Giada's End - Piero Welby il 23 gennaio 2003

Lo svegliò il cigolio del letto, girò lo sguardo senza muovere la testa e vide un gigantesco migale che avanzava verso di lui. Procedeva spostando una zampa dopo l’altra con una lentezza ipnotica, le oscillazioni di quel corpo, divenuto improvvisamente interessante, lo affascinavano. Quando i capelli-peli lo solleticarono sul ventre chiuse gli occhi ed immaginò di essere imprigionato tra i fili serici di una ragnatela.
Il cuore accelerò vertiginosamente ed il sangue pompato con forza gli rimbombò dolorosamente nelle orecchie. Aspettava tremante un attacco che sembrava non arrivare mai, una fastidiosa tachipnea gli sollevava convulsamente il torace; le mani sudate stringendo il lenzuolo cercavano una sicurezza impossibile. Ecco cosa doveva provare la vittima di un ragno mentre, invischiata nella rete, aspettava la fine. Proprio quando un urlo si stava aprendo la strada tra le labbra serrate il suo carnefice lo assalì.
I genitali di lei schiacciati sulla bocca gli tolsero il respiro e quelle forme scomposte, da puzzle incompleto, venivano assemblate autonomamente dal cervello creando un'immagine identica a quella della testa del ragno.
Quasi non s'era accorto del caldo umido che gli avvolgeva il ****, il ritmico movimento divoratore non cessava, anzi aumentava d'intensità e ad ogni affondo una parte di lui spariva nel mostro.
Fu veramente morte quella che provò, un implodere e dissolversi d'ogni cellula, un regredire ad uno stadio primordiale inconsistente ed incontenibile come acqua marina.

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