica soprattutto) e i mezzi di cui un altro dispone. Se il divario e' eccessivo, i piu' forti assoggetteranno i piu' deboli e si ritornera' ad una qualsiasi variante di un sistema dittatoriale anche se gabellato come democrazia integrale, democrazia popolare o altro. Gli elementi che sono fonte di potere sono soprattutto: lo Stato, la proprieta' e l'istruzione. La lotta per la liberta' non puo' essere dissociata dalla lotta per la equa distribuzione del potere politico, del potere economico e del potere che deriva dalla preparazione intellettuale.

DIFFUSIONE DEL POTERE POLITICO
Sulla necessita' del suffragio universale i radicali si trovano d'accordo con molti che si ispirano a concetti diversi. Sulla necessita' di osservare rigorosamente nel campo politico la divisione dei poteri l'accordo e' minore. Come i movimenti di destra vorrebbero distruggere l'autonomia del potere legislativo assoggettandolo completamente a quello esecutivo, cosi' i movimenti di sinistra tendono spesso a distruggere l'autonomia del potere esecutivo, (e non si accorgono che cosi' facendo in realta' lo rafforzano perche' una volta integrati potere legislativo e potere esecutivo e' questo che finisce con il prendere il sopravvento, come stava avvenendo nell'Inghilterra laburista e nella Francia socialista). Sulla necessita' di combattere la centralizzazione burocratica, vi e' spesso ancora meno accordo.

DIFFUSIONE DELLA PROPRIETA'
Suffragio universale, libere elezioni, cariche ed uffici pubblici aperti a tutti: la formula con la quale si ottiene il massimo di diffusione del potere politico e' relativamente semplice. I piu' credono che per la diffusione del potere economico, le difficolta' sono invece gravi. Cio' non e' esatto e l'esempio di altre nazioni mostra in quale direzione occorre avanzare. Il potere economico deriva in primo luogo dal possesso di proprieta' e dall'uso che si ha il diritto di farne (per proprieta' intendendosi i beni di consumo duraturi come i beni di produzione, il lavoro come la terra ed il capitale; nel lavoro includendo anche l'abilita' organizzativa, lo spirito d'intrapresa, l'esperienza che acquistano operai, tecnici, professionisti, ecc.). I conservatori ed i reazionari sono per il privilegio della proprieta' privata, in particolare del capitale, i collettivisti sono per l'abolizione della proprieta' privata: basta guardare all'esperienza di questi ultimi cinquant'anni per arrivare alla conclusione che sia il privilegio voluto dagli uni che l'abolizione voluta dagli altri sono incompatibili con la liberta'. Sia il privilegio che l'abolizione creano un accentramento di potere nelle mani di pochi che rende illusoria la liberta' degli altri. Resta come soluzione la massima diffusione della proprieta' che si attua non con le formule gandhiane della piccola proprieta' terriera e dell'artigianato ma: a) con la partecipazione di milioni di cittadini all'azionariato industriale (come avviene negli Stati Uniti); b) con le cooperative di produttori agricoli (come avviene nella Nuova Zelanda, in Danimarca, in Olanda e in Svizzera); c) con i salari elevati che permettono di acquistare in quantita' ragguardevoli i beni di consumo; d) con le assicurazioni sulla vita che costituiscono tanto capitale di cui il singolo dispone e che danno la sicurezza economica alle famiglie. La proprieta' delle aziende economiche e' una cosa; la gestione - nel mondo industriale moderno - e' un'altra. Per l'efficienza della produzione e della distribuzione dei beni occorrono le grandi imprese: anche se la proprieta' di un'azienda e' largamente diffusa, la gestione e' unica. Qui per garantire la liberta' occorre che si crei un equilibrio tra grandi forse economiche: alla grande impresa industriale deve far fronte il grande sindacato, alla grande impresa privata deve far fronte la grande impresa pubblica. Sia la diffusione della proprieta' che la creazione di un equilibrio tra forze economiche non sono e non possono essere il risultato di leggi di natura; sono e dovranno essere il risultato dell'intervento umano, della legislazione che mira ad ottenere questi scopi. Per sapere cosa e' l'economia radicale basta studiare le condizioni che esistono nei paesi democratici industrialmente piu' avanzati e la legislazione che ha portato a quelle condizioni.

PEREQUAZIONE DEI REDDITI
Abituati dalle tre correnti che dominano il pensiero italiano (l'ontologismo tomista, l'idealismo hegeliano ed il materialismo marxista) a pensare in termini di assoluti, non troviamo altra formula che quella o dell'assoluta uguaglianza dei redditi o dell'assoluta disuguaglianza. Sia l'una che l'altra sono incompatibili con la liberta': quella perche' richiede un'eccessiva coercizione, questa perche' porta ad un eccessivo accentramento di potere. Abbiamo l'esempio dei paesi - le democrazie dell'Europa nord-occidentale e del Commonwealth in particolare - in cui la ragionevolezza ha preso il posto dell'assolutismo dogmatico ed in cui sforzi vengono compiuti continuamente per elevare i redditi bassi e per abbassare quelli alti. Questo occorre fare in Italia, ridistribuendo il reddito, come avviene in Gran Bretagna, come avviene negli Stati Uniti, a mezzo del sistema tributario e dei servizi sociali, aumentando i salari e diminuendo i profitti, colpendo fortemente tutti i redditi che non sono frutto del lavoro.

ISTRUZIONE PER TUTTI
Tradizionalmente, la scuola italiana, come la scuola di quasi tutti gli altri paesi nel passato e nel presente, ha mirato a creare delle ‚lites. L'‚lite, anche come semplice ‚lite intellettuale, e' incompatibile con una societa' di cittadini liberi e uguali. Lo si voglia o no, chi piu' sa, chi meglio e' in grado di adoperare la ragione di cui e' stato dotato, si trova in una situazione di superiorita' nei confronti di chi sa meno, di chi non ha avuto quell'allenamento che permette di vedere rapidamente e correttamente le relazioni innumerevoli che esistono tra i molti elementi di cui si compone qualsiasi problema. Soprattutto durante questi due ultimi secoli, gli intellettuali (o meglio, in senso piu' largo l'"intellighentsia") hanno avuto nelle loro mani la direzione di tutti i movimenti che hanno agitato l'umanita' - movimenti buoni e movimenti cattivi. (Occorre togliersi dalla mente il pregiudizio che l'istruzione rende l'uomo migliore; lo rende semplicemente piu' efficiente, piu' capace di agire, ma non trasforma i diavoli in santi). In societa' a struttura semplice, l'uomo forte e ignorante puo' essere un dirigente; maggiore e' la complessita' della societa' e maggiore e' il grado di istruzione necessario per poter diventare un animatore, per ottenere risultati. Occorre, non solo in Italia ma in tutti i paesi, arrivare a cio' a cui si stanno avvicinando le democrazie piu' avanzante, l'istruzione uguale per tutti a tutti i livelli, non solo quello elementare, ma anche quello secondario e quello superiore, facendo della specializzazione una semplice differenzazione e non un titolo di superiorita' e ponendo fine alla boria che oggi caratterizza spesso e volentieri le persone istruite nei confronti di quelli che hanno ricevuto meno istruzione; insegnando che un titolo di studio non da' privilegi, uno deve volerlo per ampliare e perfezionare la propria personalita', per diventare un miglior cittadino.

LA FORMULA RADICALE
La formula alla quale si ispira l'azione radicale e' semplice e si riassume in due principi: 1) la vita della nazione deve svolgersi nell'ambito delle istituzioni dello Stato liberale; 2) i problemi che sorgono in seno ad una societa' libera vanno risolti nel senso di una sempre maggiore uguaglianza fra i cittadini. La lotta per la liberta' diventa la lotta per l'uguaglianza, ma nel nome di questa che conservatori e reazionari negano, non si deve dimenticare quella, come avviene per le tendenze autoritarie di sinistra. Se non ci sono problemi, tanto meglio. Ma e' difficile, anzi impossibile che non sorgano problemi in una societa' libera. La soluzione e' sempre la medesima: diminuire la disuguaglianza, diminuire la distanza che separa individui e gruppi, avvicinare i cittadini tra loro, lottare contro l'egoismo, dare il piu' ampio sfogo al sentimento di fratellanza, far prova di solidarieta', con lo scopo chiaramente definito di potenziare e di aumentare la autonomia dell'individuo.

ANTICONSERVATORISMO
E' chiaro che il concetto universale della liberta', quale lo intendono i radicali, e' incompatibile con qualsiasi conservatorismo. La liberta' e' creazione, e la creazione e' trasformazione. I conservatori che vogliono evitare trasformazioni devono reprimere la capacita' creatrice dell'essere umano, devono ad un certo momento, qualsiasi sia il loro programma scritto, uccidere la liberta'. Da conservare non c'e' tutt'al piu' che un metodo: quello attraverso il quale si verifica un continuo processo di creazione e di trasformazione. Ma anche nel mantenere questo metodo che ha come base i diritti dell'uomo e la procedura democratica, non e' possibile essere conservatori: il metodo stesso si mantiene ampliandolo, diffondendolo, migliorandolo. Nell'ambito di questo metodo tutto puo' avvenire e tutto e' lecito purche' non indebolisca il metodo stesso: si puo' passare, come e' avvenuto in tutte le democrazie liberali, da una religione ad un'altra o alla mancanza di una religione; da un sistema economico ad un altro; da una struttura sociale ad un'altra profondamente diversa; dal predominio di un partito, al predominio di un altro; da una concezione della vita ad una concezione diversa. La liberta' e' la rivoluzione permanente. Nemici della liberta' possono trovarsi e si trovano spesso a sinistra. Ma a destra non ci sono che nemici della liberta'. La sinistra puo' errare ed occorre adoperarsi a correggerne gli errori antiliberali; la destra erra sempre, per il fatto stesso di essere destra, politica o economica, confessionale o intellettuale.

ANTICLASSISMO
E' errata dal punto di vista della liberta' la posizione di partiti che mettono al centro delle loro preoccupazioni un concetto classista. Non ci sono una liberta' borghese ed una liberta' proletaria o aristocratica. La liberta' e' una: occorre vedere se alcuni ne godono o tutti. Il proletario ha altrettanto diritto alla liberta' di pensiero, di coscienza e di espressione quanto il non proletario, (e per di piu' ne ha maggior bisogno). La liberta' di associazione era un privilegio quando la borghesia la negava al proletariato; ma e' assurdo pensare, come fanno i comunisti, che nello Stato proletario i lavoratori stanno meglio se non hanno liberta' di associazione, se devono associarsi in organizzazioni coatte. Il metodo democratico, libere elezioni, pluralita' di partiti, governo parlamentare rappresenta un progresso sui metodi autoritari, senza distinzioni di classe. Hanno avuto torto i liberali conservatori che hanno voluto limitare il godimento della liberta' creando una barriera assurda ed immorale tra un gruppo di cittadini ed un altro; hanno torto i marxisti-leninisti che affermano essere inutili per le masse lavoratrici quelle istituzioni attraverso le quali l'idea di liberta' diventa la realta' quotidiana di una vita libera. Le classi sociali non sono che un aspetto della infinita varieta' di esperienze umane che si verifica in qualsiasi societa'; a volte le classi sociali contano di piu' dei gruppi religiosi, nazionali o altri; a volte meno. Non esiste l'assoluto delle classi sociali come non esiste l'assoluto di razze o nazioni. Tutto e' e tutto deve rimanere in continua trasformazione; quello che interessa dal punto di vista della liberta' non e' la scomparsa di questo o quel gruppo ma l'uguaglianza fra tutti i gruppi, fra i quali non devono esistere differenze nei riguardi dei diritti da godere, i doveri da assolvere, le responsabilita' da assumere.

Nessun commento: