Alle 13 del giorno 13 - capitolo 10.
Il notaio Paolo Fresco e il pusher Michele Capra erano coetanei e amici d'infanzia di Andrea Pecora. Nella loro adolescenza avevano condiviso quintali di cannabis in tutte le sue forme: l'hashish si poteva solo fumare, e gia' questo sarebbe bastato, ma con la marijuana si potevano fare anche il te', l'insalata, le torte, i biscotti e perfino distillare una grappa molto speciale: densa, verde e insospettabile nella sua bottiglia di droga legale!
Mentre Paolo e Andrea contribuivano finanziariamente, Michele si occupava di procurare la sostanza. Era un'attivita' che aveva ormai scelto come professione rinunciando al prestigio di un elevato titolo di studio a vantaggio di fare tanti soldi presto. Cosi' mentre i coetanei suoi conoscenti viaggiavano quotidianamente nella seconda classe del treno per recarsi alle lezioni delle universita' di Padova o di Udine, lui a soli 21 anni gia' poteva muoversi sull'ultimo modello di ammiraglia dell'Alfa Romeo.
Duecento cavalli a vibrargli sotto la prostata e 230 chilometri all'ora di velocita' massima quando di notte lanciava la belva sulla deserta autostrada per Venezia premendo a fondo il pedale dell'acceleratore fino a quando sentiva la fatica muscolare di governare il volante, pur dotato di servosterzo. In quel momento si sentiva finalmente vicino all'orgasmo e la frenava scalando le marce e mandandola fuori giri, finche' la belva ringhiante si fermava sui pneumatici fumanti. L'aveva scopata selvaggiamente, aveva goduto e l'aveva domata. Sensazioni che si possono provare solo con un'auto sportiva italiana, mai con quelle altrettanto potenti ma troppo confortevoli tedesche e svedesi che non sanno stare in strada quando sottoposte a violente sollecitazioni.
L'aspetto di Paolo Fresco era l'esatto contrario di quanto ci si potrebbe aspettare da un notaio stereotipato come noioso, barbuto, ammuffito. Vero che lo stereotipo calzava a pennello a suo padre, dal quale aveva ereditato il redditizio studio notarile, ma lui non dimostrava i suoi 44 anni, ne' nell'aspetto giovanile ne' nel modo di fare amabile e spiritoso sia con le segretarie dello studio che con i clienti che erano anche amici e con i quali poteva rilassarsi permettendosi una delle sue battute ciniche.
"E cosa sara' mai, hai preso l'Aids?" gli chiese scherzosamente mentre prendeva nota delle sue ultime volonta', Andrea seduto dinanzi a lui a dettargliele. Il suo sorriso sdrammatizzante si spense di un tratto quando senti' mancare l'usuale risata dell'amico e alzando gli occhi per vedere l'effetto della sua stupida battuta vide che Andrea era invece serissimo come mai lo aveva visto prima.
"Non sono malato. Si tratta di una donna"
"Ma non capisco. Scusami se fatico a crederti, ma nel testamento non hai ancora menzionato alcuna donna"
"Per una volta nella vita fatti i cazzi tuoi. Fai il notaio e basta. Ti pago per questo. Oggi non sono qui dal compagno di banco, ma dal notaio con tanto di timbro della Repubblica. Se non ti va bene, dimmelo subito e me ne trovo un altro".
Paolo abbasso' gli occhi umiliato, non avendo mai sentito prima il suo amico d'infanzia parlargli con un tono cosi' gelido e rude, e richiamato ai doveri della professione cerco' di estraniarsi dal coinvolgimento emotivo e rispose dandogli del lei:
"La prego di scusarmi per l'inopportuna indiscrezione e di continuare a dettarmi le sue ultime volonta', come desidera".
Andrea riprese a dettargliele: voleva che dopo la sua morte tutti i suoi averi andassero al partito, eccetto che per un anello che descrisse nei particolari affinche' potesse essere piu' facilmente rintracciato nei cassetti del suo appartamento di Sofia, in Bulgaria. Si trattava di un anello d'oro ma sottile, con una piccola perla, il cui valore commerciale era scarso, non poteva essere superiore al milione di lire. Ma il valore affettivo era immenso: di generazione in generazione lo tramandavano le madri alle spose dei loro figli nella sua famiglia. Quell'anello aveva gia' compiuto piu' di secolo, e quattro o cinque matrimoni.
"Preferirei non nominarla, ma purtroppo hai bisogno di saperne il nome. Si chiama Laura Buratti. E' funzionaria diplomatica, per cui ovunque si trovi in questo momento non ti sara' difficile rintracciarla tramite il Ministero degli Esteri. Quando la vedi dille che l'amo".
Andrea si alzo' e se ne ando' con un semplice arrivederci, senza neppure stringerli la mano come avrebbe dovuto fare considerandolo, se non piu' un amico, almeno un semplice esecutore testamentario.
Paolo rimase per un attimo interdetto con la bocca aperta, senza fare in tempo a rispondere al saluto. Colto da un atroce sospetto, il respiro gli si fece progressivamente ansimante. Gli torno' in mente la famosissima battuta del principe Antonio De Curtis, in arte Toto': "Siamo uomini o caporali?" che nella sua mentalita' auto-ironica traduceva talvolta a modo suo "Sono un uomo o un notaio?", combattuto tra il suo dovere di segreto professionale e l'amicizia per quell'uomo straordinario che gli aveva sconvolto il pomeriggio. Penso' che una buona birra rossa irlandese lo avrebbe aiutato a rilassarsi e si precipito' fuori dall'ufficio incurante dell'onorevole Gravshko, il sindaco di origine polacca della piccola cittadina veneta, al quale gia' da venti minuti stava facendo fare anticamera.
La segretaria lo richiamo' rispettosamente:
"Dottor Fresco, l'onorevole Gravshko attende l'appuntamento con lei"
"Signorina Emilia!" preso dall'impeto parlava alla segretaria avvicinandosi e guardando negli occhi lo sconcertato parlamentare "prenda nota, la prego, che il qui presente deputato Gravshko e' un ladro e un puttaniere, ne ho le prove, e che se non se ne va spontaneamente avra' l'onore, l'onorevole, di essere da me sbattuto fuori personalmente a calci nel sedere. E che se osera' ripresentarsi qui lo sodomizzero' col candelabro" concluse Fresco aggiustandosi la cravatta e uscendo fulminandoli entrambi con uno sguardo che per chi lo conosceva bene significava che davvero intendeva quel che diceva, e percio' lasciandoli entrambi a bocca aperta.