Alle 13 del giorno 13 - capitolo 1.
Lo sguardo sfuocato, perso nel fiume attraverso la vetrofacciata, Laura era stata presa improvvisamente da una profonda malinconia. Davanti a lei i piatti vuoti del solito pranzo da cani, attorno a lei il brusio delle voci delle centinaia di funzionari accalcati in quello squallido, enorme self-service. Tristemente grigio il grande fiume che scorreva placido ed eterno, orribilmente giallo-marrone la neve mista al fango, sovieticamente rosso scuro gli interni di quell'alveare di uffici sorto 60 anni prima, subito dopo la seconda guerra mondiale, per promuovere la pace tra i popoli della terra: le Nazioni Unite.
Ricordo' con un sorriso amaro, traditore del distacco della disillusione, l'eccitazione di quando vi giunse per la prima volta solo pochi mesi prima. Mentre lo studiava nei particolari sentiva di essere finalmente arrivata nel luogo che era stato progettato per lei, il tempio della diplomazia mondiale, il trampolino di lancio per una carriera folgorante a soli 33 anni, la sensazione di partecipare attivamente alla determinazione delle sorti del pianeta, insomma la sottile, intima euforia del potere che aveva inseguito con tanta bramosia.
E poi la citta'. New York! Un mito! Avrebbe corso il mattino in Central Park, fatto spese nei negozi di moda della Fifth avenue, cenato in cima ai grattacieli nei migliori ristoranti del mondo, partecipato a ricevimenti d'ambasciata praticamente quasi tutte le sere, atteso i voli nelle salette Vip del Kennedy e di Newark nel New Jersey, trascorso le domeniche a scoprire Downtown Manhattan con il Greenwich village, Little Italy, Wall street, le torri gemelle del World Trade Center, Battery park e da li' il battello per la statua della liberta'...
E invece la citta' la rifiuto' gelidamente. Doverosa gentilezza dei camerieri dei ristoranti di lusso a parte, l'ambiente sociale della citta' si mostrava impenetrabile. Scopri' che i nuovayorchesi detestavano i funzionari dell'Onu, li trattavano da emarginati, confinati in un ghetto, sia pur dotato di ogni comfort. Le migliaia di diplomatici che brulicavano nel palazzo e dintorni erano considerati nel migliore dei casi come quelli che parcheggiano arrogantemente in sosta vietata, e nel peggiore guardati con sospetto come potenziali terroristi di un paese nemico, con la copertura di un passaporto diplomatico pronti a mettere bombe nei loro aerei, nei loro centri commerciali, nelle loro sacre chiese e sinagoghe.
Nel tentativo di inserirsi nella societa' per distrarsi costruendosi un mondo parallelo oltre a quello del lavoro, aveva inizialmente proclamato con dissimulato orgoglio la sua appartenenza al corpo diplomatico, supponendo erroneamente che questo elevato status professionale l'avrebbe avvantaggiata nelle relazioni sociali, ma ora tendeva quasi a tenerlo nascosto fino a quando l'incuriosito interlocutore le chiedeva direttamente quale fosse il suo lavoro, e lei non poteva mentire.
Lungi dal rimanere impressionati, i nuovayorchesi celavano il loro disappunto e fingevano di interessarsene solo per educazione, dopodiche' passavano a salutare un altro ospite del cocktail ed era come se lei non esistesse per il resto della serata. In sei mesi non era ancora riuscita a farsi un'amica per fare shopping insieme o chiaccherare di pettegolezzi al telefono; tutto il suo mondo di relazioni sociali era coincidente con quello del lavoro, cioe' limitato alla comunita' diplomatica, che soffriva tutta del medesimo problema e tendeva a chiudersi sempre piu' in se' stessa.
Tuttavia con quasi diecimila persone che per un motivo o per l'altro frequentavano quotidianamente il palazzo di vetro, con quasi cinquanta ricevimenti per feste nazionali e altre occasioni ai quali aveva gia' partecipato in pochi mesi, non avrebbe dovuto costituire un grosso problema farsi delle buone e sincere amicizie all'interno del "ghetto" della comunita' diplomatica. Ma proprio qui stava il punto, l'altra grande delusione: la comunita' diplomatica era una fogna.
I nobilissimi principi della Carta delle Nazioni Unite, quando applicati nella pratica del Consiglio di Sicurezza, dell'Assemblea Generale e dei vari Comitati, si traducevano nel mercato delle vacche: il rappresentante del paese A avrebbe sostenuto il paese B nella guerra contro il paese C purche' il paese B non avesse sostenuto una risoluzione di condanna del paese A per violazione dei diritti umani; e il paese W avrebbe ricevuto grandi aiuti economici dal paese X se avesse votato una risoluzione contro il paese Y che faceva tanto incavolare il paese X... La politica - l'aveva messa in guardia da ragazza il grande amore della sua vita -, e' sangue e merda. E lui lo sapeva bene, giacche' all'epoca aveva 33 anni, l'eta' che ora aveva lei, e un'esperienza politica molto piu' lunga.
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