Alle 13 del giorno 13 - capitolo 5.

Che Massimo Buratti fosse un buono a nulla, Laura lo capi' fin dalle prime parole che si scambiarono quando si incontrarono in occasione del compleanno di Andrea, una settimana dopo essersi conosciuti durante della prima di Sant'Ambrogio alla Scala, dove con tutta la Milano-bene aveva goduto del privilegio di un palco d'onore. Curiosissima su questi rituali meneghini della capitale della finanza, della moda e della pubblicita' che l'attirava tanto, per prima cosa Laura gli chiese come valutasse la performance della sua connazionale, la piu' famosa cantante lirica bulgara, nella rappresentazione dell'Aida di Verdi.

Rimase delusa quando lui le rispose, come se fosse il fatto piu' importante, che a parer di tutti la pelliccia che Parakova Dzhuleshkovska indossava dopo l'opera sembrava vecchia e consunta, e sospettava che non fosse naturale ma sintetica. Si sarebbe infatti aspettata che un tal signore, alto, ben vestito e dall'aspetto apparentemente aristocratico, esprimesse un giudizio artistico sulle qualita' vocali della famosa soprano, universalmente riconosciute dai critici come straordinarie, piuttosto che spettegolare superficialmente sul suo abbigliamento.

Per tacer del fatto che, amando gli animali, Laura si sentiva piu' portata ad ammirare proprio le persone che indossavano pelliccie sintetiche, come appunto Dzhuleshkovska, piuttosto di quelle che incoraggiano lo sterminio di animali innocenti per la propria vanita'. Fu quella la prima volta, proprio contestualmente al conoscerlo, che provo' pena per la poverta' morale di Massimo, il cugino di Andrea che egli stesso le aveva presentato, ma al tempo stesso vide in lui l'occasione per fare il salto di qualita' sociale che sognava fin da adolescente.

Tra i tanti suoi difetti infatti, nel deserto spirituale nel quale navigava senza rendersene conto, un unico pregio Massimo l'aveva: era ricco. Ma non e' esatto dire che fosse semplicemente benestante: piu' precisamente, era ricchissimo, ricco sfondato, da ogni poro ed ogni tasca delle sue innumerevoli giacche trasudava dollari, marchi, franchi, sterline. In lui Laura vide la possibilita' di sfuggire alla miseria alla quale il suo paese sarebbe stato condannato ancora per almeno 10, piu' probabilmente 15 anni prima di poter entrare nella Unione Europea e godere dei vantaggi di questa adesione.

Sarebbe finita ora in un attimo la relativa, pur dignitosa poverta' dell'intera sua famiglia, dovuta a decenni di totalitarismo stalinista, e le si sarebbero aperte le porte dorate di una vita scintillante nell'alta societa'. Per una questione di pelle sentiva dentro di se' che non avrebbe mai potuto amarlo veramente. Sapeva invece di amare Andrea come non avrebbe mai amato nessun altro nella sua vita. Ma Andrea era povero e senza volonta' di arricchirsi materialmente. A 33 anni perseguiva altri scopi per la sua vita: voleva arricchirsi, si', ma culturalmente: leggere libri, ricercare le verita' esistenziali, capire le ragioni che conducono le persone a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro.

E fu cosi' che in quel lontano mese di dicembre del 1998, poche ore dopo il loro secondo incontro, Laura si tolse le mutandine dinanzi a Massimo. Rimasta nuda chiuse gli occhi e a lui si concesse, e mentre lui la penetrava in un modo cosi' deludentemente banale, da manuale di educazione sessuale dei preti, con quel ritmo frenetico e quegli urletti da porno-film tutti uguali e senza sentimento, che' per farla godere sarebbe stato meglio un freddo e metallico vibratore...

Pianse in silenzio, Laura, quella notte, inorridita all'idea che la sua rosa delicata fosse stata usata come un vespasiano, e pensando a come invece la faceva godere Andrea che nel trasmetterle il suo amore sapeva baciarla e penetrarla con la lingua, farla godere succhiandole le tette e travolto dalla passione prenderla in ogni posizione possibile immaginabile, e farla godere due, tre, dieci volte fino a spruzzarle dentro il suo latte caldo; lui, l'unico uomo al mondo dal quale avrebbe accettato di essere resa gravida.

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