Gentile Miss Welby,

sono un suo anonimo fratello londinese e mi rivolgo al suo forum in quanto il mio intervento ha poche speranze di essere pubblicato dai sui colleghi Romano o Severgnini. Ci sarebbe il blog di Mauro Suttora, ma allora tanto vale postare qui.

Sono razzista. Sono diventato razzista contro il sub-continente indiano (e dintorni) per l'abuso oltraggioso di questi asiatici del telefono cellulare. Basti dire: peggio di noi italiani. Le riporto indignato alcuni episodi.

Vagone letto. Io e amica di sopra, indiano a sua amica di sotto. Lo sento borbottare a lungo. Penso che stia parlando con la tipa, che però non risponde mai. La cosa va avanti un quarto d'ora, voglio dormire, mi affaccio: vedo che sta parlando al cellulare, gli dico di farla finita e questo fa: "non vedi che sto parlando col mio amico?" Questo in inglese, ma io gli ho risposto in italiano "E A ME KE KAXXO ME NE FREGA??" e lui ha capito e spento il cellulare.

A casa, davanti alla TV per i mondiali di calcio, il flatmate cingalese dalla sua stanza viene a piazzarsi di fianco a me sul divano ogni volta che riceve o deve fare una telefonata. Le lingue cingalesi hanno una "musicalità" talmente concitata da far pensare che si stiano raccontando in diretta un attacco nucleare dei marziani anche quando si stanno scambiando notizie burocratiche sul visto e cosa mettere in valigia. Oh, questo non se ne va finché non lo guardi fisso con gli occhi strabuzzanti di odio e puoi tornare a guardare la partita.

L'altro giorno tornando a casa salgo sul 206 a Ealing, mi siedo al piano di sopra e mi si siede dietro un altro cingalese al cellulare, che mi parla nelle orecchie ininterrottamente durante mezz'ora di coda sulla Uxbridge Road fino ad Acton, dove scendo rintronato e questo scende anche lui e continua a starmi dietro sulla High Street appiccicato a pochi centimetri come un pedinatore nei fumetti di Jacovitti, sempre concitato e ansiogeno al cellulare. Minchia, ho pensato, forse come agenti segreti non sono molto discreti in Sri Lanka, ma come scuola di pedinamento non lasciano nulla al caso. Ho addirittura pensato che in quell'affabulare ininterrotto stesse comunicando in diretta (anche a me?) la mia posizione satellitare metro per metro. Ho repentinamente girato a sinistra in Birkbeck Road mentre lui ha tirato diritto, ma giuro che ho avuto paura.

Ora, è evidente che bisogna fare qualcosa. Ci sono un miliardo e mezzo di indiani: il giorno in cui tutti hanno il cellulare li sentiamo fin qui, giorno e notte, specialmente la mattina presto! Occorre subito amputarli tutti di un braccio, o forse in modo più incruento tappare un'orecchio, per evitare che i cellulari si rivelino addirittura tre miliardi. Occorre l'embargo della relativa tecnologia ai paesi maggiormente offensivi (con eventuali sanzioni, ma non amputazioni, anche per Italia e Regno unito). Occorre che anche lei, stimata Miss Welby, quale protagonista della società dell'informazione spenda la sua penna in questa battaglia di civiltà.

Grazie per l'attenzione, anonimo dal Berkshire

3 commenti:

Michele Boselli ha detto...

BRIDGET REPLIES
la rubrica Agony Aunt di Miss Welby: rigettate qui liberamente cosa vi angoscia

Gentile lettore anonimo dal Berkshire, la soluzione al problema da lei sollevato è intrinseca alla sua stessa missiva: amputare il braccio opposto all'orecchio tappato in modo da rendere ancor più difficoltoso l'utilizzo del cellulare, e in più amputare anche una gamba in previsione di quando il problema si presenterà con le automobili. Lei è pazzo, si faccia curare.

Anonimo ha detto...

L'altro giorno ero al cinema. A uno dietro di me è squillato il cellulare. Il tizio ha risposto con uno squillante "Dimmi!", nel bel mezzo del film.
A prima vista sembrava di Torpignattara. Ora mi rendo conto che probabilmente si trattava di un agente segreto cingalese sotto copertura.

Anonimo ha detto...

Famiglia povera di negri, casa popolare, nel Bronx, a New York. Il giovane Tommy torna a casa euforico.

"Papà, papà, guarda, un amico mi ha dato una medicina e mi ha fatto diventare la pelle bianca. Non sono più negro come voi. Urrà!"

Il padre, affaccendato a contare i quattro soldi raccattati al semaforo dopo una giornata di lavoro:
"Non mi rompere i coglioni, Tommy, non dire cazzate, vaffanculo".

Tommy, deluso, chiama la adre: "Mamie, mamie, guarda, sono diventato bianco".

La madre, occupata a scopare con un cliente nell'altra camera:
"Vai a cagare, Tommy, lasciami lavorare, stronzo"

Tommy, sempre più deluso va dalla sorella.
"Pamela, guardami: sono diventato bianco, urrà, non lo vedi, non sono più negro come voi, sei contenta?"

La sorella manco si gira mentre si sta facendo una pera e si limita ad una specie di rantolo rauco:
"Che fossi uno stronzo lo sapevo, Tommy, ma non fino a questo punto, vaffanculo".

Vista l'aria che tira Tommy, incazzatissimo, si dà una guardata allo specchio nell'ingresso, esce di casa sbattendo la porta ed esplode:
"Sono bianco da soli 10 minuti e stì negri mi stanno già sul cazzo!"