Alle 13 del giorno 13 - capitolo 11.
Sul banco di quel provinciale pub simil-scozzese Paolo si confido' con Michele nei limiti che quella sua dannata professione gli consentiva, cioe' lo sondo' facendogli vagamente capire di sospettare che Andrea avesse qualche serio problema sentimentale.
"Sono rimasto un po' stupito anch'io, quando l'altro ieri Andrea mi ha chiesto della roba pesante. Non l'aveva mai fatto prima. Mi ha sorpreso perche' credevo odiasse le droghe pesanti. Tu lo sai bene perche' ricordi la predica che fece a te quella volta per la storia della coca..."
Alzo' gli occhi e rimase congelato dall'espressione di Paolo che lo indagavano nel profondo dell'anima, col terribile sospetto che ora prendeva forma e gli sgorgava, gli sboccava come un vomito dallo stomaco:
"Che cosa gli hai dato?" soffoco' il suo urlo per non farsi sentire e lo scosse per le spalle "Che cosa cazzo gli hai dato? Parla, per Dio, parla!"
Michele alzo' gli occhi spaventato dall'inconsueta violenza di Paolo e rispose:
"La migliore. Lo sai bene che agli amici riservo la migliore".
In un istante Paolo, sommando nella sua mente le informazioni del lascito testamentario e quelle di Michele, ebbe la conferma del tragico quadro della situazione.
"Ti giuro che me l'ha chiesta lui. Ero purissima. Gratis, ti giuro, non penserai che l'abbia fatto per denaro".
"Taci idiota" lo insulto' Paolo dal sedile laterale mentre si allacciava la cintura di sicurezza dopo averlo trascinato fuori gettando una banconota da cinquamila sul tavolo, incurante di quale fosse l'effettivo ammontare del conto. "Visto che sei un imbecille di dimensioni inenarrabili, cerca di farti valere nell'unica cosa che sai fare bene e usa questa cazzo di Alfa per portarci da Andrea alla velocita' della luce, razza di cretino!".
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