Alle 13 del giorno 13 - capitolo 8.

Affascinata guardava quell'uomo mentre in auto l'accompagnava dai genitori a Kyustendil. Era una piccola automobile che guidava con eccezionale maestria. Grazie agli insegnamenti di suo padre la manteneva in ottime condizioni e la governava con tale sicurezza che da quella scatolina dal motore di soli mille centimetri cubici e 40 cavalli di potenza nel momento giusto sapeva trarre la potenza per sorpassare con tranquillita' ed umiliare i mafiosi con le grosse BMW e Mercedes rubate che non erano in grado di tenere in strada sui montagnosi percorsi ghiacciati.

Lo guardava ammirata mentre guidava quella piccola auto come fosse una Ferrari di formula uno, mentre cambiava la marcia agendo sulla leva del cambio con il semplice tocco di un dito, un po' gelosa come se stesse masturbando la clitoride di un'altra donna; e ancora con un leggero movimento della mano sul volante riportava la macchina in strada con la massima tranquillita' quando sembrava che avessero visto la morte in faccia a causa di qualche guidatore ubriaco proveniente dalla direzione opposta, e solo una bestemmia non poteva fare a meno di sfuggire dalle sue labbra nei confronti dell'idiota automobilista che aveva attentato alle loro vite. Andrea pretendeva rigorosamente che lei indossasse sempre, sistematicamente la cintura di sicurezza, anche per spostarsi in citta' a 50 all'ora. Non ammetteva eccezioni alla regola quello stronzone che invece la cintura di sicurezza non l'agganciava mai, mostrando cosi' di volere bene piu' a lei che a se' stesso.

Kyustendil era la cittadina di circa 40.000 abitanti ai confini con la Macedonia dove era nata e cresciuta, fino a trasferirsi a Sofia per frequentare l'universita'. I suoi genitori abitavano ancora li', e Laura era contenta che la sua mamma avesse preso in simpatia Andrea, che era invitato a pranzo una volta al mese, ogni volta che per rinnovare il visto evitando di pagarlo si recava in poche ore oltre il vicino posto di confine di Gyueshevo. Il padre di Laura era invece un po' piu' sospettoso nei confronti di quell'italiano che costituiva il primo grande amore di sua figlia, il primo che timidamente gli aveva presentato come suo amico del cuore.

Non gli piaceva di lui l'eccessiva differenza d'eta', dieci anni di piu', e avrebbe desiderato per sua figlia un uomo ricco che le potesse assicurare la sicurezza del benessere economico, non uno squattrinato funzionario di partito (e quale partito!) che usciva una volta al mese dal paese per evitare di pagare mezzo milione all'anno. Non gli piaceva neppure l'idea che in caso di matrimonio avrebbe avuto sempre bisogno di loro come interpreti per comunicare con i consuoceri, che non sapevano il bulgaro e il tedesco come lui non sapeva l'italiano e il francese. E soprattutto non riusciva a digerire che cosi' giovane (dal suo punto di vista di padre a 24 anni era ancora una bambina), anche l'altra unica sua figlia gli sarebbe stata portata via, sia pure relativamente piu' vicino, in Italia, e non avrebbe potuto vederla che un paio di volte all'anno.

Cinque anni prima la sorella di Laura, Lisa, all'eta' di soli 17 anni era emigrata a Santa Barbara, in California, con l'intenzione di fermarvisi solo un anno per motivi di studio. Ma li' conobbe durante una lezione il miliardario egiziano Arahsib Bahi, considerato il nuovo guru del business multinazionale, arricchitosi con spregiudicate speculazioni finanziarie in tutti i mercati mondiali, e che per onorari stratosferici si dilettava a sgocciolare pillole del suo sapere nelle letture per cui era conteso dalle migliori universita'.

Mentre svolgeva la sua prolusione ipnotizzando gli astanti, quell'uomo alto, abbronzato ed elegante non pote' fare a meno di rimanere a sua volta ipnotizzato dalla sconvolgente bellezza mediterranea di una delle studentesse presenti nell'aula magna, e continuando a parlare nel suo perfetto inglese non le stacco' gli occhi di dosso fino alla fine della lezione. Travolti dalla passione, tre giorni dopo si sposarono a Las Vegas.

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